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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
5A_680/2016  
   
   
 
 
 
Sentenza del 24 marzo 2017  
 
II Corte di diritto civile  
 
Composizione 
Giudici federali Escher, Giudice presidente, 
Marazzi, Schöbi, 
Cancelliera Antonini. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Andrea Valsangiacomo, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. B.________S.p.A., 
2. C.________S.p.A., 
3. D.________S.r.l., 
4. E.________S.p.A., 
5. F.________S.c.a.r.l., 
6. G.________S.r.l., 
7. H.________S.p.A., 
tutte patrocinate dall'avv. Mariella Orelli, 
opponenti, 
 
Ufficio di esecuzione di Lugano, via Bossi 2a, 6900 Lugano. 
 
Oggetto 
restituzione del termine, precetto esecutivo, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 6 settembre 2016 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. B.________S.p.A., C.________S.p.A., D.________S.r.l., E.________S.p.A., F.________S.c.a.r.l., G.________S.r.l., H.________S.p.A. e I.________S.p.A. hanno escusso con precetto esecutivo 27 gennaio 2016 dell'Ufficio esecuzione (UE) di Lugano A.________ per l'incasso di fr. 127'155'000.-- oltre a interessi. Titoli di credito sono l'ordinanza 20 febbraio 2015 del Tribunale ordinario di Milano e la decisione di exequatur 22 maggio 2015 della Pretura di Lugano.  
 
A.b. Avendo l'escusso omesso di interporre opposizione, le società escutenti hanno chiesto la prosecuzione dell'esecuzione. In data 3 marzo 2016 l'UE ha emesso l'avviso di pignoramento per il 5 aprile successivo. Un primo ricorso 14 marzo 2016 di A.________ contro l'avviso di pignoramento è stato respinto dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello del Cantone Ticino con sentenza 15 giugno 2016.  
 
B.   
Venuto a conoscenza, nella parallela procedura di accertamento dell'inesistenza del credito posto in esecuzione da lui promossa avanti alla Pretura di Lugano, che le società escutenti avevano in realtà chiesto all'UE di emettere un precetto esecutivo per prestazione di garanzia e non a scopo d'incasso, con ricorso 10 agosto 2016 alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello, quale autorità di vigilanza, A.________ ha chiesto la restituzione del termine di ricorso contro il precetto esecutivo e l'annullamento dell'esecuzione. Il Tribunale di appello ha respinto la domanda di restituzione del termine e dichiarato irricevibile il ricorso, siccome tardivo, con la qui impugnata sentenza 6 settembre 2016. 
 
C.   
Con allegato 16 settembre 2016, A.________ insorge contro la pronuncia cantonale con ricorso in materia civile avanti al Tribunale federale. Chiede, in accoglimento del ricorso, l'annullamento della sentenza impugnata e, di conseguenza, l'annullamento del precetto esecutivo e della relativa procedura esecutiva. Con decreto 17 ottobre 2016, al gravame è stato concesso l'effetto sospensivo. Non sono state chieste determinazioni nel merito. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il ricorso è stato interposto tempestivamente (art. 100 cpv. 2 lett. a LTF) dalla parte soccombente in sede cantonale (art. 76 cpv. 1 LTF) contro una decisione finale (art. 90 LTF; DTF 133 III 350 consid. 1.2) pronunciata dall'autorità cantonale di ultima (unica) istanza (art. 75 LTF) in materia di esecuzione e fallimento (art. 72 cpv. 2 lett. a LTF). Trattandosi di una decisione dell'autorità cantonale di vigilanza in materia di esecuzione e fallimento, il valore di causa è privo di rilievo (art. 74 cpv. 2 lett. c LTF; DTF 133 III 350 consid. 1.2). Nell'ottica dei criteri menzionati, il gravame introdotto dal ricorrente è ammissibile.  
 
1.2. Con il ricorso in materia civile può, tra l'altro, essere censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF). Il Tribunale federale è tenuto ad applicare d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF). Nondimeno, in ragione dell'onere di allegazione e motivazione posto dall'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame, il Tribunale federale esamina di regola solo le censure sollevate (DTF 140 III 86 consid. 2; 137 III 580 consid. 1.3; 134 III 102 consid. 1.1). Nel ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, confrontandosi con i considerandi della sentenza impugnata, perché l'atto impugnato viola il diritto (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono più rigorose quando è fatta valere la violazione di diritti fondamentali. II Tribunale federale esamina queste censure solo se la parte ricorrente le ha debitamente sollevate e motivate, come prescritto dall'art. 106 cpv. 2 LTF. Ciò significa che il ricorrente deve indicare in modo chiaro e dettagliato con riferimento ai motivi della decisione impugnata in che modo sarebbero stati violati i suoi diritti costituzionali (DTF 134 II 244 consid. 2.2).  
 
In linea di massima il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene o completarlo soltanto se è stato effettuato in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF). L'accertamento dei fatti contenuto nella sentenza impugnata può essere censurato alle stesse condizioni; occorre inoltre che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 140 III 115 consid. 2) - il ricorrente deve motivare la censura conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 140 III 264 consid. 2.3). 
 
2.   
Il Tribunale di appello ha in ingresso constatato l'evidente tardività del ricorso contro il precetto esecutivo. Ha in seguito respinto la domanda di restituzione del termine per ricorrere contro il precetto esecutivo: il ricorrente non sarebbe stato impedito ad agire entro il termine stabilito senza propria colpa, come esige l'art. 33 cpv. 4 LEF: nel caso concreto, atteso che la ricezione del precetto esecutivo non è contestata, egli avrebbe potuto procedere alle verifiche opportune durante il termine di ricorso decorrente dall'intimazione del precetto medesimo e constatare, come poteva intuire dalla causa di credito indicata sul precetto (ovvero l'ordinanza di sequestro conservativo 20 febbraio 2015 del Tribunale ordinario di Milano), che le escutenti avevano promosso in realtà un'esecuzione per prestazione di garanzia. 
 
2.1. Come rettamente rammentato nella sentenza impugnata, al cui considerando topico è opportuno rinviare, la restituzione di un termine della LEF presuppone l'assenza di colpa da parte del richiedente. Questi deve peraltro rimediare all'omissione con un'istanza scritta e motivata, da inoltrarsi entro il medesimo termine dalla cessazione dell'impedimento presso l'autorità competente, compiendo l'atto omesso (v. art. 33 cpv. 4 LEF).  
 
2.2. Per i motivi già esposti (supra consid. 2), il Tribunale di appello non ha considerato il ricorrente senza colpa. Quanto quest'ultimo eccepisce in proposito è inconsistente. La buona fede in diritto amministrativo non è stata invocata in sede cantonale; l'argomento è pertanto nuovo e, di conseguenza, inammissibile (art. 99 cpv. 1 LTF). Peraltro, esso è pure inadeguatamente motivato: il ricorrente non può limitarsi a ribadirne il concetto astratto, senza concretizzarlo sulla base delle circostanze concrete. Certo l'errore commesso dall'UE è manifesto: nondimeno, non costituisce motivazione sufficiente affermare semplicemente che egli non aveva motivo di ritenere che l'UE potesse commettere un tale errore. Un errore può sempre prodursi: questa è proprio la ragione per la quale spetta al destinatario di una decisione verificarne l'esattezza durante il termine di ricorso, non da ultimo al fine di acquisire semmai conoscenza di fattori di giudizio a lui ancora ignoti (DTF 73 III 114 pag. 117 seg.: ad esempio l'esistenza di ulteriori beni da far pignorare; v. pure la dottrina menzionata dal Tribunale di appello, consid. 1.1 in fine). Liberando le parti dai rispettivi obblighi di verifica delle decisioni che le concernono, l'opinione ricorsuale si rivela incompatibile con la giurisprudenza e dottrina menzionate. Per la medesima ragione non convince neppure l'obiezione ricorsuale secondo la quale il legislatore ha rinunciato ad ogni verifica da parte dell'escusso, poiché altrimenti avrebbe imposto all'UE la notifica all'escusso non solo del precetto esecutivo, bensì anche della domanda di esecuzione. Si tratta, in realtà, di un'ipotesi assolutamente speculativa, non confortata da alcuna dottrina o giurisprudenza: essa è anzi in aperto contrasto con la DTF 73 III 114 menzionata sopra. Quanto all'autore che cita il ricorrente (FRANCIS NORDMANN, in Basler Kommentar, Bundesgesetz über Schuldbetreibung und Konkurs, vol. I, 2 aed. 2010, n. 11 ad art. 33 LEF), va rilevato che l'estratto riproposto non solo non sostiene l'opinione ricorsuale, bensì - letto nel contesto - la contraddice.  
In quanto ammissibili, le censure ricorsuali sono infondate. 
 
2.3. Ciò premesso, diviene superfluo dilungarsi sull'ulteriore condizione della restitutio in integrum giusta l'art. 33 cpv. 4 LEF, ossia l'esigenza di inoltrare all'autorità competente un'istanza scritta e motivata, accompagnata dall'atto omesso, entro un termine pari a quello disatteso, a contare dalla cessazione dell'impedimento.  
 
3.   
Il Tribunale di appello ha esaminato d'ufficio l'eventuale nullità del precetto esecutivo (art. 22 cpv. 1 LEF). Ha considerato che la scelta fra esecuzione (ordinaria) volta al pagamento e quella per prestazione di garanzia incombe al creditore escutente e non all'UE (in applicazione dell'art. 38 cpv. 3 LEF). La giurisprudenza che stabilisce che un'esecuzione ordinaria avviata per il pagamento non possa essere proseguita quale esecuzione per prestazione di garanzie, pena la nullità degli atti successivi alla domanda di prosecuzione (DTF 62 III 119), non può trovare applicazione nel caso di specie: in particolare, visto che il ricorrente non si era opposto ad un'esecuzione volta al pagamento, egli può ora solo difficilmente sostenere che avrebbe formulato opposizione se avesse saputo che l'esecuzione tendeva solo alla prestazione di garanzie. Infine, il Tribunale di appello non ha saputo individuare alcuna regola imperativa oppure emanata nell'interesse pubblico o di persone non parti al procedimento che sarebbe stata violata. Ne ha pertanto concluso che né il precetto esecutivo né la prosecuzione dell'esecuzione sono nulli: tardivo, il ricorso è stato dunque considerato inammissibile. 
 
3.1. L'autorità cantonale di vigilanza può e deve, in ogni momento, dichiarare d'ufficio nulla una decisione dell'UE contraria a disposizioni legali emanate nell'interesse pubblico o nell'interesse di persone non parti al procedimento (art. 13 cpv. 1 e 22 cpv. 1 LEF; DTF 120 III 117 consid. 2c; 121 III 142 consid. 2; sentenze 5A_272/2016 del 4 agosto 2016 consid. 2.4; 5A_11/2016 del 26 aprile 2016 consid. 3.1, in SJ 2016 I pag. 457). Per il Tribunale federale, questa possibilità sussiste unicamente nel quadro di un ricorso, facendogli ormai difetto le competenze di autorità di vigilanza suprema (DTF 135 III 46 consid. 4.2; sentenza 5A_16/2007 dell'11 aprile 2007 consid. 3.1, non pubblicato in DTF 133 III 350; sentenza 5A_272/2016 cit. loc. cit.).  
 
3.2. Invocando l'art. 38 cpv. 3 LEF, il ricorrente pretende che " l'errore dell'ufficiale nell'allestire il precetto esecutivo non può che condurre all'accertamento della nullità del precetto errato e di tutti gli atti che da tale errore sono conseguiti ". La sua perentoria affermazione, tuttavia, non appare atta a controbattere i precisi argomenti addotti dalla Corte cantonale, ovvero che la scelta fra pagamento e prestazione di garanzia non ricade fra quelle che incombono all'UE, con la conseguenza che l'art. 38 cpv. 3 LEF non trova del tutto applicazione. Senza pregio è altresì l'ipotesi ricorsuale, secondo la quale il tempo trascorso e gli ulteriori passi della procedura esecutiva intrapresi nel frattempo non sono fatti rilevanti nell'ottica dell'invocata nullità. Se il ricorrente, accortosi dell'errore prima della scadenza del termine d'impugnazione del precetto esecutivo, avesse ricorso tempestivamente sulla base dell'art. 17 LEF, oggi la questione della pretesa nullità dello stesso non si porrebbe affatto: semplicemente, esso sarebbe stato semmai annullato (e non: constatato nullo) dall'autorità di vigilanza nell'ambito del rimedio ordinario contro l'agire dell'UE.  
 
In quanto ammissibile, la censura è dunque infondata. 
 
3.3. Il Tribunale di appello ha richiamato la DTF 62 III 119, giungendo alla conclusione che la medesima non era pertinente per la fattispecie in esame (supra consid. 3). In una censura di difficile comprensione, e almeno in parte contraddittoria, il ricorrente sembra in un primo tempo condividere l'opinione del Tribunale di appello secondo la quale la giurisprudenza menzionata non può trovare applicazione. In un secondo tempo, tuttavia, vi si riferisce per affermare che si sarebbe in presenza di una disposizione legale imperativa ("zwingend"). Comunque sia, il ricorrente non indica quale sia la norma di legge imperativa asseritamente lesa nella circostanza; né la medesima si può evincere dall'argomentazione del Tribunale di appello contestata dal ricorrente, stante che i Giudici cantonali non parlano di una determinata norma legale. Non sorprende, allora, che egli non spieghi perché la disposizione disattesa debba essere considerata imperativa, oppure emanata a tutela dell'interesse pubblico o degli interessi di persone non parti al procedimento come esige l'art. 22 cpv. 1 LEF (supra consid. 3.1). In ogni caso, il punto di partenza della sua obiezione è errato: il precetto esecutivo in oggetto non è nullo ( ex tunco ex nunc, è nel contesto indifferente), bensì sarebbe stato semmai annullabile.  
 
La presente censura è inammissibile per carenza di motivazione. 
 
3.4. Il Tribunale di appello ha infine constatato che la finalità della procedura esecutiva non era stata contestata tempestivamente né dalle escutenti né dal ricorrente. Traendo spunto da questa constatazione, il ricorrente sviluppa il rimprovero alle escutenti di non essersi attivate al fine di rimediare all'errore in cui era incorso l'UE, e di riflesso al Tribunale di appello di aver voluto tutelare il comportamento colpevolmente passivo delle opponenti. Non è chiaro se, nei termini ora riassunti, il ricorrente intenda rimproverare alle opponenti un comportamento in mala fede. Quel che è certo, è che di un siffatto argomento non vi è traccia nella sentenza impugnata, né il ricorrente pretende di averlo sollevato avanti all'autorità inferiore. Fondato su fatti nuovi, esso è di conseguenza inammissibile (art. 99 cpv. 1 LTF); e lo sarebbe inoltre anche per insufficiente motivazione (art. 42 cpv. 2 LTF).  
 
4.   
In conclusione, il ricorso si appalesa infondato nella ridotta misura della sua ricevibilità. Esso va corrispondentemente respinto, con conseguenza di tassa e spese a carico del ricorrente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili alle opponenti, che si sono senza successo opposte alla concessione al ricorso dell'effetto sospensivo e che non sono state invitate ad esprimersi nel merito (art. 68 cpv. 1 e contrario LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 20'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, all'Ufficio di esecuzione di Lugano e alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza. 
 
 
Losanna, 24 marzo 2017 
 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Giudice presidente: Escher 
 
La Cancelliera: Antonini