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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
1C_68/2020  
 
 
Sentenza dell'8 luglio 2020  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Giudice presidente, 
Jametti, Haag, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.A.________e B.A.________, 
2. C.A.________, 
patrocinati dall'avv. Stefano Camponovo, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
D.D.________ e E.D.________, 
patrocinati dall'avv. Mattia Bordignon, 
opponenti, 
 
Municipio di Cademario, 
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, 
Ufficio delle domande di costruzione, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino. 
 
Oggetto 
licenza edilizia, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la 
sentenza emanata il 17 dicembre 2019 dal 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino 
(incarto n. 52.2018.184). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
C.A.________ è proprietario del fondo part. n. 44 di Cademario, situato nella zona del nucleo di vecchia formazione (NV) del piano regolatore comunale. La particella è delimitata da due percorsi pedonali interni, via Ai Turbìn ad est (part. n. 43) e Strécia Giovannino Guareschi ad ovest (part. n. 47). Vi sorge un vecchio rustico agricolo formato da due corpi (A e B) contigui a questi percorsi. Sul lato opposto di via Ai Turbìn, dirimpetto al rustico, è ubicato il fondo part. n. 42, di proprietà di D.D.________ e E.D.________, su cui è edificata la loro abitazione. 
Il 4 febbraio 2016 A.A.________ e B.A.________, allora proprietaria del fondo, hanno presentato al Municipio di Cademario una domanda di costruzione per la ristrutturazione e l'ampliamento del rustico, con la formazione di due nuovi appartamenti. Il progetto prevede in particolare il mantenimento dei muri perimetrali dell'edificio esistente e il rifacimento del tetto e dell'interno. Il blocco B verrebbe inoltre ampliato con l'aggiunta di un nuovo corpo (C) sul lato nord. 
 
B.   
Alla domanda si sono opposti i vicini D.D.________ e E.D.________. Acquisito il preavviso favorevole dell'autorità cantonale, il 24 agosto 2016 il Municipio ha rilasciato la licenza edilizia, respingendo nel contempo l'opposizione dei vicini. 
 
C.   
Adito dagli opponenti, con decisione del 28 febbraio 2018 il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha parzialmente accolto il ricorso, confermando il rilascio della licenza edilizia alla condizione che il muro sul lato est del nuovo corpo, a confine con la strada part. n. 43, fosse abbassato fino all'altezza massima di 1.50 m (compresa l'altezza del parapetto) e che l'altezza di un camino sul blocco A fosse innalzata in modo da superare di 50 cm l'altezza del colmo del tetto più elevato. 
 
D.   
Con sentenza del 17 dicembre 2019, il Tribunale cantonale amministrativo ha accolto un ricorso presentato dai vicini contro la decisione governativa, annullandola e annullando contestualmente la licenza edilizia. La Corte cantonale ha segnatamente ritenuto che il nuovo corpo C progettato non seguiva gli allineamenti e non era suscettibile di giustificare una deroga al rispetto della distanza tra gli edifici. 
 
E.   
A.A.________, B.A.________ e C.A.________ impugnano questa sentenza con un ricorso in materia di diritto pubblico del 3 febbraio 2020 al Tribunale federale. Chiedono, in via principale, di annullarla e di confermare la decisione governativa e il rilascio della licenza edilizia. In via subordinata, chiedono di annullare la sentenza impugnata e di rinviare gli atti alla Corte cantonale per completare l'istruttoria e statuire nuovamente sulla causa. In via ulteriormente subordinata, postulano l'annullamento del giudizio impugnato e il rinvio degli atti al Municipio, affinché si pronunci in modo più dettagliato sulla questione degli allineamenti nella zona del nucleo di vecchia formazione. I ricorrenti fanno valere l'accertamento manifestamente inesatto dei fatti nonché la violazione degli art. 9 e 29 Cost. e dell'autonomia comunale. 
Non sono state chieste osservazioni sul ricorso, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Presentato tempestivamente contro una decisione finale dell'ultima istanza cantonale, che ha annullato la licenza edilizia, il ricorso in materia di diritto pubblico è di massima ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a, art. 86 cpv. 1 lett. d, art. 90 e art. 100 cpv. 1 LTF (quest'ultimo in relazione con gli art. 45 cpv. 1 e 46 cpv. 1 lett. c LTF).  
Nella misura in cui il ricorso è presentato da un proprietario del fondo dedotto in edificazione, la legittimazione giusta l'art. 89 cpv. 1 LTF ad aggravarsi nel merito contro il giudizio della Corte cantonale è data. La questione di sapere se la Corte cantonale ha negato a torto a C.A.________ la facoltà di presentare la risposta e la duplica in quella sede ricorsuale, può quindi rimanere indecisa. I ricorrenti sono in particolare abilitati ad invocare anche l'autonomia comunale, giacché questa garanzia può in concreto avere un influsso sulla loro situazione giuridica o di fatto e, d'altra parte, nella fattispecie, il Comune di Cademario è toccato in veste di detentore del pubblico potere quale autorità che ha rilasciato la licenza edilizia (DTF 143 II 120 consid. 7.1 pag. 133; 141 I 36 consid. 1.2.4 pag. 40 seg.). 
 
1.2. Nell'ambito di un ricorso al Tribunale federale non possono di principio essere addotti fatti e mezzi di prova nuovi (cfr. art. 99 cpv. 1 LTF). In particolare, questa Corte non può tenere conto di fatti o mezzi di prova sopraggiunti dopo l'emanazione dell'atto impugnato, vale a dire veri nova (DTF 142 V 590 consid. 7.2 pag. 598; 139 III 120 consid. 3.1.2 pag. 123). Le relazioni tecniche del 31 gennaio 2020 del progettista e la relazione del pianificatore del Comune di Cademario sul giudizio della Corte cantonale sono successive all'emanazione della sentenza impugnata e non possono quindi essere prese in considerazione in questa sede.  
 
1.3. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1 pag. 106 e rinvii). Inoltre, quando i ricorrenti, come in concreto, invocano la violazione di diritti costituzionali, nonché l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, poiché ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost., il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 143 IV 500 consid. 1.1 pag. 503 e rinvii).  
 
2.  
 
2.1. I ricorrenti rimproverano ai giudici cantonali un accertamento ed una valutazione arbitraria dei fatti per avere ritenuto, senza disporre di conoscenze tecniche specifiche, che la condizione imposta dal Consiglio di Stato di abbassare il manufatto (zoccolo) sul lato est del nuovo corpo C fino all'altezza massima di 1.50 m (compresa l'altezza del parapetto) non è attuabile, siccome porrebbe problemi irrisolvibili di accessibilità e di configurazione del piano cantina. Sostengono che la questione di sapere se la soletta possa essere abbassata o meno fino all'altezza imposta dal Governo costituirebbe un aspetto decisivo per il rilascio della licenza edilizia e dovrebbe essere oggetto di un accertamento da parte di un professionista del settore. Secondo i ricorrenti, l'abbassamento del manufatto in modo da rispettare l'altezza massima di 1.50 m, permetterebbe di qualificarlo quale opera sotterranea giusta l'art. 42 del regolamento di applicazione della legge edilizia cantonale, del 9 dicembre 1992 (RLE; RL 705.110), non soggetta al rispetto della distanza dall'edificio degli opponenti.  
 
2.2. La Corte cantonale ha accertato che lo zoccolo ( t) della parte ampliata (corpo C) è alto circa 2.20 m, incluso il parapetto. Questo accertamento non è censurato d'arbitrio dai ricorrenti ed è pertanto vincolante per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF). La precedente istanza ha inoltre rilevato che tale zoccolo (o avancorpo) ingloba un vano coperto, dotato di una scala che conduce al piano cantina, ed è sormontato da una terrazza. Ha quindi considerato ch'esso non costituisce un'opera sotterranea alta meno di 1.50 m, né tanto meno un semplice muro, bensì una vera e propria parte di costruzione che chiama distanza. Ha rilevato che il manufatto, distante solo 3 m dall'edificio sul fondo part. n. 42, disattende la distanza minima di 4 m verso edifici con aperture, prescritta dall'art. 8 cpv. 2.4.1 delle norme di attuazione del piano regolatore di Cademario (NAPR). I giudici cantonali hanno osservato che la condizione imposta dal Governo di abbassare il muro perimetrale dello zoccolo fino al raggiungimento di un'altezza massima di 1.50 m non era idonea a rimuovere la difformità, non essendo nemmeno attuabile nella misura in cui non risolverebbe il problema della soletta, che non potrebbe essere abbassata senza incidere sull'accessibilità e sulla configurazione del piano cantina.  
 
2.3. I ricorrenti insistono sulla possibilità di abbassare il manufatto, secondo la condizione imposta dal Governo. Non sostanziano però d'arbitrio con una motivazione conforme alle esposte esigenze gli accertamenti riguardo alla conformazione dell'edificio, eseguiti dai giudici cantonali sulla base dei piani della domanda di costruzione. La Corte cantonale si è infatti pronunciata a ragione sulla situazione fattuale determinante, segnatamente sui piani di costruzione oggetto della domanda agli atti. Fondandosi sugli stessi ha, come esposto, accertato che l'avancorpo in questione è alto circa 2.20 m, funge pure da terrazza e comprende uno spazio coperto dotato di una scala per accedere al piano cantina. In modo sostenibile ha quindi concluso che l'avancorpo costituisce una parte della nuova costruzione.  
È incontestato che, così come progettato, il manufatto non rispetta la distanza minima dall'edificio degli opponenti sul fondo part. n. 42. Il Tribunale federale ha già avuto modo di stabilire che se il progetto della domanda di costruzione non adempie i requisiti legali, la licenza edilizia deve di massima essere negata. Mediante l'imposizione di clausole accessorie possono unicamente essere eliminati difetti secondari o d'importanza minima (sentenza 1C_476/2016 del 9 marzo 2017 consid. 2.4, in: ZBl 118/2017 pag. 618 segg.). I ricorrenti ribadiscono la condizione imposta dal Governo di abbassarlo fino all'altezza massima di 1.50 m. Tuttavia, tale condizione si fonda sulla considerazione che l'opera litigiosa costituisce un muro di cinta giusta l'art. 9 cpv. 2 NAPR. Come visto, le sue caratteristiche non permettono di qualificarlo come un semplice muro, destinato essenzialmente a chiudere il fondo verso la strada pubblica. Secondo gli accertamenti vincolanti della Corte cantonale, il manufatto rappresenta una parte costitutiva del nuovo edificio. L'abbassamento dello zoccolo/avancorpo di 70 cm, in modo da rispettare un'altezza massima di 1.50 m, manifestamente non costituisce una modifica d'importanza minima del progetto edilizio. Il manufatto litigioso include infatti il vano coperto in cui si trova la scala di accesso al piano cantina e un eventuale abbassamento di 70 cm del manufatto può avere conseguenze sui volumi interni e sulle modalità di accesso al livello inferiore. Del resto, i ricorrenti riconoscono che la condizione di abbassare il manufatto ha reso necessaria la modifica del progetto mediante l'elaborazione di una variante. Ora, riguardo alle varianti, l'art. 16 della legge edilizia cantonale, del 13 marzo 1991 (LE; RL 705.100) prevede che la pubblicazione dev'essere ripetuta se i progetti vengono modificati nel corso della procedura d'approvazione o successivamente (cpv. 1), e che si applica la procedura di notifica qualora rimangono immutati nelle loro caratteristiche essenziali, mentre differenze che non superano un grado di tolleranza ragionevolmente ammissibile non soggiacciono a nessuna formalità (cpv. 2). Una modifica dei piani originari del progetto della portata prospettata deve quindi di principio seguire la procedura della domanda in variante (cfr. sentenza 1C_338/2015 del 4 maggio 2016 consid. 4.3-4.5, in: RtiD I-2017, n. 14, pag. 105 segg.). Peraltro, la tesi dei ricorrenti, secondo cui una perizia di carattere tecnico avrebbe potuto dimostrare ai giudici cantonali la fattibilità del prospettato abbassamento, conforta la conclusione secondo cui la modifica non era d'importanza minima. Non vi sarebbe infatti la necessità di fare capo al parere di un esperto, se il difetto fosse esiguo e facilmente correggibile. Ne consegue che la Corte cantonale non ha adottato una decisione manifestamente insostenibile, e non è quindi incorsa nell'arbitrio, ritenendo che la non conformità del progetto non fosse direttamente emendabile mediante l'imposizione della condizione litigiosa. 
 
3.  
 
3.1. I ricorrenti rimproverano alla Corte cantonale di avere violato il divieto dell'arbitrio e l'autonomia comunale eseguendo un'interpretazione soggettiva degli art. 8 cpv. 2.4 e 40 cpv. 5 NAPR, che si scosta da quella delle istanze inferiori, in particolare da quella del Comune. Sostengono che i giudici cantonali avrebbero misconosciuto la nozione di "allineamento" ai sensi delle citate norme comunali, la quale non imporrebbe di disporre gli edifici sul proseguimento di una linea retta. Secondo i ricorrenti, nella zona del nucleo vecchio, occorrerebbe tenere conto del carattere "scalare" degli edifici.  
 
 
3.2.  
 
3.2.1. L'art. 40 cpv. 5 NAPR disciplina i casi di ricostruzione, di riattamento o di trasformazione nella zona del nucleo di vecchia formazione (NV). Questa disposizione prevede che è possibile ampliare il volume dell'edificio preesistente o esistente (ampliamento in verticale e orizzontale) nei limiti di un adeguato inserimento dal profilo estetico - architettonico e paesaggistico e secondo l'allineamento storico degli edifici circostanti.  
L'art. 8 cpv. 2.4 NAPR regola le distanze per le costruzioni nella zona NV. Giusta l'art. 8 cpv. 2.4.1 NAPR, le costruzioni nel nucleo di vecchia formazione possono sorgere a confine di un fondo adiacente se senza aperture o ad una distanza di almeno 1.50 m se con aperture, rispettate comunque le seguenti distanze tra edifici: a) 3 m verso edifici esistenti senza aperture; b) 4 m verso edifici esistenti con aperture. L'art. 8 cpv. 2.4.2 NAPR prevede che, per casi eccezionali (per la salvaguardia degli allineamenti in particolare), sono concesse distanze inferiori o superiori a quelle previste qualora non risultino lesi gli interessi dei terzi e previa approvazione da parte delle competenti autorità cantonali. 
 
3.2.2. Il Comune ticinese beneficia nel campo edilizio e della pianificazione del territorio di un ampio margine di decisione e di apprezzamento, che la giurisprudenza fa rientrare nell'autonomia tutelabile (DTF 142 I 26 consid. 3.5 pag. 31 e rinvii). In particolare, il Comune di Cademario dispone di autonomia nell'interpretazione delle norme comunali di attuazione del suo piano regolatore. Il Tribunale federale esamina liberamente se l'istanza cantonale di ricorso ha rispettato il margine di apprezzamento che rientra nel campo di applicazione dell'autonomia comunale (DTF 145 I 52 consid. 3.1 pag. 55 seg.; 143 II 553 consid. 6.3.1 pag. 558; 141 I 36 consid. 5.4 pag. 43). In tale ambito, un abuso del potere di cognizione da parte dell'istanza di ricorso realizza di massima gli estremi dell'arbitrio (DTF 140 I 201 consid. 6.1 pag. 205 seg.; 136 I 395 consid. 2 pag. 397; sentenza 1C_155/2018 del 3 ottobre 2018 consid. 3.2, in: RtiD I-2019, n. 7, pag. 39 segg.).  
 
3.3. La Corte cantonale ha rilevato che il nucleo originario è essenzialmente caratterizzato da edifici affiancati lungo i percorsi pedonali e le piazze e che l'esigenza di rispettare  "l'allineamento storico degli edifici circostanti" prescritta dall'art. 40 cpv. 5 NAPR è volta a conservare inalterata la trama del tessuto edilizio del vecchio nucleo. Ha quindi precisato che la citata nozione si traduce principalmente nell'obbligo di salvaguardare la disposizione degli edifici lungo l'area pubblica. Passando all'esame del progetto litigioso, la Corte cantonale ha, come visto, accertato che lo zoccolo del nuovo corpo C dista solo 3 m dall'edificio degli opponenti (sul fondo part. n. 42) e disattende quindi la distanza minima di 4 m verso edifici esistenti con aperture (art. 8 cpv. 2.4.1 lett. b NAPR). Ha in seguito esaminato se il progetto potesse beneficiare di una deroga alle distanze tra edifici in applicazione dell'art. 8 cpv. 2.4.2 NAPR, negandola, siccome l'aggiunta del corpo C non seguiva manifestamente alcun allineamento, sia in relazione con gli edifici circostanti sia per rapporto all'area pubblica. I giudici cantonali hanno infatti rilevato che la facciata est del corpo C, sovrastante lo zoccolo ( t), è arretrata di 1.50 m dal confine verso via Ai Turbìn e non si allinea quindi al fronte stradale del contiguo blocco B. Né essa si allinea alla facciata est del blocco A e dell'edificio sul fondo part. n. 45. Hanno altresì accertato che sul lato opposto (ovest), a confine con la Strécia Giovannino Guareschi, il blocco C non è posizionato lungo la linea retta della facciata ovest del blocco B, ma è arretrato di 70 cm. Hanno quindi concluso che l'ubicazione del corpo C non è in concreto dettata dalla scelta di rispettare un disegno urbanistico secondo gli allineamenti.  
 
3.4. Nella decisione di rilascio della licenza edilizia, il Municipio non si è invero confrontato specificatamente con la nozione dell'allineamento ai sensi delle citate disposizioni comunali. L'esecutivo comunale ha invero fatto astrazione da questo aspetto. I ricorrenti, pur ritenendo di principio applicabili le citate norme comunali, contestano il giudizio cantonale presentando sostanzialmente una propria interpretazione della nozione di "allineamento", ma non sostanziano un abuso del potere di apprezzamento da parte del Tribunale cantonale amministrativo con una motivazione conforme alle esposte esigenze. Nella misura in cui ritengono poi superflua una deroga sostenendo che l'avancorpo non chiamerebbe distanza, la censura è infondata, siccome si fonda sulla condizione dell'abbassamento del manufatto, che come esposto non può essere seguita (cfr. consid. 2.3).  
I ricorrenti sostengono che lo zoccolo, o avancorpo, non lederebbe gli interessi dei vicini opponenti, siccome l'aerazione e l'insolazione verso la loro abitazione non verrebbero modificate. Disattendono tuttavia che l'igiene, la sicurezza, l'aerazione, l'illuminazione naturale delle abitazioni, la tutela dalle immissioni e dai pericoli d'incendio, sono essenzialmente salvaguardate dalle disposizioni concernenti le distanze tra edifici (cfr. sentenza 1C_4/2015 del 13 giugno 2018 consid. 5.1, in: RtiD II-2018, n. 43, pag. 202 segg.; ADELIO SCOLARI, Commentario della Legge edilizia del Cantone Ticino, 2aed., 1996, pag. 539, n. 1175). Queste disposizioni sono destinate a proteggere in particolare l'interesse dei vicini (DTF 127 I 44 consid. 2c-d, pag. 45 segg. e rinvii). Ora, in concreto, il manufatto in questione non rispetta la distanza di 4 m verso edifici esistenti con aperture prescritta dall'art. 8 cpv. 2.4.1 NAPR. 
I ricorrenti rimproverano alla Corte cantonale di avere negato in modo arbitrario l'esistenza di un allineamento per non avere tenuto conto del fatto che l'avancorpo riprenderebbe e proseguirebbe la linea della facciata del corpo B alla quale si raccorda. Omettono tuttavia di considerare che la facciata del blocco C è arretrata dal ciglio dello zoccolo e dalla via pubblica: non si allinea quindi al fronte stradale del contiguo blocco B. I giudici cantonali hanno invero rettamente riconosciuto che lo zoccolo del corpo C è previsto a confine con via Ai Turbìn (fondo part. n. 43), ma hanno ritenuto che ciò non giustificava la concessione di una deroga alla distanza tra edifici giusta l'art. 8 cpv. 2.4.2 NAPR, giacché l'intervento edilizio nel suo complesso non rispettava gli allineamenti. Contrariamente all'opinione dei ricorrenti, la sentenza impugnata è al riguardo sufficientemente motivata, ritenuto ch'essi ne hanno afferrato la portata, contestandola ampiamente in questa sede (cfr., sul diritto di essere sentiti, DTF 144 IV 386 consid. 2.2.3 pag. 391; 141 IV 249 consid. 1.3.1 pag. 253 e rinvii). 
I ricorrenti adducono sostanzialmente che occorrerebbe valutare l'aspetto dell'allineamento del nuovo corpo C tenendo conto del fatto che i blocchi A e B dell'edificio esistente sono tra di loro "scalati", sicché anche il nuovo blocco C potrebbe essere sfalsato, seguendo  "un allineamento diagonale che ben si inserisce nel contesto locale". Rilevano che, siccome il piano regolatore di Cademario non fissa delle specifiche linee di allineamento, la valutazione dovrebbe essere eseguita congiuntamente con quella dell'inserimento ordinato ed armonioso nel paesaggio. Secondo i ricorrenti, il progetto edilizio si inserirebbe in modo ordinato nella trama del nucleo, ciò che equivarrebbe a riconoscere un allineamento corretto.  
Tuttavia, l'art. 40 cpv. 5 NAPR prevede esplicitamente che, oltre a soddisfare il presupposto dell'inserimento adeguato sotto il profilo architettonico e paesaggistico, l'ampliamento rispetti anche il requisito dell'allineamento storico degli edifici esistenti. L'art. 8 cpv. 2.4.2 NAPR prevede altresì che una deroga alla distanza tra edifici può in particolare essere concessa per la salvaguardia degli allineamenti. La nozione di "allineamento" non si presta ad innumerevoli interpretazioni, ma implica che le costruzioni siano disposte su una linea (cfr. SCOLARI, op. cit., pag. 480, n. 1027). Come è stato accertato dalla Corte cantonale in modo conforme agli atti e vincolante per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), il nuovo corpo aggiuntivo C non è allineato al fronte stradale del blocco B né sul lato est, verso via Ai Turbìn, né su quello ovest, verso la Strécia Giovannino Guareschi. Su entrambi i lati l'aggiunta è infatti chiaramente arretrata dai confini con i fondi stradali. Né la sua facciata est è allineata con quella del blocco A posto più a sud, maggiormente rientrata dalla strada. I ricorrenti evidenziano che i blocchi A e B esistenti sono tra di loro sfalsati. Disattendono tuttavia che tale conformazione è determinata dalla forma irregolare del fondo. Per contro, è in concreto rilevante che entrambi i corpi A e B sorgono a confine con i citati percorsi pedonali e sono quindi allineati ai rispettivi fronti stradali sia sul lato est che su quello ovest. Risulta del resto che, con riferimento agli edifici circostanti, il nucleo vecchio di Cademario è caratterizzato da un'edificazione compatta, con edifici essenzialmente allineati lungo i tracciati stradali. Diversamente da tale situazione, il blocco C del progetto litigioso è invece arretrato dal confine con la via pubblica su entrambi i lati est ed ovest e, come rettamente rilevato dalla Corte cantonale, non segue quindi un allineamento. Senza eccedere nel proprio potere di apprezzamento, essa ha quindi ritenuto che il progetto edilizio litigioso non è suscettibile di beneficiare di una deroga alle distanze tra edifici giusta l'art. 8 cpv. 2.4.2 NAPR. In materia edilizia, le deroghe devono peraltro essere concesse in maniera restrittiva, non perseguendo lo scopo di consentire la realizzazione di soluzioni ideali, di favorire un'utilizzazione ottimale delle costruzioni e di assimilare automaticamente a situazioni eccezionali considerazioni di ordine economico (cfr. sentenza 1C_338/2015, citata, consid. 4.3). 
Annullando la licenza edilizia rilasciata dal Municipio, i giudici cantonali non hanno perciò violato il divieto dell'arbitrio. Né essi hanno semplicemente sostituito il proprio apprezzamento a quello dell'autorità comunale violandone l'autonomia, ma rettamente non ne hanno convalidato una decisione chiaramente insostenibile, che faceva del tutto astrazione dall'esigenza prescritta dagli art. 40 cpv. 5 e 8 cpv. 2.4.2 NAPR di rispettare gli allineamenti all'interno del nucleo di vecchia formazione. 
 
4.  
 
4.1. I ricorrenti sostengono infine che la Corte cantonale avrebbe applicato a torto l'art. 66 della legge ticinese sullo sviluppo territoriale, del 21 giugno 2011 (LST; RL 701.100) e l'art. 86 del regolamento della legge sullo sviluppo territoriale, del 20 dicembre 2011 (RLst; RL 701.110). Le rimproverano una motivazione insufficiente del giudizio, perché non si sarebbe confrontata con le condizioni di applicazione di queste disposizioni. Negano poi che il rustico esistente è in contrasto con il nuovo diritto e ritengono comunque il prospettato ampliamento rispettoso delle condizioni poste dagli art. 66 cpv. 2 LST e 86 cpv. 3 RLst.  
 
4.2. Contrariamente all'opinione dei ricorrenti, la precedente istanza ha spiegato il motivo per cui il rustico oggetto dell'intervento dovrebbe di per sé essere trattato come edificio esistente in contrasto con il diritto in vigore ed ha esposto le ragioni per cui l'applicazione delle citate norme cantonali non muterebbe l'esito della causa. Sotto il profilo del diritto di essere sentito, la motivazione della sentenza impugnata, seppure succinta, è rispettosa delle esigenze derivanti dall'invocata garanzia costituzionale (cfr., al riguardo, DTF 144 IV 386 consid. 2.2.3 pag. 391; 141 IV 249 consid. 1.3.1 pag. 253 e rinvii). Per il resto, il gravame non deve essere esaminato oltre, essendo sufficiente rilevare che, in quest'ambito, le citate norme cantonali non permettono ampliamenti più estesi di quelli consentiti dal diritto comunale (cfr. art. 66 cpv. 3 LST; sentenza 1C_133/2019 del 9 giugno 2020 consid. 2.2). In concreto, poiché la prospettata trasformazione non è ammissibile sulla base delle norme del piano regolatore comunale, non occorre esaminare se essa è pure contraria agli art. 66 cpv. 2 LST e 86 cpv. 3 RLst.  
 
5.   
Ne segue che il ricorso deve essere respinto nella misura della sua ammissibilità. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono pertanto poste a carico dei ricorrenti (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili agli opponenti, non invitati a presentare una risposta al gravame. 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Municipio di Cademario, all'Ufficio delle domande di costruzione del Dipartimento del territorio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 8 luglio 2020 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Giudice presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Gadoni