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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2P.314/2005 /viz 
 
Sentenza del 14 maggio 2007 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, presidente, 
Wurzburger, Müller, Yersin e Karlen, 
cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Parti 
B.________, 
ricorrente, rappresentata dal Sindacato svizzero dei servizi pubblici SSP/VPOD, e in subdelega 
dall'avv. Rosemarie Weibel, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
art. 5, 8 e 9 Cost. (assegno di studio), 
 
ricorso di diritto pubblico contro la decisione emessa il 
4 ottobre 2005 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
B.________, nata nel 1961, divorziata con due figli a carico, ha presentato il 21 luglio 2004 all'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi del Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport del Cantone Ticino una domanda volta all'ottenimento di un assegno di studio per potere intraprendere la formazione di operatrice socio-sanitaria, di una durata di tre anni, presso la Scuola cantonale per operatori sociali, la quale iniziava il 20 settembre 2004. 
B. 
Il 28 ottobre 2004 il citato Ufficio ha respinto la richiesta. A sostegno del proprio rifiuto ha rilevato che, nell'ambito delle misure di contenimento delle spese concernenti il preventivo 2005, il Consiglio di Stato aveva modificato il 31 agosto 2004, con effetto dal 1° settembre successivo, il Regolamento dell'8 marzo 1995 sulle borse di studio (di seguito: Rbst), introducendo un limite di età, cioè 40 anni, oltre il quale l'assegno non veniva più concesso. In altre parole, il richiedente che iniziava una formazione dopo aver compiuto i 40 anni oppure li compiva nel corso dell'anno civile di inizio della formazione poteva beneficiare solo di un prestito di studio. 
Il reclamo esperito contro questa decisione è stato respinto il 24 febbraio 2005. 
C. 
Adito da B.________ il 28 febbraio successivo, il Consiglio di Stato ne ha respinto il gravame con decisione del 4 ottobre 2005. Richiamati gli art. 19 a 22 della legge della scuola del 1° febbraio 1990 (Lsc) relativi agli assegni e ai prestiti di studio, esso ha rammentato che gli incombeva emanare il regolamento disciplinante le disposizioni di applicazione, ciò che gli conferiva la facoltà sia di stabilire la forma dell'aiuto sia d'instaurare un limite d'età. Al riguardo ha precisato che se, nel passato, erano stati abrogati i limiti di età esistenti per la concessione di assegni di studio, ciò non voleva ancora dire che non potevano essere reintrodotte norme che contemplassero dei limiti diversi per estensione da quelli abrogati. Ha poi aggiunto che la legge non doveva assicurare a tutti indistintamente la possibilità di ottenere un assegno di studio e che, quindi, la forma dell'aiuto poteva essere definita anche a dipendenza dell'età del richiedente. In proposito ha aggiunto che confrontato all'impellente necessità di contenere le spese e all'altrettanta necessità di evitare disagi supplementari ai giovani in formazione, aveva preferito limitare l'accesso agli assegni ai richiedenti che avrebbero già dovuto o potuto conseguire un'adeguata formazione professionale. 
Pronunciandosi sul merito della controversia, il Consiglio di Stato ha considerato che il nuovo articolo 1b Rbst, che introduce un limite di età di 40 anni per l'ottenimento di un assegno di studio, non creava evidenti disparità di trattamento, segnatamente tra uomo e donna. Inoltre non era stato provato o dimostrato che il medesimo colpiva in modo discriminatorio le fasce meno abbienti o quelle più bisognose di aiuto. Non si poteva pertanto considerare che tale norma violava l'art. 8 Cost., ancora meno l'art. 9 Cost. Ha poi rilevato che neanche il principio della buona fede era stato leso. Da un lato poiché quest'ultimo non proibiva modifiche legislative, salvo se violino diritti acquisiti o comportino un effetto retroattivo inammissibile, ciò che non si verificava nella fattispecie. Dall'altro perché l'insorgente non poteva, sulla base di semplici informazioni a carattere generale ricevute prima della criticata modifica legale, esigere un trattamento che si scostava dal chiaro testo di legge. Al riguardo il Governo ticinese ha constatato che l'interessata non aveva provato di avere ottenuto delle assicurazioni o delle garanzie circa il diritto di ricevere un assegno da parte dell'Ufficio delle borse di studio, ed ancor meno di aver preso delle disposizioni irrevocabili o difficilmente revocabili in seguito alle informazioni ottenute; inoltre, aveva iniziato la formazione dopo l'entrata in vigore della nuova norma. 
Infine, ricordando che la domanda di borsa di studio andava decisa in base al diritto applicabile al momento della decisione definitiva, il Consiglio di Stato ha osservato che l'insorgente aveva già superato i quarant'anni di età quando era entrata in vigore la nuova norma: ella non poteva quindi pretendere ad un assegno di studio. Ha poi aggiunto che il 2 dicembre 2004 aveva ottenuto un prestito di studio. 
D. 
Il 2 novembre 2005 B.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico, con cui chiede che sia annullata la decisione governativa e, di conseguenza, quelle di prima e seconda istanza. Adduce, in sostanza, la violazione degli art. 5 cpv. 1 (principio della legalità), 8 cpv. 2 (parità di trattamento) e 3 (uguaglianza di fatto tra uomo e donna) nonché 9 (divieto dell'arbitrio, tutela della buona fede, principio della proporzionalità e stato di diritto) Cost. 
Chiamati ad esprimersi, il Consiglio di Stato, senza formulare osservazioni, si è rimesso al giudizio di questa Corte, mentre l'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (UFU) - il quale si è pronunciato unicamente sulla questione di un'eventuale discriminazione indiretta a causa del sesso - ha chiesto che il gravame sia accolto. 
Invitata a determinarsi sulle osservazioni formulate dall'UFU, la ricorrente ha dichiarato di aderire alle conclusioni ivi esposte. Da parte sua il Consiglio di Stato, il quale su richiesta del Tribunale federale ha prodotto dati statistici sui richiedenti di 40 anni e più, ha asserito condividere le osservazioni elaborate, insieme ai menzionati dati statistici, dall'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi, il quale conclude per l'assenza di una discriminazione vietata dall'art. 8 Cost. 
Il 4 ottobre 2006 una copia della risposta dell'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi e dei dati statistici ivi allegati è stata trasmessa alla ricorrente. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 La decisione impugnata è stata emanata prima dell'entrata in vigore, il 1° gennaio 2007, della legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF; RS 173.100; cfr. RU 2006 1069); conformemente alla regola speciale enunciata dall'art. 132 cpv. 1 LTF, alla presente vertenza si applica ancora la legge federale sull'organizzazione giudiziaria, del 16 dicembre 1943 (OG; RU 1969 784 segg.; cfr. anche l'art. 131 cpv. 1 LTF). 
1.2 Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio sottopostogli (DTF 132 III 291 consid. 1 e richiamo). 
1.3 Il ricorso di diritto pubblico, tempestivo (art. 89 cpv. 1 OG), è rivolto contro una decisione di ultima istanza cantonale che nega alla ricorrente l'erogazione di un assegno di studio (art. 23 Rbst combinato con l'art. 55 cpv. 3 della legge ticinese di procedura per le cause amministrative, del 19 aprile 1966, Lpamm). Fondato sulla pretesa violazione di diritti costituzionali dei cittadini, detto rimedio è quindi in linea di principio ammissibile giusta gli art. 84 cpv. 1 lett. a, 86 cpv. 1 e 87 OG. La ricorrente, colpita nei suoi interessi giuridicamente protetti dal rifiuto oppostole, è legittimata ad agire ai sensi dell'art. 88 OG
1.4 Il ricorso di diritto pubblico ha, tranne eccezioni che non si verificano in concreto, natura meramente cassatoria (DTF 129 I 129 consid. 1.2.1 e richiami). In quanto la ricorrente chiede più dell'annullamento della decisione impugnata, segnatamente quello delle decisioni di prima e seconda istanza, il gravame è inammissibile (DTF 131 I 166 consid. 1.3). 
1.5 Giusta l'art. 90 cpv. 1 OG, l'atto di ricorso deve soddisfare rigorosamente determinati requisiti di forma: oltre alla designazione del decreto o della decisione impugnata (lett. a), esso deve contenere le conclusioni del ricorrente, l'esposizione dei fatti essenziali e quella concisa dei diritti costituzionali o della norma giuridica che si pretendono violati, specificando in che cosa consista tale violazione (lett. b). Nell'ambito di questo rimedio, il Tribunale federale statuisce unicamente sulle censure sollevate dal ricorrente, alla condizione che esse siano sufficientemente sostanziate (DTF 130 III 87 consid. 1.4 e richiami). È alla luce di questi principi che va esaminato il presente gravame. 
1.6 La ricorrente censura la costituzionalità dall'art. 1b Rbst, su cui è fondata la decisione di rifiutarle un assegno di studio. Nella misura in cui il ricorso è rivolto contro un atto di applicazione concreta del citato disposto cantonale, un suo eventuale accoglimento comporterà unicamente l'annullamento della decisione di applicazione, non della norma medesima (DTF 132 I 153 consid. 3; 131 I 313 consid. 2.2 e rispettivi riferimenti). 
2. 
La ricorrente censura una violazione dei principi della buona fede e della proporzionalità. Adduce innanzitutto che cambiamenti di legislazione sarebbero legali unicamente con un periodo transitorio adeguato. Nel caso concreto la modifica contestata è stata decisa il 31 agosto 2004 ed è entrata in vigore il 1° settembre successivo, allorché la relativa pubblicazione è avvenuta solo il 3 settembre 2004; inoltre è stata prevista una norma transitoria unicamente per coloro che l'anno precedente avevano già iniziato una formazione, anche se avevano già compiuto il quarantesimo anno di età (cfr. art. 24 cpv. 5 Rbst), nessuna disposizione invece per chi, come lei, aveva predisposto l'inizio della formazione per l'anno scolastico 2004/2005. 
Sostiene poi di avere preso delle disposizioni difficilmente revocabili e di averlo fatto in buona fede. Al riguardo rileva di aver cessato la propria attività quale ausiliaria di cure presso una casa per anziani e di non avere cercato un lavoro stabile, facendo affidamento su quanto verificato tramite la legge e le informazioni a disposizione. Fa poi valere di aver dovuto stipulare un contratto di lavoro con un datore di lavoro che avrebbe funto da azienda di tirocinio, contratto che doveva essere trasmesso alla Divisione della formazione professionale entro il 31 luglio 2004 per la relativa ratifica, che valeva quale iscrizione alla scuola. Orbene, non le sarebbe certo possibile disdire da un giorno all'altro il contratto di tirocinio e in più ritrovare un posto di lavoro analogo a quello precedente. Sostiene infine di essersi informata tramite l'opuscolo informativo sulle borse di studio che non conteneva nessun accenno ad una possibile modifica legislativa. 
Premesse queste considerazioni, la ricorrente è dell'avviso che nulla giustificherebbe una modifica del regolamento sulle borse di studio così repentina e senza alcun termine di adeguamento per l'anno scolastico in corso. In proposito ricorda che in Ticino tutte le formazioni iniziano in settembre e che le occorreva avere il posto di tirocinio entro la fine del mese di luglio per presentare il relativo contratto alla Divisione della formazione professionale ed essere ammessa alla formazione. Ella non poteva prevedere né doveva aspettarsi una simile modifica, dopo avere assunto tutte le informazioni del caso e predisposto tutto quanto necessario per il cambiamento dell'attività. Anche se la domanda di sussidio doveva ancora essere esaminata ed approvata, la ricorrente ritiene che sulla base del precedente regolamento e delle informazioni raccolte, poteva fare affidamento sul fatto che avrebbe ottenuto l'assegno richiesto. 
3. 
3.1 Riguardo alla pretesa violazione del principio della proporzionalità, va osservato che la ricorrente si limita a farne menzione, senza tuttavia motivare tale censura. La stessa è quindi inammissibile (cfr. art. 90 OG). 
3.2 Il principio della buona fede, sancito dall'art. 9 Cost., tutela innanzitutto la fiducia riposta dal cittadino in un'informazione ricevuta dall'autorità quando quest'ultima sia intervenuta in una situazione concreta, quando tale autorità era competente a rilasciare l'informazione o il cittadino poteva ritenerla competente sulla base di fondati motivi, quando affidandosi all'esattezza dell'informazione egli abbia preso delle disposizioni non reversibili senza subire un pregiudizio (DTF 131 II 627 consid. 6.1; 129 II 361 consid. 7.1) e quando non siano intervenuti mutamenti legislativi posteriori al rilascio dell'informazione stessa (DTF 130 I 26 consid. 8.1; 129 I 161 consid. 4.1; 121 II 473 consid. 2c). 
Il principio della buona fede non consente all'interessato di opporsi a un cambiamento di regolamentazione o di sottrarsi all'applicazione del nuovo diritto per il fatto di avere semplicemente preso determinate disposizioni sulla base del diritto anteriore (DTF 122 V 405 consid. 3b/bb; 122 II 113 consid. 3b/cc e rinvii). Quando il legislatore o l'autore di una regolamentazione accertano l'esigenza di un riordinamento della normativa, di principio, l'interesse pubblico impone, in ossequio al principio della legalità, che la modifica entri in vigore senza ritardi, a meno che motivi particolari vi si oppongano (DTF 106 Ia 254 consid. 4b; sentenza 2P.298/1998 del 2 luglio 1999, consid. 4c, pubblicata in: ZBl 102/2001, pag. 329 segg.). Conformemente alla giurisprudenza, ragioni di parità di trattamento, di proporzionalità, di divieto dell'arbitrio e di tutela della buona fede possono tuttavia imporre, in determinate circostanze, quando un'imprevista modifica legislativa colpisce in modo rilevante il privato cittadino che ha preso disposizioni sulla base della disciplina vigente, un'adeguata normativa transitoria che gli permetta di adeguarsi alla nuova situazione legale (DTF 130 I 26 consid. 8.1 e riferimenti). Il legislatore o l'autore della regolamentazione beneficiano nondimeno di un ampio margine di apprezzamento e il Tribunale federale si impone quindi un certo riserbo nell'esame della disciplina transitoria (DTF 122 V 405 consid. 3b/bb; 106 Ia 254 consid. 4a). Sotto il profilo della valutazione dei contrapposti interessi, segnatamente dell'interesse privato alla continuità della situazione precedente e di quello pubblico ad attuare senza indugio il nuovo ordinamento, la prassi ha finora dato prova di ritegno nel considerare incostituzionale l'assenza di disposizioni transitorie (sentenza 2P.298/1998 citata, consid. 4c). 
3.3 Come già accennato, la ricorrente fa valere di aver consultato l'opuscolo edito dall'Ufficio delle borse di studio e di essersi fidata delle informazioni ivi contenute. Al riguardo occorre precisare che un opuscolo informativo, distribuito spontaneamente da un'autorità amministrativa ad una cerchia indeterminata di persone e che contiene informazioni generali (in concreto sugli assegni e prestiti di studio), non è vincolante dal profilo della protezione della buona fede (cfr. DTF 109 V 54 consid. 3b). Va poi osservato che dagli atti di causa emerge che la ricorrente aveva intrapreso tutte le pratiche necessarie per l'iscrizione presso la Scuola cantonale per operatori sociali ancor prima di sollecitare un assegno di studio, la relativa richiesta essendo stata formulata solo il 21 luglio 2004. Ma, soprattutto, l'interessata non fa valere né comprova di avere ricevuto da parte dell'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi concrete assicurazioni riguardo all'attribuzione dell'assegno di studio richiesto. Ne deriva quindi che è da ritenere carente una delle condizioni cumulativamente esatte dalla prassi per tutelare la buona fede dell'interessata, ossia quella secondo cui l'intervento dell'autorità deve avvenire in una situazione concreta nei confronti di persone determinate: la censura va quindi respinta. 
3.4 In queste condizioni, non essendo adempiuta una della condizioni cumulative poste dalla giurisprudenza affinché la ricorrente possa appellarsi al principio della buona fede, non occorre ancora vagliare se la modifica legislativa contestata sia illegale, poiché carente di un periodo transitorio adeguato. 
In proposito va comunque rilevato di transenna che anche se l'alacrità messa nell'attuare la modifica in esame (decisa il 31 agosto 2004 ed entrata in vigore il 1° settembre successivo, simultaneamente all'inizio del nuovo periodo scolastico) ha degli effetti rigorosi, essa non risulta tuttavia inficiata d'arbitrio, tenuto conto dell'ampio margine di apprezzamento di cui fruisce l'autorità cantonale. 
4. 
4.1 Richiamando l'art. 24 cpv. 5 Rbst, secondo cui chi ha cominciato la formazione prima dell'anno scolastico 2004-2005 ha diritto all'assegno di studio sino alla conclusione degli studi o della formazione iniziati anche sa ha già compiuto il quarantesimo anno di età, la ricorrente afferma che la situazione di chi ha iniziato gli studi l'anno precedente all'entrata in vigore della modifica è identica a quella di chi ha intrapreso e compiuto tutti i passi per l'inizio della formazione nel 2004/ 2005: in entrambi i casi gli interessati: a) non hanno un posto di lavoro b) devono disporre, se necessario per la formazione scelta, di un posto di tirocinio e, infine, c) hanno fatto affidamento sul regolamento in vigore fino al 31 agosto 2004. Trattare diversamente queste due fattispecie creerebbe disparità di trattamento ed arbitrio. 
4.2 Il principio della parità di trattamento (art. 8 Cost.) e la protezione dall'arbitrio (art. 9 Cost.) sono strettamente legati. Una decisione è arbitraria quando non si fonda su motivi seri e oggettivi o appare priva di senso o di scopo (DTF 131 I 217 consid. 2.1; 129 I 173 consid. 3.1, 49 consid. 4, 8 consid. 2.1). Essa disattende il principio della parità di trattamento quando, tra casi simili, fa delle distinzioni che nessun fatto importante giustifica oppure sottopone ad un regime identico situazioni che presentano tra di loro delle differenze rilevanti e di natura tale da rendere necessario un trattamento diverso. Le situazioni paragonate non devono necessariamente essere identiche sotto ogni aspetto, ma la loro similitudine va stabilita per quel che riguarda i fatti pertinenti per la decisione da prendere (DTF 129 I 1 consid. 3; 127 I 185 consid. 5 e rispettivi rinvii). 
4.3 Nel caso concreto, va osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, le persone che hanno iniziato la loro formazione l'anno precedente l'anno scolastico 2004/2005 avevano già effettuato un anno intero di formazione prima dell'introduzione della modifica litigiosa; la loro situazione non è quindi né paragonabile né simile a quella di coloro che si trovano ancora ad adempiere le pratiche necessarie per intraprendere una formazione. Il fatto di trattarle diversamente non dà quindi luogo a disparità di trattamento e non è nemmeno inficiato d'arbitrio. La critica, infondata, va pertanto respinta. 
5. 
5.1 La ricorrente si diffonde in seguito sulla portata degli art. 19 a 22 Lsc, sui materiali legislativi delle norme cantonali e sulla loro interpretazione e fa valere, in sostanza, che reintroducendo nel regolamento un limite di età per poter beneficiare degli assegni di studio, allorché un simile limite era stato espressamente abrogato nel passato per volontà del legislatore, il Consiglio di Stato sarebbe chiaramente andato oltre le proprie competenze così come limitate nella legge della scuola e volute dal legislatore, violando in questo modo non solo il principio della separazione dei poteri, ma anche quello della legalità. 
5.2 Il contenuto del principio della separazione dei poteri, riconosciuto quale diritto individuale dei cittadini, è determinato in primo luogo dal diritto cantonale (DTF 128 I 113 consid. 2c e rinvii). Il Tribunale federale esamina liberamente l'interpretazione delle norme costituzionali, mentre rivede dal ristretto profilo dell'arbitrio quelle di rango inferiore (DTF 127 I 60 consid. 2a e riferimenti). Per quanto concerne il principio della legalità, la pretesa lesione può essere fatta valere in relazione al principio della separazione dei poteri e la censura dev'essere esaminata liberamente (DTF 128 I 113 consid. 3c; 127 I 60 consid. 3a e richiami). Sostanzialmente, la ricorrente contesta che vi sia una base legale sufficiente affinché il Consiglio di Stato possa emanare la modifica del regolamento di applicazione ora impugnata. 
5.3 Per prassi costante, la delega del potere legislativo all'autorità esecutiva è consentita, sempre che il diritto cantonale non la proibisca, solo se vengano indicati almeno approssimativamente l'oggetto, lo scopo e l'estensione della competenza accordata ed a sancirla sia una legge soggetta al voto popolare (DTF 128 I 113 consid. 3c e rinvii; RDAT 1992 II n. 10 pag. 24 consid. 2b). 
5.4 La Costituzione ticinese non esclude la delega legislativa (cfr. art. 51, 59 cpv. 1 lett. c e 70 lett. b Cost./TI nonché gli art. 76 e segg. della legge sul Gran Consiglio e sui rapporti con il Consiglio di Stato, del 17 dicembre 2002, Lgc). Rimane quindi da appurare se le relative condizioni siano adempiute. Giusta l'art. 19 della legge della scuola, il Cantone favorisce l'accesso alla formazione scolastica e professionale postobbligatoria, il perfezionamento e la riqualificazione professionali con la concessione di assegni e di prestiti di studio per l'assolvimento di un tirocinio, per la continuazione degli studi nelle scuole pubbliche ticinesi, per la frequenza di istituti superiori e di istituti specializzati, per il perfezionamento e la riqualificazione professionali, se il richiedente è in possesso del certificato di studi adeguato (cpv. 1). L'aiuto finanziario è concesso in via principale nella forma dell'assegno e, in casi particolari, come prestito (cpv. 2). L'art. 21 prevede al riguardo che gli assegni e i prestiti di studio sono concessi dal Consiglio di Stato anno per anno e per la durata minima del ciclo di studi, quale aiuto complementare alla famiglia per la formazione dei figli (cpv. 1). Gli assegni e i prestiti di studio sono commisurati alle spese derivanti dagli studi e alle possibilità economiche del richiedente e della sua famiglia (cpv. 2). In casi particolari può essere considerata la sola situazione economica del richiedente (cpv. 3). A studi ultimati il prestito di studio può essere trasformato in assegno a dipendenza della situazione socio-economica del beneficiario e della possibilità pratica del rimborso (cpv. 4). Infine, l'art. 22 stabilisce che il Consiglio di Stato emana per regolamento le disposizioni di applicazione del presente capitolo (cpv. 1). Esso determina segnatamente la forma dell'aiuto: assegno di studio oppure prestito di studio oppure combinazione delle due prestazioni (cpv. 2). Da quanto testé esposto discende che le condizioni poste in materia di delega legislativa (cfr. consid. 5.3) sono soddisfatte in concreto. L'art. 22 Lsc costituisce pertanto una base legale sufficiente affinché il Consiglio di Stato possa nell'ambito delle proprie competenze limitare la concessione degli assegni di studio a richiedenti di meno di 40 anni (art. 1b Rbst), quelli di più di 40 anni potendo beneficiare di prestiti (art. 12 cpv. 1 ultima frase Rbst). Al riguardo va osservato che anche se, nel 1986, il Consiglio di Stato aveva abolito, in seguito all'adesione del Gran Consiglio ad un'iniziativa parlamentare generica che andava in tal senso, la norma che fissava a trent'anni il limite d'età per poter beneficiare di un assegno di studio, ciò non gli impedisce oggi, considerate sia le mutate circostanze sia le misure di contenimento delle spese da applicare, di riesaminare la situazione e di reintrodurre un limite di età, tanto più che quest'ultimo è stato portato da trenta a quarant'anni. 
La ricorrente afferma poi che l'introduzione del limite d'età contestato creerebbe delle distinzioni arbitraire fondate sull'età e sulla posizione sociale e che il Consiglio di Stato, nell'addurre che le borse di studio sono essenzialmente destinate al sostegno delle famiglie, avrebbe arbitrariamente omesso che nella legge è stato inserito il concetto di aiuto alla "riqualificazione professionale" la quale avviene dopo una prima formazione. Sennonché dette censure sono di natura meramente appellatoria e, quindi, inammissibili (art. 90 cpv. 1 lett. b OG). A titolo del tutto abbondanziale si può comunque osservare che la decisione di includere i richiedenti di più di 40 anni tra i casi particolari di cui all'art. 19 cpv. 2 Lsc (per i quali sono previsti i prestiti di studio), così come di riservare gli assegni di studio ai giovani in formazione, i quali potranno esercitare su un periodo molto più lungo la formazione acquisita, non appare manifestamente sprovvista di senso o di scopo né, di conseguenza, inficiata d'arbitrio. Visto quanto precede su questi aspetti, il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, si rivela infondato e va pertanto respinto. 
6. 
6.1 La ricorrente fa valere in seguito la violazione dell'art. 8 cpv. 3 Cost., in quanto la modifica in questione darebbe luogo ad una discriminazione indiretta basata sul sesso. Al riguardo osserva che è riconosciuto e ampiamente documentato che spesso le donne accedono ad una prima formazione, a una riqualificazione professionale o a un perfezionamento professionale dopo un periodo in cui si sono dedicate alla famiglia, accantonando o addirittura abbandonando per tal motivo una carriera professionale, e ciò in un momento ove i loro coetanei da tempo sono nel pieno della carriera. Di conseguenza sono proprie le donne che necessiterebbero di una formazione a un'età più avanzata, dopo i 40 anni, per potersi reinserire nel mondo del lavoro. In altre parole sono le donne, come lei, che a quell'età riprendono o possono portare avanti con maggior impegno la carriera. Fissare un'età limite di 40 anni per potere beneficiare di borse di studio sarebbe discriminatorio e lesivo dell'art. 8 cpv. 3 Cost. Ella afferma poi che l'esistenza della censurata discriminazione è stata riconosciuta sia dal Fondo nazionale svizzero, il quale ha tolto dai propri regolamenti sulle borse di ricerca i limiti di età per le donne, sia dall'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo che, nel "Piano d'Azione della Svizzera sulla parità tra donna e uomo", ingloba tra le misure idonee ad assicurare la parità d'accesso all'educazione il fatto che i Cantoni valutano se non sia il caso di rendere più flessibili i limiti di età per la concessione delle borse di studio, soprattutto verso candidati e candidate aventi obblighi familiari. Sottolinea poi che anche nel "Primo e Secondo rapporto della Svizzera concernente l'attuazione della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW)" viene rilevato che "per le donne che interrompono o prolungano la formazione per dedicarsi ai compiti familiari, l'esistenza di limiti di età rigidi o di una regolamentazione restrittiva della durata massima del sostegno si rivela particolarmente perniciosa (...). La crescente tendenza a concedere contributi di formazione sotto forma di prestiti rimborsabili grava soprattutto sulle beneficiarie e i beneficiari che, dopo aver terminato la formazione, non esercitano un'attività lucrativa a tempo pieno, per esempio per dedicarsi ai compiti familiari. Dato che il livello di reddito delle donne è generalmente più basso, l'obbligo di rimborso rappresenta per loro comunque un peso più consistente". A parere della ricorrente il Consiglio di Stato, ristabilendo un limite di età per l'accesso alle borse di studio e con ciò alla formazione, avrebbe di conseguenza disatteso l'art. 8 cpv. 3 Cost. 
6.2 L'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo (UFU) dopo aver ricordato i criteri esatti affinché sia riconosciuta una discriminazione indiretta, ipotizza che in Ticino vi siano più donne che uomini tra i potenziali richiedenti di un assegno di studio di 40 anni e più. Partendo quindi da questa premessa, fa valere che rispetto al percorso professionale e formativo che contraddistingue una tipica biografia maschile, la donna affronta la questione della formazione e del perfezionamento spesso più tardi. Infatti numerose sono le donne che, dopo la maternità, si assentano per diversi anni dal mondo del lavoro, in modo totale o parziale, poiché nella società svizzera odierna sono generalmente ancora loro a occuparsi dell'educazione dei figli, dell'assistenza ai familiari e del lavoro domestico. Durante questo periodo esse non possono mettere adeguatamente in pratica quanto appreso nell'ambito della formazione già seguita e ancor meno intraprendere un eventuale perfezionamento. Inoltre le madri di famiglia, fintanto che i figli non hanno raggiunto una certa autonomia, non dispongono della flessibilità necessaria per decidere di seguire una formazione o un perfezionamento prima del previsto. Il rientro nel mondo del lavoro fornisce quindi loro lo stimolo per iniziare una formazione o un perfezionamento, sovente indispensabili per acquisire le qualifiche necessarie per reinserirsi nel mercato del lavoro. Le donne, come potenziali richiedenti di un assegno di studio, sono pertanto notevolmente più colpite degli uomini dall'introduzione del limite d'età contestato. L'UFU contesta poi che il provvedimento impugnato si fondi su motivi oggettivi. Se ammette che la volontà di ridurre le spese dello Stato può essere considerata come tale, a suo avviso l'introduzione di un limite d'età fisso risulta tuttavia sproporzionato se confrontato agli svantaggi provocati (aumento degli aiuti sociali) nonché contrasta l'obiettivo politico (garantire il finanziamento delle assicurazioni sociali) ricercato con il prolungamento della permanenza nel mondo del lavoro, per motivi demografici, delle persone di età più avanzata. Infine, sostiene che il limite d'età contestato è stato fissato in modo arbitrario ed errato. A parere dell'UFU, quindi, il quale richiama a sostegno delle proprie affermazioni sia la dottrina che diversi studi, il fatto d'introdurre un limite d'età di 40 anni per la concessione di assegni di studio è un provvedimento che discrimina indirettamente le donne, che non tiene conto del principio delle pari opportunità e che vanifica gli sforzi compiuti per attuare detto principio nell'accesso all'educazione e alla vita professionale. 
6.3 Conformemente alla prassi vi è discriminazione indiretta, vietata dall'art. 8 cpv. 3 Cost. (così come dal previgente art. 4 cpv. 2 vCost), quando una regolamentazione formalmente neutra da questo punto di vista sfavorisce maggiormente o in misura preponderante gli appartenenti a un sesso rispetto a quelli dell'altro, senza che vi siano fondati motivi (DTF 132 I 167 consid. 3; 125 I 71 consid. 2a; 125 II 541 consid. 2a, 530 consid. 2a, 385 consid. 3b; 124 II 409 consid. 7 e rispettivi riferimenti giurisprudenziali nonché dottrinali). Per stabilire se ciò sia il caso, si può prendere spunto dal Messaggio del Consiglio federale relativo alla legge federale sulla parità dei sessi del 24 febbraio 1993, ove si osserva che, per valutare se un provvedimento può avere l'effetto di sfavorire una più forte proporzione di persone di un dato sesso, ci si deve scostare del caso concreto e considerare l'esperienza generale di vita e, se del caso, ricorrere a dati statistici (cfr. FF 1993 I 987 segg., segnatamente 1028). 
6.4 È indubbio che nel nostro Paese la condizione delle donne non è paragonabile a quella degli uomini sia dal profilo della formazione sia riguardo alla loro posizione nel mercato del lavoro. Anche se negli ultimi decenni vi sono stati progressi importanti (cfr. Elisabeth Bühler/ Corinna Heye, Avancée et stagnation dans la problématique de l'égalité entre hommes et femmes de 1970 à 2000; Ufficio federale di statistica, Neuchâtel 2005, pag. 18), ancora oggi sussistono delle disparità importanti tra i due sessi: per quanto concerne la formazione, la proporzione delle giovani, rispettivamente delle donne che portano a termine una formazione professionale dopo la scuola dell'obbligo, oppure che accedono a studi superiori o universitari è tuttora notevolmente inferiore a quella dei giovani, rispettivamente degli uomini, ciò che è dovuto, oltre che al genere di attività scelta, anche al fatto che le possibilità di formazione continua sono chiaramente più limitate nelle professioni dette tipicamente femminili che in quelle considerate tipicamente maschili (cfr. Elisabeth Bühler/Corinna Heye, op. cit., pag. 17). Per quanto riguarda poi l'inserimento nel mercato del lavoro occorre rammentare che lo statuto di genitore crea ulteriori disparità tra i due sessi: se la paternità, infatti, in via di principio non incide sul tempo che un uomo consacra al proprio lavoro e non influisce quindi di solito sulle sue possibilità di carriera professionale, la maternità ha sovente conseguenze negative per le donne: fintanto che i figli necessitano di cure, sono infatti generalmente loro che smettono di lavorare oppure optano per un'attività a tempo parziale per occuparsi della prole, con il risultato che, anche se non vengono escluse definitivamente dal mercato del lavoro, le loro possibilità di fare carriera vengono limitate in modo decisivo (cfr. Elisabeth Bühler/Corinna Heye, op. cit., pag. 28/29 e 38). È solo quando i figli acquisiscono una certa autonomia che elle, se intenzionate a (re)inserirsi nel mondo del lavoro, decidono di seguire una nuova formazione oppure di aggiornare le proprie conoscenze o gli studi seguiti nel passato. È quindi innegabile che queste donne (che si dedicano alla famiglia) possono essere (più) attive dal profilo professionale solo con un evidente ritardo rispetto agli uomini i quali, come accennato in precedenza, non interrompono di regola il loro percorso professionale per occuparsi dei figli. Le difficoltà riscontrate dalle donne nel conciliare famiglia e lavoro sono anche confermate dal fatto che in Svizzera sempre più donne (soprattutto quelle che hanno una formazione superiore) rinunciano ad avere figli proprio per non compromettere la loro carriera professionale (cfr. Elisabeth Bühler/ Corinna Heye, op. cit., pag. 64 seg.). Da quanto precede discende la chiara necessità di adottare provvedimenti sia in favore della famiglia che dell'uguaglianza tra donna e uomo, ciò che tuttavia non è oggetto della presente procedura. 
6.5 Occorre ora vagliare se la modifica normativa adottata dal Consiglio di Stato induce a una discriminazione vietata dall'art. 8 cpv. 3 Cost., rammentando all'uopo che, dal momento che il ricorso è rivolto contro un'atto di applicazione concreta della norma legale cantonale, se ne fosse accertata l'incostituzionalità, la stessa non comporta l'annullamento dell'art. 1b Rbst, peraltro nemmeno chiesto, ma solo della decisione del Consiglio di Stato che vi si fonda (DTF 132 I 153 consid. 3; 131 I 313 consid. 2.2 e rispettivi richiami). 
6.6 Nel caso concreto è ovvio che l'introduzione di un limite di età - ciò che di per sé costituisce un provvedimento neutro, dato che si applica a tutti i richiedenti - porta alla costituzione di due gruppi, ossia le persone di 40 anni e più che non hanno iniziato una formazione e quelle con meno di 40 anni o aventi già iniziato una formazione prima dell'anno scolastico 2004/2005 (cfr. art. 24 cpv. 5 Rbst). È ugualmente inconfutabile che il primo gruppo, ossia le persone di 40 anni e più che non hanno ancora iniziato una formazione, non può più beneficiare di assegni di studio a fondo perso, ma unicamente di prestiti di studio rimborsabili (cfr. art. 12 cpv. 1, ultima preposizione Rbst), salvo eccezioni (cfr. art. 12 cpv. 2 e 13 Rbst). Questo gruppo, senza vedersi preclusa la possibilità di seguire une formazione, risulta quindi penalizzato dal profilo finanziario. Al riguardo non è da escludere che per le donne appartenenti al medesimo possa essere più gravoso, rispetto agli uomini, rimborsare il prestito ottenuto. Da un lato perché se, prima di ottenere il prestito, avevano smesso di lavorare o ridotto la loro attività professionale per occuparsi della famiglia, elle non guadagnavano nulla o i loro redditi erano ridotti. Dall'altro perché è noto che, anche se sono qualificate e svolgono il medesimo lavoro, sovente le donne sono meno rimunerate degli uomini. Indipendentemente da ciò, è comunque chiaro che la modifica in esame introduce delle differenziazioni tra i due gruppi. Occorre ora esaminare se la stessa induce, come preteso dalla ricorrente, una discriminazione vietata dall'art. 8 cpv. 3 Cost. In proposito va rilevato in primo luogo che la ricorrente, sebbene assistita da un legale, non ha fornito cifre o dati statistici atti a corroborare le sue allegazioni. Questa Corte deve pertanto basarsi sui documenti in suo possesso, cioè i dati statistici elaborati dall'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi. Dalle citate tabelle emerge che sin dall'anno scolastico 1999/2000 (primo periodo per il quale si dispone d'informazioni dettagliate) le donne rappresentano circa il 60% dei richiedenti di 40 anni e più, più precisamente il 61.84% per l'anno scolastico 1999/2000, il 58.06% per il 2000/2001, il 60.00% per il 2001/ 2002, il 62.02% per il 2002/2003 e il 61.79% per il 2003/2004. Detta proporzione, come emerge dai citati dati statistici, non ha subito modifiche in seguito all'introduzione del limite di età litigioso: in effetti, nel 2004/2005 le donne di 40 anni e più costituivano il 61.61% dei richiedenti e, nel 2005/2006, il 59.78%. Per quanto concerne il 2005/2006 va poi precisato che tra le 43 persone a cui è stato rifiutato un assegno di studio per raggiunto limite d'età, 24 erano delle donne, di cui 7 non avrebbero in ogni caso potuto beneficiare di un assegno di studio (cioè per motivi indipendenti dal limite d'età). Orbene, in base a questi dati non risulta che la modifica in esame colpisca in misura preponderante le donne: non ne deriva pertanto una discriminazione proibita dall'art. 8 cpv. 3 Cost. 
Al riguardo si può osservare che la presente fattispecie presenta una differenza essenziale con i regolamenti sulle borse di ricerca del Fondo nazionale svizzero, ove sono stati soppressi i limiti di età per le donne. Innanzitutto va osservato che i limiti in questione, cioè 33 anni per le ricercatrici principianti e 35 anni per quelle avanzate, erano molto bassi trattandosi di scienziati i cui studi sono spesso molto lunghi. Va poi aggiunto che tale soppressione è stata limitata nel tempo (cioè inizio 2002 - fine 2007). Infine non va trascurata la disproporzione esistente tra i richiedenti di sesso maschile e femminile: ad esempio, per il 2005, per la categoria dei meno di 35 anni, sono state presentate 121 richieste di borse di studio, di cui 92 - cioè il 78% - provenivano da uomini e 29 - cioè il 22% rimanente - da donne. Le due fattispecie (quella ticinese e quella appena esposta) non sono quindi minimamente paragonabili. 
6.7 La ricorrente, in ciò seguita dall'UFU, incentra la maggior parte della sua argomentazione sul fatto che le persone discriminate dall'introduzione del limite d'età litigioso sarebbero sia le donne che hanno rinunciano temporaneamente ad un'attività professionale per dedicarsi alla famiglia sia quelle che devono occuparsi da sole dei figli (famiglie monoparentali). Nella fattispecie concreta, detta argomentazione, in gran parte appellatoria (cfr. art. 90 OG), non è tuttavia corroborata dai documenti in possesso di questa Corte: dai dati statistici forniti dall'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi emerge infatti che - per quanto concerne il 2005/2006 (ossia due anni dopo l'introduzione del limite d'età) - 6 delle 24 donne alle quali era stato rifiutato un assegno di studio erano nubili e senza famiglia a carico. E neanche una di queste faceva parte delle 7 donne le quali, indipendentemente dal limite di età, non avrebbero in ogni caso potuto beneficiare di un assegno di studio. 
6.8 Premesse queste considerazioni, i motivi addotti dal Consiglio di Stato a sostegno della modifica contestata cioè, vista l'impellente necessità di contenere le spese e di effettuare dei risparmi, l'avere deciso di evitare disagi supplementari ai giovani in formazione (dalla fine della scuola media sino alla conclusione degli studi accademici) limitando, di riflesso, l'accesso agli assegni di studio (e non alla formazione, dato che permane comunque la possibilità di ottenere un prestito di studio) alle persone che avrebbero già dovuto o potuto conseguire un'adeguata formazione non appaiano sprovvisti di fondamento e risultano oggettivi. È vero che la modifica in esame non è esente da difetti (si pensi alle difficoltà finanziarie che potrebbero derivarne per le persone con più di 40 anni) e che forse un'altra soluzione, che considerasse di più la situazione dei richiedenti, segnatamente delle donne con a carico la famiglia, o che prevedesse un'eccezione allorquando si tratta di una prima formazione, era ipotizzabile (cfr. ad esempio la legislazione bernese la quale, se prevede un limite di età più basso per ottenere una borsa di studio instaura però delle eccezioni, segnatamente per chi vuole inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro dopo un periodo consacrato alla famiglia [cfr. art. 14 cpv. 4 lett. a della "loi sur l'octroi de subsides de formation, du 18 novembre 2004"]. Oppure quella sangallese, la quale prevede anche delle eccezioni per chi ha avuto obblighi familiari, istituendo comunque che la nuova formazione deve poter essere esercitata durante un determinato lasso di tempo prima del pensionamento [cfr. art. 9 cpv. 1 lett. a e art. 10 del "Stipendienverordnung vom 13. Mai 2003"]). Sennonché dette mancanze non sono sufficienti per ritenere la modifica in questione incostituzionale. 
6.9 Per quanto concerne più concretamente la ricorrente, risulta dai dati forniti dall'Ufficio delle borse di studio e dei sussidi che la stessa, nata nel 1961, è separata e ha a carico due figli rispettivamente di 16 e 19 anni. Ella possiede il diploma d'infermiera odontoiatrica e, in quanto tale, ha lavorato dal 1976 al 1986, poi nel 1997, nel 1998 e dal 1999 al 2002. Nel 2002 ha frequentato un corso di collaboratrice sanitaria e nel 2002 ha assolto un corso occupazionale come ausiliaria di cura. Da quanto testé esposto emerge che quando la ricorrente ha presentato la propria richiesta di borsa di studio, i figli avevano largamente superato l'età in cui necessitano della presenza continua del genitore poiché non sufficientemente autonomi. Inoltre la sua situazione non le ha impedito di lavorare. Non sono quindi dati da vedere motivi - né peraltro la ricorrente stessa ne fa valere - che le avrebbero oggettivamente impedito di iniziare una formazione prima del 2004/ 2005. 
6.10 Da quel che precede discende che la modifica del regolamento sulle borse di studio adottata dal Consiglio di Stato ticinese nell'agosto 2004, e consistente nell'introdurre un limite d'età per potere beneficiare di un assegno di studio, non induce nei confronti della ricorrente una discriminazione indiretta, vietata dall'art. 8 cpv. 3 Cost. Al riguardo il ricorso si rivela infondato e va pertanto respinto. 
7. 
7.1 In conclusione, tenuto conto di tutto quanto sopra esposto, il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, dev'essere respinto. 
7.2 Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si concedono ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 1 e 2 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 1'200.-- è posta a carico della ricorrente. 
3. 
Comunicazione alla patrocinatrice della ricorrente e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo. 
Losanna, 14 maggio 2007 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: La cancelliera: