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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
4C.399/2005 /biz 
 
Sentenza del 10 maggio 2006 
I Corte civile 
 
Composizione 
Giudici federali Corboz, presidente, 
Rottenberg Liatowitsch, Kiss, 
cancelliera Gianinazzi. 
 
Parti 
A.________, 
convenuto e ricorrente, 
patrocinato dall'avv. Federica Tamburini, 
 
contro 
 
B.B.________ e C.B.________, 
attori e opponenti, 
patrocinati dall'avv. Marco Perucchi. 
 
Oggetto 
contratto preliminare di compravendita; vizio formale; 
culpa in contrahendo, 
 
ricorso per riforma contro la sentenza emanata il 
4 maggio/13 ottobre 2005 dalla II Camera civile 
del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
La controversia trae origine da un accordo stipulato dalle parti il 3 ottobre 2001. In questo documento, intitolato "Anzahlungsvertrag", A.________ prometteva di vendere ad C.B.________ e B.B.________ il fondo xxx, sul quale sorge una casa d'abitazione, al prezzo di fr. 850'000.--. Dal canto loro i coniugi B.________ si impegnavano a versare un acconto di fr. 85'000.--, che sarebbe stato computato sul prezzo di vendita in caso di stipulazione dell'atto notarile. Qualora la compravendita non fosse intervenuta, l'acconto sarebbe invece rimasto a A.________ quale pena di recesso. 
 
Il 7 gennaio 2002, ovvero il giorno prima della sottoscrizione dell'atto di compravendita, C.B.________ e B.B.________ hanno dichiarato di rinunciare all'acquisto dell'immobile, chiedendo nel contempo la restituzione dell'acconto versato. 
 
Non avendo ricevuto quanto richiesto, a garanzia delle loro pretese C.B.________ e B.B.________ hanno ottenuto, il 21 giugno 2002, il sequestro del fondo già citato. Dato che A.________ ha fornito una garanzia sostitutiva di fr. 90'000.-- la particella è stata successiva-mente liberata e, per finire, venduta a terzi nell'agosto 2002. 
B. 
Invocando la nullità della convenzione 3 ottobre 2001 siccome non stipulata nella forma dell'atto pubblico, il 19 agosto 2002 C.B.________ e B.B.________ hanno convenuto A.________ dinanzi alla Pretura del Distretto di Lugano, Sezione 5, con un'azione volta all'incasso di fr. 85'000.--, oltre interessi al 5% dal 1° gennaio 2002, a titolo di restituzione dell'arricchimento indebito, postulando altresì la convalida del sequestro della garanzia prestata dalla controparte e il rigetto dell'opposizione interposta al precetto esecutivo spiccato per il medesimo importo. 
 
Con sentenza 5 agosto 2004 la segretaria assessora della pretura adita ha respinto la petizione. Pur ammettendo che il vizio di forma comportava effettivamente la nullità del contratto sottoscritto dalle parti, la giudice ha infatti ritenuto che, invocando tale nullità, i coniugi B.________ commettevano un abuso di diritto. 
 
C. 
Di diverso avviso la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, tempestivamente adita dai soccombenti. Nella sentenza 4 maggio 2005 - intimata il 13 ottobre seguente - la massima istanza ticinese ha infatti negato l'abuso di diritto e riconosciuto ad C.B.________ e B.B.________ il diritto, di principio, alla restituzione dell'importo versato. Considerate le circostanze in cui è avvenuta l'interruzione delle trattative contrattuali, la Corte cantonale ha tuttavia imputato ai coniugi B.________ una responsabilità per culpa in contrahendo tale da giustificare la riduzione della somma a loro dovuta a fr. 73'695.90, oltre interessi al 5% dal 7 gennaio 2002. 
D. 
Contro questa decisione A.________ è insorto dinanzi al Tribunale federale, il 15 novembre 2005, sia con ricorso di diritto pubblico sia con ricorso per riforma. 
 
Con il ricorso per riforma - che chiede di esaminare per primo, in deroga al principio stabilito dall'art. 57 cpv. 5 OG - egli postula, in via principale, la modifica della pronunzia cantonale nel senso di respingere l'appello e, di conseguenza, confermare il giudizio pretorile. In via subordinata domanda l'annullamento della sentenza criticata e il rinvio della causa all'autorità ticinese per nuovo giudizio, mentre in via ancora più subordinata chiede la modifica della decisione impugnata nel senso di accogliere parzialmente l'appello e concedere agli attori fr. 2'164.55. 
 
Nella risposta del 26 gennaio 2006 C.B.________ e B.B.________ hanno proposto l'integrale reiezione del gravame. 
 
Diritto: 
1. 
Giusta l'art. 57 cpv. 5 OG un ricorso di diritto pubblico viene trattato, in linea di principio, prima del parallelo ricorso per riforma. 
 
Per consolidata giurisprudenza, rettamente richiamata dal convenuto, si può tuttavia derogare a questa regola quando la decisione sul ricorso di diritto pubblico non influirebbe comunque sull'esito del ricorso per riforma, ad esempio qualora sembri che tale rimedio possa venir accolto anche sulla base degli accertamenti di fatto eseguiti dall'autorità cantonale e criticati nel ricorso di diritto pubblico (DTF 123 III 213 consid. 1; 122 I 81 consid. 1; 117 II 630 consid. 1; Jean-François Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. II, Berna 1990, n. 5 ad art. 57 OG). 
1.1 In concreto, come anticipato nella parte dedicata all'esposizione dei fatti, la sentenza impugnata si divide in tre capitoli. 
 
Nel primo la Corte ticinese ha esaminato i rapporti instauratisi fra le parti, giungendo alla conclusione - così come già la segretaria assessora - che il 3 ottobre 2001 esse hanno stipulato un contratto preliminare di compravendita nullo per vizio di forma. A differenza dell'autorità inferiore, la massima istanza cantonale ha però negato di poter ravvedere nel comportamento degli attori un abuso di diritto (art. 2 cpv. 2 CC), non potendosi affermare che il contratto sarebbe stato da loro eseguito in coscienza del vizio di forma. Donde l'accoglimento, di principio, della pretesa volta alla restituzione dell'arricchimento indebito. 
 
Nel secondo e terzo capitolo i giudici ticinesi hanno poi imputato agli attori una responsabilità precontrattuale (per culpa in contrahendo) e fissato in fr. 11'304.10 l'ammontare del danno a loro carico. Da qui la riduzione della somma a loro dovuta a fr. 73'695.90. 
1.2 Con il ricorso per riforma il convenuto contesta recisamente la prima parte del giudizio querelato, concernente la qualificazione giuridica dell'accordo intervenuto fra le parti, la decisione sull'adempimento e l'importanza della consapevolezza degli attori quo al vizio di forma. Ciò significa che, se le censure formulate nel ricorso per riforma contro la prima parte della decisione impugnata dovessero rivelarsi fondate, non vi sarebbe la necessità di pronunciarsi sulle ulteriori argomentazioni concernenti l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti posti a fondamento del giudizio sul danno imputabile agli attori per culpa in contrahendo, criticati nel ricorso di diritto pubblico. 
1.3 La richiesta tendente all'esame preventivo del ricorso per riforma può pertanto essere accolta. 
2. 
Dato il tenore dell'allegato ricorsuale, prima di affrontare i vari argomenti in esso presentati appare utile rammentare i principi che reggono il rimedio esperito. 
2.1 Il ricorso per riforma è ammissibile per violazione del diritto federale (art. 43 cpv. 1 OG). 
Nella giurisdizione di riforma, il Tribunale federale fonda il suo giudizio sui fatti così come sono stati accertati dall'ultima autorità cantonale, a meno che non siano state violate disposizioni federali in materia di prove, debbano venire rettificati accertamenti di fatto derivanti da una svista manifesta (art. 63 cpv. 2 OG) o si renda necessario un complemento degli stessi a norma dell'art. 64 OG (DTF 130 III 136 consid. 1.4 pag. 140), ovverosia mediante fatti allegati da una parte in sede cantonale in modo conforme alle norme sulla procedura, ma ritenuti a torto dall'autorità cantonale come irrilevanti o da essa negletti a causa dell'errata comprensione del diritto federale (DTF 130 III 102 consid. 2.2 pag. 106; 127 III 248 consid. 2c con rinvii). Tutte queste critiche e gli atti cui si riferiscono devono essere debitamente specificati (art. 55 cpv. 1 lett. b e d OG). 
 
Fatte salve queste eccezioni, censure contro l'accertamento dei fatti e l'apprezzamento delle prove eseguiti dall'autorità cantonale sono improponibili, così come non si può far riferimento a circostanze non accertate nel giudizio impugnato, trattandosi di fatti nuovi (art. 55 cpv. 1 lett. c OG; DTF citati; 129 III 618 consid. 3). 
2.2 Dai principi appena esposti discende l'irricevibilità, d'acchito, di tutti gli argomenti rivolti contro l'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti contenuti nella sentenza impugnata, in particolare di quelli riferiti alla determinazione del momento in cui gli attori sarebbero venuti a conoscenza del vizio di forma. 
3. 
La nullità dell'accordo firmato dalle parti il 3 ottobre 2001 a causa del mancato ossequio delle esigenze di forma poste dalla legge (art. 216 cpv. 2 CO) è pacifica. 
Ciononostante, al punto 17 (pag. 26) del suo allegato il convenuto sembra volersi prevalere della violazione dell'art. 158 CO per il mancato riconoscimento del suo diritto di trattenere l'importo di fr. 85'000.-- quale pena di recesso. Giova allora rammentare che tale pattuizione è affetta da nullità alla stessa stregua delle ulteriori clausole dell'accordo (cfr. sentenza del 28 aprile 1997 nella causa 4C.429/1996 consid. 3, pubblicata in: Rep 1997 pag. 59). 
4. 
Litigiosa è la questione di sapere se, prevalendosi della nullità, gli attori avrebbero commesso un abuso di diritto nel senso dell'art. 2 cpv. 2 CC, tale da pregiudicar loro la possibilità di chiedere la restituzione della somma di fr. 85'000.-- versata quale acconto. 
4.1 Dottrina e giurisprudenza - ben rammentate nella sentenza cantonale e richiamate anche dal convenuto nell'impugnativa - concordano nell'affermare che l'invocazione del vizio di forma configura un abuso di diritto solamente se il contratto è già stato spontaneamente adempiuto, perlomeno nei suoi punti importanti, e, cumulativamente, ciò è avvenuto in coscienza dell'esistenza del vizio di forma (cfr. anche sentenza del 7 gennaio 1999 nella causa 4C.299/1998 consid. 3, pubblicata in: ZBGR 80/1999 pag. 387, SJ 2000 I pag. 533, recht 2001 pag. 68). 
4.2 Nel caso in rassegna i giudici ticinesi hanno stabilito che nessuno dei due requisiti è dato. Mediante il contratto preliminare le parti si sono infatti impegnate a stipulare il contratto di compravendita dell'immobile, che però non si è mai perfezionato, l'atto pubblico non essendo stato rogato; né vi è stato adempimento, non essendo avvenuto il trapasso del fondo a registro fondiario. Con riferimento alla consapevolezza del vizio di forma, i giudici hanno poi rilevato come non sia stato provato che gli attori ne fossero a conoscenza già prima della fine di ottobre 2001, quando il loro patrocinatore gliel'ha segnalato. 
4.3 Il convenuto contesta entrambe le considerazioni. A suo modo di vedere il contratto - che la Corte cantonale avrebbe erroneamente qualificato come promessa di compravendita - sarebbe stato adempiuto nei suoi punti essenziali e ciò non solo volontariamente ma anche in coscienza del vizio di forma, dato che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici ticinesi, non è necessario far risalire tale consapevolezza al momento della conclusione del contratto. 
 
4.4 In primo luogo si pone dunque la questione della qualifica giuridica dell'accordo intervenuto fra le parti e del suo adempimento. 
4.4.1 Confrontato con un litigio sull'interpretazione di un contratto, il giudice deve adoperarsi per determinare la vera e concorde volontà dei contraenti (interpretazione soggettiva; art. 18 cpv. 1 CO). In assenza di accertamenti di fatto sulla reale concordanza della volontà delle parti o qualora emerga che una parte non ha compreso la volontà dell'altra, il giudice procede all'interpretazione delle loro dichiarazioni secondo il principio dell'affidamento, ovvero secondo il senso che ogni contraente poteva e doveva ragionevolmente attribuire alle dichiarazioni di volontà dell'altro nella situazione concreta (interpretazione oggettiva), con il risultato che a una parte può essere imputato il senso oggettivo della sua dichiarazione, anche se questo non corrisponde alla sua intima volontà. L'interpretazione del contratto giusta il principio dell'affidamento riguarda l'applicazione del diritto e può pertanto essere esaminata liberamente nella giurisdizione per riforma. Onde statuire su tale questione occorre comunque fondarsi sul contenuto della manifestazione di volontà e sulle circostanze del caso concreto, che attengono ai fatti (DTF 131 III 606 consid. 4.1 con rinvii). 
 
Con riferimento all'interpretazione di dichiarazioni scritte è inoltre opportuno rammentare che, anche se il tenore di una clausola contrattuale appare a prima vista chiaro, dalle altre condizioni menzionate dal contratto, dallo scopo perseguito dalle parti oppure ancora da altre circostanze può risultare che il testo della clausola non restituisce con esattezza il senso dell'accordo (cfr. DTF 131 III 280 consid. 3.1 pag. 286). In questo caso, il senso della pattuizione verrà determinato mediante interpretazione. Non ci si scosterà, per contro, dal testo adottato dagli interessati qualora non vi sia nessun serio motivo di ritenere ch'esso non corrisponde alla loro volontà (DTF 130 III 417 consid. 3.2). 
4.4.2 In concreto, la Corte cantonale ha condiviso l'interpretazione già eseguita dalla giudice di prima istanza, per la quale l'"Anzahlungsvertrag" era in realtà un contratto preliminare di compravendita. 
 
In esso il convenuto si è infatti impegnato a vendere ("A.________ verpflichtet sich [...] zu verkaufen") il fondo agli attori, che lo avrebbero acquistato in ragione di metà ciascuno ("an B.B.________ und C.B.________, [...], die im Miteigentum je zur Hälfte kaufen"), per fr. 850'000.--. Al punto 3 dell'accordo le parti hanno inoltre pattuito il versamento di un acconto di fr. 85'000.--, precisando che in caso di mancata vendita - per un motivo diverso da quello esplicitamente menzionato in tale punto dell'accordo - questo importo sarebbe rimasto al proprietario a titolo di pena di recesso. 
4.4.3 Gli argomenti che il convenuto adduce per contrastare la qualificazione giuridica operata dai giudici cantonali sono manifestamente privi di possibilità di esito favorevole. 
 
Egli sostiene che il patto in esame era in realtà un precontratto di compravendita. Non spiega tuttavia quale sarebbe, a suo modo di vedere, la differenza fra questo negozio e il contratto preliminare di compravendita, rispettivamente la promessa di compravendita. In realtà, quale che sia la denominazione scelta si tratta sempre di un precontratto avente per oggetto una compravendita immobiliare (cfr. Pierre Tercier, Les contrats spéciaux, 3a ed., Friborgo 2002, n. 954). 
 
Nella misura in cui assevera che l'atto in questione contemplava essenzialmente una promessa unilaterale di vendita e non una promessa bilaterale di acquisto e di vendita, il convenuto propone un argomento che si scontra, da un lato, con la chiara lettera del contratto - nel quale viene esplicitamente menzionato l'impegno degli attori ad acquistare il fondo in ragione di metà ciascuno - e, dall'altro, con un ulteriore passo della sua motivazione ricorsuale, laddove precisa che nel precontratto gli attori, "futuri acquirenti", si erano obbligati al versamento di fr. 85'000.-- nonché al "mantenimento del proprio impegno all'acquisto dell'immobile". 
 
Il convenuto non ha miglior successo quando sostiene che l'"Anzahlungsvertrag" non mirava a regolare tutti i punti essenziali in vista del trapasso di proprietà - e ad assurgere quindi a contratto di promessa di compravendita - bensì aveva il solo e unico scopo di garantire la riserva della proprietà in favore degli acquirenti interessati, tutelando nel contempo il venditore da una rinuncia all'acquisto. Nell'accordo da lui sottoscritto sono stati infatti chiaramente definiti gli elementi oggettivamente essenziali dell'auspicata compravendita immobiliare (Pierre Tercier, op. cit., n. 967 segg.). Se la volontà delle parti fosse davvero stata quella di garantire unicamente la riserva della proprietà in favore degli attori, tutelando nel contempo il venditore da una rinuncia all'acquisto, esse avrebbero pattuito un diritto di compera, come pertinentemente fatto osservare anche dagli attori in risposta. Che questa non fosse, in ogni caso, la volontà del convenuto emerge dal fatto che - stando a quanto accertato in maniera vincolante nella sentenza impugnata - egli ha rifiutato una proposta in tal senso formulata dagli attori, insistendo per l'attuazione del precontratto del 3 ottobre 2001. 
Di nessun giovamento è infine il richiamo alla cosiddetta arrha pacto imperfecto dato - che consiste nel versamento di un importo volto a garantire la futura stipulazione del contratto pattuita in un precontratto - dato che, per essere valida, la stipulazione di una simile garanzia deve avvenire nella medesima forma prevista per il contratto principale (Gauch/Schluep/Schmid/Rey, Schweizerisches Obligationenrecht - Allgemeiner teil, 8a ed., Zurigo/Basilea/Ginevra 2003, n. 4081), in concreto quindi quella dell'atto pubblico, che non è stata ossequiata. 
4.5 Alla luce di tutto quanto esposto, la qualificazione giuridica dell'accordo 3 ottobre 2001 operata dai giudici ticinesi resiste alla critica. 
Si tratta di un contratto preliminare (o precontratto o promessa) di compravendita immobiliare mediante il quale le parti hanno assunto l'impegno di stipulare ulteriormente un contratto di compravendita immobiliare nella forma dell'atto pubblico (Art. 22 cpv. 1 CO). Dato che ciò non è avvenuto, non è possibile ritenere che l'accordo stipulato il 3 ottobre 2001 sia stato adempiuto (Gauch/Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 1082 seg.; Pierre Tercier, op. cit., n. 954). Questa conclusione è rafforzata dalla giurisprudenza secondo cui qualora - come nel caso in rassegna - il precontratto contempli già gli elementi essenziali del contratto principale esso va assimilato a quest'ultimo, di modo che una promessa di compravendita va considerata come una compravendita nel caso in cui questa debba venire conclusa alle stesse condizioni indicate nel precontratto (DTF 129 III 64 consid. 3.2.1; 118 II 32 consid. 3b e 3c). Nella fattispecie in rassegna il convenuto non ha proceduto al trapasso di proprietà e gli attori hanno pagato solo un decimo del prezzo pattuito, non si può pertanto sostenere che il contratto sia stato adempiuto nei suoi punti essenziali (cfr. DTF 115 II 28 consid. 2 non pubblicato). 
4.6 In assenza del requisito dell'adempimento del (pre)contratto, l'esame dell'ulteriore condizione necessaria cumulativamente per poter ammettere l'abuso di diritto - ovvero la consapevolezza degli attori circa il vizio di forma - si avvera superfluo. 
 
Tutti gli argomenti formulati a questo riguardo, sia quelli concernenti la rilevanza del momento in cui gli attori sarebbero giunti a tale consapevolezza sia quelli tendenti al rinvio della causa per completamento degli accertamenti di fatto, vengono pertanto tralasciati. 
4.7 Ne discende che, in quanto rivolto contro la decisione di negare l'esistenza di un abuso di diritto che impedirebbe agli attori di prevalersi della nullità dell'accordo 3 ottobre 2001 per vizio di forma, il ricorso è infondato. 
 
Così come stabilito nella sentenza impugnata, agli attori può dunque essere riconosciuta la facoltà di chiedere la restituzione dell'importo versato quale acconto invocando l'indebito arricchimento, trattandosi di una prestazione effettuata senza valida causa (art. 62 cpv. 2 CO; cfr. Gauch/Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 1482). 
5. 
La Corte ticinese non ha comunque concesso loro il diritto al rimborso dell'intero importo. Gli argomenti addotti dal convenuto per giustificare l'abuso di diritto nell'invocare il vizio di forma sono stati infatti presi in considerazione dai giudici cantonali nel quadro dell'esame di un'eventuale responsabilità precontrattuale degli attori, per culpa in contrahendo, responsabilità che - tenuto conto delle circostanze in cui essi hanno interrotto le trattative contrattuali - è stata ammessa, con conseguente riduzione della somma a loro dovuta a fr. 73'695.90, oltre interessi al 5% dal 7 gennaio 2002. 
5.1 Sulla nozione e i principi che reggono la responsabilità per culpa in contrahendo non v'è contestazione (sulla dottrina e giurisprudenza a questo riguardo cfr. sentenza del 29 ottobre 2001 nella causa 4C.152/2001 consid. 3a pubblicata in: SJ 2002 I pag. 164; Gauch/ Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 962a segg.; Luc Thévenoz in: Commentaire romand, Ginevra 2003, n. 19-22 ad Intro art. 97-19 CO e n. 26-27 ad art. 97 CO). 
5.2 Nell'allegato ricorsuale il convenuto critica piuttosto la decisione sul danno risarcibile nel quadro di tale responsabilità. 
 
I giudici del tribunale d'appello hanno ammesso unicamente il risarcimento dell'interesse negativo, vale a dire del danno che il convenuto ha dimostrato di avere subito a causa delle trattative intraprese con gli attori. La possibilità di ammettere, eccezionalmente, il risarcimento dell'interesse positivo è stata invece negata, non essendo le parti giunte a concludere il contratto prospettato. 
 
Il convenuto rimprovera alla Corte cantonale di aver omesso di tenere nella debita considerazione il fatto che, durante il periodo in cui era in trattative con gli attori, egli ha perso l'occasione di concludere la vendita con altre persone interessate. Assevera inoltre che la fattispecie in esame rientrerebbe fra quelle suscettibili di giustificare la rifusione dell'interesse positivo, dato che la mancata conclusione del contratto va ricondotta all'invocazione del vizio di forma. 
 
Ambedue gli argomenti sono votati all'insuccesso. 
5.2.1 Pur senza riepilogare nel dettaglio i principi che reggono la responsabilità precontrattuale, che come detto non sono di per sé contestati, vale la pena di sottolineare che - come peraltro ben indicato nella pronunzia impugnata - l'avvio di trattazioni contrattuali non obbliga, di principio, le parti a concludere un contratto. Ciascuna di esse ha il diritto di metter fine alle trattative senza dare spiegazioni. La possibilità di imputare a una parte una responsabilità precontrattuale (per culpa in contrahendo) a causa della fine dei negoziati ha dunque carattere eccezionale (cfr. sentenza del 29 ottobre 2001 nella causa 4C.152/2001 consid. 3a pubblicata in: SJ 2002 I pag. 164). 
 
In simili casi, il Tribunale federale riconosce di regola solo il rimborso dell'interesse negativo (DTF 105 II 75 consid. 3 pag. 81; sentenza del 3 febbraio 2003 nella causa 4C.320/2002 consid. 4.2; Gauch/Schluep/ Schmid/Rey, op. cit., n. 966; Luc Thévenoz, op. cit., n. 28 e 35 ad art. 97 CO), ovverosia delle spese affrontate in vista della conclusione e dell'adempimento del contratto che non è poi stato concluso. In altre parole, la parte danneggiata dev'essere posta nella situazione in cui si troverebbe qualora le trattative non fossero mai avvenute (sulla nozione d'interesse negativo cfr. in particolare Gauch/Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 2724). 
5.2.2 L'interesse negativo può effettivamente includere anche il mancato guadagno. Non di quello che sarebbe intervenuto se il contratto fosse stato regolarmente concluso e adempiuto - perché allora si tratterebbe di interesse positivo (Gauch/Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 2723) - bensì, ad esempio, di quello che il danneggiato avrebbe realizzato mediante la conclusione del contratto con un terzo, cui ha rinunciato a causa delle trattative in corso (Gauch/Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 2729; Luc Thévenoz, op. cit., n. 36 ad art. 97 CO). 
 
Dinanzi al Tribunale federale il convenuto accenna a una simile eventualità, senza tuttavia pretendere di aver rinunciato ad un'opportunità concreta di vendere l'immobile a un terzo né tantomeno indicare l'ammontare del guadagno che avrebbe perso. Dalla sentenza impugnata non risulta d'altro canto ch'egli abbia mai avanzato alcuna pretesa a questo titolo. 
 
Questo argomento si confonde invero con quello già formulato in relazione all'asserito adempimento del precontratto, laddove la Corte cantonale è stata rimproverata per non aver considerato il fatto che il convenuto aveva tenuto la casa a disposizione degli attori, sospendendo le visite di altri potenziali acquirenti. Si tratta di un'affermazione errata. Come verrà meglio esposto in seguito, la Corte cantonale non ha tenuto conto di tale circostanza nel modo auspicato dal convenuto, ma l'ha comunque giudicata rilevante nel quadro della valutazione del danno subito dal convenuto per la mancata locazione della casa. 
5.2.3 La dottrina menziona la possibilità di concedere - in via del tutto eccezionale - la rifusione dell'interesse positivo qualora la legge contempli tale eventualità per ragioni di equità (art. 26 cpv. 2 e 39 cpv. 2 CO; cfr. Gauch/Schluep/Schmid/Rey, op. cit., n. 966), che in concreto non sono ravvisabili e il convenuto non allega. 
 
Egli cita delle referenze dottrinali che non sono però pertinenti e quindi di nessuna utilità alla sua causa. Luc Thévenoz (op. cit., n. 35 ad art. 97 CO) evoca infatti il caso dell'impossibilità iniziale dell'esecuzione del contratto per colpa di uno dei contraenti - che in concreto non si è verificato, né il convenuto pretende il contrario - mentre gli altri due contributi fanno riferimento a una sentenza del Tribunale federale concernente la responsabilità fondata sulla fiducia (sentenza del 7 gennaio 1999 nella causa 4C.299/1998 consid. 3, pubblicata in: ZBGR 80/1999 pag. 387 e SJ 2000 I pag. 533), riferita a una fattispecie nella quale il contratto nullo per vizio di forma era già stato adempiuto nei suoi punti essenziali, ciò che non è accaduto nel caso in rassegna. 
5.2.4 Ne discende che ammettendo unicamente il diritto al risarcimento dell'interesse negativo la Corte cantonale ha deciso conformemente al diritto federale. 
5.3 Si può ora passare all'esame del giudizio sulle singole poste di danno, tenendo ben presente che la questione di sapere in quale misura il convenuto sia stato danneggiato dall'interruzione delle trattative attiene alla valutazione dei fatti - di regola insindacabile nella giurisdizione per riforma (cfr. quanto esposto al consid. 2) - e all'apprezzamento delle circostanze rilevanti da parte del giudice, che il Tribunale federale riesamina con riserbo (cfr. DTF 105 II 75 consid. 3 pag. 81 seg.). 
5.3.1 Stando a quanto indicato nella pronunzia impugnata, il convenuto ha fatto valere i seguenti danni, per un importo complessivo di fr. 82'835.45: fr. 21'000.-- per mancata locazione; fr. 18'179.64 quali oneri ipotecari e spese bancarie; fr. 6'572.90 per spese di mutuo; fr. 15'525.10 per spese legali; fr. 4'262.50 per inserzioni; fr. 8'600.-- per spese di trasferta. 
 
La Corte cantonale ha ammesso solo fr. 11'304.10, composti di fr. 10'500.--, corrispondenti alla metà delle pigioni non incassate durante 7 mesi, e fr. 804.10 per le spese legali sostenute dal convenuto allo scopo di ottenere lo sfratto degli inquilini entro la fine di gennaio 2002, come auspicato dagli attori. Nella sentenza impugnata il convenuto è stato pertanto condannato a restituire fr. 73'695.90, con interessi moratori del 5% dal 7 gennaio 2002, momento in cui gli attori hanno preteso la riconsegna dell'acconto. 
5.3.2 Il convenuto contesta questa decisione. Consapevole del fatto che la Corte ticinese ha basato buona parte del suo giudizio sull'apprezzamento delle prove e l'accertamento dei fatti, di principio vincolanti per il Tribunale federale nella giurisdizione di riforma (cfr. consid. 2), egli - pur dichiarando di averli abbondanzialmente contestati nel parallelo ricorso di diritto pubblico - si richiama ripetutamente all'art. 63 cpv. 2 OG e rimprovera alla Corte cantonale di essere incorsa in una svista manifesta. 
 
Come verrà meglio esposto nei seguenti considerandi, la censura è pretestuosa. Per giurisprudenza invalsa, una svista manifesta ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 OG si verifica infatti qualora l'autorità cantonale abbia ignorato, mal letto oppure ricopiato in modo inesatto o incompleto un documento (DTF 115 II 399 consid. 2a, cfr. anche sentenza del 5 dicembre 1995 nella causa 4C.149/1995 consid. 3 pubblicata in SJ 1996 pag. 353 segg.). Ciò si verifica, ad esempio, quando l'esame di un documento agli atti, ma ignorato dai giudici cantonali, rivela un errore evidente nell'accertamento dei fatti. A tal proposito è indispensabile precisare che la mancata menzione di un documento nel quadro dell'apprezzamento delle prove non permette ancora di concludere per l'esistenza di una svista manifesta: dalle tavole processuali deve risultare evidente che l'autorità non ha preso conoscenza di tale documento. La svista manifesta non va infatti confusa con l'apprezzamento delle prove: non appena sia chiaro che un accertamento di fatto, anche se sbagliato, trae origine dall'apprezzamento probatorio eseguito dai giudici cantonali, la possibilità di invocare una svista manifesta viene a cadere (DTF 116 II 305 consid. 2c/cc in fine). 
5.3.2.1 Il convenuto asserisce che il mancato introito delle pigioni tra giugno e luglio 2002 andrebbe interamente imputato agli attori che, vincolando in corso di trattative la loro disponibilità ad acquistare alla liberazione della casa da parte degli inquilini e rinunciando in extremis - posteriormente all'inoltro della disdetta - alla compravendita, lo hanno privato di un guadagno sicuro. L'assunto dei giudici ticinesi secondo cui, al momento della notifica della disdetta, intervenuta il 28 settembre 2001, gli attori "pur avendo manifestato interesse all'acquisto, a condizione che la casa fosse libera da inquilini, [...] non avevano preso alcun impegno in merito, né peraltro ciò è stato sostenuto" sarebbe - sempre a mente del convenuto - oltre che frutto di un apprezzamento arbitrario delle circostanze anche contraddittorio e quindi costitutivo di una svista manifesta ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 OG, posto come lo stesso tribunale d'appello abbia accertato che l'interesse all'acquisto era condizionato alla disponibilità della casa. Dati i termini di disdetta, questa condizione poteva unicamente avverarsi con la tempestiva notifica. L'esistenza di un rapporto di causalità fra il comportamento degli attori e il danno patito sarebbe innegabile e la svista dell'autorità giudiziaria cantonale andrebbe corretta. Sia come sia, prosegue il convenuto, la questione di sapere in quale misura gli attori fossero vincolati al momento della disdetta sarebbe irrilevante, poiché in ogni caso anche nei mesi seguenti essi hanno sempre posto quale condizione per l'acquisto e l'effettivo trapasso di proprietà che la casa fosse libera da ogni contratto di locazione. 
 
Gli argomenti del convenuto sono manifestamente infondati. Innanzitutto l'accertamento secondo cui il 28 settembre 2001, quando hanno manifestato il loro interesse all'acquisto, gli attori non avevano ancora formalizzato nessun accordo vincolante con il convenuto, non è riconducibile ad una svista manifesta ai sensi dell'art. 63 cpv. 2 OG. Il convenuto non indica d'altro canto nessun atto suscettibile di fornire la dimostrazione inequivocabile del contrario. La decisione di disdire immediatamente il rapporto di locazione per ossequiare i termini di disdetta è stata dunque da lui adottata in maniera autonoma, allo scopo di favorire la concretizzazione dell'affare con gli attori. Ne discende che la conclusione circa l'assenza di un nesso di causalità fra la culpa in contrahendo e il danno derivante dalla disdetta merita di essere condivisa. 
 
Occorre poi, finalmente, sottolineare come, nel prosieguo della valutazione della pretesa di rimborso delle pigioni, la Corte ticinese abbia tenuto conto dell'atteggiamento assunto dagli attori. I giudici cantonali hanno in particolare evidenziato che la liberazione effettiva della casa - mediante sfratto degli inquilini - è stata attuata per poter consegnare agli attori la casa libera, con la conseguenza che l'immobile è poi stato vuoto a causa della loro rinuncia. In queste circostanze hanno ritenuto di non poter far sopportare gli effetti della disdetta interamente al proprietario. Hanno inoltre tenuto conto del fatto che durante i tre mesi di trattative gli attori hanno ottenuto che il convenuto si astenesse dall'offrire l'immobile a terzi. D'altro canto, però - hanno proseguito i giudici ticinesi - il convenuto era consapevole della nullità del contratto preliminare e dei rischi connessi, vale a dire che controparte si ritirasse dalle trattative senza poter pretendere alcunché sulla scorta del contratto preliminare. Infine è stato rilevato che l'immediata disponibilità dell'immobile ha sicuramente facilitato la vendita. Ponderati tutti questi fattori, i giudici cantonali hanno reputato equo obbligare gli attori a rifondere a controparte la metà dei canoni di locazione andati persi fino alla vendita effettiva dell'immobile, vale a dire fr. 10'500.--. 
 
Le motivazioni poste a fondamento del giudizio impugnato sono pertinenti e, contrariamente a quanto sembra sostenere il convenuto, non è certo possibile affermare che la Corte ticinese - la quale, giovi rammentarlo, in questo ambito fruisce di un ampio potere di apprezzamento (cfr. quanto esposto al consid. 4.3) - abbia tenuto conto di fatti che nel caso particolare non avevano importanza alcuna rispettivamente abbia trascurato elementi che avrebbero dovuto essere presi in considerazione. La conclusione del Tribunale d'appello non sfocia infine in un risultato manifestamente ingiusto o in un'iniquità scioccante (DTF 121 III 64 consid. 3c con rinvii), sicché può venir senz'altro confermata. 
5.3.2.2 Il convenuto contesta anche la decisione di rifiutare il rimborso degli oneri ipotecari e delle spese bancarie, di fr. 18'179.64, susseguenti alla rinuncia degli attori di acquistare il fondo. 
 
Egli individua il nesso di causalità fra le trattative intrattenute con gli attori e tali oneri e spese nel fatto che, durante questo periodo avrebbe potuto offrire in vendita la villa a terze persone, liberandosi in tal modo di ogni ulteriore onere ipotecario. 
 
Anche questa censura è pretestuosa. Innanzitutto non si vede come il solo fatto di offrire la villa a terzi avrebbe consentito all'attore di liberarsi degli oneri ipotecari. Sia come sia, la Corte cantonale ne ha rifiutato la rifusione perché esulano dal concetto di interesse negativo. A ragione. Il convenuto aveva affrontato queste spese perché nel precontratto le parti avevano pattuito che il trapasso sarebbe avvenuto libero da ogni diritto di pegno (art. 64 cpv. 2 OG); esse rientrano pertanto nell'interesse positivo - giacché intese a porre il convenuto nella situazione in cui si troverebbe se il contratto fosse regolarmente adempiuto - e non sono risarcibili. 
5.3.2.3 La rifusione delle spese legali sostenute dal convenuto, per un importo complessivo di fr. 15'525.10, è stata ammessa limitatamente a fr. 804.10, pari a quelle sopportate per ottenere lo sfratto degli attori. 
 
Il rimborso delle altre due fatture dell'avv. D.________, una di fr. 4'890.-- dell'8 maggio 2002 e un'altra di fr. 9'831.-- del 24 settembre 2002 - ambedue contestate dagli attori - è stato invece rifiutato. La Corte ticinese ha infatti stabilito che la congruità di tali note non è stata provata, né tantomeno è stato possibile determinare in quale misura esse potessero essere riferite a spese affrontate in vista della stipulazione del contratto di compravendita. Ma non solo. La fattura del 24 settembre 2002 riguarda prestazioni successive alla rinuncia degli attori e comprende in particolare tutta l'attività svolta per la vendita dell'immobile a terzi, sicché non può essere considerata quale spesa affrontata in vista del contratto con gli attori, poi andato a monte. Per quanto riguarda invece l'attività del legale relativa al contenzioso sorto fra le parti, il convenuto neppure ha preteso che la relativa spesa costituirebbe un danno preprocessuale non coperto dalle ripetibili. Con riferimento alla fattura 8 maggio 2002 i giudici cantonali hanno infine osservato come la stessa - a prescindere dal fatto che includeva pure la stipulazione dell'"Anzahlungsvertrag", rivelatosi nullo e all'origine del contenzioso - fosse comprensiva dell'assistenza fornita nell'ambito delle relazioni con terzi interessati e hanno stabilito che non era comunque possibile determinare l'entità delle prestazioni relative al contratto non andato in porto. La Corte ha quindi concluso per la reiezione della pretesa, senza dover esaminare se e in che misura si trattasse di un danno risarcibile. 
Il convenuto è dell'opinione contraria. Egli ritiene che la risarcibilità di tali spese andava ammessa nonostante l'assenza di una perizia sulla legittimità degli importi richiesti, i giudici cantonali essendo in grado di determinarsi sulla misura di tale risarcimento senza l'ausilio di un esperto, in base al loro prudente criterio di apprezzamento e alle loro conoscenze, in analogia a quanto accade in tema di rimborso delle spese legali processuali. 
Tale tesi non può essere seguita. A parte il fatto che nella sentenza impugnata non viene accennato alla necessità di una perizia, la Corte cantonale non è stata chiamata a svolgere la funzione di autorità di vigilanza sulla conformità delle note professionali con la tariffa degli avvocati, che comunque non le compete. Se invece il convenuto intendeva implicitamente richiamarsi all'art. 42 cpv. 2 CO - giusta il quale "Il danno di cui non può essere provato il preciso importo, è stabilito dal prudente criterio del giudice avuto riguardo all'ordinario andamento delle cose [...]" - si osserva che l'applicazione di questa norma presuppone l'impossibilità di fornire la prova precisa dell'ammontare del danno, impossibilità che non può evidentemente essere ammessa nel caso della parcella di un legale e non dispensa la parte che postula il risarcimento dall'indicare tutti gli elementi che concorrono a dimostrare l'esistenza di un pregiudizio e permettono di stimarne l'ammontare (DTF 128 III 271 consid. 2b/aa pag. 276 seg.). 
Per quanto concerne infine l'asserita svista commessa dalla Corte cantonale, la quale avrebbe erroneamente ritenuto che la fattura 8 maggio 2002 includeva l'assistenza fornita nel quadro delle relazioni del venditore con terzi interessati, il convenuto nemmeno spiega in che modo questa circostanza influirebbe sull'esito del giudizio (cfr. Bernard Corboz, Le recours en réforme au Tribunal fédéral, in: SJ 2000 II pag. 66). Egli tace d'altro canto il fatto che i giudici cantonali hanno respinto la domanda di risarcimento della predetta nota perché non era possibile scindere le prestazioni relative al contratto non andato in porto dalle altre, questione che attiene all'apprezzamento delle prove e sfugge pertanto all'esame del Tribunale federale nel quadro del presente giudizio (cfr. quanto esposto al consid. 2). 
5.3.2.4 Da ultimo il convenuto si aggrava contro la decisione di non concedergli la rifusione delle spese per le inserzioni fatte dopo la rinuncia degli attori, di fr. 4'262.50, e di quelle concernenti le trasferte dal suo domicilio in Svizzera, di fr. 8'600.--. 
 
Si tratta di critiche inammissibili. A prescindere dalla questione della risarcibilità di tali pretese, la Corte ticinese ne ha infatti rifiutato il rimborso perché, in ogni caso, il convenuto non le ha dimostrate. 
5.4 In conclusione, la decisione del Tribunale d'appello di limitare a fr. 11'304.10 il danno risarcibile al convenuto non viola il diritto federale. 
6. 
Da tutto quanto esposto discende la reiezione del ricorso per riforma nella misura in cui è ammissibile. 
Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG). 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso per riforma è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 4'500.-- è posta a carico del convenuto, il quale rifonderà agli attori fr. 5'500.-- per ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 10 maggio 2006 
In nome della I Corte civile 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: La cancelliera: