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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1P.132/2002/col 
 
Sentenza del 5 agosto 2002 
I Corte di diritto pubblico 
 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del Tribunale federale, 
Catenazzi, Fonjallaz, 
cancelliere Gadoni. 
 
G.________, 
ricorrente, patrocinata dal dott. iur. h. c. Adelio Scolari, 
6593 Cadenazzo, 
 
contro 
 
Comune di Sementina, 6514 Sementina, rappresentato dal Municipio e patrocinato dall'avv. dott. Stefano Ghiringhelli, via Orico 7, 6501 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano. 
 
espropriazione formale; 
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 4 febbraio 2002 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
G.________ è proprietaria della particella n. xxx di Sementina, di 24'871 m2, sita in località "Ciossetto". Il piano regolatore comunale approvato il 12 aprile 1988 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha inserito circa 15'600 m2 del fondo nella zona per attrezzature ed edifici pubblici (AP-EP), destinata alla costruzione di un centro scolastico e culturale, di sale multiuso, di una chiesa e di altre infrastrutture di interesse pubblico, compreso un posteggio; la superficie restante è stata inclusa nella zona residenziale estensiva (R3b), rispettivamente nella zona del nucleo tradizionale (NV). Il menzionato vincolo di attrezzature ed edifici pubblici corrisponde essenzialmente al vincolo già sancito dal precedente piano regolatore, approvato dal Governo il 6 aprile 1973. 
Con atto del 20 maggio 1988 i membri della comunione ereditaria fu C.________, allora proprietari della particella, si erano aggravati dinanzi al Consiglio di Stato, contestando l'attribuzione di parte del fondo alla zona AP-EP e chiedendone l'inserimento nella zona residenziale intensiva R4: la richiesta è stata respinta dal Governo contestualmente all'approvazione del piano regolatore. La comunione ereditaria ha impugnato la decisione governativa dinanzi al Gran Consiglio che ha tuttavia stralciato dai ruoli il ricorso in seguito al ritiro da parte della proprietaria. 
Frattanto, l'11 maggio 1988 gli eredi C.________ - cui è poi subentrata quale nuova proprietaria del fondo G.________ - avevano notificato al Tribunale d'espropriazione della giurisdizione sopracenerina le pretese di indennità, fatte valere contro il Comune di Sementina, per espropriazione materiale. L'indennità attribuita, anche in seguito alla pronuncia del 6 giugno 1995 del Tribunale federale che aveva stabilito i tassi variabili di interesse, è stata di fr. 936'000.-- per il terreno (in ragione di fr. 60.-- il m2) e di fr. 1'235'522,50 per gli interessi, calcolati dal 6 aprile 1973 (cfr. sentenza 1A.14/1995 del 6 giugno 1995, parzialmente pubblicata in RDAT I-1996, n. 46, pag. 130 segg.). L'importo complessivo è poi stato versato. 
B. 
Il 4 maggio 1998 il Comune di Sementina ha promosso dinanzi al Tribunale d'espropriazione della giurisdizione sopracenerina una procedura di espropriazione formale della superficie della particella n. xxx gravata dal vincolo, offrendo un'indennità di fr. 234'000.--, pari a fr. 15.-- il m2. La proprietaria si è opposta all'espropriazione sostenendo in particolare che le opere previste non erano conformi alle destinazioni del piano regolatore e che l'espropriazione formale non costituiva un ampliamento della precedente espropriazione materiale; ha inoltre ritenuto insufficiente l'interesse pubblico e non sorrette dal principio della proporzionalità le restrizioni; infine, ha postulato una modificazione dei piani e chiesto un'indennità espropriativa in natura, subordinatamente di fr. 50.-- al m2 per il terreno espropriato, nonché un'indennità di fr. 273'600.-- per la svalutazione della frazione residua e un ulteriore importo di fr. 10'000.-- per la sistemazione del vigneto. Con istanza del 25 maggio 1999 il Comune di Sementina ha chiesto l'anticipata immissione in possesso limitatamente a una superficie di 7'250 m2, al fine di realizzare una palestra e una sala multiuso per le società locali, opere previste nella prima fase di realizzazione del progetto. La proprietaria si è opposta alla richiesta. 
Mediante sentenza del 23 agosto 1999 il Tribunale d'espropriazione ha respinto l'opposizione all'espropriazione, la domanda di modifica dei piani e la richiesta d'intersecazione da un memoriale dell'espropriante di un'espressione ritenuta dalla proprietaria sconveniente e offensiva; ha invece accolto l'istanza di anticipata immissione in possesso e ordinato l'allestimento di un inventario dettagliato riguardo alle specie, all'età e alle potenzialità produttive dei ceppi di vigna presenti sulla superficie colpita dall'espropriazione formale. Il Giudice ha in particolare confermato la pubblica utilità delle opere contemplate nel piano regolatore, ha rilevato che una modifica dei piani non entrava in discussione poiché la portata dell'espropriazione era determinata dall'ampiezza del vincolo sancito dal piano regolatore e ritenuto l'anticipata immissione in possesso giustificata dal probabile aumento dei costi dovuto al ritardo e dal fatto che il futuro esame della domanda d'indennità non veniva impedito. 
C. 
Questa sentenza è stata impugnata dall'espropriata dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, cui sono state sostanzialmente sottoposte le censure già sollevate in prima istanza. Con giudizio del 4 febbraio 2002 la Corte cantonale ha parzialmente accolto il ricorso e annullato la sentenza del Tribunale di espropriazione limitatamente alla concessione dell'anticipata immissione in possesso. La Corte cantonale ha ritenuto le opere progettate conformi all'assetto pianificatorio e la loro pubblica utilità già accertata nella procedura di adozione e di approvazione del piano regolatore, formalmente cresciuto in giudicato. Secondo i Giudici cantonali, le condizioni poste dalla giurisprudenza per potere riesaminare in sede espropriativa la natura e lo scopo del vincolo non erano d'altra parte adempiute, poiché l'espropriata si era potuta rendere conto della portata della restrizione sancita a carico del suo fondo, tant'è che la comunione ereditaria di cui essa pure era membro l'aveva contestata dinanzi al Consiglio di Stato prima e al Gran Consiglio poi. La Corte cantonale ha in seguito rilevato che, invocando la violazione del principio della proporzionalità, l'espropriata riapriva la questione dell'estensione della zona AP-EP, parimenti già affrontata nell'ambito dell'approvazione del piano regolatore. D'altra parte, la superficie necessaria all'edificazione era già stata determinata in quella sede e il progetto concepito in funzione dell'area vincolata. Inoltre, ritenuto che la pubblica utilità dell'opera era già stata sanzionata in precedenza, il Comune poteva essere autorizzato a presentare solo un progetto di massima. Né poteva giustificarsi un'eventuale modifica dei piani allo scopo di riunire le frazioni del fondo non interessate dall'espropriazione in un'unica particella, tale questione potendo peraltro ancora essere risolta nell'ambito di un eventuale ampliamento dell'espropriazione. I Giudici cantonali, che hanno rifiutato di intersecare l'espressione censurata dall'espropriata, perché non costitutiva di contumelia, hanno poi negato l'anticipata immissione in possesso chiesta dal Comune, visto ch'esso non disponeva ancora della licenza edilizia per avviare la costruzione; hanno infine ritenuto corretta l'indennità di patrocinio fissata dalla prima istanza. 
D. 
L'espropriata impugna con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale questo giudizio, chiedendo di annullarlo; chiede inoltre di annullare la domanda di espropriazione formale. La ricorrente fa essenzialmente valere una violazione del diritto di essere sentito, del divieto dell'arbitrio, della buona fede e della garanzia della proprietà. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi. 
La Corte cantonale si rimette al giudizio del Tribunale federale, mentre il Comune di Sementina chiede di respingere il ricorso in quanto ricevibile. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 128 II 56 consid. 1, 127 III 41 consid. 2a, 126 I 257 consid. 1a). 
1.1 Con la sentenza impugnata il Tribunale cantonale amministrativo ha statuito - nell'ambito della procedura d'espropriazione formale promossa dal Comune di Sementina - sull'opposizione all'espropriazione e sulla domanda di modificazione dei piani. Il quesito dell'indennità non è stato, secondo l'art. 45 della legge ticinese di espropriazione, dell'8 marzo 1971 (LEspr/TI), affrontato né tanto meno risolto, la procedura di stima essendo rimasta nella sede cantonale sospesa sino alla definitiva soluzione dei quesiti attinenti all'opposizione e alla modificazione dei piani. Su questi ultimi punti il giudizio litigioso emana dall'ultima istanza cantonale ed è definitivo. Il ricorso è quindi, da questo profilo, ammissibile (art. 84 cpv. 1 lett. a e 86 cpv. 1 OG). La proprietaria del fondo espropriato può d'altra parte prevalersi di un interesse giuridicamente protetto ed è legittimata a ricorrere secondo l'art. 88 OG
1.2 Il ricorso di diritto pubblico, tranne eccezioni che non si verificano in concreto, ha natura meramente cassatoria (DTF 127 II 1 consid. 2c, 126 III 534 consid. 1c e rinvio). Le richieste, contenute nel ricorso, che vanno oltre l'annullamento del giudizio impugnato, segnatamente la richiesta di annullamento della domanda di espropriazione formale presentata dal Comune di Sementina il 4 maggio 1998, sono inammissibili (DTF 125 I 492 consid. 1a/bb, 104 consid. 1b e rinvii). 
1.3 Secondo l'art. 90 cpv. 1 OG l'atto di ricorso, oltre alla designazione della decisione impugnata, deve contenere le conclusioni del ricorrente (lett. a), come pure l'esposizione dei fatti essenziali e quella concisa dei diritti costituzionali o delle norme giuridiche che si pretendono violati, precisando in che consista la violazione (lett. b). Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate e solo se sono sufficientemente motivate (DTF 127 I 38 consid. 3c pag. 43, 125 I 71 consid. 1c, 492 consid. 1b, 122 I 70 consid. 1c, 119 Ia 197 consid. 1d). Ove la ricorrente critica in modo generico il giudizio impugnato, dilungandosi nell'esporre la propria versione dei fatti e il loro apprezzamento giuridico senza tuttavia confrontarsi, con chiarezza e precisione, con le puntuali argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, e senza spiegare per quali ragioni esse violerebbero i suoi diritti costituzionali, il ricorso è inammissibile. Il gravame lo è ancora in modo particolare laddove la ricorrente adduce che dalle motivazioni della sentenza impugnata emergerebbe una tendenza dei giudici cantonali a volerla mettere in cattiva luce, tanto da fare quasi pensare a una loro prevenzione nei suoi confronti: manca al riguardo una sufficiente motivazione, ritenuto che l'espropriata non fa esplicitamente valere pretesi motivi di ricusa o l'eventuale violazione delle garanzie procedurali generali (art. 29 seg. Cost.), peraltro neppure seriamente ravvisabile nella fattispecie. Né la ricorrente, pur lamentando la mancata intersecazione dell'espressione criticata, fa valere su questo aspetto un'asserita violazione di garanzie costituzionali da parte dei giudici cantonali, segnatamente l'arbitrio nell'applicazione del diritto cantonale (cfr. art. 9 della legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966 [LPamm]). 
2. 
La ricorrente censura una violazione del diritto di essere sentito siccome il Tribunale cantonale amministrativo, senza spiegarne le ragioni, non avrebbe assunto le prove da lei richieste. 
Nel ricorso dinanzi all'ultima istanza cantonale la ricorrente aveva indicato in modo generico le prove offerte, senza precisare i motivi che ne avrebbero giustificato l'assunzione. Ciò si imponeva invece, visto che il primo Giudice aveva già rifiutato, con ordinanza motivata del 16 aprile 1999, taluni mezzi di prova offerti dall'espropriata in occasione del sopralluogo. Comunque, la Corte cantonale ha ritenuto, dandone atto nel suo giudizio (cfr. consid. 1), e fondandosi sull'art. 18 cpv. 1 LPamm, di potere statuire sulla base dei soli atti, senza istruttoria: essa ha quindi implicitamente respinto le prove offerte, ritenendole irrilevanti secondo un apprezzamento anticipato: in considerazione della documentazione agli atti, dei quesiti litigiosi e del fatto che la vertenza era nota ai giudici, che già l'avevano affrontata a più riprese, questi potevano - senza incorrere nell'arbitrio - statuire sulla causa senza assumere ulteriori prove (cfr. DTF 115 Ia 8 consid. 3a; cfr. pure, sull'apprezzamento anticipato delle prove, 122 II 464 consid. 4a, 120 Ib 224 consid. 2b e rinvii). 
3. 
La ricorrente lamenta poi essenzialmente la mancata conformità dell'espropriazione litigiosa alla destinazione della zona per attrezzature ed edifici d'interesse pubblico stabilita dal piano regolatore; ritiene inoltre la restrizione della proprietà non giustificata da un interesse pubblico preponderante. 
3.1 L'espropriazione è compatibile con la garanzia della proprietà, sancita dall'art. 26 Cost., solo se si fonda su una base legale sufficiente, se è giustificata da un interesse pubblico preponderante e se rispetta il principio della proporzionalità (art. 36 cpv. 1 a 3 Cost.; DTF 126 I 219 consid. 2a; cfr., riguardo al previgente art. 22ter vCost., DTF 121 I 117 consid. 3b, 119 Ia 362 consid. 3a; Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pag. 607). Nel caso di una restrizione grave della proprietà, il Tribunale esige una base legale chiara e univoca ed esamina liberamente se questa condizione è adempiuta (DTF 124 I 6 consid. 4b/aa, 121 I 117 consid. 3b/bb e rinvii). Una restrizione è grave segnatamente nel caso di soppressione forzata della proprietà fondiaria, oppure qualora prescrizioni positive o divieti rendano impossibile, o quantomeno molto più difficile, un'utilizzazione presente o futura del fondo conformemente alla sua destinazione (DTF 121 I 65 consid. 2a inedito, 115 Ia 363 consid. 2a; Walter Kälin, Das Verfahren der staatsrechtlichen Beschwerde, 2a ed., Berna 1994, pag. 180). 
Il Tribunale federale esamina inoltre liberamente le esigenze dell'interesse pubblico e della proporzionalità, ma valuta con un certo riserbo le circostanze locali, meglio conosciute dalle autorità cantonali, e le questioni di spiccato apprezzamento (DTF 126 I 219 consid. 2c pag. 222, 119 Ia 88 consid. 5c/bb, 117 Ia 141 consid. 2a, 115 Ia 363 consid. 2a e rinvii). 
3.2 Anche in questa sede la ricorrente insiste soprattutto sulla pretesa divergenza delle opere progettate rispetto alle finalità fissate nel piano regolatore comunale. Secondo quest'ultimo, la zona AP-EP in località "Ciossetto" sarebbe destinata alla costruzione di una chiesa, di un centro scolastico e culturale con sale multiuso e ulteriori servizi, e di un posteggio. Il piano d'indirizzo annesso all'istanza di espropriazione prevederebbe invece, in una prima tappa, la costruzione di una palestra, di una sala multiuso, di posteggi, di un giardino e di piazzali da gioco, in una seconda tappa la realizzazione di una scuola elementare e in una terza l'edificazione di un centro civico-culturale. Il Comune avrebbe quindi rinunciato, secondo la ricorrente, alla costruzione di una strada di raccolta, di una chiesa e del posteggio in sua prossimità, progettando invece di realizzare campi da gioco e un giardino pubblico, non previsti dal piano regolatore in quel luogo. La ricorrente reputa decisive le indicazioni relative alla zona AP-EP contenute nel piano delle zone, non potendo essere preteso dai cittadini l'esame delle ulteriori componenti del piano regolatore ed essendo in concreto le norme di attuazione generiche su questi aspetti. Essa ritiene inoltre che il Comune non abbia sufficientemente motivato l'interesse pubblico dell'espropriazione, tanto più che il vincolo, già previsto nel piano previgente del 1973, non era mai stato attuato. 
3.2.1 Secondo la giurisprudenza del Tribunale federale la costituzionalità del piano regolatore, in concreto dell'inserimento del fondo n. xxx nella zona AP-EP allo scopo di realizzare le previste infrastrutture pubbliche, può essere contestata, in linea di principio, nella procedura di adozione e di approvazione del piano. Una contestazione successiva, sollevata in via pregiudiziale in occasione di un'applicazione concreta, può avvenire solo eccezionalmente, ossia quando il proprietario colpito non si fosse potuto rendere pienamente conto, al momento dell'adozione del piano, della limitazione impostagli, quando la procedura non gli avesse offerto in quella sede la possibilità di tutelare adeguatamente i suoi diritti e quando si pretenda che le circostanze, segnatamente l'interesse pubblico, che avevano giustificato l'adozione del piano e le sue restrizioni fossero nel frattempo radicalmente mutate (DTF 123 II 337 consid. 3a, 116 Ia 207 consid. 3b, 115 Ia 1 consid. 3; sentenza 1P.38/2001 del 9 aprile 2001, consid. 3c/aa, citata in RDAT II-2001, n. 42 pag. 172; Kälin, op. cit., pag. 139 e segg.). 
3.2.2 Nessuno di questi presupposti è adempiuto in concreto. Come già rilevato dalla Corte cantonale, i proprietari hanno presentato ricorso contro l'adozione del piano regolatore e di conseguenza hanno dimostrato di essersi potuti rendere pienamente conto della portata del vincolo pianificatorio per la loro proprietà. All'espropriata, che ha ritirato il gravame presentato dinanzi al Gran Consiglio, è quindi stata concessa la facoltà di esprimersi e di tutelare adeguatamente i suoi interessi nella procedura di approvazione del piano. Del resto, contrariamente all'opinione della ricorrente, nell'ambito di quel procedimento, non erano determinanti unicamente le indicazioni riferite alla zona AP-EP contenute nel piano delle zone, ma anche gli ulteriori atti pianificatori componenti il piano regolatore e pure oggetto di pubblicazione (cfr. art. 17 segg. della previgente legge edilizia cantonale del 19 febbraio 1973; cfr. pure gli art. 26 segg. e 34 segg. della legge cantonale di applicazione della LPT del 23 maggio 1990; sentenza 1P.139/2000 del 26 maggio 2000, consid. 4b/aa, pubblicata in RDAT I-2001, n. 30, pag. 114 segg.). 
Il fatto che una restrizione analoga, concernente il medesimo fondo, fosse già contemplata nel previgente piano regolatore comunale del 1973, e non sia stata attuata mentre esso era in vigore, non è determinante. Il Comune ha in effetti chiaramente manifestato l'intenzione di realizzare il vincolo AP-EP oggetto del piano vigente, approvato il 12 aprile 1988, segnatamente stanziando i crediti per la progettazione e per la costruzione delle opere della prima tappa, e promuovendo la procedura di espropriazione e quella per il rilascio della licenza edilizia. Nelle esposte condizioni, non risulta quindi che le circostanze siano nel frattempo mutate e sia venuta meno la necessità di realizzare le infrastrutture pubbliche prospettate. I presupposti per una ridiscussione del piano regolatore, della pubblica utilità e del bisogno delle opere non sono pertanto adempiuti, sicché la ricorrente non può contestare ora lo strumento pianificatorio comunale approvato nel 1988. 
3.2.3 D'altra parte, le opere progettate non si scostano in modo decisivo dalle destinazioni della zona AP-EP. In effetti, secondo l'art. 44 delle norme di attuazione del piano regolatore, nella zona per attrezzature ed edifici d'interesse pubblico "sono ammesse solo le costruzioni a carattere pubblico quali scuole, case dei bambini, uffici amministrativi, attrezzature sportive, la formazione di piazze pubbliche, ecc.". Il piano delle zone prevede poi, per il comprensorio qui in discussione, la realizzazione di un centro scolastico e culturale, di sale multiuso e di ulteriori servizi, di una chiesa e di un posteggio. Benché la descrizione dei progettati impianti e servizi appaia estesa, non si può ritenere che in concreto non si possa dedurre il fine perseguito dalla zona AP-EP, segnatamente la portata dei bisogni pubblici e delle opere richieste; né risulta in particolare che il Comune si sia limitato a delimitare una zona di edifici e attrezzature pubbliche senza sufficientemente chiarirne lo scopo di pubblica utilità (cfr. DTF 113 Ia 463 consid. 3, 114 Ia 335 consid. 2a, sentenza 1P.139/2000 del 26 maggio 2000, citata, consid. 4b/bb). Certo, pur tenendo conto delle diverse fasi di realizzazione del progetto, che comportano la necessità di precisare ulteriormente le caratteristiche e i contenuti di talune opere, non risulta dagli atti la previsione di edificare una chiesa, pure contemplata dal vincolo. Tuttavia, gli interventi prospettati dal Comune sulla base del piano di indirizzo corrispondono sostanzialmente alle finalità della zona AP-EP, ritenuto che anche i campi da gioco e il giardino, invero pure rispondenti a un interesse pubblico (cfr. Eric Brandt/Pierre Moor, in: Aemisegger/Kuttler/ Moor/Ruch, editori, Kommentar zum Bundesgesetz über die Raumplanung, Zurigo 1999, n. 21 all'art. 18), ne sono strettamente connessi. Del resto, il progetto comprende anche la realizzazione di posteggi, pur se ubicati in una posizione diversa da quella stabilita dal piano delle zone, in modo da tenere altresì conto dell'utilizzazione delle infrastrutture. 
Ne consegue che, considerata l'ampiezza degli interventi progettati e le modalità piuttosto estese con cui il Comune ha, in tali circostanze, fissato le funzioni della zona AP-EP, la Corte cantonale non ha violato la Costituzione per avere ritenuto le opere per le quali era chiesta l'espropriazione conformi alla destinazione sancita dal piano regolatore. Questa conclusione si giustifica anche considerando che, come rilevato dalla Corte cantonale, un vincolo AP-EP non decade per il fatto che gli edifici di interesse pubblico da realizzare non corrispondano più esattamente a quelli inizialmente previsti dal piano regolatore (DTF 121 II 305, consid. 3 inedito, pubblicata in RDAT I-1996, n. 45, pag. 127 segg; cfr. anche DTF 114 Ia 335 consid. 2c-d; sentenza 1P.139/2000 del 26 maggio 2000, citata, consid. 4b/bb). 
4. 
La ricorrente critica poi il giudizio impugnato laddove respinge una sua domanda di modifica dei piani volta a riunire in un'unica particella la superficie del fondo n. xxx non interessata dall'esproprio. Sostiene che la frazione restante, posta a sud dell'area espropriata, rimarrebbe difficilmente sfruttabile e che l'art. 102 della legge cantonale sul raggruppamento e la permuta dei terreni, del 23 novembre 1970 (LRPT), secondo cui, in occasione della costruzione di strade e di altri lavori, gli enti pubblici, per il cui conto le opere vengono eseguite, sono tenuti a sistemare i fondi delle zone interessate mediante raggruppamento, rettifica dei confini, permuta o espropriazione degli scorpori, imporrebbe in concreto la riunione delle frazioni restanti in un'unica particella. Inoltre, sempre secondo la ricorrente, l'eventuale ampliamento dell'espropriazione prospettata dal Comune, e ripresa dalla Corte cantonale nel giudizio impugnato, sarebbe lesiva del principio della proporzionalità. 
Ora, premesso che l'applicabilità dell'art. 102 LRPT in un caso come il presente appare invero dubbia, la censura di una pretesa violazione della citata disposizione cantonale non è stata esaminata dal Tribunale cantonale amministrativo, al quale non è stata sottoposta: presentata in questa sede, essa difetta quindi dell'esaurimento delle istanze cantonali (art. 86 cpv. 1 OG). Né, d'altra parte, la ricorrente fa valere - con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG - un'asserita applicazione arbitraria della norma. Comunque, l'ubicazione e la delimitazione dei confini della zona d'interesse pubblico sono state fissate dal piano regolatore che, come visto, la ricorrente non può più criticare nell'ambito della procedura espropriativa (cfr. sopra consid. 3.2.1) e del resto, come ha rettamente rilevato la Corte cantonale, la questione del preteso deprezzamento della parte residua dovrà ancora, se del caso, essere discussa e esaminata nell'ambito del giudizio sull'indennità (art. 6 e art. 11 lett. b LEspr/TI). 
5. 
Ne segue che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). Al Comune di Sementina, che non dispone di un proprio servizio giuridico, vanno riconosciute le ripetibili della sede federale, da porsi a carico della ricorrente (art. 159 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico della ricorrente, la quale rifonderà al Comune di Sementina un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Losanna, 5 agosto 2002 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il presidente: Il cancelliere: