Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_22/2017  
   
   
 
 
 
Sentenza del 29 agosto 2017  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, Presidente, 
Eusebio, Chaix, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Gianluigi Della Santa, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. B.________, 
2. C.________, 
patrocinati dall'avv. dott. Lorenzo Anastasi, 
 
Municipio di Bellinzona, piazza Nosetto, 6500 Bellinzona, 
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, 
Ufficio delle domande di costruzione, via Franco Zorzi 13, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato della Repubblica e Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
licenza edilizia per tre stabili di appartamenti e la demolizione di alcune costruzioni esistenti, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 21 novembre 2016 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A.________ è proprietario della particella xxx di 4'549 m2 del Comune di Bellinzona, ubicata nella fascia collinare tra il Castello di Montebello e il Castello di Sasso Corbaro, beni culturali di interesse cantonale censiti nell'inventario degli insediamenti svizzeri da proteggere (ISOS) e patrimonio dell'umanità UNESCO. Il fondo, racchiuso tra la strada comunale che risale il pendio e un sentiero, è attribuito alla "zona residenziale estensiva sottozona E" e si trova all'interno del perimetro di rispetto del nucleo storico di Bellinzona. Su di esso insistono immobili di dimensioni contenute (sub A, B e C). 
 
B.   
Nel novembre 2013 il proprietario ha inoltrato una domanda di costruzione preliminare a titolo informativo, concernente la costruzione di tre stabili di appartamenti collegati da un'autorimessa comune. L'Ufficio dei beni culturali (UBC) e l'Ufficio della natura e del paesaggio (UNP) hanno espresso una valutazione complessivamente positiva, sollevando alcune critiche riguardo all'inserimento paesaggistico dell'accesso veicolare. Il 18 febbraio 2014 il Municipio ha stabilito che il progetto rispettava l'ordinamento comunale, mentre l'accesso all'autorimessa doveva essere rivisto. 
 
C.   
Nel frattempo, con domanda del 14 febbraio 2014, l'istante ha chiesto il permesso di demolire le costruzioni esistenti e realizzare al loro posto tre stabili (A, B e C) di tre livelli fuori terra, collegati a un'autorimessa seminterrata comune. AI progetto si sono opposte, tra altri, B.________ e C.________, proprietarie di fondi siti nelle vicinanze. I Servizi generali del Dipartimento del territorio hanno preavvisato favorevolmente il progetto, subordinandolo a condizioni. 
 
D.   
Il 16 agosto 2014, l'istante ha presentato una variante. Raccolto l'avviso favorevole dei servizi dipartimentali, il 12 novembre 2014 il Municipio, respinte le opposizioni, ha rilasciato il permesso. Il 25 agosto 2015 il Consiglio di Stato ha accolto un ricorso delle opponenti e ha annullato la licenza edilizia per violazione delle norme sulle altezze. Adito dal proprietario, con giudizio del 21 novembre 2016 il Tribunale cantonale amministrativo ne ha respinto il ricorso. 
 
E.   
Avverso questa sentenza A.________ presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede di annullarla, unitamente a quella del Consiglio di Stato. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso in materia di diritto pubblico diretto contro una decisione dell'autorità cantonale di ultima istanza in materia di diritto edilizio, tempestivo, è di massima ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a e 86 cpv. 1 lett. d LTF. La richiesta di annullare anche la decisione governativa è inammissibile, visto che non si tratta di un giudizio emanato dall'autorità cantonale di ultima istanza (DTF 136 11 539 consid. 1.2; sentenza 1C_474/2016 del 1° giugno 2017 consid. 1.2).  
 
1.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 L TF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1 pag. 106). Quando il ricorrente fa valere la violazione di diritti costituzionali (principio di proporzionalità), nonché l'arbitrio nell'accertamento dei fatti, poiché ciò equivale a sostenere che sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. (DTF 140 III 115 consid. 2; 136 I 304 consid. 2.4 pag. 313), il Tribunale federale esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 142 I 99 consid. 1.7.2 pag. 106).  
 
1.3. La vertenza concerne in sostanza l'interpretazione e l'applicazione di norme del diritto cantonale e comunale, che il Tribunale federale esamina sotto il ristretto profilo dell'arbitrio. Non basta quindi che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel suo risultato (DTF 140 I 201 consid. 6.1), ciò che spetta al ricorrente dimostrare (DTF 133 II 396 consid. 3.2). Non risulta per contro arbitrio dal semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 141 I 70 consid. 2.2 pag. 72).  
 
2.  
 
2.1. II ricorrente fa valere una violazione di diritti costituzionali, in particolare il divieto dell'arbitrio e il principio di proporzionalità, nonché un accertamento arbitrario dei fatti.  
 
2.2. Sui fatti rileva semplicemente che la documentazione fotografica prodotta dalle opponenti non costituirebbe una risultanza istruttoria, ma soltanto un fuorviante montaggio fotografico, che non ritrarrebbe la futura situazione finale. Con questo accenno egli non dimostra del tutto che si sarebbe in presenza di un accertamento arbitrario dei fatti, in particolare, come si vedrà, riguardo all'ammesso superamento delle altezze (art. 97 cpv. 1 in relazione con l'art. 105 cpv. 1 e 2 LTF; DTF 142 Il 355 consid. 6 pag. 358; 140 III 115 consid. 2).  
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente contesta in maniera generica la legittimazione delle opponenti a ricorrere in prima istanza, in particolare sotto il profilo dell'art. 8 cpv. 1 della legge edilizia cantonale del 13 marzo 1991 (LE), secondo cui nel termine di pubblicazione ogni persona che dimostri un interesse legittimo può opporsi alla concessione della licenza edilizia. Sostiene che nella decisione impugnata sarebbe stato "allargato" il presupposto d'essere particolarmente toccato, nonché la nozione di "interesse degno di protezione", violando quindi le norme pertinenti e la relativa giurisprudenza, peraltro neppure indicata.  
 
3.2. Nella criticata decisione è stato ritenuto che l'interesse legittimo dell'art. 8 cpv. 1 LE corrisponde in sostanza a quello dell'art. 89 cpv. 1 lett. c LTF. Richiamato l'art. 111 cpv. 1 LTF, è stato stabilito che in merito alla legittimazione ricorsuale dei vicini occorre pertanto considerare la giurisprudenza federale, in particolare riguardo alla vicinanza spaziale dei loro fondi dal progetto edilizio (DTF 141 II 50 consid. 2.1 pag. 52), per cui essi possono esigerne la verifica anche sulla base di norme inerenti alla tutela dei monumenti storici e dei beni culturali o del paesaggio.  
La licenza edilizia litigiosa autorizza la costruzione di tre stabili di appartamenti, alti più di 8.00 m e collegati da un'autorimessa parzialmente interrata, che secondo la Corte cantonale, viste le dimensioni, non toccherebbe soltanto i sedimi confinanti, ma esplicherebbe ripercussioni apprezzabili, soprattutto di carattere paesaggistico, su un comparto territoriale ben più vasto. 
 
3.3. Come non contestato dal ricorrente e accertato in maniera vincolante dalla Corte cantonale (art. 105 cpv. 1 LTF), le criticate opere sono perfettamente visibili dai fondi delle opponenti, che distano solo pochi metri dal suo terreno e dal quale sono separati unicamente dalla strada comunale e da uno stretto sentiero. La Corte cantonale ha quindi ritenuto di meridiana evidenza la legittimazione delle vicine, riconoscendola in applicazione della giurisprudenza del Tribunale federale in materia edilizia e sulla base dell'art. 33 cpv. 3 lett. a LPT (RS 700), secondo cui il diritto cantonale garantisce la legittimazione a ricorrere per lo meno nella stessa misura di quella prevista per il ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale (DTF 141 II 50 consid. 2.1 e 2.2 pag. 52 seg.).  
AI riguardo il ricorrente si limita ad addurre che il fatto di subire gli effetti del contestato progetto edilizio non sarebbe sufficiente a fondare la legittimazione delle opponenti, che non avrebbero dimostrato concretamente i motivi fattuali che giustificherebbero la loro appartenenza a quella limitata cerchia di persone particolarmente toccate e portatrici di un interesse degno di protezione a contestare l'intervento edilizio. L'asserita motivazione tautologica dell'impugnato giudizio sarebbe pertanto arbitraria 
 
3.4. Con questo accenno egli disattende che, secondo la prassi rettamente applicata dall'autorità precedente e con la quale egli non si confronta, le vicine sono tenute a rendere verosimile che la loro situazione giuridica o fattuale sarebbe influenzata dall'esito della procedura e ch'esse avrebbero un vantaggio pratico all'annullamento o alla modifica della decisione impugnata soltanto quando tra i loro fondi e quello oggetto del contestato progetto edilizio non esiste, quale criterio più importante, uno stretto legale spaziale, ciò che non si verifica in concreto vista la vicinanza dei fondi (DTF 141 II 50 consid. 2.1 pag. 52; 140 II 214 consid. 2.3 pag. 219; sentenza 1C_342/2008 del 21 ottobre 2008 consid. 2.3.1, in: RtiD I-2009 n. 50 pag. 210).  
 
4.  
 
4.1. La Corte cantonale si è espressa sui vari sistemi di misurare l'altezza di un edificio e del terreno sistemato, tra l'altro mediante la formazione di terrapieni piani o inclinati. Ha rilevato che all'interno della zona residenziale estensiva - sottozona E vige un'altezza massima di 9.00 m (art. 47 cpv. 2 NAPR). L'art. 12 cpv. 3 NAPR, norma generale relativa alla sistemazione altimetrica dei fondi, dispone che "i lavori di sistemazione esterna non possono alterare le caratteristiche morfologiche naturali del terreno", stabilendo che:  
 
"a) su fondi pianeggianti la quota del terreno sistemato non può superare la quota massima di sedimi pubblici e privati adiacenti; 
b) nei terreni in forte pendenza (-20 %) possono essere realizzati: 
 
- terrapieni e scavi che rispettano la linea mediana derivante da almeno 4 sezioni del terreno nella direzione della pendenza massima; 
- riempimenti che superano i ml 1.50 rispetto al profilo del terreno originario per il ripristino di altimetrie coordinate fra l'edificio ed il fondo." 
Nella decisione impugnata è stato accertato che l'edificio B poggerà su un terrapieno inclinato. Essendo largo meno di 3.00 m dalla facciata rivolta verso valle, la sua altezza (ca. 1.10 cm dal terreno naturale) va computata su quella dello stabile (8.70 m). L'altezza del terrapieno va conteggiata anche lateralmente (Iato nord-est). Se lungo quel fronte fosse pianeggiante, a una distanza di 3.00 m dal piede della facciata, il ciglio del terrapieno verrebbe a trovarsi a una quota superiore a quella del terreno naturale di ca. 2.50 m, sopravanzando quindi di ca. 1.00 m il limite fissato dall'art. 41 LE. In corrispondenza dell'angolo in esame, aggiungendo tale eccedenza (+1.00 m), l'edificio supera di 0.70 m l'ingombro massimo ammesso. Pure in corrispondenza dell'angolo ovest dell'edificio C, i piani contemplano la formazione di un terrapieno inclinato. A 3.00 m dalla facciata a valle, il ciglio verrebbe a trovarsi a più di 2.50 m dalla quota del terreno naturale. Applicando i citati criteri di misurazione, all'altezza della facciata (8.70 m) va quindi aggiunta quella del terrapieno nella misura in cui supera 1.50 m, per cui ne risulta un superamento dell'altezza massima consentita. 
 
4.2. La Corte cantonale ha ritenuto che l'art. 12 cpv. 3 NAPR non permette di mutare tale esito. Ha stabilito che, come ritenuto dal Consiglio di Stato, questa norma non introduce alcuna deroga alle regole per la misurazione delle altezze stabilite dalla LE. A fronte di un divieto generale di alterare le caratteristiche morfologiche naturali del terreno enunciato nel primo periodo della norma, la sua lett. b consente unicamente, a determinate condizioni, di realizzare nei terreni in forte pendenza, terrapieni o scavi, come pure riempimenti che superano il terreno naturale di oltre 1.50 m.  
 
4.3. Il ricorrente, ammesso seppure solo in alcuni punti, il superamento del limite di altezza di 9 m, sostiene che l'art. 12 cpv. 3 NAPR costituirebbe una norma derogante alle regole generali di misurazione delle altezze e non soltanto disciplinante la realizzazione di terrapieni e riempimenti. AI riguardo si limita a osservare che il divieto di alterare le caratteristiche morfologiche naturali del terreno non potrebbe ch'essere interpretato nel senso che in terreni a forte pendenza l'eccezione prevista dalla sua lett. b comporterebbe una deroga alle regole generali per misurare le altezze, poiché nel caso contrario sarebbe priva di effetti concreti, di senso e scopo.  
 
4.4. La tesi, ricordato che la norma si riferisce unicamente ai lavori di sistemazione esterna e chiaramente non alle altezze, è priva di fondamento. Le autorità cantonali non potevano pertanto scostarsi dal testo letterale di questa disposizione e il ricorrente non indica alcun motivo oggettivo a sostegno del suo assunto, né adduce argomenti validi e pertinenti che permettano di derogare a questa regola (DTF 143 IV 122 consid. 3.2.3 pag. 125; 141 Il 436 consid. 4.1 pag. 441, 220 consid. 3.3.1 pag. 225). L'interpretazione operata dai giudici cantonali non è d'altra parte insostenibile e quindi arbitraria.  
 
5.  
 
5.1. Riguardo alle altezze, la Corte cantonale ha condiviso la tesi delle opponenti, secondo la quale l'edificio A e l'autorimessa configurano una costruzione a gradoni. È stato in particolare spiegato perché il garage non rappresenta una costruzione sotterranea, visto che si erge oltre il livello del terreno sistemato per quasi 3.00 m, tanto sul fronte nord-ovest quanto su quello sud-ovest. Il fatto che per il resto sia coperto di terra non permette di considerarlo quale semplice terrapieno. L'accorgimento d'inglobarlo parzialmente nel pendio (sistemato) non consente di negargli la qualità di edificio, ovvero di costruzione comprendente spazi chiusi, utilizzabili per proteggere persone o cose dagli influssi atmosferici. Ne ha dedotto che l'autorimessa è quindi un corpo di fabbrica, che essendo strettamente connessa all'edificio sovrastante forma con esso una costruzione a gradoni. Poiché le pareti dei due corpi che si aprono verso valle distano, seppur solamente di alcuni centimetri, meno di 12.00 m l'una dall'altra, come riconosciuto dal ricorrente, l'altezza dell'autorimessa, misurata dal terreno sistemato ai piedi della facciata rivolta verso la strada (ca. 3.00 m), va sommata a quella dell'edificio retrostante (8.70 m), ciò che comporta un netto superamento dei limiti legali.  
È stato deciso che nel caso di specie la concessione di una deroga non entra in considerazione: i superamenti delle altezze rappresentano infatti violazioni importanti dei parametri edificatori della zona, che devono di massima essere rispettati, né si è in presenza di una situazione eccezionale. È stato stabilito che questi superamenti non possono essere sanati in applicazione del principio di proporzionalità con l'imposizione di condizioni, poiché in concreto una riprogettazione delle strutture è indispensabile (sentenza 1C_207/2010 del 21 aprile 2011 consid. 4.4, in: RtiD II-2011 n. 13 pag. 59). Anche al riguardo il ricorrente, disattendendo il suo obbligo di motivazione (art. 42 L TF), si limita a trascrivere queste tesi, senza tuttavia confrontarsi con le stesse e tentare di confutarle. 
 
6.  
 
6.1. L'istanza precedente si è infine espressa, per ragioni di economia processuale, vista la probabilità dell'inoltro di una nuova domanda di costruzione, anche sulle questioni dei beni culturali protetti e sull'inserimento paesaggistico del progetto edilizio.  
Riguardo alla protezione e alla valorizzazione dei beni culturali disciplinata dalla legge ticinese sulla protezione dei beni culturali del 13 maggio 1997, ha ricordato che il Tribunale cantonale amministrativo, contrariamente al Consiglio di Stato, non dispone in linea di principio del sindacato dell'adeguatezza. Ha rilevato che la particella in esame è ubicata all'interno del perimetro di rispetto del nucleo storico di Bellinzona. Ha spiegato perché il Governo cantonale ha ritenuto carente il giudizio formulato dall'Ufficio dei beni culturali, che nonostante un forte impatto sulle adiacenze, ritiene il progetto compatibile con l'obiettivo del mantenimento dell'isolamento e del carattere emergente dei castelli. Ha considerato sostenibile il parere dell'Esecutivo cantonale secondo cui anche il forte impatto visivo delle opere sulle adiacenze si oppone al rilascio di una licenza edilizia, sussistendo un importante rischio ch'esse, per dimensioni e posizionamento, si pongano in diretta concorrenza con i castelli, dando origine a un accostamento visivo del tutto inadeguato. 
 
6.2. In merito all'inserimento paesaggistico, la Corte cantonale ha richiamato l'art. 94 cpv. 2 della legge ticinese sullo sviluppo territoriale del 21 giugno 2011, che ha introdotto il principio operativo secondo cui le costruzioni devono inserirsi nel paesaggio in maniera ordinata e armoniosa. Ha riconosciuto detta norma, riferendosi alla prassi e alla dottrina, quale clausola estetica positiva (LORENZO ANASTASI/DAVIDE SACCHI, La protezione del patrimonio costruito, con particolare riferimento all'inventario ISOS, in: RtiD I-2013, pag. 327 segg., 357 segg.).  
I giudici cantonali hanno condiviso l'argomentazione del Governo, secondo cui la valutazione complessivamente positiva del nuovo progetto da parte dell'Ufficio della natura e del paesaggio non è adeguatamente motivata, poiché non si pronuncia su aspetti rilevanti, quali l'espressione architettonica delle costruzioni, le volumetrie, i materiali impiegati e le caratteristiche delle adiacenze, osservato che gli stabili, rispetto al tessuto edilizio della zona, ne comporterebbero un'alterazione. Hanno sottolineato che in particolare fa difetto un'indagine dell'impatto delle nuove opere sugli elementi caratterizzanti del comparto (monumenti ed estese aree verdi limitrofe). Manca inoltre il riferimento alle importanti opere di sistemazione esterna e alla via d'accesso alla rimessa. Hanno ritenuto che il corretto inserimento dei controversi fabbricati nel paesaggio dovrebbe essere escluso già solo per la disattenzione delle norme sulle altezze, aggiungendo che le contestate edificazioni comportano volumi e sfruttamenti ben maggiori di quelli degli edifici circostanti, anche se questa circostanza da sola non sarebbe sufficiente a ritenerle contrarie all'obbligo di inserirsi adeguatamente nel contesto paesaggistico. Le stesse si troverebbero tuttavia in un'area straordinaria per valore culturale e pregevolezza paesaggistica, connotata dall'immagine emergente dei castelli e dagli ampi spazi verdi che si alternano a costruzioni di dimensioni contenute. Il notevole ingombro degli interventi edilizi litigiosi, concentrati in un'area delimitata posta sull'asse che collega verticalmente i beni culturali protetti, è quindi suscettibile di incidere negativamente sulla loro immagine. 
 
6.3. Il ricorrente contesta in maniera del tutto generica queste conclusioni, limitandosi a rilevare che, partendo dal presupposto che i progettati stabili eccedono i limiti di ingombro previsti dalla zona, la Corte cantonale non avrebbe tenuto conto del pregresso iter del progetto, che ne aveva comportato il ridimensionamento e specifiche modifiche. Il rilievo, accertato che le previste opere non rispettano le altezze imposte dalle NAPR, è ininfluente. Questo accenno non dimostra del resto affatto l'arbitrarietà della motivazione né del risultato della decisione impugnata.  
 
7.   
Il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Municipio di Bellinzona, al Dipartimento del territorio, Ufficio delle domande di costruzione, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 29 agosto 2017 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Merkli 
 
Il Cancelliere: Crameri