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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_786/2021  
 
 
Sentenza del 30 giugno 2022  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Denys, Muschietti, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
ricorrente, 
 
contro 
 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Stefano Pizzola, 
opponente. 
 
Oggetto 
Espulsione (art. 66a CP), 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 31 maggio 2021 dalla Corte di appello e di revisione penale del 
Cantone Ticino (n. 17.2021.59+157). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Con sentenza del 15 gennaio 2021, la Corte delle assise correzionali ha dichiarato A.________, rinviato a giudizio mediante 4 diversi atti di accusa, autore colpevole di ripetuto furto, in parte tentato e in parte di lieve entità, di ripetuta violazione di domicilio, di ripetuta falsità in documenti, di ripetuta guida nonostante la revoca della licenza, di ripetuta infrazione alla LStup, nonché di ripetuta contravvenzione alla LStup. Ritenendo una scemata imputabilità di grado lieve riferita unicamente ai casi di furto, la Corte gli ha inflitto una pena detentiva di 18 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, pena parzialmente aggiuntiva a quella pronunciata dalla Pretura penale il 24 maggio 2018, e una multa di fr. 500.--, fissando a 5 giorni la pena detentiva sostitutiva in caso di mancato pagamento. Ha inoltre ordinato la sua espulsione dal territorio svizzero per un periodo di 5 anni. 
 
B.  
Accogliendo parzialmente l'appello presentato dal condannato, con sentenza del 31 maggio 2021 la Corte di appello e di revisione penale (CARP) ha prosciolto A.________ da un episodio di furto e connessa violazione di domicilio. Lo ha quindi condannato alle medesime pene pronunciate in prima istanza, ritenute già generose, e ha ordinato nei suoi confronti un trattamento ambulatoriale giusta l'art. 63 CP da eseguirsi in carcere. Ha infine rinunciato a ordinare l'espulsione. 
 
Per quanto qui di rilievo, la sentenza della CARP poggia sui seguenti fatti: 
 
B.a. Cittadino italiano, classe 1973, A.________ è titolare di un permesso di domicilio (permesso C). Sposatosi nel 1996, è giunto in Svizzera nel 2000 e l'anno successivo è stato raggiunto dalla moglie, anche lei di nazionalità italiana. È padre di tre figli, nati in Svizzera rispettivamente nel 2002, nel 2007 e nel 2011, il maggiore ha ottenuto la cittadinanza svizzera e il secondogenito ha avviato le pratiche per acquisirla.  
 
B.b. Dall'estratto del casellario giudiziale risultano 12 condanne a suo carico pronunciate tra il 2012 e il 2018 per vari titoli di reato tra cui in particolare furto, violazione di domicilio, contravvenzione alla LStup e (tentato) abuso di un impianto per l'elaborazione di dati. A fronte delle molteplici condanne, le autorità di polizia degli stranieri hanno ammonito già 4 volte A.________ nel 2005, nel 2009, nel 2010 e ancora nel 2017. Nel 2014 il suo permesso di domicilio è stato revocato dall'Ufficio della migrazione, revoca annullata dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, non ritenendo ancora dati gli estremi per tale provvedimento, suscettibili però di esserlo qualora l'interessato fosse ricaduto nuovamente in un comportamento delittuoso o rimasto anche in futuro a carico dell'assistenza pubblica.  
 
C.  
Avverso questo giudizio, il Ministero pubblico del Cantone Ticino si aggrava al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Postula in via principale l'espulsione dal territorio svizzero di A.________ per un periodo di 5 anni, senza segnalazione dell'espulsione nel Sistema d'informazione Schengen (SIS), subordinatamente l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla CARP per nuova decisione in merito alla misura di espulsione. 
 
Invitati a esprimersi sul ricorso, la CARP è rimasta silente, mentre A.________ ne chiede la reiezione, domandando inoltre di essere posto al beneficio del gratuito patrocinio. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con cognizione piena l'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 147 I 333 consid. 1). 
 
1.1. Presentato dal pubblico ministero (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 3 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale è di massima ammissibile anche perché tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e inoltrato nelle forme richieste (art. 42 LTF).  
 
1.2. Nuovi fatti e nuovi mezzi di prova possono essere addotti dinanzi al Tribunale federale soltanto se ne dà motivo la decisione impugnata (art. 99 cpv. 1 LTF). Nova in senso proprio, ovvero fatti e prove posteriori alla decisione impugnata, sono in linea di principio inammissibili (DTF 143 V 19 consid. 1.2), a meno che non rendano il ricorso senza oggetto (DTF 137 III 614 consid. 3.2.1).  
 
Lo scritto datato 24 maggio 2022 e il relativo allegato trasmessi dall'insorgente a questo Tribunale, peraltro oltre il termine di ricorso, non possono essere presi in considerazione, concernendo fatti e prove posteriori alla sentenza impugnata. Lo stesso dicasi del certificato medico prodotto con la sua risposta dall'opponente. 
 
2.  
Il ricorso verte unicamente sulla mancata pronuncia della misura dell'espulsione. 
 
2.1. Giusta l'art. 66a cpv. 1 lett. d CP, il giudice espelle dal territorio svizzero per un periodo da 5 a 15 anni lo straniero condannato segnatamente per furto (art. 139 CP) in combinazione con violazione di domicilio (art. 186 CP), a prescindere dall'entità della pena inflitta (v. al riguardo DTF 145 IV 404 consid. 1.5.3). Eccezionalmente può rinunciare a pronunciare l'espulsione se questa costituirebbe per lo straniero un grave caso di rigore personale e l'interesse pubblico all'espulsione non prevale sull'interesse privato dello straniero a rimanere in Svizzera; tiene in ogni modo conto della situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera (art. 66a cpv. 2 CP; cosiddetto caso di rigore). Secondo il chiaro tenore letterale della norma, in caso di condanna per uno o più reati menzionati dall'art. 66a cpv. 1 CP l'espulsione è la regola e la sua rinuncia un'eccezione, subordinata alla realizzazione delle due condizioni cumulative di cui all'art. 66a cpv. 2 CP. Il caso di rigore permette di rispettare il principio della proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.). Dev'essere applicato in modo restrittivo (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.2).  
 
L'esistenza di un caso di rigore non si determina fondandosi su rigide norme di età e neppure può essere automaticamente riconosciuta in base a un determinato periodo di presenza in Svizzera. L'esame del caso di rigore dev'essere effettuato, in ogni singolo caso, sulla scorta dei consueti criteri di integrazione (DTF 146 IV 105 consid. 3.4.4). Analogamente a quanto previsto nel diritto migratorio per i casi personali particolarmente gravi (v. art. 31 cpv. 1 dell'ordinanza del 24 ottobre 2007 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa [OASA; RS 142.201]), occorre valutare l'integrazione dello straniero conformemente ai criteri di cui all'art. 58a cpv. 1 LStrI (RS 142.20) : la sua situazione familiare, in particolare il momento e la scolarizzazione dei figli, la situazione finanziaria, la durata della sua presenza in Svizzera, lo stato di salute, oltre alle possibilità di un reinserimento nel suo Paese di origine (DTF 144 IV 332 consid. 3.3.2). Di regola si può ammettere la sussistenza di un grave caso di rigore personale quando la prospettata espulsione costituisce per lo straniero un'ingerenza, di una certa portata, nel suo diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dalla Costituzione (art. 13 Cost.) e dal diritto internazionale (in particolare art. 8 CEDU; sentenz a 6B_2/2019 del 27 settembre 2019 consid. 7.1 non pubblicato in DTF 145 IV 455). 
 
2.2. L'art. 66a CP dev'essere interpretato conformemente alla CEDU. Il criterio della proporzionalità dell'art. 8 n. 2 CEDU deve quindi guidare la ponderazione degli interessi nell'ambito del caso di rigore dell'art. 66a cpv. 2 CP. L'art. 8 n. 2 CEDU impone di determinare se la misura pronunciata rispetti un giusto equilibrio tra, da un lato, il diritto dell'interessato al rispetto della sua vita privata e familiare e, dall'altro, la tutela dell'ordine pubblico e la prevenzione dei reati (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii).  
 
Secondo la giurisprudenza, per potersi avvalere del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell'art. 8 n. 1 CEDU, lo straniero deve stabilire l'esistenza di legami sociali e professionali particolarmente intensi con la Svizzera, sensibilmente superiori a quelli che risultano da un'integrazione ordinaria. Al riguardo, quello del Tribunale federale non è un approccio schematico, consistente nel presumere che, a partire da un soggiorno in Svizzera di una determinata durata, lo straniero vi sia radicato e disponga per conseguenza di un diritto di presenza nel nostro Paese. Esso procede piuttosto a una ponderazione dei diversi interessi, considerando la durata di soggiorno in Svizzera un elemento tra altri e dando poco peso agli anni trascorsi in Svizzera nell'illegalità, in prigione o in virtù di una semplice tolleranza. Un soggiorno legale di 10 anni implica di regola una buona integrazione dello straniero (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii). 
 
Lo straniero può prevalersi dell'art. 8 n. 1 CEDU e dell'art. 13 cpv. 1 Cost. per opporsi a un'eventuale separazione dalla sua famiglia. Le relazioni familiari protette dall'art. 8 n. 1 CEDU sono innanzitutto quelle della cosiddetta famiglia nucleare, ossia quelle esistenti tra i coniugi come pure tra i genitori e i figli minorenni che vivono sotto lo stesso tetto. Perché possa invocare la tutela della sua vita familiare sgorgante dall'art. 8 CEDU, lo straniero deve intrattenere un rapporto stretto ed effettivo con una persona della sua famiglia che ha il diritto di risiedere durevolmente in Svizzera. Non vi è peraltro ingerenza nella vita familiare se è ragionevolmente possibile attendersi dalle persone interessate che realizzino la loro vita familiare all'estero. Non sussiste a priori una violazione dell'art. 8 CEDU se il membro della famiglia con un diritto di presenza in Svizzera può lasciare senza difficoltà questo territorio con lo straniero a cui è stato negato un diritto di soggiorno. Per contro, se la partenza di tale membro non può essere esatta senza altre difficoltà, occorre procedere alla ponderazione degli interessi prevista dall'art. 8 n. 2 CEDU (sentenza 6B_1465/2020 del 18 novembre 2021 consid. 4.2.2 con rinvii). 
 
3.  
La CARP ha rinunciato a pronunciare l'espulsione dell'opponente, considerando dato un caso di rigore personale e il suo interesse a rimanere in Svizzera prevalente su quello pubblico, piuttosto contenuto, al suo allontanamento. Avendo in Svizzera il nucleo della sua famiglia, ovvero la moglie e i tre figli, l'espulsione avrebbe comportato un'importante ingerenza nella sua vita familiare. La Corte cantonale ha osservato che l'opponente si è reso colpevole di 10 episodi di piccoli furti, che ha definito "non molti", e di 5 violazioni di domicilio, concernenti grandi magazzini, baracche di cantiere e spogliatoio di un grotto. Le infrazioni da lui commesse non appaiono essere di particolare spessore delinquenziale e, salvo la qualifica giuridica, hanno poche affinità con i reati la cui pericolosità sociale ha spinto il legislatore a prevedere l'espulsione obbligatoria. Secondo la CARP, l'opponente è un "delinquentello di piccolo calibro". Una sua particolare e significativa pericolosità sociale non emerge nemmeno dalle altre infrazioni oggetto di questo procedimento: la falsità in documenti (uso di false ricette mediche per procurarsi il Dormicum) e l'infrazione alla LStup (alienazione di pastiglie Dormicum, rispettivamente loro scambio con cocaina) essendo connesse alla sua tossicodipendenza, mentre la guida nonostante la revoca concerne 4 episodi, "numero tutto sommato limitato", in cui ha circolato "anche per brevi tratti di strada". I giudici cantonali hanno poi osservato come l'opponente, confrontato con quanto commesso, ha confessato e ha fornito una buona collaborazione, assumendosi quindi per la massima parte la responsabilità dei suoi atti per i quali si è dichiarato dispiaciuto e si è scusato, dimostrando così un certo pentimento. Egli non è quindi un pericoloso criminale e non rappresenta una minaccia grave né un pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblici. La CARP ha in seguito rilevato la considerevole durata della sua presenza in Svizzera, dove ha vissuto la parte più significativa della sua vita, creandovi la sua famiglia con cui vive tuttora. Nonostante alcuni periodi di disoccupazione, è sempre riuscito a trovare lavoro e a contribuire costantemente al mantenimento della famiglia, senza maturare alcun debito. Dopo 20 anni di assenza, un rientro nel suo Paese sarebbe fonte di particolari e pesanti difficoltà, ritrovandosi da solo, senza alcun aiuto, senza una casa e senza un lavoro, abbandonato a sé stesso e alla sua dipendenza. Sua moglie infatti, titolare di un permesso C, difficilmente seguirebbe il marito, dovendosi prendere cura dei figli, non ancora autonomi e tutti ancora in formazione. Ella ha un lavoro in Svizzera, svolto con impegno e dedizione, che perderebbe trasferendosi in Italia. L'unione dei coniugi, che dura da ben 25 anni, è solida, anche se non sempre idilliaca. Quanto ai figli, continua la Corte cantonale, sono nati e cresciuti in Svizzera e qui hanno tutto il loro mondo, vi sono perfettamente inseriti e legati tanto da avere voluto il maggiore e volere il secondogenito acquisirne la cittadinanza. L'Italia non è un Paese a loro familiare, essendovisi recati unicamente per brevi soggiorni durante le vacanze, e un loro trasferimento forzato quivi li sradicherebbe dalla realtà in cui hanno vissuto sinora e sarebbe fonte di particolare disagio e difficoltà, essendo loro in un'età che difficilmente consente loro di adattarsi facilmente. L'interesse superiore dei tre figli, conclude la CARP, sarebbe in concreto minacciato. Per tutte queste ragioni, essa ha rinunciato a ordinare l'espulsione dell'opponente. 
 
3.1. Il ricorrente si duole di un'applicazione troppo estesa dell'art. 66a cpv. 2 CP e considera errata la conclusione della CARP per cui l'interesse dell'opponente a rimanere in Svizzera prevarrebbe su quello pubblico alla sua espulsione. L'insorgente evidenzia come l'opponente abbia da subito iniziato a delinquere; benché le prime condanne sarebbero già state cancellate dal casellario giudiziale, la CARP avrebbe dovuto tenerne conto nel contesto dell'espulsione. Nonostante gli ammonimenti rivoltigli dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione, egli avrebbe continuato a interessare la giustizia. Dopo l'ennesima condanna, gli sarebbe stato addirittura revocato il permesso di domicilio, revoca poi annullata su ricorso dal Tribunale cantonale amministrativo che non avrebbe ritenuto ancora dati i relativi presupposti, segnalando tuttavia una possibile diversa valutazione in caso segnatamente di nuova recidiva. Sennonché, continua il ricorrente, nelle more della procedura ricorsuale l'opponente avrebbe nuovamente delinquito. La CARP sembrerebbe non aver considerato la forte attività delinquenziale dell'uomo che, sin da quando è giunto in Svizzera, avrebbe continuato a commettere sempre gli stessi reati (furti, violazioni di domicilio, falsità in documenti, infrazioni e contravvenzioni alla LStup), pur consapevole del forte rischio di essere espulso e infischiandosene sia della moglie sia dei figli. La Corte cantonale avrebbe ridimensionato e relativizzato la lunga serie di reati perpetrati dall'opponente. Se, presi singolarmente, non sarebbero di una gravità eccezionale, l'insorgente rileva che, considerati globalmente, denoterebbero l'incapacità dell'opponente di conformarsi alle regole di uno Stato di diritto, facendolo apparire ben ancorato alla delinquenza. Egli costituirebbe dunque una seria minaccia per l'ordine pubblico. Inoltre non avrebbe né un lavoro stabile né un'entrata fissa, avendo dipeso in passato per molto tempo dall'assistenza pubblica. Non avrebbe peraltro preso coscienza del suo agire e sarebbe poco autocritico, visto che sia in prima sia in seconda istanza avrebbe ricondotto i suoi reati all'assunzione di Dormicum, adducendo pure una pretesa cleptomania, negata dalla stessa CARP. Lo psichiatria avrebbe del resto rilevato la sua scarsa inclinazione ad affrontare seriamente un percorso di disintossicazione. I buoni propositi formulati dall'opponente sarebbero dunque strumentali ai fini della rinuncia alla sua espulsione. La Corte cantonale sembrerebbe non aver dato particolar peso alle numerose infrazioni alla LStup che, sebbene non adempiano la forma aggravata, sarebbero comunque ripetute nel tempo, commesse fino a poco prima dell'arresto dell'opponente e addirittura mentre questi era al beneficio di misure sostitutive dell'arresto. Il ricorrente rimprovera poi la CARP anche per aver completamente omesso di considerare il problema di credibilità delle Istituzioni che la rinuncia all'espulsione comporterebbe in concreto, a fronte degli ammonimenti già rivolti all'opponente e dell'avvertimento contenuto nella sentenza del Tribunale cantonale amministrativo. I giudici cantonali avrebbero inoltre attribuito un peso eccessivo al legame familiare, nonostante l'opponente non si sia mai interessato più di tanto alla sorte di moglie e figli. In effetti non avrebbe mai avuto un lavoro stabile, non avrebbe mai partecipato attivamente alla crescita dei suoi figli e i coniugi sarebbero viepiù separati in casa, il loro rapporto non essendo solido e florido come ritenuto dalla CARP. L'opponente sarebbe poi scarsamente integrato nel tessuto sociale ticinese, non parteciperebbe alla vita associativa e avrebbe beneficiato per un certo tempo dell'assistenza pubblica, nei confronti della quale avrebbe ancora un debito aperto, circostanza totalmente negletta dai giudici cantonali. Quanto al reinserimento nel Paese d'origine, il ricorrente non ravvisa alcuno ostacolo: l'opponente vi avrebbe frequentato le scuole dell'obbligo, ne conoscerebbe la lingua e sarebbe possibile una presa a carico della sua tossicodipendenza. Avrebbe peraltro già esercitato un'attività lucrativa in Italia e potrebbe cercarvi lavoro. Non avendo ad oggi un'occupazione in Svizzera, potrebbe anche, se del caso, beneficiare del reddito di cittadinanza italiano. Tenuto conto di tutti questi elementi, conclude l'insorgente, la rinuncia alla misura di espulsione sarebbe contraria all'art. 66 cpv. 2 CP perché l'interesse pubblico al provvedimento prevarrebbe su quello privato dell'opponente a restare in Svizzera.  
 
3.2. Da parte sua, l'opponente evidenzia come quelli che il ricorrente definirebbe accertamenti erronei della CARP altro non sarebbero che valutazioni diverse rispetto a quanto atteso, senza per questo risultare arbitrari. La Corte cantonale non avrebbe sminuito il numero di reati da lui commessi. L'opponente afferma di essere, innegabilmente, un "ladro di polli" per così dire; le infrazioni da lui perpetrate sarebbero sostanzialmente sempre le stesse, mai davvero gravi, talvolta quasi parodistiche, perché prive sia di logica sia di un qualsivoglia senso e quindi indice di una situazione personale assai difficile. I suoi motivi a delinquere consisterebbero nella dipendenza dai farmaci e nella cleptomania. Rileva poi che non avrebbe sostanzialmente mai spacciato stupefacenti e non avrebbe conseguentemente contribuito a propagare il relativo flagello, adoperando il Dormicum, ottenuto con documenti falsi, praticamente solo per sé. L'opponente non rappresenterebbe dunque una seria minaccia per l'ordine pubblico, essendo solo una persona con difficoltà e bisognosa di aiuto, che la terapia ordinata dalla CARP gli potrà fornire. Egli si sarebbe del resto già rivolto a una psicologa per ottenere un sostegno, perché avrebbe la ferma intenzione di affrontare la sua dipendenza. Sarebbe poi irrilevante, sotto il profilo dell'art. 66a CP, il fatto di aver percepito in passato prestazioni assistenziali. Ad ogni modo rileva di aver già parzialmente restituito quanto indebitamente percepito all'Ufficio del sostegno sociale e dell'inserimento. Contrariamente a quanto avanzato nell'impugnativa e malgrado le difficoltà connesse alla sua dipendenza, egli si sarebbe sempre dato da fare per lavorare e mantenere la sua famiglia, l'importanza del suo contributo economico per la stessa essendo stato rilevato anche dalla moglie. L'interesse privato dell'opponente a rimanere in Svizzera sarebbe di molto superiore a quello pubblico alla sua espulsione. Il legame con sua moglie e i suoi figli sarebbe molto forte. La presenza della consorte e del secondogenito al dibattimento proverebbe il loro interesse per l'avvenire del marito, rispettivamente padre. Malgrado la difficile situazione, la donna non avrebbe mai avviato alcuna procedura nei confronti dell'opponente né avrebbe in qualche modo contestato la sua autorità parentale sui figli. Le dichiarazioni da lei rese alle autorità inquirenti sarebbero state volte a scuotere il marito per indurlo a desistere dal suo abuso di medicamenti e a disintossicarsi, per riprendere il suo ruolo di padre e consorte. Da rilevare poi che né la moglie né i figli intenderebbero seguire l'opponente qualora fosse espulso, ciò che non significherebbe minimamente che non li unisca un solido legame. L'opponente osserva che se l'attività lucrativa svolta in Italia fosse stata sufficiente per mantenersi non sarebbe emigrato in Svizzera e che il reddito di cittadinanza menzionato nel ricorso non basterebbe in ogni caso per vivere nella fascia di confine, come proposto dall'insorgente.  
 
3.3. Nelle rispettive argomentazioni, sia il ricorrente sia l'opponente in parte si scostano dai fatti accertati dalla CARP senza dimostrarne l'arbitrio. Il Tribunale federale resta pertanto vincolato agli accertamenti che risultano dalla sentenza impugnata (art. 105 cpv. 1 LTF).  
 
3.4. L'opponente si è reso colpevole in particolare di furto (art. 139 CP) in combinazione con la violazione di domicilio (art. 186 CP), di modo che sussiste un caso di espulsione obbligatoria giusta l'art. 66a cpv. 1 lett. d CP, ciò che nessuna delle parti contesta. Preme tuttavia precisare che gli episodi di furto in un grande magazzino, violando il divieto di accesso, non rientrano nel campo di applicazione dell'art. 66a cpv. 1 lett. d CP (DTF 145 IV 404 1.5.3). Resta da esaminare se siano in concreto date le condizioni per rinunciare eccezionalmente a pronunciare questa misura.  
 
3.4.1. Secondo gli accertamenti cantonali, l'opponente vive in Svizzera insieme al nucleo della sua famiglia, moglie e figli, con i quali sussiste un solido legame. Il ricorrente, che richiama le dichiarazioni rilasciate dalla consorte alle autorità inquirenti, sembra contestarlo. Benché alla luce di tali dichiarazioni l'accertamento possa certo apparire opinabile, l'insorgente non ne dimostra l'insostenibilità. In particolare non si confronta con la missiva inviata alla CARP dalla donna che, unitamente alla sua presenza al dibattimento, hanno indotto i giudici a ritenere una solida unione familiare. La moglie è titolare di un permesso di domicilio e ha dunque il diritto di risiedere durevolmente in Svizzera. Occorre pertanto chiedersi se sia ragionevolmente possibile attendersi dagli interessati che realizzino la loro vita familiare in Patria. Va al riguardo osservato che tale questione non dipende dai loro desideri o aspirazioni, bensì da una valutazione oggettiva della loro situazione personale e dell'insieme delle circostanze del caso (DTF 122 II 1 consid. 2). Peraltro, il fatto che le condizioni di vita e di educazione siano eventualmente migliori in Svizzera rispetto al Paese d'origine non costituisce un ostacolo alla realizzazione di una vita familiare all'estero (v. DTF 136 I 285 consid. 5.3).  
 
L'opponente è sposato con una connazionale, titolare di un permesso di domicilio, con cui vive insieme ai tre figli. Egli intrattiene pertanto una relazione stretta ed effettiva con i membri della sua famiglia, titolari di un diritto di presenza durevole in Svizzera. Tutti i componenti della famiglia hanno (anche) la nazionalità italiana. La nazionalità comune a tutti i membri costituisce già un indizio di rilievo per ritenere che le persone interessate possano condurre la loro vita familiare all'estero. In tal senso va inoltre osservato che i coniugi sono giunti in Svizzera in età adulta e vi risiedono da ormai 20 anni. Entrambi hanno vissuto in Italia; ne conoscono quindi la lingua, la cultura e le dinamiche sociali. Dalla sentenza impugnata non risulta che la moglie sia radicata in Svizzera al punto da renderle praticamente impossibile una partenza e una vita altrove. Si è sposata con l'opponente prima della commissione della lunga serie di reati. Tuttavia, già nel 2005, dopo appena 5 anni dal loro arrivo in Svizzera, al marito è stato rivolto un primo ammonimento in seguito alle sue condanne. Nel corso degli anni se ne sono poi aggiunti altri tre, senza contare la procedura di revoca del suo permesso di domicilio. La moglie non poteva dunque ignorare che il comportamento dell'opponente rischiava di compromettere la continuazione di una vita familiare in Svizzera. Qui sono nati e cresciuti i loro tre figli, i quali sono inseriti nel nostro Paese. Frequentano le scuole in Ticino e il primogenito ha chiesto e ottenuto la cittadinanza, mentre il secondogenito ha avviato la procedura a tal fine. Se il primogenito è ormai maggiorenne e la sua sorte non dipende più da quella dei genitori, così non è per gli altri. Certo, per loro le difficoltà non mancherebbero in caso di trasferimento all'estero, soprattutto per il secondogenito, non trovandosi quasi più in un'età propriamente evolutiva, e meno per il minore dei tre, solo alla soglia dell'adolescenza (v. sentenza 2C_228/2018 del 14 marzo 2019 consid. 5.4). Va tuttavia rilevato al riguardo che, oltre a non dover affrontare problemi linguistici, il Cantone Ticino e l'Italia avendo in comune la stessa lingua, un eventuale trasferimento in Italia non comporterebbe necessariamente una frattura delle loro relazioni sociali. La famiglia potrebbe infatti trasferirsi nella fascia di confine con il Ticino, ciò che permetterebbe ai ragazzi di mantenere i loro contatti sociali e alla moglie di continuare a lavorare nel territorio ticinese. Non si scorgono quindi difficoltà insormontabili in caso di partenza dalla Svizzera di tutta la famiglia né seri motivi per cui non sia ragionevolmente possibile attendersi che gli interessati realizzino la loro vita familiare all'estero, di modo che l'espulsione non può essere considerata un'ingerenza di una certa portata nel diritto alla vita familiare dell'opponente (v. supra consid. 2.2).  
 
3.4.2. L'espulsione non costituirebbe un'ingerenza di una certa portata nemmeno nel diritto alla vita privata dell'opponente. Benché risieda in Svizzera da ormai 20 anni, dalla sentenza impugnata non risulta che l'integrazione dell'opponente vada oltre un'integrazione ordinaria. In Svizzera vi è giunto in età adulta, poi seguito dalla moglie, e ha avuto tre figli. Secondo gli accertamenti cantonali, ha sempre lavorato, poco importa al riguardo la natura instabile dei suoi impieghi rilevata dal ricorrente, e non ha accumulato debiti. Dalla sentenza del Tribunale cantonale amministrativo, citata dalla CARP, che ha annullato la revoca del suo permesso di domicilio, emerge che in passato è stato a carico dell'assistenza pubblica. La sua integrazione professionale non è dunque particolarmente intensa. Neppure sotto il profilo sociale e culturale si distinguono legami particolarmente intensi con la Svizzera. Ciò che invece affiora con evidenza è il suo curriculum delinquenziale, avendo negli anni interessato ripetutamente le autorità penali.  
 
3.4.3. Non rappresentando un'ingerenza di una certa portata nella vita privata o familiare dell'opponente, la sua espulsione non costituisce un caso grave di rigore personale ai sensi dell'art. 66a cpv. 2 CP.  
 
Abbondanzialmente, volendo per ipotesi ammettere l'esistenza di un caso di rigore, l'espulsione risulta nella fattispecie rispettosa del principio della proporzionalità. La seconda condizione posta dall'art. 66a cpv. 2 CP per rinunciare eccezionalmente alla misura non sarebbe dunque comunque data. 
 
3.4.4. Nell'ambito dell'esame della proporzionalità dell'espulsione di uno straniero giunto in Svizzera in età adulta, occorre prendere in considerazione la gravità del reato commesso e della colpa dell'autore, la durata della sua presenza nel nostro Paese, il tempo trascorso dalla perpetrazione dell'infrazione e il comportamento da lui tenuto da allora, i suoi legami sociali, culturali e familiari con il Paese di residenza e con quello di origine, il suo stato di salute, la durata della misura, nonché le difficoltà che incombono su lui e la sua famiglia in caso di espulsione (DTF 139 I 145 consid. 2.4; v. pure sentenza 6B_693/2020 del 18 gennaio 2021 consid. 7.1.1). Nella ponderazione degli interessi, occorre considerare anche l'interesse superiore e il benessere dei fanciulli (art. 3 Convenzione del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo [CDF; RS 0.107]), ossia dei minori (art. 1 CDF), in particolare il loro interesse a crescere potendo intrattenere saldi contatti con i loro genitori, precisato tuttavia che, sotto il profilo del diritto migratorio, questo elemento non è preponderante rispetto agli altri e che l'art. 3 CDF non permette di fondare alcuna pretesa diretta alla concessione o al mantenimento di un permesso di soggiorno (DTF 144 I 91 consid. 5.2). Con riguardo ai figli del genitore interessato da una misura di espulsione, la giurisprudenza tiene conto segnatamente del fatto che i loro genitori vivono insieme e ne hanno la custodia e l'autorità parentale congiunte o che il genitore colpito dall'espulsione ha la custodia esclusiva e l'autorità parentale o che non ha né l'una né l'altra e intrattiene dunque dei contatti con loro unicamente nell'ambito del diritto di visita. L'interesse del fanciullo è colpito in modo particolare quando l'espulsione del genitore comporta una spaccatura della coesione coniugale, in altre parole quando le relazioni familiari sono intatte e i genitori dispongono della custodia e dell'autorità parentale congiunte del figlio, ma non è ragionevolmente possibile esigere dagli altri membri della famiglia, segnatamente dall'altro genitore contitolare dell'autorità parentale e della custodia, che partano nel Paese d'origine dell'altro genitore (sentenza 6B_1035/2021 del 16 dicembre 2021 consid. 3.2.3 e rinvii). Il fatto che lo straniero, autore di un reato, viva in Svizzera con il coniuge e i figli comuni in un'unione familiare intatta non costituisce tuttavia un impedimento assoluto all'espulsione (sentenza 6B_855/2020 del 25 ottobre 2021 consid. 3.3.3).  
 
3.4.5. La CARP ha definito l'opponente un "delinquentello di piccolo calibro" e questo nonostante il numero e la varietà delle infrazioni perpetrate. Se effettivamente ha commesso "solo piccoli furti" senza introdursi con scasso in abitazioni private, e i reati alla LStup sono essenzialmente connessi alla sua tossicodipendenza, ciò non basta comunque a ridimensionare l'interesse pubblico alla sua espulsione. I ripetuti reati da lui commessi hanno leso vari beni giuridici: il patrimonio, la salute e la sicurezza stradale. Tenuto conto del suo consumo di stupefacenti, la ripetuta guida nonostante la revoca della licenza non poteva essere banalizzata, come in concreto fatto dai giudici cantonali. La pericolosità sociale dell'opponente, ritenuta non significativa dalla CARP, andava valutata non solo in funzione della natura dei reati commessi, ma anche della loro ostinata ripetitività, nonché della prognosi negativa formulata dalla Corte in relazione alla sospensione condizionale della pena inflitta. Il giudice penale deve peraltro prendere in considerazione anche i precedenti dello straniero anteriori all'entrata in vigore dell'art. 66a CP (DTF 146 II 1 consid. 2.1.2). Prescindendo pure dalle condanne ormai cancellate dal casellario giudiziale, l'opponente risulta comunque essere già stato condannato 12 volte tra il 2012 e il 2018. La gravità dei reati è certo sempre analoga e non progressiva, ma la loro ripetuta commissione dimostra come l'opponente sia un autore incallito. E questo nonostante i già molteplici ammonimenti rivoltigli dalle competenti autorità e la procedura di revoca del suo permesso di domicilio, da cui si è poi prescisso. La stessa CARP d'altronde, al momento di commisurare la pena, ha rilevato come la ripetitività dei reati perpetrati dall'opponente dimostrasse la sua refrattarietà a ogni e qualsiasi monito, facendosi egli beffe della fiducia accordatagli dalle autorità. Significativo appare poi che l'opponente, nonostante fosse già stato rinviato a giudizio con un primo atto di accusa, ha continuato a commettere ulteriori reati oggetto degli altri tre atti di accusa di questo procedimento, continuando a delinquere anche dopo essere stato scarcerato con misure sostitutive. Da questi elementi, benché debitamente accertati, la CARP non ha tuttavia tratto le conclusioni del caso. Essi non pongono tanto un problema di credibilità delle istituzioni, menzionato dal ricorrente, aspetto non rilevante nell'ambito dell'art. 66a CP, quanto piuttosto illustrano il totale dispregio dell'opponente dell'ordine pubblico svizzero. Gli stessi giudici cantonali hanno rimarcato come né la carcerazione preventiva subita né l'espiazione delle pene delle precedenti condanne sono servite a farlo cambiare. La colpa dell'opponente è stata da loro definita globalmente di grado medio e gli è stata inflitta una pena detentiva di 18 mesi, superiore quindi alla "pena detentiva di lunga durata" che, nel diritto migratorio, può giustificare la revoca di un permesso di soggiorno allo straniero condannato penalmente (v. art. 62 cpv. 1 lett. b LStrI; DTF 139 I 145 consid. 2.1). Alla luce di quanto precede, l'interesse pubblico all'espulsione dell'opponente appare importante.  
 
In merito al comportamento dell'opponente dalla commissione delle ultime infrazioni oggetto di questo procedimento, da cui non sono trascorsi neppure 2 anni, dalla sentenza non emerge nulla di negativo. La CARP ne ha rilevato al contrario la buona collaborazione processuale, avendo egli ammesso nella maggior parte dei casi gli episodi imputatigli e assumendosi quindi la responsabilità dei suoi atti, nonché le scuse fornite, dimostrando un certo pentimento. Al riguardo però la Corte cantonale non ha considerato che l'opponente ha preteso di aver perpetrato i furti a causa della cleptomania, ciò che essa ha negato. Una simile tesi difensiva poco si concilia con una vera assunzione di responsabilità. Nulla risulta poi in relazione a eventuali risarcimenti degli accusatori privati. 
 
L'opponente vive in Svizzera da 20 anni insieme alla sua famiglia. Qui sono nati (rispettivamente nel 2002, nel 2007 e nel 2011) e cresciuti i suoi tre figli. In assenza di accertamenti contrari ed essendo in essere il legame matrimoniale tra i coniugi, si deve partire dall'idea che l'opponente abbia sia l'autorità parentale sia la custodia sui figli ancora minorenni (v. art. 82 cpv. 1 LDIP e art. 296 cpv. 2 CC). Tutti hanno la nazionalità italiana. Secondo gli accertamenti della CARP, i legami dell'opponente con il suo Paese d'origine, ove si è recato ogni 2 o 3 anni per le vacanze, appaiono piuttosto limitati: entrambi i genitori sono già deceduti e non ha più alcun contatto con suo fratello, ritrovandosi pertanto da solo. Oggi quasi cinquantenne, ha però trascorso oltre la metà della sua vita in Italia, vi ha frequentato le scuole e ottenuto il diploma di metalcostruttore. A parte la presenza della sua famiglia nucleare, la cui vicinanza non gli ha comunque impedito negli anni di delinquere, dalla sentenza impugnata non emergono legami sociali, professionali o culturali particolari con la Svizzera. La società da lui creata essendo stata chiusa, ha lavorato quindi per delle agenzie interinali e dal maggio 2021 è in malattia. Sicché il lavoro che la CARP afferma gli mancherebbe in Italia, gli difetta già in Svizzera, e non si scorge, e del resto nemmeno è spiegato, quali difficoltà supplementari nella ricerca di un posto di lavoro riscontrerebbe in Italia rispetto alla Svizzera. Il suo stato di salute, con particolare riguardo alla sua tossicodipendenza, non è di ostacolo a un ritorno al suo Paese d'origine, potendo egli far capo alle strutture sanitarie italiane. In sostanza, quindi, ciò che distingue il suo legame con l'Italia rispetto a quello con la Svizzera è la presenza della sua famiglia nucleare. Atteso che è ragionevolmente possibile aspettarsi dai suoi componenti che realizzino la loro vita familiare altrove (v. supra consid. 3.4.1), l'espulsione dell'opponente non comporterebbe la spaccatura della coesione familiare ed egli, contrariamente a quanto paventato dalla CARP, non si ritroverebbe da solo senza alcun sostegno. Certo, secondo quanto addotto nella risposta i membri della sua famiglia non avrebbero l'intenzione di trasferirsi in Italia. La separazione della famiglia sarebbe allora da ricondurre a una scelta soppesata e non alla misura. Va in ogni caso osservato che gli interessati vivono attualmente in Ticino e che l'opponente potrebbe senz'altro trasferirsi nella vicina fascia di confine, a pochi chilometri dal loro domicilio, ciò che permetterebbe di mantenere e intrattenere i legami familiari con frequenti e reciproche visite. L'impatto del provvedimento può inoltre essere limitato alla durata minima legale di 5 anni (v. art. 66a cpv. 1 CP), stabilita in prima istanza e postulata nel ricorso. Una durata superiore non sarebbe in concreto né giustificata sotto il profilo della proporzionalità né possibile in virtù del divieto della reformatio in peius, il giudizio di primo grado essendo stato appellato unicamente dall'opponente (art. 391 cpv. 2 CPP), e in ragione delle conclusioni ricorsuali formulate in questa sede (art. 107 cpv. 1 LTF).  
 
In conclusione, benché l'interesse dell'opponente a rimanere in Svizzera non sia certo trascurabile, non risulta prevalente rispetto a quello pubblico alla sua espulsione. 
 
3.5. Rinunciando a ordinare la misura dell'espulsione, la CARP ha violato l'art. 66a cpv. 2 CP.  
 
4.  
Ne segue che il ricorso si rivela fondato e va pertanto accolt o. Il punto 2 del dispositivo della sentenza impugnata è annullato e riformato (art. 107 cpv. 2 LTF) nel senso che è ordinata l'espulsione dal territorio svizzero dell'opponente per un periodo di 5 (cinque) anni. Non è ordinata la segnalazione dell'espulsione dell'opponente nel Sistema d'informazione di Schengen (SIS). La causa viene rinviata alla Corte di appello e di revisione penale per nuova decisione sulle spese. 
Le spese giudiziarie dovrebbero essere poste a carico dell'opponente, secondo soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Egli chiede tuttavia di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. La sua istanza può essere accolta, atteso che non dispone dei mezzi necessari per far fronte alle spese giudiziarie e agli onorari del suo avvocato e le sue conclusioni non apparivano d'acchito prive di possibilità di successo, avendo egli postulato la conferma della sentenza cantonale (art. 64 cpv. 1 e 2 LTF). Nonostante la soccombenza, l'opponente è quindi dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie. L'avvocato Stefano Pizzola viene incaricato del gratuito patrocinio dell'opponente e a tale titolo la Cassa del Tribunale federale gli verserà un'adeguata indennità. Il patrocinatore ha presentato un estratto della pratica che elenca le spese e le prestazioni effettuate per un importo complessivo di fr. 3'377.00, IVA compresa. L'importo appare congruo e viene interamente riconosciuto. La Cassa del Tribunale federale verserà dunque tale importo al patrocinatore. Se in seguito però sarà in grado di farlo, l'opponente è tenuto a risarcire la Cassa del Tribunale federale (art. 64 cpv. 4 LTF). 
 
Non si accordano ripetibili alle parti vincenti, che hanno agito nell'esercizio delle loro attribuzioni ufficiali (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è accolto. Il punto 2 del dispositivo della sentenza emanata il 31 maggio 2021 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino è annullato e riformato nel senso che è ordinata l'espulsione dal territorio svizzero di A.________ per un periodo di 5 (cinque) anni. Non è ordinata la segnalazione dell'espulsione di A.________ nel Sistema d'informazione di Schengen (SIS). La causa è rinviata alla Corte di appello e di revisione penale per nuova decisione sulle spese. 
 
2.  
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è accolta. L'avv. Stefano Pizzola viene incaricato del gratuito patrocinio dell'opponente. 
 
3.  
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
4.  
La Cassa del Tribunale federale verserà al patrocinatore dell'opponente un'indennità di fr. 3'377.--. 
 
5.  
Comunicazione alle parti e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino.  
 
 
Losanna, 30 giugno 2022 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy