Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
6B_89/2016  
   
   
 
 
 
Sentenza del 7 aprile 2016  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Denys, Presidente, 
Eusebio, Jametti, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Infrazione alla LStup, lesioni gravi, abbandono, arbitrio, 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata il 27 novembre 2015 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Da sempre senza alcuna autorizzazione a esercitare una professione sanitaria nel Cantone Ticino, A.________ ha praticato presso la sua abitazione l'ozonoterapia e la terapia neurale. Egli ha inoltre prescritto ai suoi pazienti ingenti quantitativi di capsule dimagranti, contenenti benzodiazepina e amfepramone. 
 
In relazione a questa sua attività, con atto d'accusa del 22 ottobre 2013 A.________ è stato rinviato a giudizio con le imputazioni di truffa aggravata (per il periodo compreso tra il 1° ottobre 1998 e il 23 aprile 2007), infrazione aggravata alla LStup, falsità in certificati, lesioni gravi, abbandono, nonché truffa aggravata (per il periodo compreso tra il mese di dicembre 2007 e gli inizi del mese di settembre 2011). 
 
B.   
Con sentenza del 1° dicembre 2014, la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di truffa aggravata per i due periodi indicati nell'atto d'accusa, infrazione aggravata alla LStup e lesioni gravi. Lo ha prosciolto dall'accusa di abbandono e ha abbandonato il procedimento penale per l'imputazione di falsità in certificati. A.________ è stato condannato alla pena detentiva di 28 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, parzialmente sospesa condizionalmente in ragione di 22 mesi per un periodo di prova di 3 anni. Quale norma di condotta gli è stato imposto, per la durata del periodo di prova, il divieto assoluto di esercitare qualsivoglia attività medica, paramedica, sanitaria e/o affine su qualsiasi paziente a titolo sia oneroso sia gratuito, con l'avvertenza che in caso di mancato rispetto sarà ordinata l'esecuzione effettiva della pena sospesa. La Corte delle assise criminali ha infine ordinato la confisca, rispettivamente il dissequestro, rispettivamente la distruzione dei beni e degli oggetti sequestrati durante il procedimento, nonché la liberazione della cauzione, dedotte la tassa di giustizia e le spese poste a carico dell'imputato. 
 
C.   
Adita con appello di A.________ e appello incidentale del Procuratore pubblico, con sentenza del 27 novembre 2015 la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha accolto parzialmente il primo e integralmente il secondo. Accertata la crescita in giudicato del proscioglimento [recte: abbandono del procedimento] per l'accusa di falsità in certificati, A.________ è stato riconosciuto autore colpevole di infrazione aggravata alla LStup, lesioni gravi e abbandono. Per quanto concerne le imputazioni di truffa aggravata, la CARP ha abbandonato il procedimento in relazione ai fatti del primo periodo preso in considerazione, mentre ha prosciolto l'imputato in relazione a quelli del secondo periodo. A.________ è quindi stato condannato alla pena detentiva di 28 mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, parzialmente sospesa condizionalmente in ragione di 22 mesi per un periodo di prova di 3 anni, nonché al versamento in favore dello Stato di fr. 201'070.-- a titolo di risarcimento compensatorio, a garanzia del quale è stato mantenuto il sequestro conservativo di alcuni conti bancari. La CARP ha inoltre confermato la norma di condotta pronunciata in prima istanza e ordinato la confisca rispettivamente il dissequestro dei beni sequestrati, nonché la liberazione della cauzione. Ha infine posto parte degli oneri processuali a carico dell'imputato, tenuto pure a rimborsare allo Stato parte della retribuzione riconosciuta al suo difensore d'ufficio. 
 
D.   
A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Postula, in via principale, la derubricazione dell'imputazione di infrazione alla LStup da aggravata a semplice e conseguentemente l'accertamento dell'intervenuta prescrizione del reato e del diritto di pronunciare un risarcimento compensatorio, subordinatamente, la riduzione di tale risarcimento di fr. 100'000.--, il proscioglimento dalle accuse di lesioni gravi e di abbandono, la rifusione degli onorari versati ai suoi difensori di fiducia, l'assunzione integrale da parte dello Stato della retribuzione riconosciuta al suo difensore d'ufficio, come pure delle spese giudiziarie e peritali, nonché il riconoscimento di fr. 150'000.-- a titolo di riparazione del torto morale e di fr. 3'500.-- per le spese di traduzione del ricorso in materia penale. In via subordinata, chiede l'annullamento della sentenza di ultima istanza cantonale e il rinvio dell'incarto alla CARP per nuovo giudizio. 
 
Non sono state chieste osservazioni sul gravame. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Presentato dall'imputato (art. 81 cpv. 1 LTF) e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 LTF), il ricorso in materia penale è proponibile e di massima ammissibile, perché interposto nei termini legali (art. 100 cpv. 1 unitamente all'art. 46 cpv. 1 lett. c LTF) e nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).  
 
1.2. Giusta l'art. 99 cpv. 1 LTF, nuovi fatti e nuovi mezzi di prova possono essere addotti dinanzi al Tribunale federale soltanto se ne dà motivo la decisione impugnata, ciò che la parte ricorrente deve debitamente esporre nel proprio gravame (DTF 139 III 120 consid. 3.1.2).  
 
Il ricorrente ha prodotto una serie di documenti. Non essendo dimostrata la realizzazione dei presupposti dell'art. 99 cpv. 1 LTF, non è possibile tener conto di quei documenti, che non figurano già nell'incarto, di cui alcuni addirittura posteriori alla decisione impugnata. Trattasi di nuove prove inammissibili in questa sede. L'insorgente non si esprime minimamente sul motivo, del resto nemmeno ravvisabile, che gli avrebbe impedito di presentarle già dinanzi alla CARP. 
 
1.3. Il linea di principio il Tribunale federale è vincolato dai fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene o completarli solo se il loro accertamento è stato effettuato in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF). Se rimprovera all'autorità cantonale un accertamento dei fatti manifestamente inesatto - ossia arbitrario (DTF 141 IV 249 consid. 1.3.1 con rinvii; sulla nozione di arbitrio v. DTF 140 III 267 consid. 2.3 pag. 266) - il ricorrente deve sollevare la censura e motivarla in modo preciso, come esige l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 141 IV 369 consid. 6.3); deve inoltre dimostrare che l'eliminazione dell'asserito vizio può influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).  
 
1.4. In virtù del principio dell'esaurimento delle istanze ricorsuali cantonali sgorgante dall'art. 80 LTF, di regola il Tribunale federale vaglia solo quelle censure di natura costituzionale che, potendolo essere, sono state sottoposte all'esame dell'autorità cantonale di ultima istanza. Secondo la giurisprudenza, è tuttavia possibile formulare tali censure per la prima volta in sede federale, ove l'autorità cantonale di ultima istanza disponeva di un pieno potere d'esame in fatto e in diritto e purché il comportamento del ricorrente non appaia contrario al principio della buona fede, che gli impone di sollevare censure sullo svolgimento del procedimento non appena possibile, vietandogli di prevalersi di un argomento giuridico essenziale solo nell'ambito di un ricorso al Tribunale federale contro una sentenza a lui sfavorevole (DTF 135 I 91 consid. 2.1; 133 III 638 consid. 2 pag. 640).  
 
2.   
Il ricorrente sostiene che la procedura a suo carico non abbia rispettato i principi di un processo equo e questo essenzialmente in ragione della grande eco mediatica scaturitane. Sennonché, non si capisce cosa intenda dedurne nella misura in cui critica essenzialmente l'operato del pubblico ministero. Le sue vaghe critiche esulano dunque dall'oggetto di impugnazione in questa sede, costituito unicamente dalla sentenza della CARP (art. 80 LTF), risultando inammissibili. 
 
3.   
Invocando gli art. 9 e 325 cpv. 1 lett. f CPP, gli art. 29 cpv. 2 e 32 cpv. 2 Cost., nonché l'art. 6 n. 1 e 3 CEDU, il ricorrente rimprovera alla CARP di averlo condannato per l'imputazione di infrazione aggravata alla LStup "sulla base di un atto di accusa irregolare", perché fondato su supposizioni e non su fatti e costruito sui numerosi rapporti del Farmacista cantonale "infarciti di supposizioni e deduzioni". Si duole inoltre della disgiunzione del procedimento a suo carico da quelli avviati contro la moglie e il dott. B.________ e della conseguente violazione dei suoi diritti alla difesa, non avendo mai avuto la possibilità di contestare in contraddittorio le loro affermazioni. 
 
Queste censure sfuggono a un esame di merito. Dalla sentenza impugnata non risulta che l'insorgente le abbia sottoposte al vaglio della CARP, né d'altronde sostiene il contrario. Sollevarle per la prima volta dinanzi al Tribunale federale appare in concreto contrario al principio della buona fede processuale e a quello dell'esaurimento delle istanze ricorsuali cantonali (v. consid. 1.4). 
 
4.   
In questa sede, il ricorrente non nega più di aver saputo che le capsule dimagranti contenessero sostanze stupefacenti, né sostiene di aver avuto l'autorizzazione a vendere medicamenti contenenti simili sostanze. Contesta la sussistenza degli estremi di un caso grave ai sensi dell'art. 19 cpv. 2 lett. c LStup, nella misura in cui avrebbe venduto un numero di trattamenti sensibilmente inferiore a quello stabilito in modo arbitrario dalla CARP e l'indebito profitto realizzato non raggiungerebbe quindi la soglia del caso grave. 
 
4.1. Benché formalmente l'insorgente rimproveri alla CARP un accertamento arbitrario dei fatti in relazione al numero di trattamenti dimagranti venduti e all'utile ricavatone, non lo sostanzia minimamente. Le sue argomentazioni hanno carattere meramente appellatorio e sono lungi dal motivare una censura di arbitrio conformemente alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF (v. consid. 1.3). Invano critica poi i giudici cantonali per aver fondato il giudizio anche sulle dichiarazioni della moglie e del dott. B.________ che, a suo dire, non avrebbe potuto contestare. A tal fine, gli sarebbe bastato richiedere il loro interrogatorio, quanto meno in sede di appello; egli non ha tuttavia formulato alcuna istanza probatoria. Dolersi ora di arbitrio per l'utilizzazione delle contestate dichiarazioni appare avventato.  
 
4.2. In assenza di adeguate censure in merito ai fatti, l'accertamento svolto dalla CARP rimane vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Dalla sentenza impugnata risulta che il ricorrente ha venduto 496 trattamenti contenenti sostanze stupefacenti a un prezzo di fr. 600.-- cadauno, di modo che l'aggravante della grossa cifra d'affari, rispettivamente del guadagno considerevole giusta l'art. 19 cpv. 2 lett. c LStup è manifestamente data (v. al riguardo DTF 129 IV 253 consid. 2.2).  
 
4.3. Nelle sue conclusioni subordinate, il ricorrente postula, nella denegata ipotesi in cui venga confermata la condanna per il caso grave di infrazione alla LStup, la riduzione del risarcimento compensatorio. A sostegno di tale conclusione tuttavia non fornisce alcuna motivazione, di modo che non occorre esaminare la questione.  
 
5.   
In merito alla condanna per titolo di lesioni gravi, l'insorgente contesta l'utilizzabilità della deposizione di C.________, assunta senza contraddittorio. Nessuna autorità, dall'istruzione fino all'appello, avrebbe ovviato a tale lacuna. Più volte avrebbe chiesto ai suoi patrocinatori un contraddittorio, senza esito. Avrebbe dunque anche beneficiato di una difesa inefficace e lesiva dei suoi diritti costituzionali. Critica poi la valutazione delle dichiarazioni della stessa e del rapporto peritale operata dalla CARP. Ribadisce di non aver trattato la vittima e nega la sussistenza di un nesso causale tra il trattamento per ipotesi prodigato, comunque con il consenso dell'interessata, e le lesioni al di lei ginocchio, che peraltro non sarebbero durevoli come invece richiesto dall'art. 122 CP. Contesta infine la realizzazione dell'aspetto soggettivo del reato. 
 
5.1. Il ricorrente non sostiene di aver chiesto formalmente, in un momento qualsiasi della procedura, di poter interrogare la vittima o di aver lamentato nel corso del dibattimento di primo o di secondo grado la violazione del diritto al contraddittorio. Peraltro nemmeno tenta di dimostrare, viste le concrete circostanze, perché la CARP avrebbe violato il diritto nel ritenere una rinuncia al diritto al contraddittorio. Pretendere ora l'inutilizzabilità delle dichiarazioni della vittima a causa del mancato contraddittorio non solo è poco pertinente, ma contravviene pure al principio della buona fede. Neanche giova all'insorgente dolersi di una pretesa difesa inefficace da parte del suo difensore d'ufficio. Non risulta infatti, e neppure è asserito nel gravame, che il ricorrente, nel corso del procedimento, abbia chiesto la sostituzione di tale difensore, adducendo divergenze nella scelta delle strategie difensive. Le sue censure, che avrebbero potuto e dovuto essere sollevate già in sede cantonale, sono dunque inammissibili per il mancato esaurimento delle istanze ricorsuali (v. consid. 1.4).  
 
5.2. Quanto alla valutazione delle prove, segnatamente delle dichiarazioni rese dall'insorgente rispettivamente da C.________, le censure si riducono a critiche meramente appellatorie e quindi inammissibili (DTF 141 IV 369 consid. 6.3). La CARP ha ritenuto credibile quanto riferito dalla donna, le sue affermazioni risultando dettagliate, contestualizzate in modo verosimile, pacate e disinteressate, nonché confermate dalle risultanze dell'inchiesta, mentre il ricorrente, oltre ad avere in un primo tempo mentito, ha spesso reso dichiarazioni poi inficiate da quanto emerso nel corso del procedimento. A ciò l'insorgente si limita a obiettare che la pacatezza di un racconto non potrebbe essere desunta da un verbale scritto e che in quanto imputato avrebbe il diritto di non collaborare. Simile argomentazione è lungi dal sostanziare arbitrio di sorta. Vano è poi il tentativo di contestare le risultanze peritali, adducendo una pretesa ignoranza dell'esperto sulle proprietà e modalità di applicazione delle terapie da lui praticate. Non pretende di non essere stato coinvolto nella scelta del perito, di aver contestato le sue competenze, di aver postulato l'allestimento di un'ulteriore perizia a opera di un altro esperto, oppure ancora di aver presentato delle serie e fondate obiezioni sulla concludenza della perizia. Neppure il ricorrente spiega perché le affermazioni del perito sarebbero "scientificamente errate e frutto di congetture", come apoditticamente asserito nel gravame. Peraltro nemmeno sostiene che la CARP abbia valutato in modo insostenibile la perizia. Le sue critiche risultano pretestuose e carenti di motivazione.  
 
5.3. Dai fatti accertati in sede cantonale risulta che, soffrendo di dolori persistenti alle ginocchia, C.________ si era rivolta al ricorrente. Durante una prima visita le praticò una serie di iniezioni, che le procurarono un certo sollievo. Pochi giorni dopo però, i dolori non solo ricomparvero, ma aumentarono al punto da obbligarla ad utilizzare delle stampelle. La donna si fece nuovamente visitare dall'insorgente. In questa seconda occasione, dopo un'ulteriore serie di iniezioni, con una siringa le estrasse dal ginocchio del liquido giallino e quindi le iniettò dell'ozono. A causa dell'aggravamento dei dolori, il giorno seguente ella consultò il suo medico di famiglia, che le diagnosticò una forte infezione e la fece ricoverare d'urgenza all'ospedale, dove rimase dal 21 al 29 novembre 2009. Fu sottoposta a una terapia antibiotica per via parenterale e a un intervento chirurgico in urgenza. A questo ricovero ne seguì un altro, dal 24 giugno al 4 luglio 2010, presso una clinica ortopedica per l'impianto di una protesi al ginocchio destro.  
 
5.3.1. Si rende colpevole di lesioni gravi giusta l'art. 122 CP chiunque intenzionalmente ferisce una persona mettendone in pericolo la vita (cpv. 1), chiunque intenzionalmente mutila il corpo, un organo o arto importante di una persona, o le produce la perdita dell'uso di un tale organo o arto, o le cagiona permanentemente incapacità al lavoro, infermità o malattia mentale, o le sfregia in modo grave e permanente il viso (cpv. 2), oppure ancora chiunque intenzionalmente cagiona un altro grave danno al corpo od alla salute fisica o mentale di una persona (cpv. 3).  
 
La CARP ha lasciato indecisa la questione di sapere se la vittima si sia trovata in imminente pericolo di morte a causa della gonoartrite acuta settica riscontrata che, se non tempestivamente curata in modo adeguato, può portare a una sepsi generalizzata con esiti acutamente letali. Essa ha ritenuto comunque data una lesione grave, nella misura in cui si è reso necessario l'impianto della protesi del ginocchio. Sulla base dei certificati medici agli atti e del rapporto peritale, ha poi accertato la sussistenza di un nesso causale tra il danno patito dalla donna e l'operato del ricorrente, che non aveva adottato le necessarie norme di sterilizzazione. Cosciente degli altissimi rischi insiti nell'applicazione di terapie invasive senza l'adozione di tali norme, per i giudici cantonali, egli ha accettato di provocare il danno che ne è seguito, pur non essendo quello il suo obiettivo. 
 
5.3.2. Vi è perdita dell'uso dell'arto giusta l'art. 122 CP, quando la sua funzione fondamentale è significativamente compromessa (DTF 129 IV 1 consid. 3.2 pag. 3). Tra gli arti importanti ai sensi di questa norma la dottrina annovera anche il ginocchio (ANDREAS DONATSCH, Delikte gegen den Einzelnen, 10 aed. 2013, pag. 48; ROTH/BERKEMEIER, in Basler Kommentar, Strafrecht, vol. II, 3 aed. 2013, n. 12 ad art. 122 CP; MICHEL DUPUIS ET AL., Code pénal, petit commentaire, 2012, n. 12 ad art. 122 CP; BERNARD CORBOZ, Les infractions en droit suisse, vol. I, 3 aed. 2010, n. 9 ad art. 122 CP).  
Alla luce del rapporto peritale, che attesta una compromissione dell'articolazione del ginocchio a causa dell'infezione batterica con conseguente necessità dell'impianto di una protesi, qualificando come grave la lesione subita dalla vittima, la CARP non ha ecceduto il margine d'apprezzamento conferitole dalla giurisprudenza nell'interpretazione di questa nozione giuridica indeterminata (DTF 129 IV 1 consid. 3.2 pag. 3; 115 IV 17 consid. 2b). Inconferenti al riguardo appaiono le obiezioni del ricorrente, secondo cui una protesi non renderebbe l'arto improprio alla sua funzione e tali interventi sarebbero frequenti in persone di età avanzata come la vittima. È tuttavia proprio la compromissione dell'articolazione che ha reso necessario l'impianto di una protesi. Che poi grazie a questa, il ginocchio abbia potuto riacquisire la propria funzionalità, nulla muta alla qualificazione della lesione in parola. 
 
5.3.3. Nel contestare la sussistenza di un nesso causale tra le iniezioni praticate sulla vittima e la grave lesione subita, il ricorrente ribadisce la propria versione dei fatti, scostandosi in modo inammissibile da quelli accertati in sede cantonale sulla base di una valutazione delle prove sfuggita alle critiche di arbitrio (v. consid. 5.2). La CARP ha stabilito il nesso causale tra il trattamento prodigato dal ricorrente e la grave lesione sulla base del rapporto peritale. Secondo quest'ultimo, la relazione temporale tra le iniezioni di procaina praticate dall'insorgente sul ginocchio della vittima, l'insorgere della sintomatologia acuta, ulteriori procedure invasive con procaina e ozono non lasciano dubbi sulla relazione causale tra le iniezioni e l'infetto articolare della donna. È pure precisato che il germe stafilococcus epidermidis isolato nel puntato articolare conferma che la causa della complicazione infettiva va fatta risalire a una mancata o carente disinfezione della cute prima di un'iniezione, all'uso reiterato del medesimo ago per più iniezioni e/o a una carente disinfezione delle mani dell'operatore. Considerato che il comportamento rimproverato all'insorgente consiste nell'aver applicato terapie invasive senza adottare le necessarie norme di sterilizzazione, la conclusione dei giudici cantonali sul nesso causale con la lesione della vittima non presta il fianco a critiche.  
 
5.3.4. Le lesioni gravi sono un reato intenzionale: l'autore deve dunque agire con coscienza e volontà (art. 12 cpv. 2 CP). Ciò che l'autore sa, vuole o prende in considerazione sono questioni di fatto (DTF 141 IV 369 consid. 6.3), che vincolano questo Tribunale (art. 105 cpv. 1 LTF). Ancora una volta il ricorrente, censurando il dolo eventuale ritenuto a suo carico, argomenta liberamente scostandosi dai fatti accertati dalla CARP, insistendo a riproporre la propria personale versione dei fatti. Non si giustifica quindi attardarsi oltre.  
 
5.4. L'insorgente accenna genericamente al consenso della vittima per tentare di qualificare il suo operato come lecito. È vero che il consenso del paziente costituisce un fatto giustificativo della lesione personale risultante da un atto medico (DTF 124 IV 258 consid. 2). Ciò tuttavia presuppone che l'intervento sia praticato secondo le regole dell'arte. La mancata adozione delle necessarie norme di sterilizzazione contravviene manifestamente a tali regole. Il comportamento del ricorrente non può dunque essere giustificato da un preteso consenso della vittima.  
 
6.   
Il ricorrente censura pure i fatti posti a fondamento della condanna per abbandono giusta l'art. 127 CP. Le sue critiche si riducono di nuovo a contestare in modo meramente appellatorio la valutazione delle prove agli atti, segnatamente in punto alla valenza del rapporto peritale. Omette di confrontarsi compiutamente con le considerazioni della sentenza impugnata, opponendovi semplicemente le proprie. Disattende peraltro che la Corte cantonale non ha ignorato le dichiarazioni a lui favorevoli di alcuni suoi clienti, ma ha evidenziato che la maggior parte di loro ha confermato sia la mancata disinfezione della cute prima di ogni iniezione sia l'assenza di una raccolta dei dati anamnestici e di un'approfondita valutazione clinica, presupposti indispensabili all'applicazione delle terapie da lui praticate. La CARP ha poi rilevato che tali dichiarazioni sono comprovate da riscontri oggettivi: la mancata tenuta di cartelle cliniche, riconosciuta dallo stesso insorgente, nonché la circostanza che i disinfettanti si trovavano in fondo a un armadio e verosimilmente non erano stati utilizzati di recente. Quanto all'apparecchio per l'ozonoterapia sporco di sangue, i precedenti giudici hanno spiegato perché non hanno creduto al ricorrente, quando ha preteso di averlo prestato ad altri medici. Invece di confrontarsi con tali ragioni, egli si limita a ribadire la propria tesi, richiamando nuovi documenti inammissibili in questa sede (v. consid. 1.2). Anche in merito alla mancanza delle necessarie garanzie igieniche e di sterilità dell'ambiente in cui praticava, l'argomentazione ricorsuale risulta priva di consistenza. Dimentica che tale accertamento non si fonda esclusivamente sul rapporto di ispezione dell'Ufficio del medico cantonale, ma pure sulle dichiarazioni di alcuni suoi pazienti, che hanno definito il suo studio "una vera e propria lozza". Le censure risultano quindi inammissibili. 
Atteso che il ricorrente contesta la sua condanna di abbandono sulla scorta dei fatti da lui sostenuti, non sono dati i presupposti per esaminare un'eventuale violazione dell'art. 127 CP da parte dell'autorità cantonale. 
 
7.   
Infine l'insorgente lamenta una violazione del principio della celerità, rimproverando alla CARP di non averne tratto le debite conseguenze. Ancora una volta il gravame non soddisfa le esigenze di motivazione: non si ravvede quali conseguenze avrebbero dovuto trarre al proposito i giudici dell'ultima istanza cantonale. Constatata una lieve violazione del principio di celerità, la CARP ha ridotto la pena da 2 anni e 6 mesi a 28 mesi. Il ricorrente non contesta che la violazione sia di lieve entità e nemmeno spiega quali altre implicazioni avrebbe dovuto comportare. In particolare, non illustra quali effetti concreti o pregiudizi avrebbe subito a causa dei ritardi, comunque lievi, nello svolgimento del procedimento. La censura non merita ulteriore disamina. 
 
8.   
Ne segue che, nella limitata misura della sua ammissibilità, il ricorso è infondato e va pertanto respinto. 
 
La domanda di assistenza giudiziaria non può trovare accoglimento, essendo le conclusioni ricorsuali d'acchito prive di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Peraltro, considerati i dissequestri dei beni pronunciati in prima e seconda istanza, tra cui vari conti bancari e denaro contante, la situazione finanziaria del ricorrente non può essere più considerata precaria. Le spese giudiziarie sono di conseguenza poste a carico dell'insorgente, in considerazione della sua soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.   
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4.   
Comunicazione alle parti e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 7 aprile 2016 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Denys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy