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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1P.786/2003 /col 
 
Sentenza del 27 maggio 2004 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale, 
Reeb, Eusebio, 
cancelliere Gadoni. 
 
Parti 
A.________, 
B.________, 
C.________, 
ricorrenti, 
patrocinati dall'avv. Milo Caroni, 
 
contro 
 
Municipio di Ascona, 6612 Ascona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
licenza edilizia e ordine di demolizione, 
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata 
il 24 novembre 2003 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
A.________, B.________ e C.________ sono comproprietari ad Ascona, nella zona del nucleo tradizionale, del fondo part. n. xxx, su cui sorge una casa d'abitazione con tetto a falde. Senza chiedere né ottenere un'autorizzazione, essi hanno realizzato nella falda sud del tetto una terrazza di 5,30 m per 3,10 m. Il Municipio di Ascona, preso atto dell'intervento edilizio in seguito a un accertamento dell'Ufficio tecnico comunale, ha ingiunto il 27 marzo 2002 ai proprietari di presentare una domanda di costruzione in sanatoria. La domanda, trattata secondo la procedura della notifica e acquisito il preavviso negativo della Commissione comunale del nucleo, è stata respinta il 18 settembre 2002 dal Municipio, che ha nel contempo ordinato agli istanti di ripristinare la situazione precedente. Adito dai proprietari, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha ritenuto che l'intervento non era di importanza secondaria e non poteva quindi beneficiare della procedura semplificata della notifica; ha di conseguenza annullato il 20 novembre 2002 la risoluzione municipale e rinviato gli atti all'autorità comunale per una nuova decisione, da prendere nell'ambito della procedura edilizia ordinaria. 
B. 
Il 17 marzo 2003 i proprietari hanno quindi presentato una nuova domanda di costruzione in sanatoria per la formazione della terrazza. Considerato il preavviso negativo dell'autorità cantonale, che ha ritenuto la terrazza estranea alle caratteristiche tipologiche del nucleo e alterante il sito pittoresco, il Municipio ha nuovamente negato il 16 maggio 2003 la licenza edilizia e imposto ai proprietari di ripristinare il tetto nel suo stato originario. Il Consiglio di Stato, di nuovo adito dagli istanti, ha confermato, con decisione del 26 agosto 2003, sia il diniego della licenza edilizia sia l'ordine di ripristino. 
C. 
Il Tribunale cantonale amministrativo ha respinto, con sentenza del 24 novembre 2003, un ricorso degli istanti contro la risoluzione governativa. Ha innanzitutto ritenuto superflue le prove indicate dalla ricorrente, e non le ha quindi assunte, statuendo sulla base degli atti. Ha quindi rilevato che il mancato esperimento da parte del Municipio di un tentativo di conciliazione, comunque facoltativo, non aveva impedito agli istanti di fare valere i loro diritti dinanzi all'autorità di ricorso. La Corte cantonale ha altresì negato che il Governo avesse concretamente limitato all'arbitrio il suo potere cognitivo e ha ritenuto che il mancato esame di una censura, considerata manifestamente infondata, né violava l'obbligo di motivazione né comportava l'annullamento della decisione governativa. Nel merito, l'ultima istanza cantonale ha ritenuto che l'intervento edilizio alterava il sito pittoresco del nucleo di Ascona poiché non vi si inseriva armoniosamente e non rispettava le norme comunali di attuazione del piano particolareggiato del nucleo tradizionale. Ha infine considerato l'ordine di ripristino, anche in considerazione della malafede dei ricorrenti, rispettoso del principio di proporzionalità. 
D. 
A.________, B.________ e C.________ impugnano con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale questo giudizio, chiedendo di annullarlo. Fanno valere una violazione degli art. 6 n. 1 CEDU, 26 e 9 Cost. Dei motivi si dirà, per quanto necessario, nei considerandi. 
La Corte cantonale si riconferma nella sua sentenza. Il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale, mentre il Municipio di Ascona chiede di confermare la sentenza impugnata. 
Con un decreto del 28 gennaio 2004 il giudice presidente della I Corte di diritto pubblico ha accolto la domanda di effetto sospensivo contenuta nel gravame. 
E. 
I ricorrenti, così ammessi, hanno presentato il 3 marzo 2004 un allegato di replica, in cui rilevano che, con decisione del 27 gennaio 2004, il Consiglio di Stato ha autorizzato un cambiamento di destinazione di un tetto piano in terrazza praticabile dalle camere dell'albergo ubicato sul fondo confinante, pure di loro proprietà. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 129 I 337 consid. 1 e rinvii). 
1.1 Interposto tempestivamente contro una decisione finale di ultima istanza cantonale e fondato essenzialmente su una pretesa violazione dei diritti costituzionali dei cittadini, il ricorso di diritto pubblico è di massima ammissibile secondo gli art. 84 cpv. 1 lett. a, 86 cpv. 1, 87 e 89 cpv. 1 OG. 
1.2 I ricorrenti, proprietari del fondo oggetto dell'intervento edilizio, sono toccati nei loro interessi giuridicamente protetti dalla decisione impugnata, che nega loro la licenza edilizia per regolarizzare la terrazza e impone il ripristino della situazione precedente: la loro legittimazione a ricorrere è quindi di principio data (art. 88 OG; DTF 126 I 43 consid. 1a, 81 consid. 3b). Quali parti nella procedura cantonale, i ricorrenti sono legittimati a fare valere una pretesa violazione di garanzie procedurali (DTF 129 I 337 consid. 1.3 e rinvii). 
2. 
I ricorrenti fanno valere una violazione dell'art. 6 n. 1 CEDU, rimproverando alla Corte cantonale di avere a torto limitato all'arbitrio il proprio potere di cognizione. Sostengono ch'essa - disattendendo anche gli art. 61 e 62 della legge cantonale di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966 (LPamm) - non avrebbe accertato correttamente la fattispecie, omettendo in particolare di considerare la presenza di numerosi tetti piatti nel comprensorio del nucleo. 
2.1 Secondo l'art. 6 n. 1 CEDU, ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza davanti a un tribunale indipendente e imparziale costituito per legge, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri di carattere civile. I ricorrenti ritengono, a ragione, che questa garanzia si applichi anche alla fattispecie: in effetti, il diniego della licenza edilizia e l'ordine di ripristino hanno conseguenze dirette sull'esercizio dei loro diritti di proprietà e riguardano quindi "diritti di carattere civile" (DTF 127 I 44 consid. 2a e rinvii, 117 Ia 522 consid. 3c/bb). L'art. 6 n. 1 CEDU esige quindi che i ricorrenti siano giudicati da un tribunale indipendente e imparziale, ciò che è di certo adempiuto mediante la facoltà di ricorso al Tribunale cantonale amministrativo, purché quest'ultimo abbia pieno potere cognitivo riguardo alle questioni di fatto e di diritto. In quest'ambito, la norma convenzionale non impone, per contro, un controllo dell'adeguatezza della decisione impugnata (DTF 120 Ia 19 consid. 4c, 119 Ia 321 consid. 6a/cc, 117 Ia 497 consid. 2e). 
2.2 La Corte cantonale ha esposto diffusamente la nozione di alterazione di sito pittoresco secondo il decreto legislativo sulla protezione delle bellezze naturali e del paesaggio, del 16 gennaio 1940 (DLBN), e il suo regolamento di applicazione (RBN). Ha quindi accertato che il nucleo di Ascona costituisce un sito pittoresco soggetto ai vincoli di protezione, segnatamente al divieto di alterazione. Ha poi condiviso le valutazioni operate dalle istanze inferiori, rilevando che lo squarcio nel tetto, di 5,30 m per 3,10 m, non si integrava convenientemente nel contesto delle costruzioni del nucleo, costituendo un elemento suscettibile di modificare in modo percettibile il carattere del sito pittoresco e gli armoniosi equilibri delle sue componenti, in modo particolare se visti dalla collina o dagli edifici circostanti. I Giudici cantonali hanno ritenuto che l'effetto dell'apertura sul tetto, provocata dalla terrazza, era chiaramente documentato dalla fotografia aerea agli atti e hanno considerato irrilevante l'ubicazione dell'edificio al margine del nucleo, ritenuto che la protezione si estendeva all'intero sito. Né era determinante il fatto che la terrazza fosse visibile solo dalla collina, siccome l'armoniosa modulazione delle falde dei tetti del nucleo era tutelata nel suo insieme in quanto percepibile dall'alto. Pure la circostanza secondo cui tale componente architettonica non veniva notevolmente alterata dall'intervento edilizio e quella secondo cui, prima dell'entrata in vigore del piano regolatore, nel nucleo erano stati realizzati alcuni tetti piani ad uso terrazza, non erano determinanti, decisivo essendo il fatto che lo squarcio nel tetto a falde era unico nel comparto territoriale interessato e non vi si inseriva armoniosamente: le coperture degli edifici, costituite in massima parte da tetti a falde, configuravano nel loro insieme un elemento urbanistico omogeneo, in cui l'inserimento della terrazza risultava estraneo alle tipologia delle costruzioni esistenti. La Corte cantonale ha inoltre ritenuto che, sia tenendo conto della latitudine di giudizio dell'autorità comunale nell'interpretazione del proprio diritto, sia esaminando la fattispecie con pieno potere cognitivo, il Municipio poteva ritenere il manufatto in contrasto con l'art. 17 delle norme di attuazione del piano particolareggiato del nucleo tradizionale (NAPRNT), che per tetti e sottotetti esige coperture che concorrono a creare un'immagine di unitarietà di forme e di materiali. 
Risulta quindi dalle esposte argomentazioni che la Corte cantonale non ha limitato all'arbitrio la propria cognizione, ma ha statuito liberamente sulla fattispecie, conformemente agli art. 61 e 62 LPamm, esaminando in modo esteso sia l'accertamento dei fatti sia l'applicazione del diritto. La causa comportava del resto la concretizzazione di nozioni giuridiche indeterminate e l'esercizio del potere di apprezzamento, ciò che consentiva ai Giudici cantonali di tenere conto di una certa latitudine di giudizio delle autorità inferiori (cfr. art. 61 cpv. 2 LPamm). Il fatto poi che nell'applicazione delle norme edilizie comunali viene riconosciuto al Comune un margine di valutazione e di apprezzamento, che gli compete in virtù della sua autonomia e che è assai ampio in questo campo, non contrasta con l'art. 6 n. 1 CEDU (DTF 117 Ia 497 consid. 2e, 103 Ia 468 consid. 2; sentenza 1P.593/1996 del 27 febbraio 1997 consid. 4, parzialmente pubblicata in RDAT II-1997, n. 21, pag. 62 seg.). Nelle esposte circostanze, ricordato che gli art. 29a, 191b e 191c Cost. accennati dai ricorrenti non sono tuttora in vigore (cfr. RU 2002, pag. 3147 segg.), la Corte cantonale non ha quindi disatteso l'invocata garanzia convenzionale. 
2.3 I ricorrenti non sostengono esplicitamente che la Corte cantonale avrebbe accertato in modo arbitrario le dimensioni e le caratteristiche del terrazzo, come pure la tipologia prevalente delle coperture degli edifici più vicini, ma insistono sulla mancata assunzione di altri mezzi probatori, segnatamente del sopralluogo, che avrebbero consentito di constatare la presenza di numerosi tetti piani nella zona del nucleo. Ora, i Giudici cantonali non hanno negato l'esistenza nel nucleo di altri tetti piani ad uso terrazza, ma hanno ritenuto irrilevante tale circostanza, determinanti essendo le caratteristiche del manufatto controverso e il suo mancato inserimento armonioso nel contesto delle coperture, a falde e sostanzialmente omogenee, che caratterizzano gli edifici immediatamente circostanti. A giusta ragione la precedente istanza ha quindi rilevato che la situazione dei luoghi e dell'oggetto litigioso emergeva con sufficiente chiarezza dai piani e dalla fotografia aerea, che permettono di valutare adeguatamente dal profilo dell'estetica l'inserimento dell'opera in relazione ai tetti a falde vicini. La Corte cantonale, che poteva di principio procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste se era convinta ch'esse non avrebbero potuto condurla a modificare la sua opinione, non ha pertanto violato né il diritto di essere sentiti dei ricorrenti, né il divieto dell'arbitrio rinunciando all'esperimento di un sopralluogo o all'assunzione di altre prove (DTF 124 I 208 consid. 4a, 122 II 464 consid. 4a). La possibilità di un apprezzamento anticipato delle prove è rispettosa anche dell'art. 6 n. 1 CEDU, che a questo proposito non conferisce garanzie più estese rispetto a quelle sancite dalla Costituzione (DTF 122 V 157 consid. 2b e riferimenti). 
2.4 D'altra parte, a prescindere dal fatto che i ricorrenti non fanno valere, perlomeno con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e alla giurisprudenza (DTF 129 I 113 consid. 2.1, 127 I 38 consid. 3c e rinvii), una violazione del principio della parità di trattamento, la sola presenza di taluni edifici con il tetto piano nel comprensorio del nucleo non permette di concludere che l'autorità ha trattato, senza motivi oggettivi, in modo diverso casi analoghi (cfr., sul principio, DTF 125 I 173 e rinvii). Nella fattispecie si tratta del resto della formazione di una nuova terrazza, di dimensioni non irrilevanti, mediante un'apertura in un tetto a falde, di modo che neppure il richiamo - fatto in sede di replica - della decisione governativa del 27 gennaio 2004, riguardante il cambiamento di destinazione in terrazzo di un tetto piano esistente sul fondo adiacente, è pertinente. Tanto più che, in quest'ultimo caso, il Governo ha ritenuto la copertura piana comunque in contrasto con le norme di piano regolatore relative al nucleo tradizionale e ha esaminato quindi l'intervento edilizio specificamente sotto il profilo dell'art. 39 del regolamento di applicazione della legge edilizia, del 9 dicembre 1992. Questa disposizione - che consente di riparare, mantenere e, a determinate condizioni, trasformare edifici ed impianti esistenti in contrasto con il nuovo diritto - non entra qui in discussione. 
3. 
I ricorrenti rimproverano alla Corte cantonale di avere violato la garanzia della proprietà, disattendendo la portata, a loro dire soltanto programmatica, degli art. 3 cpv. 2 lett. c RBN e 17 NAPRNT, applicandoli in contrasto con la situazione di fatto. Ritengono inoltre il diniego della licenza edilizia non sorretto da un sufficiente interesse pubblico e lesivo del principio della proporzionalità. 
3.1 Una restrizione della garanzia della proprietà (art. 26 Cost.) deve fondarsi su una base legale sufficiente, essere giustificata da un interesse pubblico preponderante e rispettare il principio della proporzionalità (art. 36 cpv. 1 a 3 Cost.). Orbene, il divieto di realizzare una terrazza nella falda del tetto non pregiudica in modo rilevante l'attuale utilizzazione dell'immobile e non costituisce quindi, contrariamente all'opinione dei ricorrenti, una limitazione grave della proprietà: il Tribunale federale esamina pertanto dal ristretto profilo dell'arbitrio l'applicazione delle disposizioni cantonali e comunali in discussione (DTF 129 I 337 consid. 3.2 e rinvii, 119 Ia 88 consid. 5c/bb). 
3.2 La protezione delle bellezze naturali e del paesaggio perseguita dal regolamento cantonale comprende in particolare i siti pittoreschi, che costituiscono parti di paesaggio in cui si accentua la bellezza del paese, quali per esempio nuclei urbani e rurali (art. 2 lett. c RBN). Secondo l'art. 3 RBN, i provvedimenti di protezione devono essere adeguati all'importanza dei valori da proteggere (cpv. 1); in linea di principio i siti pittoreschi non devono essere alterati, ogni intervento dovendosi integrare convenientemente ed essendo in particolare vietato compromettere o anche solo modificare in modo apprezzabile il carattere e l'armonia dell'ambiente naturale o antropico in genere (cpv. 2 lett. c). Al fine di conservare ed evidenziare i valori architettonici ed ambientali presenti nel nucleo di Ascona (art. 2 NAPRNT), l'art. 17 NAPRNT prevede che le coperture dei tetti - da realizzare con piani inclinati aventi una determinata pendenza minima - concorrano a creare un'immagine di unitarietà di forme e di materiali. 
Il principio della legalità, che impone tra l'altro una determinatezza sufficiente ed adeguata delle norme legali applicabili, non impedisce al legislatore di utilizzare nozioni generali e indeterminate, che concedono all'autorità da un lato una certa latitudine interpretativa e dall'altro, di fronte ad un caso concreto di applicazione, un margine di apprezzamento che la prassi vieppiù colma. Il grado di determinatezza non può essere stabilito in astratto, ma dipende tra l'altro dalla molteplicità delle fattispecie da regolare, dalla complessità e dalla prevedibilità della decisione da prendere, dalla possibilità di un'adeguata concretizzazione nel singolo caso, dai destinatari della disposizione e dalla gravità della restrizione della garanzia costituzionale. L'indeterminatezza delle norme può, in una certa misura, essere compensata mediante garanzie procedurali e tenendo conto del principio della proporzionalità (DTF 128 I 327 consid. 4.2 pag. 339/340 e rinvii). Ora, nell'ambito della protezione del paesaggio, come nel caso in esame, l'interpretazione di nozioni indeterminate e l'esercizio di un certo potere di apprezzamento sono inevitabili per affrontare, valutare e risolvere adeguatamente la molteplicità dei possibili interventi edilizi di portata diversa e non facilmente prevedibili (cfr. DTF 110 Ia 163 consid. 5 pubblicato in ZBl 86/1985, pag. 323 segg.). Le disposizioni invocate risultano, quindi, tenuto conto del loro campo di applicazione, sufficientemente determinate e suscettibili di essere interpretate in maniera oggettivamente sostenibile nel singolo caso. D'altra parte, la vertenza è stata oggetto di un controllo in fatto e in diritto rispettoso dei diritti procedurali delle parti dinanzi al Governo prima e al Tribunale cantonale amministrativo poi. I ricorrenti si limitano, per il resto, a contrapporre all'interpretazione e alla sussunzione operate dalla Corte cantonale le proprie argomentazioni, insistendo soprattutto sull'esistenza di tetti piani nel comprensorio del nucleo, ciò che in concreto non è tuttavia decisivo. Comunque, premesso che non è ravvisabile arbitrio nella sola circostanza che un'altra soluzione sarebbe immaginabile o addirittura preferibile (DTF 129 I 8 consid. 2.1 e rinvii), la Corte cantonale poteva, sulla base delle risultanze fotografiche e fondandosi su un'interpretazione non manifestamente insostenibile dell'art. 3 cpv. 2 lett. c RBN, in particolare per quanto concerne il concetto di alterazione, nonché dell'art. 17 NAPRNT, ritenere che l'opera litigiosa costituiva uno squarcio nella falda del tetto e non si inseriva armoniosamente nell'omogeneo contesto delle coperture circostanti. 
3.3 I provvedimenti in materia di protezione del paesaggio, volti in concreto a tutelare il nucleo di Ascona, rispondono a un prevalente interesse pubblico (cfr. art. 3 cpv. 2 lett. b e 17 cpv. 1 lett. b e c LPT) e giustificano di principio restrizioni della proprietà (DTF 116 Ia 41 consid. 4d pag. 49). Il fatto che, come sostenuto dai ricorrenti, taluni edifici non rispetterebbero le esigenze in materia di protezione del nucleo, non annulla di per sé l'interesse pubblico a non alterare ulteriormente il sito pittoresco mediante interventi che non vi si inseriscono armoniosamente. D'altra parte, il diniego della licenza per la formazione di una terrazza nella falda del tetto, non impedisce ai proprietari di continuare a utilizzare, come finora, razionalmente la loro abitazione e comporta quindi solo un pregiudizio contenuto. Il provvedimento è di converso idoneo a raggiungere lo scopo di protezione del nucleo e rispetta quindi il principio della proporzionalità (cfr., su questo principio, DTF 129 I 337 consid. 4.2 pag. 345/346 e rinvii). 
3.4 Infine, riguardo all'ordine di ripristino conseguente al mancato rilascio della licenza edilizia volta a regolarizzare il manufatto, i ricorrenti richiamano in sostanza le argomentazioni addotte per contestare il diniego del permesso di costruzione, ma non sostengono che la demolizione comporterebbe particolari problemi tecnici o costi eccessivi - invero non seriamente ravvisabili nella fattispecie - e sarebbe di per sé sproporzionata. Rilevato che il provvedimento persegue chiaramente scopi di interesse pubblico, i ricorrenti non possono nemmeno invocare con possibilità di successo il principio della buona fede. In effetti, contrariamente alla loro opinione, dalla circostanza che il Municipio li avrebbe in precedenza autorizzati a edificare un manufatto con il tetto piano su un fondo vicino, essi non potevano ragionevolmente dedurre che era possibile realizzare senza licenza edilizia la terrazza litigiosa: piuttosto erano tenuti a ritenere che un'autorizzazione doveva essere chiesta (ed ottenuta) anche per questo intervento (cfr. DTF 111 Ib 213 consid. 6). Senza incorrere nell'arbitrio, la Corte cantonale ha quindi negato la buona fede dei ricorrenti. 
4. 
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico dei ricorrenti, in solido. 
3. 
Comunicazione al patrocinatore dei ricorrenti, al Municipio di Ascona, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Losanna, 27 maggio 2004 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: