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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_513/2017  
   
   
 
 
 
Sentenza dell'11 luglio 2017  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Aubry Girardin, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.A.________, 
patrocinata dall'avv. Massimo Quadri, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6500 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Rifiuto del rinnovo del permesso di dimora, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 24 aprile 2017 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
In seguito al suo matrimonio celebrato il 10 ottobre 2008 con B.A.________, cittadino svizzero, A.A.________, cittadina brasiliana, ha ottenuto un permesso di dimora annuale, regolarmente rinnovato, l'ultima volta fino al 4 settembre 2013. Il 29 ottobre 2013 ella ha chiesto il rilascio di un permesso di domicilio, motivo per cui il 24 marzo 2014 è stata interrogata assieme al marito dalla polizia cantonale sulla loro situazione matrimoniale. In tal occasione entrambi i coniugi hanno dichiarato di avere cessato la loro comunione domestica verso la fine del 2011. 
 
B.   
Dopo aver informato A.A.________ del fatto che voleva rivalutare la sua situazione ed averle concesso la facoltà di esprimersi, la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni ha respinto, il 15 ottobre 2014, la sua domanda di rilascio di un permesso di domicilio e, nel contempo, le ha revocato (recte: non le ha rinnovato) il permesso di dimora. A sostegno del proprio giudizio l'autorità di prime cure ha rilevato, in sintesi, che non vi era più comunione domestica, situazione che l'interessata le aveva peraltro sottaciuto, e che questa non lavorava ed era oberata dai debiti. 
 
C.   
Detta decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato il 10 novembre 2015 e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 24 aprile 2017. Osservato che oggetto di disamina era unicamente il mancato rinnovo del permesso di dimora - siccome già dinanzi al Consiglio di Stato il rifiuto di rilasciarle un permesso di domicilio non era (più) stato contestato di modo che in proposito la decisione di prima istanza era cresciuta in giudicato incontestata - la Corte cantonale è giunta alla conclusione che l'insorgente nulla poteva dedurre dagli art. 42 cpv. 1, 49, 50 cpv. 1 lett. a nonché 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20) né, infine, dall'art. 8 CEDU e che il principio della proporzionalità era stato rispettato. 
 
D.   
Il 31 maggio 2017 A.A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede che la sentenza cantonale venga annullata e le sia rinnovato il permesso di dimora annuale. Postula il beneficio dell'assistenza giudiziaria con nomina di un avvocato d'ufficio e domanda che sia conferito l'effetto sospensivo alla sua impugnativa. 
Non è stato ordinato alcun atto istruttorio. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 140 I 252 consid. 1 pag. 254; 139 V 42 consid. 1 pag. 44). 
 
2.  
 
2.1. Ai sensi dell'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è escluso contro decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto. La ricorrente, implicitamente, si richiama all'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr. Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, si può pertanto ammettere che l'interessata disponga di un diritto, conformemente a quanto richiesto dall'art. 83 lett. c cifra 2 LTF, a presentare ricorso in materia di diritto pubblico. In che misura le condizioni per il rinnovo dell'autorizzazione litigiosa siano date è, infatti, questione di merito, che come tale va trattata (cfr. DTF 136 II 177 consid. 1.1 pag. 179; sentenza 2C_14/2014 del 27 agosto 2014 consid. 1, non pubblicato in DTF 140 II 345).  
 
2.2. L'impugnativa, diretta contro una decisione finale (art. 90 LTF) di un'autorità cantonale di ultima istanza con carattere di tribunale superiore (art. 86 e 90 LTF) e presentata in tempo utile (art. 100 cpv. 1 LTF) è, quindi, in linea di principio, ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico.  
 
2.3. Nuovi fatti e nuovi mezzi di prova possono essere addotti soltanto se ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF; cfr. anche DTF 129 I 49 consid. 3; 128 I 354 consid. 6c). La memoria ricorsuale deve esporre le ragioni per cui questa condizione risulterebbe adempiuta (DTF 133 III 393 consid. 3). È comunque esclusa l'allegazione di fatti accaduti dopo la pronuncia del giudizio impugnato così come di prove non ancora esistenti a tale momento (cosiddetti veri nova, DTF 133 IV 342 consid. 2.1 p. 343; 130 II 493 consid. 2 pag. 497; 128 II 145 consid. 1.2.1 pag. 150).  
La ricorrente ha allegato alla sua impugnativa una lettera del 27 febbraio 2017 di ________, Cassa disoccupazione, concernente le modalità di un suo diritto ad un'indennità di disoccupazione dal 1° gennaio 2017 nonché uno scritto di medesima data dell'Ufficio di esecuzione di Lugano, indirizzato alla citata Cassa, che fa stato di un parziale pignoramento dell'indennità di disoccupazione (cioè l'importo eccedente il minimo di esistenza). Entrambi questi documenti, redatti dopo l'emanazione della sentenza impugnata, sono dei cosidetti veri nova e non vanno pertanto considerati. 
 
3.   
La ricorrente non rimette in discussione la sentenza impugnata riguardo al fatto che non può dedurre un diritto al rinnovo del permesso di dimora dall'art. 42 cpv. 1 LStr (la comunione domestica essendo cessata fine 2011), dall'art. 49 LStr (non sussistendo eccezioni all'esigenza della coabitazione dei coniugi), dall'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStr (mancanza di gravi motivi che giustificherebbero il prosieguo del soggiorno in Svizzera) né, infine, dall'art. 8 CEDU. In merito a questi aspetti, che non occorre più di conseguenza riesaminare in questa sede, ci si limita a rinviare ai pertinenti considerandi del giudizio contestato (cfr. sentenza impugnata consid. 4.1, 4. 2, 6 e 7). 
 
4.  
 
4.1. Conformemente all'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr, dopo lo scioglimento della comunità familiare, il coniuge ha diritto al rilascio o alla proroga del permesso di dimora se l'unione coniugale è durata almeno tre anni e l'integrazione è avvenuta con successo.  
 
4.2. Dopo avere constatato che il matrimonio della ricorrente era durato almeno tre anni, la Corte cantonale ha esaminato se la seconda condizione cumulativa esatta dall'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr - l'integrazione riuscita - fosse data. In proposito ha ricordato che, per consolidata prassi, ciò era il caso quando lo straniero aveva un'attività regolare, non dipendeva dall'assistenza pubblica, rispettava l'ordine pubblico nonché conosceva e parlava la lingua nazionale del suo luogo di residenza, criteri che non erano tuttavia esaustivi, dovendo l'autorità procedere a un apprezzamento globale delle circostanze del caso (cfr. sentenza impugnata consid. 5.2.1 pag. 9).  
 
4.3. Esaminando la situazione della ricorrente, il Tribunale cantonale amministrativo ha rilevato che ella aveva lavorato durante un periodo imprecisato e in modo saltuario (cameriera fino al 2011 presso il pub di cui il marito era gerente, poi qualche mese in un bar nel 2013 e infine tre mesi come impiegata d'albergo nel 2015), che era da tempo senza occupazione quando l'autorità di prime cure aveva rifiutato di rinnovarle il permesso di dimora e che era grazie all'aiuto di un terzo che aveva vissuto quando era rimasta senza risorse finanziarie, suo marito non provvedendo al suo sostentamento. Ha poi osservato che era fortemente indebitata, avendo 48 esecuzioni aperte nei sui confronti per complessivi fr. 57'372.55 nonché 45 attestati di carenza beni a suo carico per un totale di fr. 62'628.65. Premesse queste considerazioni la Corte cantonale è giunta alla conclusione che non poteva essere considerata come una persona la cui integrazione era avvenuta con successo, motivo per cui non poteva pretendere al rinnovo del proprio permesso di dimora sulla base dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr.  
 
4.4. Da parte sua la ricorrente si limita a far valere di fruire di un'entrata mensile, cioè la sua indennità di disoccupazione, la quale peraltro proverebbe che ha svolto attività lavorative, aggiungendo che il fatto che sia pignorata le permetterà di ridurre in materia consistente i debiti esistenti. Contesta poi di essere stata aiutata finanziariamente da una terza persona e conclude aggiungendo che vi sono elementi che permettono di ritenere che in caso di rilascio di un permesso di dimora essa potrà trovare un'adeguata attività che le permetterà di continuare ad appianare le proprie pendenze. Sennonché niente in queste allegazioni prova che la sua situazione sia effettivamente cambiata e che abbia trovato un lavoro che le permetta di provvedere ai propri bisogni, accontentandosi essa di congetture in proposito. Senza poi dimenticare che l'indennità di disoccupazione in questione (in quanto si possa tenerne conto, cfr. consid. 2.3 in precedenza) è limitata nel tempo e che ne riceve solo quanto corrisponde al minimo di esistenza. Le sue dichiarazioni non sono pertanto idonee a dimostrare che l'apprezzamento effettuato dalla Corte cantonale disattende il diritto federale. Rifiutando di rinnovare l'autorizzazione di soggiorno della ricorrente, l'autorità precedente non ha pertanto violato l'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr.  
 
4.5. Infine, la ricorrente non rimette in discussione la questione della proporzionalità del provvedimento impugnato. Al riguardo ci si limita pertanto a rinviare alla sentenza cantonale (cfr. consid. 9 pag. 12).  
 
 
5.   
Per i motivi illustrati il ricorso si avvera pertanto manifestamente infondato e può quindi essere respinto in base alla procedura semplificata dell'art. 109 LTF
 
6.  
 
6.1. Con l'evasione del ricorso, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta priva d'oggetto.  
 
6.2. L'istanza di assistenza giudiziaria non può essere accolta in quanto il gravame, volto all'annullamento di una sentenza conforme alla giurisprudenza, doveva apparire sin dall'inizio privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF; sentenze 2C_329/2013 del 27 novembre 2013 consid. 4 e 2C_700/2009 del 15 aprile 2010 consid. 7). Nell'addossare le spese giudiziarie alla ricorrente viene comunque considerata la sua situazione finanziaria (art. 65 cpv. 1 e 2 LTF, art. 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è respinto. 
 
2.   
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.   
Le spese giudiziarie di fr. 500.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
4.   
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 11 luglio 2017 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: 
 
La Cancelliera: