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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
2C_224/2018  
 
 
Sentenza del 9 marzo 2018  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Haag, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona, 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di dimora UE/AELS, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 22 gennaio 2018 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2016.84). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Dopo avere ottenuto dei permessi per confinanti (1978-1981 e 1985-2010) nonché dei permessi di dimora annuali (1981-1985 in seguito al suo matrimonio con una cittadina svizzera, sciolto per divorzio il 5 luglio 1983) A.________, cittadino italiano, si è visto rilasciare il 23 agosto 2011 un permesso di dimora UE/AELS valido fino al 22 agosto 2016 al fine di svolgere un'attività lucrativa indipendente. In seguito alla chiusura della propria ditta a fine aprile 2012 egli ha beneficiato di indennità straordinarie di disoccupazione; esaurite le stesse egli si è ritrovato, nel luglio 2012, a carico della pubblica assistenza siccome era privo di entrate finanziarie, situazione che perdura tuttora. 
 
B.   
Il 6 novembre 2014 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, dopo avere conferito a A.________ la possibilità di esprimersi, gli ha revocato il permesso di dimora UE/AELS nonché fissato un termine per lasciare la Svizzera. A sostegno della propria decisione l'autorità ha osservato che da tempo non lavorava più e che, non disponendo più di entrate sufficienti per il proprio mantenimento, era a carico della pubblica assistenza. 
Detta decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato, il 13 gennaio 2016, e poi dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, con sentenza del 22 gennaio 2018. 
 
C.   
Il 5 marzo 2018 A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso con cui chiede che, conferito l'effetto sospensivo al proprio gravame, la sentenza cantonale sia annullata e gli sia confermato il permesso di dimora UE/AELS. Domanda inoltre di essere esentato dal dovere versare un eventuale anticipo a copertura delle spese giudiziarie. 
Non è stato ordinato alcun atto istruttorio. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 143 IV 85 consid. 1.1 pag. 87 e rinvii).  
 
1.2. Il ricorrente, cittadino italiano, può di principio appellarsi all'Accordo, concluso il 21 giugno 1999, tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681) per far valere un diritto a soggiornare in Svizzera, per svolgervi o no un'attività lucrativa, senza che l'art. 83 lett. c n. 2 LTF gli sia opponibile (DTF 136 II 177 consid. 1.1 pag. 179). Diretto contro una decisione finale emessa da un'autorità di ultima istanza cantonale con natura di tribunale superiore in cause di diritto pubblico (art. 82 lett. a, 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF) e presentato tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) da una persona legittimata ad agire (art. 89 cpv. 1 LTF) il gravame è, quindi, di regola, ricevibile quale ricorso in materia di diritto pubblico.  
 
2.   
 
2.1. Nel proprio giudizio il Tribunale cantonale amministrativo ha spiegato perché l'insorgente non adempiva (più) le condizioni poste per potere beneficiare di un permesso di dimora UE/AELS né come indipendente (art. 12 Allegato I ALC) né come lavoratore dipendente (art. 6 Allegato I ALC), perché non poteva richiamarsi al citato Accordo per continuare a soggiornare nel nostro Paese per reperire un (nuovo) lavoro (art. 2 cpv. 1 secondo paragrafo Allegato I ALC e art. 18 OLCP [RS142.203]), perché non poteva appellarsi al diritto di rimanere di cui all'art. 4 cpv. 1 e 2 Allegato I ALC e, infine, perché non poteva fruire di un permesso senza attività lucrativa ai sensi degli art. 6 ALC e 24 Allegato I ALC.  
Esaminando poi il caso dal profilo del diritto interno, la Corte cantonale ha rilevato che l'interessato adempiva il motivo di revoca dell'art. 62 cpv. 1 lett. e LStr (RS 142.20) : era infatti a carico della pubblica assistenza dal luglio 2012 e il suo debito nei confronti dello Stato ammontava a fr. 114'375.20. 
Infine è giunta alla conclusione che il provvedimento litigioso rispettava il principio della proporzionalità. Oltre al fatto che risiedeva in Svizzera dall'agosto 2011 e che quindi il suo soggiorno non poteva essere considerato di lunga durata, senza tralasciare che dal 6 novembre 2014 la sua presenza era solo tollerata nell'attesa di una decisione definitiva in merito al suo permesso di dimora, A.________ non poteva definirsi integrato: egli non lavorava più da fine aprile 2012, era a carico della pubblica assistenza dal luglio 2012 ed era oberato di debiti. Un suo rientro nella vicina Penisola, dove era nato, cresciuto e aveva vissuto (salvo un primo soggiorno in Svizzera dal 1981 al 1985) fino al 2011 e dove possedeva i suoi principali legami culturali, sociali nonché familiari appariva quindi perfettamente esigibile. Infine, riguardo ai problemi di salute fatti valere dall'interessato, segnatamente una depressione che aveva comportato un suo ricovero per tre mesi nel 2013 come anche un'inabilità lavorativa attestata per due mesi nel 2014, un mese nel 2014 e che si protraeva tuttora, la Corte cantonale ha osservato che l'Italia non era sprovvista di adeguate strutture sanitarie medico-psichiatriche-assistenziali pubbliche e private di ottima qualità, di modo che il trattamento attualmente seguito poteva continuare senz'altro anche lì, come peraltro prospettato dal medico curante medesimo, aggiungendo che fruendo l'interessato della possibilità di trasferirsi nella fascia di confine, non gli era preclusa la possibilità di continuare il suo percorso terapeutico in Svizzera. 
 
2.2. Il ricorrente riconosce di essere attualmente senza lavoro e di dipendere totalmente dall'assistenza pubblica, limitandosi al riguardo a puntualizzare che è difficile trovare un nuovo impiego considerati i suoi problemi di salute. Altrimenti detto, egli non rimette in discussione il fatto che nulla può dedurre dall'Accordo sulla libera circolazione, rispettivamente che sono adempiute in concreto le condizioni poste dall'art. 62 cpv. 1 lett. e LStr che permettono di revocare un'autorizzazione di soggiorno. In merito a questi aspetti, che non occorre più di conseguenza riesaminare in questa sede, ci si limita a rinviare ai pertinenti considerandi del giudizio contestato (cfr. sentenza cantonale consid. 3 e 4 pag. 8 segg.) nonché ad aggiungere che il ricorrente non ha documentato le sue asserite ricerche d'impiego.  
 
2.3. Il ricorrente, osservando di non avere mai lavorato in Italia, afferma che sarà confrontato con grosse difficoltà in caso di rientro in patria perché non ne conosce il sistema lavorativo. Rileva poi che è seguito dallo stesso terapeuta da tempo e che se dovesse lasciare la Svizzera, verrebbe allora interrotto il nesso terapeutico, aspetto importante della propria psicoterapia. Egli implicitamente censura una lesione del principio della proporzionalità riguardo a questi aspetti. A torto. Oltre al fatto che, come rilevato dalla Corte cantonale, le difficoltà di adattamento che dovrà affrontare sono quelle che toccano la maggior parte dei cittadini stranieri costretti a rientrare dopo un prolungato soggiorno all'estero, va ribadito che i suoi problemi di salute potranno essere trattati in modo adeguato anche dalle strutture sanitarie italiane (sentenze 2C_1073/2017 dell'11 gennaio 2018 consid. 2.3 e 2C_887/2016 del 16 gennaio 2017 consid. 6.2.2), e che, come già sottolineato dai giudici ticinesi, un trasloco nella fascia di confine gli permetterebbe di continuare il suo trattamento terapeutico in Svizzera e quindi di mantenere il nesso terapeutico in questione.  
 
2.4. Da quel che precede discende che l'impugnativa risulta manifestamente infondata e può essere evasa secondo la procedura semplificata prevista dall'art. 109 LTF.  
 
3.   
 
3.1. Con l'evasione del ricorso, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta priva d'oggetto.  
 
3.2. La domanda di assistenza giudiziaria presentata dal ricorrente non può trovare accoglimento, atteso che le sue conclusioni erano sin dall'inizio prive di probabilità di successo (art. 64 LTF). Si terrà comunque conto della sua situazione finanziaria nel fissare le spese che verranno poste a suo carico (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è respinto. 
 
2.   
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.   
Le spese giudiziarie ridotte di fr. 200.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4.   
Comunicazione al ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 9 marzo 2018 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud