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[AZA 0] 
 
1P.213/1999 
 
   I C O R T E D I   D I R I T T O   P U B B L I C O 
   ***************************************************** 
 
30 marzo 2000  
 
Composizione della Corte: giudici federali Aemisegger, pre- 
sidente della Corte, Favre e Scartazzini, supplente. 
Cancelliere ad hoc: Verzasconi. 
 
_________ 
 
Visto il ricorso di diritto pubblico dell'8 aprile 1999 
presentato dalla  A.________ S.A., Paradiso, patrocinata  
dall'avv. Caterina Colombo, Lugano, contro la decisione re- 
sa l'11 marzo 1999 dal  Tribunale amministrativo del Cantone  
Ticino, in merito all'ordine impartito dal  Comune di P a -   
r a d i s o, rappresentato dal Municipio e patrocinato  
dall'avv. dott. Dario Item, Lugano, di ripristinare la 
destinazione abitativa dell'immobile sito sulla particella 
n. XXX RFD di proprietà della ricorrente; 
 
R i t e n u t o i n f a t t o  
:  
 
A.-  
Il 28 gennaio 1988 e il 6 maggio 1988 il Muni-  
cipio di Paradiso ha rilasciato alla A.________ S.A. una 
licenza edilizia per costruire sulla particella n. XXX RFD 
del Comune di Paradiso uno stabile comprendente 19 apparta- 
menti da 1½ locali, 5 da 2½ locali e 4 da 3 locali, da 
adibire ad abitazione primaria. Situato sulla strada che 
porta verso Carona, a monte della linea ferroviaria del San 
Gottardo, il fondo era incluso nella zona R5 del piano re- 
golatore comunale del 1979 (in seguito PR 1979), in vigore 
a quel momento, ove erano ammessi edifici di carattere 
residenziale, commerciale e artigianale (cfr. art. 32 delle 
norme di attuazione del piano regolatore del 1979, in se- 
guito NAPR 1979). 
 
       Avvertito del fatto che lo stabile era stato tra- 
sformato in un postribolo, a partire dal 1995 il Municipio 
ha effettuato alcuni controlli sia sui locatari, sia sui 
frequentatori dell'immobile. Sulla base dei risultati sca- 
turiti da queste verifiche, che confermavano le supposizio- 
ni dell'Autorità comunale, con decisione del 12 marzo 1997 
il Municipio ha ordinato alla A.________ S.A. di inoltrare 
una domanda di costruzione volta a sanare l'avvenuto cam- 
biamento della destinazione dell'immobile, da residenziale 
a commerciale, attuato senza permesso. 
 
B.-  
Adito dalla A.________ S.A., il Consiglio di  
Stato del Cantone Ticino ha accolto il ricorso e annullato 
l'ordine impartito dal Municipio. Ha ritenuto che un cam- 
biamento di destinazione non potesse essere autorizzato, 
poiché incompatibile con la funzione residenziale della 
zona e che la procedura di rilascio della licenza edilizia 
in sanatoria fosse superflua. Ha pertanto invitato il Comu- 
ne ad adottare i provvedimenti necessari atti a ristabilire 
una situazione conforme al diritto. 
 
       Contro questa decisione la A.________ S.A. è insor- 
ta al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino che, con 
sentenza del 26 novembre 1997, ha annullato la decisione 
governativa, rinviando gli atti al Consiglio di Stato per 
nuova decisione. La Corte cantonale ha in effetti accertato 
una violazione del diritto di essere sentito, poiché il 
giudizio impugnato si fondava su documenti acquisiti agli 
atti senza che la ricorrente avesse avuto la possibilità di 
esprimervisi; inoltre, il rinvio degli atti al Municipio 
per l'adozione di misure di ripristino avrebbe configurato 
una inammissibile reformatio in peius. 
 
C.-  
Il 10 febbraio 1998 il Municipio di Paradiso,  
ritenendo che le attività esercitate nello stabile della 
A.________ S.A. si ponessero in contrasto con la destina- 
zione di zona, che il piano regolatore nel frattempo entra- 
to in vigore aveva reso esclusivamente residenziale, ha 
ordinato alla A.________ S.A. di ripristinare l'uso abita- 
tivo primario dell'immobile, conformemente a quanto stabi- 
lito nelle licenze edilizie e ha imposto il divieto di dare 
in locazione gli appartamenti in particolare a turiste, 
titolari di un permesso di soggiorno di breve durata, che 
avrebbero esercitato la prostituzione. Ha infine fatto 
obbligo alla A.________ S.A. di effettuare dei controlli 
prima di dare in locazione gli appartamenti, al fine di 
garantire la residenza primaria dello stabile. 
 
       La A.________ S.A. ha impugnato anche questa deci- 
sione con ricorso al Consiglio di Stato, il quale, il 26 
maggio 1998, ha statuito con decisioni separate sia sull' 
ordine del 12 marzo 1997 del Comune di presentare una do- 
manda di costruzione in sanatoria, sia sull'ordine del 10 
febbraio 1998 di ripristinare l'uso abitativo primario 
dell'immobile. Sul primo oggetto, il Governo ha ritenuto la 
domanda di costruzione in sanatoria viziata da un formali- 
smo eccessivo, visto che l'attività svolta nell'edificio 
non avrebbe mai potuto essere autorizzata in una zona resi- 
denziale. Sul secondo, il Consiglio di Stato ha ritenuto 
giustificata l' adozione di misure volte a ristabilire una 
situazione conforme al diritto; ha tuttavia riformato il 
giudizio con riferimento al divieto di locare gli apparta- 
menti a persone dedite alla prostituzione, imponendo unica- 
mente alla A.________ S.A. di vigilare con tutti i mezzi 
possibili affinché nell'immobile di sua proprietà non ve- 
nisse esercitata alcuna attività commerciale di tipo mo- 
lesto. 
 
D.-  
La proprietaria ha impugnato entrambe le deci-  
sioni davanti al Tribunale amministrativo chiedendone, con 
due ricorsi del 5 e del 12 giugno 1998, l'annullamento. 
Esperiti due sopralluoghi, di cui uno non preannunciato, e 
accertato che lo stabile presentava tutte le caratteristi- 
che di un postribolo, la Corte cantonale ha respinto i ri- 
corsi riguardo alla conformità della costruzione alla zona, 
ritenendo che l'utilizzazione non corrispondesse alla li- 
cenza edilizia; i provvedimenti decisi dalle istanze infe- 
riori (controllo affinché all'interno dello stabile non ve- 
nissero esercitate attività moleste, in particolare la pro- 
stituzione) sono stati ritenuti proporzionati e adeguati 
agli scopi prefissi. Il Tribunale amministrativo ha invece 
accolto i due ricorsi per quanto riguarda le spese e ripe- 
tibili fissate dal Consiglio di Stato. 
 
E.-  
La A.________ S.A. ha impugnato la sentenza  
del Tribunale cantonale amministrativo, con la quale esso 
statuiva sul gravame del 12 giugno 1998 (concernente il 
ripristino) con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale 
federale. Ha chiesto di annullare il giudizio, perché con- 
trario agli art. 4, 22tere 31 vCost., e all'art. 2 Disp. 
trans. vCost. Dei motivi del gravame si dirà nei conside- 
randi. 
       Il Municipio di Paradiso ha chiesto di respingere 
il ricorso, nella misura della sua ammissibilità. Il Consi- 
glio di Stato e il Tribunale cantonale amministrativo hanno 
postulato la conferma della sentenza impugnata. 
 
       Con decreto presidenziale del 27 maggio 1999 è 
stata respinta la domanda d'effetto sospensivo. 
 
C o n s i d e r a n d o i n d i r i t t o :  
 
1.-  
a) Il Tribunale federale esamina d'ufficio e  
con piena cognizione l'ammissibilità dei rimedi che gli 
vengono sottoposti senza essere vincolato, in tale ambito, 
dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 
125 I 14 consid. 2a, 253 consid. 1a). 
 
       b) La ricorrente censura, con un ricorso di dirit- 
to pubblico, la mancata applicazione da parte dell'autorità 
cantonale della legge federale sulla protezione dell'am- 
biente, del 7 ottobre 1983 (LPAmb), che sarebbe da sé sola 
determinante ai fini della valutazione del grado di mole- 
stia delle immissioni. L'esclusiva applicabilità della nor- 
mativa federale svuoterebbe di significato le regole detta- 
te dal diritto comunale e cantonale per la determinazione 
della compatibilità dell'utilizzazione di un fondo alla de- 
stinazione della zona in cui è sito. Occorre dunque verifi- 
care se e in che misura il ricorso presentato come ricorso 
di diritto pubblico non debba essere trattato come ricorso 
di diritto amministrativo per violazione del diritto fede- 
rale. 
 
       Secondo gli art. 97 e 98 lett. g OG, combinati con 
l'art. 5 PA, la via del ricorso di diritto amministrativo è 
aperta contro le decisioni delle autorità cantonali d'ulti- 
ma istanza fondate sul diritto federale - o che avrebbero 
dovuto esserlo - sempre che non sia realizzata nessuna del- 
le eccezioni previste agli art. 99 a 102 OG o nella legi- 
slazione speciale (DTF 125 II 10 consid. 2a, 124 I 223 con- 
sid. 1a/aa, 231 consid. 1a, 124 II 409 consid. 1d/dd, 123 
II 231 consid. 2, 122 I 328 consid. 1a, 122 II 274 consid. 
1). Il ricorso di diritto amministrativo è pure ammissibile 
contro le decisioni cantonali fondate nel medesimo tempo 
sul diritto federale e sul diritto cantonale, in quanto sia 
in gioco la violazione di norme di diritto federale diret- 
tamente applicabili (DTF 124 II 409 consid. 1d/dd, 123 I 
231 consid. 2 e rinvii). Realizzandosi una simile connes- 
sione tra le norme di diritto cantonale e quelle di diritto 
federale, il Tribunale federale esamina liberamente, nell' 
ambito del ricorso di diritto amministrativo, se il diritto 
cantonale sia conforme alle norme superiori federali (cfr. 
104 lett. a OG; DTF 123 II 231 consid. 2, 121 II 39 consid. 
2a, 72 consid. 1b). Per contro, è il rimedio del ricorso di 
diritto pubblico a essere dato contro decisioni fondate 
esclusivamente sul diritto cantonale e che non presentino 
alcuna connessione con l'applicazione del diritto federale 
(DTF 125 II 10 consid. 2a, 124 II 409 consid. 1d/dd, 123 II 
359 consid. 1a/aa). 
 
       La protezione delle persone da effetti dannosi o 
molesti, segnatamente dal rumore, è regolata dalla LPAmb 
(art. 1 cpv. 1), la quale esclude l'installazione di nuovi 
impianti che provocano rumore solo qualora le immissioni 
foniche prodotte superino determinati valori nelle vicinan- 
ze (art. 25 cpv. 1). Negli altri casi vengono imposte limi- 
tazioni concernenti in particolare la costruzione, l'at- 
trezzatura, il traffico e l'esercizio (art. 11 e 12). Que- 
sta regolamentazione ha di massima abrogato le disposizioni 
cantonali e comunali tendenti in generale alla limitazione 
delle immissioni foniche (art. 2 Disp. trans. vCost., cor- 
rispondente all'art. 49 Cost.), ma non le prescrizioni che 
fissano gli obiettivi particolari della pianificazione, 
quali le norme sull'utilizzazione del suolo destinate a de- 
finire il carattere di una determinata zona. Il diritto 
cantonale o comunale può così vietare, in un luogo ove abi- 
tazioni e commerci devono coesistere, una destinazione che 
preveda un'attività svolta per sua natura di sera e di not- 
te (DTF 123 II 325 consid. 4, 117 Ib 147 consid. 2d/cc, 116 
Ia 491 consid. 1a) : in tale ambito, le norme cantonali e 
comunali si fondano sulla competenza del Cantone o del Co- 
mune in materia di pianificazione del territorio. 
 
       La sentenza impugnata poggia unicamente su queste 
ultime prescrizioni, in particolare sull'art. 32 cpv. 2 
NAPR 1979, che nella zona R5 del piano regolatore di Para- 
diso sancisce il divieto di esercire aziende di tipo mole- 
sto. Ne consegue che essa non può essere oggetto di ricorso 
di diritto amministrativo (cfr. anche la decisione inedita 
del 26 novembre 1997 in re P., consid. 1). 
 
       c) Il ricorso di diritto pubblico, tempestivo, è 
rivolto contro una decisione cantonale di ultima istanza ed 
è fondato su una pretesa violazione degli art. 4, 22tere 
31 vCost., nonché dell'art. 2 Disp. trans. vCost. (corri- 
spondenti agli art. 9, 26, 27 e 49 Cost.). Esso è, di mas- 
sima, ammissibile giusta gli art. 84 cpv. 1 lett. a, 87 OG 
e 89 OG. Alla ricorrente, proprietaria del fondo oggetto 
del litigio, deve senz'altro essere riconosciuta la legit- 
timazione ricorsuale (art. 88 OG). 
 
       d) A mente della ricorrente la Corte cantonale sa- 
rebbe incorsa in una violazione dell'art. 2 Disp. trans. 
vCost. (corrispondente all'art. 49 Cost.), concernente il 
primato del diritto federale sul diritto cantonale contra- 
rio. Infatti, la sentenza impugnata tenderebbe a inibire 
con ogni mezzo un'eventuale attività di prostituzione nell' 
immobile, in contrasto con l'ordinamento giuridico svizze- 
ro, che non la vieta. 
 
       La censura non è stata sollevata davanti alle 
istanze cantonali di ricorso (cfr. in particolare la memo- 
ria ricorsuale al Tribunale amministrativo del 5 giugno 
1998), e presenta dunque un carattere di novità. Il requi- 
sito dell'esaurimento delle istanze cantonali non è pertan- 
to rispettato (art. 86 cpv. 1 OG; cfr.  Walter Kälin, Das  
Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2aed., Berna 
1994, pag. 329 e segg.;  Karl Spühler, Die Praxis der  
staatsrechtlichen Beschwerde, Berna 1994, n. 292 e segg.) e 
il ricorso su tale punto sfugge a un esame del merito. 
 
       e) Il quesito di sapere se la ricorrente avrebbe 
dovuto presentare un'istanza di interpretazione o rettifica 
in sede cantonale giusta l'art. 40 della legge cantonale di 
procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966, 
piuttosto che impugnare la sentenza per una presunta viola- 
zione del divieto dell'arbitrio, così come richiesto dal 
Comune nelle osservazioni al presente ricorso, può rimanere 
aperto, considerato che l'impugnativa deve comunque essere 
respinta nel merito. 
 
2.-  
La ricorrente sostiene che l'autorità cantona-  
le sarebbe incorsa in una manifesta contraddizione per ave- 
re, da un lato, riconosciuto l'applicabilità delle NAPR del 
1979 del Comune di Paradiso, in particolare l'art. 32 cpv. 
2, che prevede di poter insediare, sul fondo di sua pro- 
prietà, oltre a edifici di carattere residenziale, anche 
attività commerciali e artigianali non moleste, e dall'al- 
tro per avere confermato la limitazione dell'uso degli ap- 
partamenti del suo stabile alla sola destinazione abitati- 
va. 
 
       La Corte cantonale ha confermato sia l'ordine di 
ripristinare l'immobile secondo la sua destinazione abita- 
tiva sia l'ordine alla proprietaria di vigilare con tutti i 
mezzi possibili affinché nello stabile non venisse eserci- 
tata alcuna attività commerciale di tipo molesto, quale la 
prostituzione; entrambi gli ordini sono stati impartiti con 
la comminatoria dell'art. 292 CP
 
       L'oggetto del presente litigio è la - contestata - 
costituzionalità dell'ordine di ripristinare l'utilizzazio- 
ne abitativa della particella n. XXX RFD. La questione re- 
lativa alla domanda di costruzione in sanatoria per il cam- 
biamento di destinazione del fondo non è litigiosa, avendo 
la ricorrente rinunciato a impugnare la sentenza del Tribu- 
nale amministrativo su questo punto. 
 
       Con le licenze edilizie del 28 gennaio e del 6 mag- 
gio 1988 l'autorità aveva autorizzato la costruzione di uno 
stabile plurifamiliare a carattere residenziale. Le licenze 
sono cresciute in giudicato, sicché il loro contenuto non 
può essere posto in discussione in questa sede. Accertato 
un cambiamento di destinazione non conforme alle licenze 
edilizie originarie e alle NAPR 1979, l'autorità comunale 
ha ordinato il ripristino dell'utilizzazione del fondo se- 
condo la destinazione autorizzata, al fine di ristabilire 
una situazione di legalità. L'art. 43 della legge edilizia 
cantonale del 13 marzo 1991 (LE) conferisce al Municipio la 
competenza di ordinare la demolizione o la rettifica delle 
opere eseguite in contrasto con la legge, i regolamenti 
edilizi o i piani regolatori, tranne il caso in cui le dif- 
ferenze siano minime e senza importanza per l'interesse 
pubblico; l'adozione di un provvedimento di ripristino pre- 
suppone l'esistenza di una violazione formale (difetto del- 
la licenza edilizia) o materiale della legge (opera esegui- 
ta o utilizzata in contrasto insanabile con il diritto edi- 
lizio applicabile). In concreto, l'ordine non poteva che 
concernere il ripristino della destinazione residenziale, a 
esclusione di ogni attività commerciale di tipo molesto, 
incompatibile con la destinazione della zona in cui è sito 
il fondo. La sentenza impugnata peraltro non vieta alla ri- 
corrente di presentare una nuova domanda di costruzione de- 
stinata all'ottenimento di un'autorizzazione di eventuali 
nuove attività che intendesse esercitare sul fondo di sua 
proprietà, compatibilmente con le prescrizioni alle quali 
la particella è sottoposta. 
 
       Ne discende che la censura di arbitrio è infondata 
e la sentenza impugnata regge pertanto, da questo profilo, 
alle censure ricorsuali. 
 
3.-  
La ricorrente rimprovera all'autorità cantona-  
le di non aver tenuto in considerazione la legislazione 
federale sulla protezione dell'ambiente, in particolare la 
LPAmb, per determinare se l'immobile di sua proprietà sia 
fonte di immissioni moleste, tali da renderlo non conforme 
alla destinazione prevista dalle NAPR 1979 per la zona in 
questione: già per questo motivo la sentenza impugnata 
andrebbe annullata. 
 
       La ricorrente sostiene in secondo luogo che l'auto- 
rità cantonale non avrebbe riscontrato alcuna immissione 
concreta proveniente dal suo stabile e avrebbe proceduto 
all'esame della conformità della zona basandosi su una 
inammissibile valutazione astratta delle ripercussioni. 
Sostiene inoltre che non sarebbero state rinvenute immis- 
sioni immateriali quali il degrado della qualità di vita e 
delle caratteristiche di quartiere. Aggiunge che l'attività 
svolta nello stabile non potrebbe essere considerata di 
tipo molesto, sicché essa sarebbe quindi compatibile con le 
norme del PR del 1979. L'ordine rivoltole di vigilare con 
tutti i mezzi possibili affinché sul mappale di sua pro- 
prietà non venga esercitata alcuna attività commerciale di 
tipo molesto, quale la prostituzione, contrasterebbe con la 
situazione di fatto e configurerebbe un'urtante violazione 
del senso di giustizia, equivalente ad arbitrio. 
       a) Già si è detto che l'entrata in vigore della 
LPAmb e delle sue norme di applicazione ha comportato l' 
abrogazione delle norme di diritto cantonale e comunale che 
sono loro contrarie (vedi anche art. 65 LPAmb). Tuttavia, 
secondo la giurisprudenza, il diritto federale non impedi- 
sce, per motivi attinenti alla pianificazione del territo- 
rio, al legislatore cantonale o comunale di vietare un cer- 
to tipo di attività in determinati settori, segnatamente di 
proscrivere attività moleste non conformi alla natura della 
zona (DTF 118 Ia 112 consid. 1b, 118 Ib 590 consid. 3a, 117 
Ia). Infatti, come già rilevato dal Tribunale amministrati- 
vo, queste prescrizioni rivestono un'importanza puramente 
pianificatoria, concernono in particolare gli obiettivi ur- 
banistici e servono unicamente a meglio definire il carat- 
tere e la funzione assegnati alla zona di utilizzazione, 
precisando il genere di insediamenti ammissibili al suo in- 
terno (DTF 117 Ib 147 consid. 2d/cc, 116 Ia 491 consid. 1a; 
Adelio Scolari, Commentario, Bellinzona 1996, ad art. 28  
LALPT n. 250). A ragione il Tribunale amministrativo pote- 
va, viste le particolarità della fattispecie, determinarsi 
unicamente sulla base delle possibili utilizzazioni confor- 
memente a quanto previsto dalle NAPR. Su questo punto la 
censura ricorsuale deve pertanto essere respinta. 
 
       b) Occorre a questo punto esaminare se la conclu- 
sione del Tribunale amministrativo, secondo cui nell'immo- 
bile della ricorrente viene svolta un'attività non conforme 
alla destinazione della zona, regge alle critiche di arbi- 
trio. 
 
       Al riguardo si osserva che vi è arbitrio quando 
l'autorità cantonale adotta una decisione non solo opinabi- 
le, ma del tutto insostenibile, che contraddice manifesta- 
mente la situazione di fatto, o che viola in modo palese 
una norma o un principio giuridico chiaro, o che contrasta 
in modo urtante con il sentimento della giustizia e dell' 
equità; arbitrio non può essere ravvisato già nella circo- 
stanza che un'altra soluzione sarebbe immaginabile o addi- 
rittura preferibile a quella scelta dall'autorità cantonale 
di ultima istanza. Tuttavia, l'annullamento del giudizio 
impugnato si giustifica unicamente quando esso è arbitrario 
nel suo risultato e non unicamente nella motivazione (DTF 
125 I 1 consid. 2b/aa, 125 II 10 consid. 3a, 123 I consid. 
4a). 
 
       L'art. 32 cpv. 2 NAPR 1979 ammette nella zona resi- 
denziale intensiva edifici di carattere residenziale, com- 
merciale e artigianale non molesto. L'art. 7 lett. e n. 1 
NAPR 1979 definisce come non moleste le aziende che per la 
loro natura si inseriscono nell'abitato e non hanno riper- 
cussioni diverse da quelle che derivano dall'abitare, men- 
tre poco moleste sono considerate quelle aziende le cui 
attività rientrano nell'ambito delle aziende artigianali, 
ove il lavoro si svolge solo di giorno ed eventuali immis- 
sioni hanno carattere temporaneo (art. 7 lett. e n. 2 NAPR 
1979). 
 
       Secondo la giurisprudenza federale, il grado di 
immissioni può inoltre essere determinato anche dagli ef- 
fetti nocivi causati dalle cosiddette immissioni immateria- 
li, ossia da quelle ripercussioni atte a ferire la sensibi- 
lità morale delle persone, o a destare sentimenti psichici 
sgradevoli. Queste immissioni possono disturbare i vicini 
direttamente, come pure avere effetti nocivi indiretti, 
quali una maggiore difficoltà a locare appartamenti siti 
nella medesima zona, oppure un allontanamento della clien- 
tela da negozi e commerci (DTF 108 Ia 140 consid. 5c/aa). 
Gli effetti negativi sul vicinato sono tanto più importanti 
quanto più vicino alle aziende che li generano risultano 
essere i locali destinati all'abitazione (DTF 117 Ib 147 
consid. 2d, 114 Ib 214 consid. 5; sentenza inedita del 26 
novembre 1997 in re P., consid. 5b e c in fine). 
 
       c) L'accertamento effettuato dall'autorità canto- 
nale in merito all'attività svolta nello stabile della 
ricorrente e alle molestie che ne derivano si basa su ele- 
menti concreti e precisi emersi dall'istruttoria, in parti- 
colare sulle caratteristiche della costruzione, con in 
prevalenza appartamenti di piccole dimensioni (monolocali), 
sul prezzo esorbitante delle pigioni richieste, sulla dura- 
ta assai breve della locazione, sugli inquilini dello sta- 
bile, perlopiù giovani donne sole, straniere, provenienti 
da paesi sudamericani o orientali, che soggiornano in Sviz- 
zera grazie a un permesso turistico, sull'atteggiamento 
delle inquiline verso terzi, persone di sesso maschile at- 
tese sull'uscio delle porte degli appartamenti, sul traffi- 
co di veicoli e di visitatori, in particolare durante le 
ore della notte, ecc. In base a questi puntuali accertamen- 
ti, che la ricorrente nemmeno contesta con una motivazione 
conforme ai requisiti di motivazione dell'art. 90 cpv. 1 
lett. b OG (v. DTF 125 I 71 consid. 1c, 492 consid. 1b), la 
Corte cantonale ha concluso per il verificarsi di un muta- 
mento della destinazione dell'immobile, il cui carattere 
residenziale determinato dalle originarie licenze edilizie, 
è tramutato in un carattere essenzialmente commerciale. A 
ragione dunque l'autorità cantonale ha considerato come di- 
sattesa la destinazione per la quale era stata concessa la 
licenza edilizia, osservando che l'attività svolta nell'im- 
mobile della ricorrente assumeva le caratteristiche di un' 
attività commerciale. Le critiche ricorsuali su questo pun- 
to non hanno fondamento. 
 
       Nemmeno la conclusione alla quale giungono i Giudi- 
ci cantonali in merito al grado di molestia dell'attività 
svolta sul fondo della ricorrente può essere criticata. 
L'interpretazione dell'art. 32 n. 2 NAPR 1979, da un punto 
di vista funzionale, secondo cui in quella zona del piano 
regolatore sono ammessi solo edifici di carattere residen- 
ziale, commerciale e artigianale non molesto, che si inse- 
riscono cioè per la loro natura nell'abitato e non hanno 
ripercussioni diverse da quelle che derivano dall'abitare 
(cfr. art. 7 lett. e n. 1 NAPR 1979), è conforme agli 
obiettivi e ai principi stabiliti dalla legislazione fede- 
rale e cantonale in materia di pianificazione del territo- 
rio: tale regolamentazione mira infatti a creare e a con- 
servare insediamenti accoglienti (art. 1 cpv. 2 lett. b 
LPT, art. 2 cpv. 2 lett. b LALPT), nonché a decentralizzare 
adeguatamente l'insediamento e l'economia (art. 1 cpv. 2 
lett. c LPT, art. 2 cpv. 2 lett. c LALPT). Il citato dispo- 
sto comunale, che consente l'insediamento nella zona resi- 
denziale di sole aziende non moleste, si concilia peraltro 
con i principi pianificatori dettati dall'art. 3 cpv. 3 
lett. a LPT, che sanciscono l'obbligo di ripartire razio- 
nalmente i luoghi destinati all'abitazione e al lavoro, 
preservando quanto possibile i primi da immissioni nocive o 
moleste come l'inquinamento dell'aria, il rumore e gli sco- 
timenti (art. 3 cpv. 3 lett. b LPT). Tra le attività non 
moleste si annoverano ad esempio negozi, macellerie, sarto- 
rie, calzolerie, piccoli commerci, studi medici, ecc. (DTF 
117 Ib 147 consid. 5b;  Scolari, op. cit., n. 250 e segg. ad  
art. 28 LALPT). 
 
       Nella fattispecie l'accertato esercizio della pro- 
stituzione si differenzia chiaramente dalle attività svolte 
dalle aziende appena citate, per le quali non osterebbe un 
inserimento anche nella zona residenziale e che consenti- 
rebbero di soddisfare i bisogni "comuni" di tutte le fasce 
della popolazione residente nella zona in questione. L'at- 
tività in discussione è infatti svolta in prevalenza duran- 
te le ore notturne ed è fonte di disagi non indifferenti 
quanto a traffico di vetture e di persone, e ingenera ri- 
percussioni diverse da quelle dell'abitare. Per questi 
motivi, la sentenza impugnata, che qualifica l'esercizio 
della prostituzione come attività molesta nel senso delle 
NAPR, non presta il fianco a critica alcuna. E ciò a mag- 
gior ragione se si considera che le NAPR 1979 definiscono 
poco moleste le aziende le cui attività rientrano nell'am- 
bito delle aziende artigianali, ove il lavoro si svolge so- 
lo di giorno ed eventuali immissioni hanno carattere tempo- 
raneo, mentre reputano moleste le aziende che ingenerano 
ripercussioni più marcate (art. 7 lett. e n. 2 e 3 NAPR 
1979). 
 
       d) Nell'ambito della valutazione della conformità 
alla zona di utilizzazione occorre prendere in considera- 
zione, come si è visto, anche le immissioni immateriali 
causate da una determinata attività e comportanti influssi 
negativi diretti e indiretti sull'ambiente circostante. La 
giurisprudenza federale ha già ammesso, a titolo di esem- 
pio, che l'esercizio di un salone di massaggi, ove in real- 
tà venivano erogate prestazioni a carattere sessuale, pro- 
vocava, secondo la comune esperienza, un degrado della 
qualità della vita e delle caratteristiche del quartiere, 
tali da far concludere per la non conformità alla destina- 
zione residenziale della zona in cui era sito l'immobile 
ospitante il salone (sentenza inedita del 26 novembre 1997 
in re P., consid. 5c in fine). Orbene, anche in concreto 
non può essere negato che l'esercizio della prostituzione 
su scala alquanto vasta nell'immobile della ricorrente trae 
seco analoghe conseguenze per un quartiere che si trova a 
tutt'oggi, come rilevato dal Tribunale amministrativo, in 
una zona sostanzialmente tranquilla destinata principalmen- 
te all'abitazione. Del resto, la ricorrente non contesta, 
con una motivazione secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG
che la presenza di un postribolo possa determinare un dete- 
rioramento della qualità di vita, ma asserisce unicamente 
che in concreto non sarebbe stato rilevato questo genere di 
immissioni. Tuttavia, la valutazione delle conseguenze che 
l'esercizio di questa attività comporta non dipende, di 
massima, secondo la comune esperienza, dal riscontro effet- 
tivo di tali effetti nocivi. La sentenza impugnata deve 
pertanto essere confermata anche su questo punto. 
 
4.-  
La ricorrente invoca pure una lesione dell'  
art. 22ter vCost. (corrispondente all'art. 26 Cost.); in 
effetti, dal 1990 non avrebbe minimamente modificato l'uti- 
lizzazione dell'immobile beneficiando pertanto della prote- 
zione dei diritti acquisiti. Essa sostiene che nessuna base 
legale e nessun interesse pubblico preminente e rispettoso 
del principio della proporzionalità consentirebbero la 
soppressione del diritto acquisito a mantenere l'immobile 
nello stato attuale e a proseguire come operato sino ad 
oggi. 
 
       La giurisprudenza ha dedotto dal principio della 
garanzia della proprietà e dal principio della non retroat- 
tività delle leggi una protezione dei diritti acquisiti, 
per i quali nuove disposizioni più restrittive di quelle in 
vigore precedentemente possono essere applicate a costru- 
zioni preesistenti solo se un interesse pubblico importante 
lo esige e se il principio della proporzionalità è rispet- 
tato (DTF 113 Ia 119 consid. 2a). Tuttavia questo principio 
giurisprudenziale si applica solo nel caso in cui l'opera o 
la sua utilizzazione fosse conforme al vecchio diritto, ciò 
che, come visto, non è il caso nella fattispecie. Infatti 
l'utilizzazione dello stabile non è conforme alle NAPR del 
1979 e alle licenze edilizie accordate alla ricorrente, 
che, lo si ricorda, non ha contestato l'utilizzazione resi- 
denziale della sua particella concessa dall'Esecutivo comu- 
nale con le licenze in questione. Essa non può pertanto 
invocare con successo la protezione dei diritti acquisiti. 
La critica ricorsuale deve di conseguenza essere respinta. 
 
5.-  
La ricorrente fa pure valere una violazione  
della libertà di commercio e di industria garantita dall' 
art. 31 vCost., cui corrisponde l'art. 27 Cost., perché, 
con il provvedimento emanato dal Municipio e confermato in 
sostanza dapprima dal Consiglio di Stato e in seguito dal 
Tribunale amministrativo, essa non potrebbe più scegliere 
liberamente i suoi inquilini e dovrebbe restringere l'og- 
getto della locazione alla sola destinazione abitativa. 
Inoltre essa sarebbe tenuta e vigilare con tutti i mezzi 
possibili, affinché nel suo stabile non vengano svolte 
attività commerciali di tipo molesto quali la prostituzio- 
ne. 
 
       a) Per costante giurisprudenza, la libertà di 
commercio e di industria protegge ogni attività economica 
privata esercitata a titolo professionale e volta al conse- 
guimento di un guadagno o di un reddito (DTF 125 I 322 con- 
sid. 3a, 335 consid. 2a, 124 I 310 consid. 3a). Ai Cantoni 
non è tuttavia impedito di apportare restrizioni di polizia 
al diritto di esercitare liberamente un'attività economica 
al fine di tutelare l'ordine pubblico, la salute, i buoni 
costumi e la buona fede nei rapporti commerciali come pure 
di prevedere delle limitazioni fondate su motivi di politi- 
ca sociale. Tali misure devono poggiare su di una base le- 
gale, essere giustificate da un interesse pubblico prepon- 
derante e limitarsi, conformemente al principio della pro- 
porzionalità, a quanto necessario per realizzare gli scopi 
d'interesse pubblico perseguiti (  René Rhinow, Wirtschafts-,  
Sozial- und Arbeitsverfassung, in: Die neue Bundesverfas- 
sung, BTJP 1999, Berna 2000, pag. 165/166). Anche le perso- 
ne giuridiche, di regola, beneficiano della tutela dell' 
art. 27 Cost.Étienne Grisel, Liberté du commerce et de  
l'industrie, Berna 1993, Vol. I n. 422 pag. 154). 
 
       Contrariamente all'opinione della ricorrente, nella 
fattispecie non è data una grave limitazione della sua li- 
bertà di commercio e di industria. Il provvedimento non le 
impedisce infatti di utilizzare lo stabile conformemente 
alle licenze edilizie rilasciate, limitando l'uso alla sola 
destinazione abitativa. È dunque unicamente dal profilo 
dell'arbitrio che il Tribunale federale esamina se sono 
adempiute le citate condizioni per una restrizione di que- 
sto diritto costituzionale. Con la stessa cognizione il 
Tribunale valuta l'interpretazione e l'applicazione del di- 
ritto cantonale. È per contro con pieno potere cognitivo 
che questa Corte esamina se l'interpretazione e l'applica- 
zione non arbitraria del diritto cantonale sia conforme al- 
la libertà di commercio e di industria (DTF 124 I 310 con- 
sid. 3b, 122 I 236 consid. A, 121 I 117 consid. 3c). 
 
       b) La ricorrente censura in primo luogo la mancan- 
za di una base legale a fondamento del provvedimento adot- 
tato nei suoi confronti. A torto. L'art. 32 n. 2 NAPR 1979, 
unitamente all'art. 43 LE, rappresentano infatti una suffi- 
ciente base legale per ordinare il ripristino di una situa- 
zione conforme al diritto e alle licenze edilizie. 
 
       Quanto all'interesse pubblico si rileva che una mi- 
sura pianificatoria volta ad assicurare un'appropriata e 
parsimoniosa utilizzazione del suolo e un ordinato insedia- 
mento del territorio persegue uno scopo di interesse pub- 
blico espressamente riconosciuto dalla Costituzione (art. 
75 cpv. 1 Cost. di analogo tenore all'art. 22quater  
vCost.). Le restrizioni si conciliano con l'art. 27 Cost. 
sempreché corrispondano agli imperativi della pianificazio- 
ne del territorio e alle finalità dell'art. 75 Cost. e non 
privino di qualsiasi contenuto la libertà di commercio e di 
industria. Si pongono per contro in contrasto con l'art. 27 
Cost. nel caso in cui, dietro a un intervento pianificato- 
rio, si vogliano perseguire fini di natura economica o vi 
sia la volontà di interferire nella libera concorrenza per 
favorire certi rami di attività lucrativa o per dirigere 
l'attività economica secondo un piano prestabilito (deci- 
sione del Tribunale federale del 21 marzo 1997 pubblicata 
in Pra 86/1997 n. 101 pag. 545 consid. 3e; DTF 119 Ia 378 
consid. 4b, 110 Ia 167 consid. 7b/bb, 102 Ia 104 consid. 
5a). Queste considerazioni non sono contestate dalla ricor- 
rente, per cui dal punto di vista dell'interesse pubblico 
il provvedimento adottato non dà adito a critica alcuna. Né 
del resto si potrebbe in concreto contestare un interesse 
pubblico preponderante a salvaguardare la tranquillità (so- 
prattutto notturna) del quartiere e a preservarlo dal de- 
grado della qualità di vita al quale sarebbe senz'altro 
sottoposto con l'esercizio di un postribolo di tali dimen- 
sioni. 
 
       Nemmeno il principio della proporzionalità risulta 
essere leso in concreto. Il fatto di chiedere alla ricor- 
rente di vigilare affinché nel suo stabile non vengano 
esercitate attività moleste quali la prostituzione appare 
una misura non certo eccessiva al fine di garantire un'uti- 
lizzazione conforme alle normative legali applicabili alla 
fattispecie e alle licenze edilizie. 
 
       Stante quanto precede, la decisione impugnata non 
risulta lesiva della libertà di commercio e di industria. 
Ne segue che il ricorso deve essere respinto anche su que- 
sto punto. 
 
6.-  
Nella misura della sua ammissibilità, il ri-  
corso deve quindi essere respinto. Le spese seguono la soc- 
combenza (art. 156 cpv. 1 OG). La ricorrente rifonderà al 
Comune di Paradiso, che non è dotato di un proprio servizio 
giuridico e che in questa sede ha fatto capo a un legale, 
un'indennità a titolo di ripetibili (art. 159 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi 
 
i l   T r i b u n a l e   f e d e r a l e  
 
p r o n u n c i a :  
 
       1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è 
respinto. 
 
       2. La tassa di giustizia di fr. 4'000.-- è posta a 
carico della ricorrente, che rifonderà al Comune di Paradi- 
so fr. 2'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
 
       3. Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al 
Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Canto- 
ne Ticino. 
 
 
Losanna, 30 marzo 2000 
MDE 
 
              
In nome della I Corte di diritto pubblico  
                    
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:  
Il Presidente, 
 
                                         
La Cancelliere ad hoc,