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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_41/2010  
   
   
 
 
 
Sentenza del 17 maggio 2010  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Aubry Girardin, Donzallaz, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Fabio Abate, 
ricorrente, 
 
contro  
 
Ordine degli ingegneri e degli architetti  
del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona, 
rappresentato dal Consiglio dell'Ordine, 
patrocinato dall'avv. Luca Beretta Piccoli, 
opponente. 
 
Oggetto 
Autorizzazione per l'esercizio della professione 
di architetto, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico e ricorso sussidiario in materia costituzionale contro la sentenza emanata il 20 novembre 2009 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Dopo aver ottenuto l'attestato federale di capacità quale giardiniere, il 1° marzo 1979 A.________ ha conseguito un diploma nel ramo della costruzione e manutenzione di giardini (Gartengestaltung und -unterhalt) presso la "Kantonale Gartenbauschule" di Oeschberg-Koppingen, sulla base del quale, il 17 agosto 1979, gli è stata rilasciata la maestria federale. 
 
B.   
Allegando un attestato dell'Ufficio esecuzione di Lugano, una copia dell'estratto del casellario giudiziale e del diploma citato, con istanza del 6 febbraio 2009 A.________ ha chiesto all'Ordine degli ingegneri e degli architetti del Cantone Ticino (OTIA) il rilascio dell'autorizzazione permanente per l'esercizio della professione di architetto. 
Il 26 marzo successivo, il Consiglio dell'OTIA ha respinto detta istanza. La sua decisione è stata confermata dal Tribunale cantonale amministrativo con sentenza del 20 novembre 2009, sia in difetto della formazione necessaria che di un diritto acquisito. 
 
C.   
Il 15 gennaio 2010, A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico e un ricorso sussidiario in materia costituzionale, con cui chiede l'annullamento del giudizio impugnato, in subordine la sua modifica nel senso della concessione dell'autorizzazione richiesta. Fa valere in sintesi la violazione del divieto d'arbitrio, del principio dell'uguaglianza giuridica e della garanzia della libertà economica. 
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Da parte sua, l'OTIA ha chiesto che i ricorsi, per quanto ammissibili, siano respinti. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 135 III 1 consid. 1.1 pag. 3 con rinvii). 
 
1.1. Secondo l'art. 83 lett. t LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni concernenti l'esito di esami e di altre valutazioni della capacità, segnatamente nei settori della scuola, del perfezionamento e dell'esercizio della professione. Nella misura in cui - opponendosi alle argomentazioni contenute nel giudizio impugnato - il ricorrente deduce il diritto all'autorizzazione richiesta in base ai diplomi conseguiti, ovvero alle capacità acquisite, la via del ricorso ordinario è quindi esclusa (sentenze 2C_577/2009 del 6 gennaio 2010 consid. 1.1 e 2C_438/2008 del 16 ottobre 2008 consid. 2.3). Di conseguenza, tale aspetto e le censure che direttamente lo riguardano devono essere valutati nell'ambito del ricorso sussidiario in materia costituzionale, pure correttamente formulato insieme al ricorso in materia di diritto pubblico.  
La questione a sapere se il ricorrente possa ottenerne il rilascio in base a un diritto acquisito, che non ricade nel campo d'applicazione dell'art. 83 lett. t. LTF, può invece essere esaminata nell'ambito del ricorso ordinario. 
 
1.2. Tenuto conto della distinzione appena esposta, con l'esclusione dei documenti prodotti per la prima volta in questa sede (art. 99 cpv. 1 e art. 117 LTF), entrambi i ricorsi devono essere di massima dichiarati ammissibili. Essi sono infatti stati presentati tempestivamente (art. 46 cpv. 1 lett. c, art. 100 e art. 117 LTF), contro una decisione finale (art. 90 e art. 117 LTF) pronunciata da un'autorità cantonale di ultima istanza con carattere di tribunale superiore (art. 86 e art. 114 LTF) e facendo valere un interesse non solo di fatto ma anche giuridicamente protetto (art. 89 e art. 115 LTF).  
 
1.3. Con il ricorso in materia di diritto pubblico può in particolare venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 LTF), nozione che comprende anche i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Con il ricorso sussidiario in materia costituzionale può invece venir censurata unicamente la violazione di diritti costituzionali (art. 116 LTF). In entrambi i casi, il rispetto dei diritti costituzionali non è esaminato d'ufficio, come per le norme legislative federali, ma soltanto se il ricorrente solleva e motiva le relative contestazioni (art. 106 cpv. 2 e art. 117 LTF). È necessario che il ricorrente specifichi quali diritti ritiene lesi ed esponga le sue censure in modo chiaro e circostanziato, accompagnandole da un'argomentazione esaustiva; in caso di asserita violazione del divieto d'arbitrio, segnatamente in relazione all'applicazione del diritto cantonale, deve spiegare in che misura la decisione impugnata sia - non solo a livello di motivazione, ma anche di risultato - manifestamente insostenibile, gravemente lesiva di una norma o di un principio giuridico indiscusso, oppure in contraddizione urtante con il sentimento di giustizia ed equità (DTF 133 III 393 consid. 6 pag. 397; 129 I 8 consid. 2.1 pag. 9). Il Tribunale federale non entra invece nel merito di critiche formulate in maniera puramente appellatoria (DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246).  
È alla luce di questi criteri che devono essere valutate anche le censure sollevate dal ricorrente nella sua impugnativa (cfr. consid. 4 segg.). Come visto, concernendo tutte la violazione di diritti costituzionali, in relazione all'applicazione del diritto cantonale, ciò avviene comunque secondo modalità analoghe per entrambi i ricorsi proposti. 
 
2.  
 
2.1. L'art. 4 della legge cantonale sull'esercizio delle professioni di ingegnere e di architetto del 24 marzo 2004 (LEPIA; RL/TI 7.1.5.1) subordina il rilascio dell'autorizzazione ad esercitare le professioni di ingegnere e di architetto nel Cantone Ticino all'adempimento di requisiti professionali e condizioni personali (art. 4 cpv. 1 lett. a-b LEPIA). In base a questa legge, dispone tra l'altro dei requisiti professionali necessari chi è in possesso di un titolo di studio conferito da una scuola universitaria professionale o da una scuola superiore svizzera o estera equivalente (art. 5 cpv. 1 lett. b LEPIA) e chi è abilitato in base ad un diritto acquisito (art. 5 cpv. 2 LEPIA).  
 
2.2. Nel caso in esame, la Corte cantonale ha confermato il diniego dell'autorizzazione richiesta, sostenendo che la scuola frequentata dal ricorrente non è una scuola superiore svizzera equivalente ad una scuola universitaria professionale (art. 5 cpv. 1 lett. b LEPIA). È giunta a tale conclusione considerando che, contrariamente a quanto vale per una scuola universitaria professionale, per potersi iscrivere alla scuola specializzata superiore ai sensi della legge federale sulla formazione professionale del 13 dicembre 2002 (LFPr; RS 412.10) frequentata dal ricorrente non è necessario disporre né di una maturità professionale né di una maturità federale o riconosciuta dalla Confederazione giusta l'art. 5 cpv. 1 della legge federale sulle scuole universitarie professionali del 6 ottobre 1995 (LSUP; RS 414.71), ma basta aver terminato una formazione professionale, quindi un percorso formativo inferiore (art. 29 LFPr).  
 
2.3. Il Tribunale cantonale amministrativo ha pure negato che l'autorizzazione richiesta potesse essere concessa al ricorrente in base a un diritto acquisito (art. 5 cpv. 2 LEPIA), facendo riferimento sia all'art. 4 della legge edilizia cantonale del 13 marzo 1991 (LE; RL/TI 7.1.2.1), cui rinvia anche il messaggio del Consiglio di Stato n. 5233 del 9 aprile 2002 concernente la LEPIA (pag. 5), sia all'abrogata legge sulla protezione e sull'esercizio delle professioni di ingegnere e architetto e dei tecnici progettisti del 20 marzo 1990 (LPEPIA).  
Riferendosi all'art. 4 LE, che prescrive l'obbligo dell'elaborazione e della firma dei progetti e dei documenti annessi alle domande di costruzione da parte di un architetto o di un ingegnere iscritti all'albo OTIA (art. 4 cpv. 2 LE), riservando però i diritti acquisiti secondo il diritto anteriore (art. 4 cpv. 4 LE), esso ha osservato che la maestria federale nel settore del giardinaggio non era contemplata neanche in passato tra i titoli che abilitavano il ricorrente, al pari di architetti e ingegneri, ad allestire progetti di costruzione quale tecnico edile o del genio civile qualificato (art. 40 dell'abrogata legge edilizia cantonale del 19 febbraio 1973 [ vLE] e art. 38 del suo regolamento di applicazione [vRLE]). 
Rinviando alla LPEPIA, ha invece rilevato che la maestria nel settore del giardinaggio neppure faceva parte dei titoli che davano diritto all'iscrizione all'albo in base alla normativa precedentemente in vigore (art. 8 lett. b LPEPIA); tant'è che l'art. 36 LPEPIA (comunque abrogato già il 1° maggio 2001 con l'entrata in vigore della legge sulle commesse pubbliche del 20 febbraio 2001[LCPubb; RL/TI 7.1.4.1 ]) riconosceva ai detentori di una maestria - ma appunto solo parallelamente ai membri iscritti all'OTIA - la facoltà di assumere mandati o incarichi nel campo del titolo in loro possesso. 
 
3.   
Davanti a questa Corte, il ricorrente ritiene per contro che la scuola specializzata superiore in cui si è a suo tempo diplomato dovesse essere considerata equivalente ad una scuola universitaria professionale giusta l'art. 5 cpv. 1 lett. b LEPIA, in quanto essa farebbe parte del medesimo livello di formazione. Egli considera inoltre di adempiere anche alle condizioni per il riconoscimento di un diritto acquisito giusta l'art. 5 cpv. 2 LEPIA. Osserva in proposito che, proprio in base all'art. 36 LPEPIA, poteva presentarsi quale architetto paesaggista dinanzi a clienti pubblici e privati e partecipare a concorsi pubblici. 
In base a quest'argomentazione, sostiene una violazione del divieto d'arbitrio in relazione all'art. 5 cpv. 1 e cpv. 2 LEPIA; fa quindi valere una lesione del principio dell'uguaglianza giuridica e della garanzia della libertà economica. 
 
I.       Ricorso in materia di diritto pubblico  
 
4.   
Nell'ambito del ricorso ordinario, la censura della violazione dell'art. 9 Cost. va esaminata riguardo all'applicazione dell'art. 5 cpv. 2 LEPIA, norma che riconosce i requisiti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio della professione di architetto anche alle persone abilitate in base a un diritto acquisito (cfr. precedente consid. 1.1). 
Denunciando un'applicazione arbitraria di questa norma in relazione con l'art. 36 LPEPIA, il ricorrente si limita a rilevare in modo apodittico che il diniego dell'autorizzazione richiesta da parte dell'istanza inferiore costituisca un errore evidente, poiché ignorerebbe l'attività da lui svolta "oramai da anni, anche in conformità delle norme previgenti" e il fatto che egli "ha sempre potuto esercitare la sua professione in modo indisturbato". Aggiunge quindi, sempre senza realmente confrontarsi con il giudizio impugnato, che il rifiuto di riconoscergli il diritto di sottoscrivere domande di costruzione comporta, alla luce della sua legittimazione a partecipare a concorsi pubblici, "una contraddizione grossolana". 
Esposta in questi termini, la censura è pertanto inammissibile già per difetto di motivazione (art. 106 cpv. 2 LTF). 
Per altro, il giudizio impugnato non è comunque affatto il risultato di una violazione manifesta e immediatamente riconoscibile delle norme cantonali applicate (DTF 132 I 13 consid. 5.1 pag. 18). In effetti, né gli art. 40 vLE e 38 vRLE, cui rinvia l'art. 4 cpv. 4 LE (Adelio Scolari, Commentario, 1997, n. 750 seg. ad art. 4 LE), né l'art. 8 lett. b LPEPIA - in base ai quali la Corte cantonale nega concretamente il riconoscimento di un diritto acquisito, ma su cui il ricorrente omette di pronunciarsi - menzionano i titoli da lui conseguiti. 
 
5.   
Anche l'ammissibilità della censura della violazione dell'art. 8 Cost. appare alquanto dubbia, poiché il ricorso solo vi accenna. Concernendo l'uguaglianza di trattamento tra concorrenti, di tale aspetto può comunque essere tenuto conto direttamente nell'ambito dell'esame dell'asserita violazione della garanzia della libertà economica (cfr. successivo consid. 6), che già lo comprende (sentenza 2C_564/2009 del 26 febbraio 2010 consid. 6.2; Marco Borghi, Il diritto per gli architetti, 2010, pag. 48). 
 
6.   
In relazione con l'art. 27 Cost., il ricorrente considera infine che la decisione di impedirgli di esercitare la professione di architetto quale membro OTIA, costituisca un illecito intervento di natura politica-economica dello Stato, che comporta una disparità di trattamento tra concorrenti. Pur non mettendo in discussione la conformità dell'art. 5 LEPIA alla Costituzione, sostiene pertanto una violazione dell'art. 27 Cost. nel caso concreto, rimandando alla sentenza 2P.440/1995 del 12 marzo 1997 concernente la vecchia LPEPIA (pubblicata in Rivista di diritto amministrativo e tributario ticinese [RDAT] 1997 II pag. 99). 
Sempre a torto. Proprio nel giudizio citato - dove si è sì espresso sulla parità di trattamento tra concorrenti, ma solo in quanto tutti abilitati a svolgere la professione di architetto, ciò che non è nel caso in esame - il Tribunale federale ha già confermato in via generale la facoltà dei Cantoni di sottoporre l'esercizio della professione di architetto a regole specifiche a tutela dell'interesse pubblico, segnatamente per motivi di sicurezza legati all'esercizio della professione. Su tali basi, ha quindi espressamente riconosciuto conforme alla Costituzione il diritto da parte dello Stato di permettere l'accesso a tale professione solo a chi possiede determinati diplomi o titoli equivalenti. 
Il diniego d'iscrizione all'albo OTIA a chi non è in possesso dei requisiti richiesti dalla legge - come tale, non contestata - non può di conseguenza comportare una disparità di trattamento: al pari della precedente LPEPIA, anche la LEPIA non ha come scopo quello di favorire qualcuno in particolare, bensì di tutelare la sicurezza della popolazione in relazione all'esercizio della professione di ingegnere e di architetto (cfr. messaggio del Consiglio di Stato n. 5233 del 9 aprile 2002 concernente la LEPIA pag. 2-3); nell'ambito del perseguimento di questo scopo, un trattamento differenziato risulta pertanto lecito (in proposito, cfr. analogamente DTF 2C_52/2009 del 13 gennaio 2010 consid. 5.5 con rinvii). 
 
II.       Ricorso sussidiario in materia costituzionale  
 
7.   
Nell'ambito del ricorso sussidiario in materia costituzionale, resta unicamente da esaminare la censura della violazione dell'art. 9 Cost. in relazione con l'applicazione dell'art. 5 cpv. 1 lett. b LEPIA, norma che indica i requisiti per il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio della professione di architetto in base ai diplomi conseguiti (cfr. precedente consid. 1.1). 
 
7.1. In merito all'art. 5 cpv. 1 lett. b LEPIA, il ricorrente considera in sostanza che l'equivalenza richiesta da questa norma avrebbe dovuto essere ammessa secondo un criterio diverso: in luogo della necessità o meno di una maturità per potersi iscrivere alla scuola in oggetto, quello del livello di formazione da lui proposto.  
 
7.2. Pure in questo caso, la censura è solo sommariamente motivata ed è pertanto dubbio che adempia ai severi requisiti descritti (cfr. precedente consid. 1.3). La questione può comunque essere lasciata aperta. Quand'anche ricevibile, essa dev'essere infatti considerata infondata. L'interpretazione del concetto di equivalenza contenuta nel giudizio impugnato con rinvio alla distinzione tra scuola specializzata superiore giusta l'art. 29 della LFPr e scuola universitaria professionale, quale centro di formazione appartenente al settore delle scuole universitarie giusta l'art. 2 LSUP, è in effetti perfettamente sostenibile. Il fatto che anche la soluzione prospettata dal ricorrente potrebbe eventualmente esserlo, non basta a dimostrare l'arbitrio di quella impugnata (DTF 132 I 13 consid. 5.1 pag. 18).  
 
8.  
 
8.1. Da quel che precede discende che, per quanto ammissibili, sia il ricorso in materia di diritto pubblico che il ricorso sussidiario in materia costituzionale devono essere respinti.  
 
8.2. Secondo soccombenza, le spese vanno poste a carico del ricorrente (art. 65 e 66 cpv. 1 LTF). Essendo qualificabile come organizzazione incaricata di compiti di diritto pubblico, all'OTIA non vengono riconosciute ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).  
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto. 
 
2.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso sussidiario in materia costituzionale è respinto. 
 
3.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4.   
Non si assegnano ripetibili. 
 
5.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e al Tribunale cantonale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 17 maggio 2010 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Zünd 
 
Il Cancelliere: Savoldelli