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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_878/2015  
   
   
 
 
 
Sentenza dell'11 luglio 2017  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, De Rossa Gisimundo, Giudice supplente, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Riccardo Rondi, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di domicilio UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 27 agosto 2015 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A.________, cittadino italiano, è entrato in Svizzera il 15 maggio 2000 e un mese dopo si è sposato con B.________, sua connazionale e titolare di un'autorizzazione di domicilio. In seguito al matrimonio ha dapprima ottenuto un permesso di dimora e, dal 14 novembre 2008, di domicilio. 
 
B.   
Dopoessere stato circa due mesi in carcere preventivo nel 2013, A.________ è stato condannato con rito abbreviato il 28 marzo 2014 dalla Corte delle assise correzionali di Locarno alla pena detentiva di 22 mesi, sospesi condizionalmente con un periodo di prova di 3 anni, per infrazione aggravata e contravvenzione alla legge federale sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope del 3 ottobre 1951 (LStup; RS 812.121), per avere segnatamente: 
 
- dall'ottobre 2011 al 3 maggio 2013 acquistato, sia in vista di alienarli, sia allo scopo di assicurare il proprio consumo, almeno 814 g di cocaina; 
- detenuto sulla sua persona, il 3 maggio 2013, 63,97 g netti della medesima sostanza, destinata alla vendita; 
- tra l'autunno 2011 e maggio 2013, venduto complessivamente 280/360 g di cocaina al prezzo di fr. 100.-- al grammo, realizzando un ricavo netto di almeno fr. 14'000.--; 
- da fine 2011 a maggio 2013 consumato personalmente almeno complessivi 390,03/470,03 g di cocaina. 
 
C.   
Il 16 maggio 2014, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, sulla base dei citati fatti e della relativa condanna, ha comunicato a A.________ di voler rivalutare la continuazione del suo soggiorno nel nostro Paese e, dopo avergli concesso la possibilità di esprimersi, con decisione del 6 giugno 2014 gli ha revocato il permesso di domicilio UE/AELS per motivi di ordine pubblico, fissandogli nel contempo un termine con scadenza al 31 luglio 2014 per lasciare il territorio svizzero. 
Tale provvedimento è stato confermato su ricorso, dapprima dal Consiglio di Stato, con decisione del 10 dicembre 2014, quindi dal Tribunale cantonale amministrativo, che si è espresso in merito con sentenza del 27 agosto 2015. 
 
D.   
Quest'ultimo giudizio è stato impugnato davanti al Tribunale federale con un ricorso in materia di diritto pubblico del 29 settembre 2015. Con tale atto, A.________ chiede che la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo sia annullata e che il permesso di domicilio di cui beneficia non venga revocato. 
Chiamati ad esprimersi, la Sezione della popolazione propone la reiezione del ricorso, mentre il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio di questa Corte. Dal canto suo, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa fa in sostanza rinvio anche la Segreteria di Stato della migrazione SEM nelle sue osservazioni del 14 dicembre 2015, rilevandovi inoltre che il ricorrente avrebbe fatto valere solo con questo ricorso e, quindi, tardivamente fatti che non figuravano nella sentenza impugnata. 
Su questo punto, il ricorrente ha avuto modo di esprimersi con atto di replica. 
 
E.   
Con decreto presidenziale del 2 ottobre 2015 è stato concesso l'effetto sospensivo al gravame. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 141 III 395 consid. 2.1 pag. 397; 140 IV 57 consid. 2 pag. 59).  
 
1.2. Presentato in tempo utile (art. 100 cpv. 1 LTF) dal destinatario della decisione querelata (art. 89 cpv. 1 LTF), il gravame è di principio ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico giusta gli art. 82 segg. LTF. Concerne infatti la revoca di un'autorizzazione che continuerebbe altrimenti a produrre effetti giuridici (art. 83 lett. c n. 2 LTF; DTF 135 II 1 consid. 1.2.1 pag. 4).  
 
1.3. Nel contempo, quando, come nella fattispecie, il ricorso è interposto da una persona che può, in via di principio, appellarsi all'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681) per far valere un diritto a soggiornare in Svizzera, il Tribunale entra in materia nonostante l'art. 83 lett. c n. 2 LTF e tratta la questione dell'effettivo diritto quale aspetto di merito (DTF 136 II 177 consid. 1.1 pag. 179; sentenza 2C_558/2009 del 26 aprile 2010 consid. 1 non pubblicato in DTF 136 II 329).  
 
2.   
 
2.1. Con il ricorso in materia di diritto pubblico può tra l'altro venir censurata sia la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF) che di quello internazionale (art. 95 lett. b LTF). Confrontato con una motivazione conforme all'art. 42 LTF, il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF) e non è vincolato né agli argomenti fatti valere nel ricorso né ai considerandi sviluppati dall'istanza precedente (DTF 141 V 234 consid. 1 pag. 236; 141 V 605 consid. 1 pag. 607; 141 V 657 consid. 2.2 pag. 660). Esigenze più severe valgono invece per quanto concerne la violazione di diritti fondamentali. Il Tribunale federale esamina infatti simili censure solo se la parte ricorrente le ha sollevate e motivate in modo preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 140 IV 57 consid. 2.2 pag. 60; 136 I 49 consid. 1.4.1 pag. 53; 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246 con rispettivi rinvii).  
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il proprio ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 342 consid. 2.1 pag. 343 seg.). Esso può scostarsene se è stato eseguito violando il diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto e quindi arbitrario (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono in ogni caso essere posteriori al giudizio impugnato (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 342 consid. 2.1 pag. 343 seg.).  
 
2.3. In relazione all'apprezzamento delle prove e all'accertamento dei fatti, il Tribunale federale riconosce al Giudice del merito un ampio potere. Ammette cioè una violazione dell'art. 9 Cost. solo qualora l'istanza inferiore non abbia manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova addotto davanti alla stessa, abbia omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza un serio motivo, oppure se, sulla base dei fatti constatati, abbia tratto deduzioni insostenibili (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560). Anche in questo contesto, conformemente a quanto previsto dall'art. 106 cpv. 2 LTF, spetta al ricorrente dimostrare con precisione, e per ogni accertamento censurato, in che modo le prove avrebbero dovuto essere valutate, per quale ragione l'apprezzamento dell'autorità adita sia insostenibile e in che misura la violazione invocata sarebbe suscettibile d'avere un'influenza sull'esito del litigio (DTF 133 IV 286 consid. 1.4 pag. 287 seg.; 128 I 295 consid. 7a pag. 312).  
 
3.   
 
3.1. Nel concreto caso, senza criticare apertamente le modalità con le quali l'istanza inferiore ha proceduto all'accertamento dei fatti, il ricorrente aggiunge alcuni ulteriori elementi a quelli che emergono dalla sentenza impugnata, che a suo avviso andrebbero presi in considerazione nell'esame della fattispecie, imponendo un diverso esito della valutazione sia del carattere grave ed effettivo della minaccia all'ordine pubblico, sia della proporzionalità del provvedimento impugnato. Da un lato, invoca il trauma dovuto ad una diagnosi medica di sterilità che l'avrebbe indotto ad entrare nella spirale della droga potendosi però, ora che è stato rielaborato, escludere qualsiasi rischio di recidiva; d'altro lato, adduce la circostanza che il padre di sua moglie sarebbe totalmente a carico di quest'ultima, mettendola di fronte al dilemma di scegliere se rimanere in Svizzera oppure se seguire il marito in Italia per salvaguardare il matrimonio. Ritenuto che il giudizio impugnato non fa menzione di queste circostanze e che il ricorrente in realtà - nemmeno con le proprie osservazioni del 18 gennaio 2016 alla presa di posizione della SEM - non denuncia in proposito alcun accertamento arbitrario dei fatti, il Tribunale federale non ne potrà tener conto.  
 
3.2. In definitiva, visto che vengono sì criticati, ma mai messi in discussione con una motivazione che ne dimostri un accertamento arbitrario o altrimenti lesivo del diritto federale, i fatti che emergono dalla querelata sentenza vincolano il Tribunale federale anche nel caso che ci occupa (art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; sentenze 2C_550/2015 del 1° ottobre 2015 consid. 4.2.1 e 2C_539/2014 del 23 ottobre 2014 consid. 6.2.1, nelle quali viene tra l'altro spiegato che, in difetto di una precisa critica, anche aggiunte e precisazioni non possono essere prese in considerazione).  
 
4.   
 
4.1. La procedura riguarda la revoca del permesso di domicilio conferito a suo tempo al ricorrente. Pur non mettendo in discussione che l'esistenza di una condanna come quella inflittagli costituisca un motivo di revoca del permesso di domicilio ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 in relazione con l'art. 62 lett. b della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20), il ricorrente contesta la conformità del provvedimento con l'art. 5 Allegato I ALC e con il principio di proporzionalità sancito dall'art. 96 LStr, in relazione anche all'art. 8 CEDU.  
 
4.2. L'art. 63 cpv. 2 LStr prevede che il permesso di domicilio di uno straniero che soggiorna regolarmente e ininterrottamente da oltre 15 anni in Svizzera può essere revocato solo per i motivi di cui al capoverso 1 lett. b della medesima norma, ovvero se ha violato gravemente o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero o costituisce una minaccia per la sicurezza interna o esterna della Svizzera rispettivamente se, in base all'art. 62 lett. b LStr, egli è stato condannato a una pena detentiva di lunga durata. Una violazione qualificata dell'ordine e della sicurezza pubblici è segnatamente data quando gli atti compiuti dallo straniero in discussione ledono o compromettono dei beni giuridici particolarmente importanti come l'integrità fisica, psichica o sessuale; gravemente lesive dell'ordine e della sicurezza pubblici ai sensi dell'art. 63 cpv. 1 lett. b LStr possono però essere anche più violazioni di minore entità, prese nel loro insieme (DTF 137 II 297 consid. 3 pag. 302 segg.). Una pena privativa della libertà è invece considerata di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che la pena comminata sia stata sospesa in tutto o in parte oppure che la stessa vada o sia stata espiata (DTF 135 II 377 consid. 4.2 pag. 379 segg.).  
 
4.3. Siccome il permesso di domicilio non è regolato nell'Accordo sulla libera circolazione e viene concesso in base alla legge federale sugli stranieri, i motivi indicati sono validi anche per la revoca di un'autorizzazione di domicilio UE/AELS (art. 2 cpv. 2 LStr; art. 5 e 23 cpv. 2 dell'ordinanza del 22 maggio 2002 sull'introduzione della libera circolazione delle persone [OLCP; RS 142.203]; sentenza 2C_831/2010 del 27 maggio 2011 consid. 2.2).  
 
4.4. In simile contesto, assume ciò nondimeno rilievo l'art. 5 Allegato I ALC, a norma del quale i diritti conferiti dall'Accordo possono essere limitati soltanto da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità (DTF 139 II 121 consid. 5.3 pag. 125 seg.).  
Secondo la giurisprudenza orientata alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 ed alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea ad essa relativa (art. 5 cpv. 2 Allegato I ALC), le deroghe alla libera circolazione garantita dall'ALC vanno interpretate in modo restrittivo. Al di là della turbativa insita in ogni violazione della legge, il ricorso di un'autorità nazionale alla nozione di ordine pubblico presuppone il sussistere di una minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave di un interesse fondamentale per la società. In applicazione dell'art. 5 Allegato I ALC, una condanna penale va di conseguenza considerata come motivo per limitare i diritti conferiti dall'Accordo solo se dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale costituente una minaccia attuale per l'ordine pubblico (DTF 139 II 121 consid. 5.3 pag. 125 seg. con rinvii alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea). A dipendenza delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni in futuro; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia nullo. La misura dell'apprezzamento dipende in sostanza dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 139 II 121 consid. 5.3 pag. 125 seg. e riferimenti; 137 II 233 consid. 4.3 pag. 30; 136 II 5 consid. 4.2 pag. 20). 
 
4.5. Anche in presenza di motivi per revocare rispettivamente per non rinnovare un permesso, una tale misura si giustifica infine solo quando è proporzionata. Nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità competenti tengono conto degli interessi pubblici e della situazione personale dello straniero, considerando la gravità di quanto gli viene rimproverato, la durata del suo soggiorno in Svizzera, il suo grado d'integrazione e il pregiudizio che l'interessato e la sua famiglia subirebbero se la misura venisse confermata (art. 96 LStr). Nel caso il provvedimento preso abbia ripercussioni sulla vita privata e familiare ai sensi dell'art. 8 CEDU, un analogo esame della proporzionalità va svolto anche nell'ottica di questa norma (DTF 139 II 121 consid. 6.5.1 pag. 132 e rinvio; sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in re  Trabelsi contro Germania del 13 ottobre 2011, n. 41548/06, § 53 segg.).  
 
4.6. Sempre in base alla giurisprudenza, per ammettere la revoca di un permesso di domicilio devono essere poste esigenze tanto più elevate quanto più lungo è il tempo vissuto in Svizzera. Anche nei confronti di stranieri nati e che hanno sempre vissuto nel nostro Paese - circostanza che tuttavia non è in casu realizzata - una simile misura non è esclusa e può essere adottata sia quando una persona si sia macchiata di delitti particolarmente gravi - di carattere violento, a sfondo sessuale, o in relazione con il commercio di stupefacenti -, sia quando il soggetto in discussione si è reso punibile a più riprese (DTF 139 I 16 consid. 2.2.1 pag. 19 segg; 139 I 31 consid. 2.3.1 pag. 33 segg; 130 II 281 consid. 3.2.2 pag. 287; 130 II 176 consid. 4.4.2 pag. 190, così come sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in re  Dalia contro Francia del 19 febbraio 1998, Recueil CourEDH 1998-I pag.76 § 50 segg.). Pure in questo contesto, il primo criterio per valutare la gravità della colpa e per procedere alla ponderazione degli interessi è costituito dalla condanna inflitta (DTF 139 I 16 consid. 2.2.1 pag. 19; 135 II 377 consid. 4.3 pag. 381; 134 II 10 consid. 4.2 pag. 23).  
 
5.   
Tenuto conto della pena privativa della libertà pronunciata nei suoi confronti il 28 marzo 2014 il ricorrente, a ragione, non mette in discussione la sussistenza di un motivo per revocare il suo permesso di domicilio in base al diritto interno (art. 63 cpv. 2 e 62 lett. b LStr; precedente consid. 4.2). Una pena detentiva è infatti considerata di lunga durata se è stata pronunciata per più di un anno, a prescindere dal fatto che la pena comminata sia stata sospesa in tutto o in parte oppure che la stessa vada o sia stata espiata (DTF 139 I 16 consid. 2.1 pag. 18 seg.; 135 II 377 consid. 4.2 pag. 379 segg.). 
A differenza di quanto da lui sostenuto, il giudizio impugnato ha però proceduto ad una valutazione dei singoli aspetti della fattispecie che non risulta criticabile né in relazione all'art. 5 Allegato I ALC, né al principio della proporzionalità (successivi consid. 6 e 7). 
 
6.   
 
6.1. Secondo l'accertamento dei fatti contenuto nel contestato giudizio, che vincola anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), con sentenza del 28 marzo 2014 il ricorrente è stato condannato alla pena detentiva di 22 mesi sospesi condizionalmente con un periodo di prova di 3 anni, per infrazione aggravata alla LStup in relazione all'acquisto, al possesso, al consumo ed all'alienazione di quantitativi di droga tutt'altro che trascurabili. L'azione delittuosa del ricorrente si è protratta per quasi due anni (ottobre 2011 - maggio 2013), quindi un tempo lungo; non è pertanto possibile affermare che essa sia circoscrivibile ad un evento singolo ed isolato. Peraltro, come sottolineato anche nella decisione impugnata, la stessa è stata messa in atto nonostante l'interessato beneficiasse di una situazione personale, professionale e finanziaria stabile, caratterizzata da un'unione coniugale di lunga durata e da un posto di lavoro sicuro e duraturo. Infine, va rilevato che è stata perpetrata da un adulto la cui responsabilità penale non è mai stata messa in discussione. Stando alle affermazioni del ricorrente medesimo (cfr. sentenza impugnata, pag. 8), si è inoltre consumata proprio in un contesto molto vicino al suo ambiente professionale e, in definitiva, è stata interrotta solo grazie al suo arresto ed al lungo periodo di carcere preventivo. Le affermazioni del ricorrente secondo cui una potenziale ricaduta va esclusa "con una probabilità quasi assoluta" poiché i motivi che l'hanno indotto a delinquere sarebbero "rielaborati e superati per sempre" non trovano alcun riscontro oggettivo agli atti e non possono quindi concorrere a rovesciare il verdetto cantonale.  
 
6.2. Preso atto delle circostanze descritte e tenuto conto del fatto che i reati per cui è stato condannato non sono lontani nel tempo (sentenze 2C_82/2015 del 2 luglio 2015 consid. 5.2.3; 2C_38/2012 del 1° giugno 2012 consid. 4.3 e 2C_110/2012 del 26 aprile 2012 consid. 3) così come che concernono violazioni della LStup - ovvero un ambito in cui il rischio di recidiva dev'essere apprezzato con rigore (sentenze 2C_82/2015 del 2 luglio 2015 consid. 5.2.3; 2C_370/2012 del 29 ottobre 2012 consid. 3.2 e 2C_238/2012 del 30 luglio 2012 consid. 2.3) - anche la conclusione secondo cui vi è un concreto rischio di recidiva e che questo pericolo giustifica la revoca del permesso pure nell'ottica dell'art. 5 Allegato I ALC va quindi sostanzialmente condivisa (sentenze 2C_468/2016 dell'11 agosto 2016 consid. 6.1-6.3; 2C_784/2014 del 24 aprile 2015 consid. 3.3; 2C_547/2010 del 10 dicembre 2010 consid. 4 e 2C_14/2008 del 21 agosto 2008 consid. 5.3).  
 
6.3. In definitiva, la risposta fornita dalla Corte cantonale alla questione se il ricorrente rappresenti attualmente una minaccia effettiva e sufficientemente grave per la società ai sensi dell'art. 5 Allegato I ALC, tale da legittimare un provvedimento di revoca, è il risultato del lecito apprezzamento di una serie di aspetti del tutto concreti che, conto tenuto dell'ambito in cui il ricorrente ha delinquito, doveva necessariamente essere svolto con severità (in questo senso, si veda del resto la già citata sentenza 2C_82/2015 del 2 luglio 2015 consid. 5.2).  
 
7.   
 
7.1. Resta ora da esaminare la questione della proporzionalità della misura. Riferendosi agli art. 96 LStr e 8 CEDU, la Corte cantonale ha infatti considerato che l'interesse alla revoca del permesso di domicilio fosse preponderante rispetto a quello fatto valere dal ricorrente a poter continuare a risiedere in Svizzera. Il ricorrente, invece, ritiene che la revoca sia sproporzionata alla luce della sua situazione personale e famigliare, che denota una profonda integrazione nel Canton Ticino; un suo trasferimento in Italia comporterebbe a suo dire la rottura del matrimonio, stante l'impossibilità per la moglie di allontanarsi dal padre bisognoso di cure. Le sue censure non meritano tuttavia accoglimento, per le seguenti ragioni.  
 
7.2. L'insorgente vive stabilmente in Svizzera dal giugno del 2000, dall'età di 25 anni. Si tratta senza dubbio di un lungo periodo, durante il quale egli, come visto, si è costruito un solido legame coniugale e una posizione professionale. Tale aspetto è senz'altro molto importante, ma deve essere relativizzato alla luce di tutta una serie di altre circostanze rilevate e ponderate correttamente dalla Corte cantonale (giudizio impugnato, consid. 4.2). Il ricorrente infatti, come detto, si è reso colpevole per un periodo prolungato di una violazione grave della legge federale sugli stupefacenti. Un simile reato comporta, secondo la giurisprudenza che in questo ambito si mostra particolarmente rigorosa, un interesse rilevante all'allontanamento di chi lo commette, anche nel caso che tale persona sia uno straniero che da lungo tempo soggiorna in Svizzera (precedente consid. 4.4 e la giurisprudenza ivi indicata).  
La circostanza che il ricorrente avrebbe ora trovato un nuovo lavoro a tempo indeterminato (decisione impugnata, pag. 10 seg.) non può cambiare le sorti del ricorso: essa non ha infatti carattere dirimente rispetto alla gravità del reato commesso e non può, da sola, dimostrare un radicale cambiamento del grado di integrazione del ricorrente nel nostro Paese, tanto più che in passato il fatto di avere un buon lavoro non gli ha comunque impedito di commettere azioni criminose. Come rileva la sentenza impugnata (consid. 4.2), tale circostanza dimostra semmai che anche il suo reinserimento professionale in Italia potrà essere un po' meno difficile grazie alla formazione e alle esperienze maturate nel nostro Paese. 
 
7.3. L'insorgente rileva di non avere più legami con il proprio Paese di origine e sostiene che un suo trasferimento in Italia sarebbe improponibile. In realtà, la cultura e lo stile di vita della vicina Penisola, dove ha vissuto dopo la sua scolarizzazione avvenuta in Germania, gli sono noti e non si discostano del resto in maniera sostanziale da quelli cui è abituato nel nostro Paese, per cui un suo reinserimento in quel contesto appare perfettamente esigibile. È ben vero che il provvedimento impugnato, che però - occorre sottolinearlo - riguarda solo il ricorrente, comporterebbe un pregiudizio non indifferente per la moglie. Essa, come ben rileva la sentenza impugnata, manterrebbe la possibilità di continuare a risiedere nel nostro Paese oppure potrebbe trasferirsi in Italia con il marito. Ma ad ogni modo, qualora la moglie non intendesse trasferirsi per sue ragioni personali, un trasloco del ricorrente nella fascia di confine, a pochi chilometri dalla sua attuale residenza, non gli impedirebbe di mantenere saldo il rapporto coniugale, né del resto eventuali relazioni sociali instaurate durante il soggiorno nel Cantone Ticino. Il provvedimento in questione di per sé non esclude infatti soggiorni del ricorrente nel nostro Paese per far visita alla famiglia (sentenza 2C_642/2009 del 25 marzo 2010 consid. 4.3.3 con ulteriori rinvii). Peraltro, nella misura in cui, per contestare la proporzionalità, il ricorrente fa rinvio alla presenza della moglie e dei famigliari di lei in Ticino, occorre nuovamente rilevare che questi aspetti non gli hanno impedito di delinquere in passato. La misura di revoca contestata rispetta quindi pure il principio della proporzionalità.  
 
7.4. Per quanto precede, il ricorso dev'essere respinto.  
 
8.   
Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 11 luglio 2017 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud