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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
2C_1053/2017  
 
 
Sentenza del 13 marzo 2018  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Aubry Girardin, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 
6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Permesso di dimora, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 30 ottobre 2017 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino 
(inc. 52.2016.220). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A partire dal 2005, la cittadina nigeriana A.________ ha risieduto in Italia. Giunta in Svizzera nel gennaio 2012, ha ottenuto un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato fino al 5 gennaio 2015, per permetterle di vivere col marito, titolare di un permesso di domicilio. Dalla loro unione sono nati due figli: B.________e C.________. 
Il 10 maggio 2015, il marito di A.________ ha informato il Servizio regionale degli stranieri competente che la comunione domestica era cessata. Il 14 luglio successivo, il Pretore ha autorizzato i coniugi a vivere separati, affidato i figli alla madre e concesso al padre un ampio diritto di visita, con l'obbligo di versare agli stessi un contributo alimentare. Sentiti qualche giorno più tardi dalla polizia cantonale, i coniugi hanno dichiarato di vivere separati dal maggio 2015 ed escluso una riconciliazione. 
 
B.   
In base a lla situazione descritta e constatato che lo scopo per il quale l'autorizzazione di soggiorno che le era stata conferita era venuto a cadere, il 13 agosto 2015 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni ha negato a A.________ il rinnovo del permesso di dimora assegnandole un termine per lasciare il territorio elvetico. 
Su ricorso, tale provvedimento è stato in seguito confermato, sia dal Consiglio di Stato che dal Tribunale cantonale amministrativo, espressosi in merito con sentenza del 30 ottobre 2017. 
 
C.   
Preso atto della pronuncia dei Giudici ticinesi, l'11 dicembre 2017 A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un "ricorso di diritto pubblico" con cui, come davanti alla Corte cantonale, chiede la concessione del rinnovo del permesso di dimora e l'esenzione dal versamento di un anticipo a copertura delle spese di procedura. 
La Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa ha fatto in sostanza rinvio anche la Sezione della popolazione. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio del Tribunale federale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto.  
 
1.2. Nel caso in esame, la ricorrente insorge davanti al Tribunale federale considerando in particolare di avere un diritto al rinnovo del permesso di dimora in base all'art. 50 LStr. Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, la causa sfugge all'eccezione citata. Se le condizioni per il rinnovo dell'autorizzazione litigiosa siano davvero date è una questione di merito (sentenze 2C_962/2016 del 31 gennaio 2017 consid. 1.2 e 2C_295/2016 del 10 giugno 2016 consid. 3.1).  
 
1.3. Diretta contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 2 e art. 90 LTF), e presentata nei termini (art. 45 in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) dalla destinataria della pronuncia contestata, con interesse ad insorgere (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa va quindi esaminata quale ricorso ordinario in materia di diritto pubblico ex art. 82 segg. LTF.  
 
2.  
 
2.1. In via generale, confrontato con una motivazione conforme all'art. 42 LTF, il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.4.1 pag. 254). Esigenze più severe valgono tuttavia in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali. In effetti, questa Corte esamina simili censure solo se sono sollevate in maniera precisa (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246).  
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Può scostarsene se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario. A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non può neanche tenere conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono in ogni caso essere posteriori al giudizio impugnato (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.).  
 
 
2.3. Considerato che la ricorrente non li mette in discussione, con una motivazione che ne provi un accertamento arbitrario, i fatti che emergono dalla querelata sentenza vincolano il Tribunale federale anche nel caso concreto (art. 105 cpv. 1 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; 133 Il 249 consid. 1.2.2 pag. 252). Inoltre, questa Corte non considererà neppure i documenti nuovi acclusi al ricorso: che portano date in parte precedenti, in parte successive al giudizio impugnato. Quelli con date successive violano in effetti il divieto di presentare nova in senso proprio (cosiddetti "echte nova"; art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343). Quelli con date precedenti non possono invece essere ammessi, siccome l'insorgente non dimostra per quali ragioni la loro produzione, volta a completare l'accertamento dei fatti, non poteva avvenire già davanti alle istanze cantonali.  
 
3.  
Negato un diritto al rinnovo del permesso sulla base dell'art. 42 e 49 LStr, il Tribunale amministrativo ticinese ha ritenuto che la ricorrente non potesse neppure ottenere il provvedimento richiesto sulla base dell'art. 50 LStr. 
 
3.1. Nel contestato giudizio, esso ha innanzitutto constatato l'assenza di un'integrazione avvenuta con successo (art. 50 cpv. 1 lett. a LStr). Richiamati gli art. 4 LStr, 77 dell'ordinanza sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa del 24 ottobre 2007 (OASA; RS 142.201) e 4 dell'ordinanza sull'integrazione degli stranieri del 24 ottobre 2007 (OIntS; RS 142.205), ha in proposito rilevato:  
che nei tre anni durante i quali ha vissuto in comunione domestica con il marito, la ricorrente non ha svolto nessuna attività lucrativa, ma che questo aspetto va relativizzato, poiché occorre tenere conto del fatto che, quando è giunta nel nostro Paese, aveva un figlio di tre mesi cui ba dare, un anno e cinque mesi più tardi è nato un secondo figlio e al sostentamento della famiglia provvedeva il consorte; 
che all'insorgente non può inoltre essere rimproverato il fatto che la sua famiglia abbia beneficiato di assegni famigliari integrativi e di prima infanzia, siccome si tratta di misure di politica familiare che non ricadono sotto il concetto di aiuto sociale; 
che, intervenuta la separazione, bisogna pure dare atto alla ricorrente degli sforzi intrapresi per procacciarsi un'attività lucrativa, visto che già il 1° aprile 2015 aveva trovato un lavoro quale ausiliaria di pulizie presso D.________, il 1° giugno successivo ha cominciato a lavorare presso E.________ e, dal novembre 2016, lavora in parallelo come domestica presso un privato; 
che l'integrazione professionale dell'insorgente non ha tuttavia nulla di eccezionale, in quanto tutte le attività svolte finora non le hanno permesso di evitare di percepire 90 indennità giornaliere da fr. 57.10 ciascuna (sulla base di un guadagno assicurato di fr. 1'549.--) e di dovere di recente fare capo all'assistenza pubblica (accumulando un debito che nell'agosto 2017 si attestava a fr. 15'020.65), di modo che la stessa adempie anche il motivo di revoca del permesso di dimora previsto all'art. 62 cpv. 1 lett. e LStr; 
che se, da una parte, l'insorgente ha osservato davanti al Tribunale amministrativo di avere la prospettiva di incrementare il numero di ore per poter rendersi economicamente autonoma, dall'altra, tale ipotesi era stata manifestata già nel settembre 2015; 
che, tenuto conto del peggioramento delle sue condizioni finanziarie, la prognosi affinché la ricorrente possa evitare di continuare a dipendere dall'aiuto sociale si rivela negativa e che, siccome non è in grado di conseguire un reddito che permetta di coprire i suoi consumi, non si può pertanto ritenere che l'insorgente si sia integrata con successo in Svizzera, come prevede la giurisprudenza federale. 
 
3.2. Constatata l'assenza di una sufficiente integrazione, il Tribunale cantonale amministrativo ha nel contempo osservato che il soggiorno non poteva nemmeno proseguire a causa di gravi motivi personali ex art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStr.  
 
4.   
Anche davanti al Tribunale federale, la ricorrente sostiene innanzitutto di essersi integrata a sufficienza. Tenuto conto della durata dell'unione coniugale, superiore a tre anni, considera quindi che le condizioni per un rinnovo del suo permesso di dimora sulla base dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr siano date. 
 
4.1. Giusta l'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr, dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare, il diritto del coniuge e dei figli al rilascio e alla proroga del permesso di dimora in virtù degli articoli 42 e 43 sussiste se l'unione coniugale è durata almeno tre anni e l'integrazione è avvenuta con successo; queste condizioni sono cumulative (DTF 140 II 289 consid. 3.5.3 pag. 295; 136 II 113 consid. 3.3.3 pag. 119).  
Per la durata dell'unione coniugale è determinante la sua sussistenza in Svizzera fino allo scioglimento della comunità familiare, che coincide di regola con quello della comunità domestica (DTF 136 II 113 consid. 3.2 pag. 115 segg.; sentenza 2C_635/2009 del 26 marzo 2010consid. 5.2). A norma dell'art. 77 cpv. 4 dell'ordinanza sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa del 24 ottobre 2007 (OASA; RS 142.201), l'integrazione è invece avvenuta con successo ai sensi dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr segnatamente se lo straniero: (a) rispetta i principi dello Stato di diritto e i valori della Costituzione federale; (b) manifesta la volontà di partecipare alla vita economica e di imparare la lingua nazionale parlata nel luogo di residenza. L'avverbio utilizzato nell'art. 77 cpv. 4 OASA segnala che neppure questo disposto definisce in modo esaustivo l'integrazione e che tale aspetto va in definitiva esaminato procedendo all'apprezzamento di ogni singolo caso. 
L'integrazione deve permettere a stranieri il cui soggiorno in Svizzera è legale e duraturo di partecipare alla vita economica, sociale e culturale (art. 4 cpv. 2 LStr; 134 II 1 consid. 4.1 pag. 4 seg.). A tal fine, occorre che essi si familiarizzino con la realtà sociale e le condizioni di vita in Svizzera, segnatamente imparando una lingua nazionale (art. 2 cpv. 4 LStr). 
Per negare un'integrazione riuscita a uno straniero con un impiego fisso, finanziariamente indipendente, che si comporta in modo corretto e conosce la lingua del luogo, ci vogliono dei motivi validi (sentenze 2C_749/2011 del 20 gennaio 2012 consid. 3.3; 2C_839/2010 del 25 febbraio 2011 consid. 7.1.2). Per il riconoscimento dell'avvenuta integrazione, una carriera qualificata non è necessaria e ad esso non osta nemmeno l'assenza di rapporti sociali particolarmente stretti (sentenze 2C_430/2011 dell'11 ottobre 2011 consid. 4.2 e 2C_839/2010 del 25 febbraio 2011 consid. 7.1.2). Non vi è invece integrazione riuscita quando una persona non consegue un reddito sufficiente a coprire i propri bisogni e dipende dall'aiuto sociale durante un periodo sostanziale (sentenza 2C_857/2010 del 22 agosto 2011 consid. 2.3.1; 2C_546/2010 del 30 novembre 2010 consid. 5.2.3 seg.). 
 
4.2. I diritti riconosciuti dall'art. 50 si estinguono se sussistono motivi di revoca secondo l'art. 62 (art. 51 cpv. 2 lett. b LStr). In questo contesto, l'art. 62 lett. e LStr statuisce che l'autorità può revocare i permessi, eccetto quelli di domicilio, e le altre decisioni se lo straniero o una persona a suo carico dipende dall'aiuto sociale (DTF 141 II 401 consid. 4.1 pag. 403; sentenze 2C_1228/2012 del 20 giugno 2013 consid. 2.1; 2C_406/2012 del 22 ottobre 2012 consid. 3.4 e 2C_150/2011 del 5 luglio 2011 consid. 2.6 con ulteriori rinvii).  
Diversamente da quanto previsto per la revoca di un permesso di domicilio (art. 63 cpv. 1 lett. c LStr), l'art. 62 lett. e LStr non richiede una dipendenza "durevole e considerevole" dall'aiuto sociale e questa differenza è voluta (messaggio dell'8 marzo 2002 relativo alla legge federale sugli stranieri, FF 2002 pag. 3327 segg., p.to 2.9.2, commento ad art. 62 LStr). Anche nell'ambito dell'art. 62 lett. e LStr occorre tuttavia applicare il principio di proporzionalità e tenere conto sia della durata del soggiorno, sia della colpa che può essere concretamente imputata allo straniero, per la situazione in cui si trova. Secondo giurisprudenza, una revoca o il mancato rilascio di un permesso non possono essere pronunciati già a causa di una situazione di povertà dovuta a una separazione rispettivamente a un divorzio, ma soltanto in presenza di un comportamento che è riconducibile allo straniero medesimo (sentenza 2C_1228/2012 del 20 giugno 2013 consid. 1.3 con ulteriori rinvii al messaggio relativo alla legge federale sugli stranieri e ai dibattiti parlamentari). 
La revoca o il mancato rinnovo del permesso di soggiorno a causa di problemi economici ha quale primo obiettivo quello di evitare che lo straniero faccia ulteriormente capo ad aiuti pubblici. Questo aspetto non può essere constatato con certezza; è necessario fondarsi sulla probabile evoluzione della sua situazione economica. 
Per ammettere il sussistere di un motivo di revoca giusta l'art. 62 lett. e LStr occorre un pericolo di dipendenza dall'aiuto sociale concreto; non si può basarsi su delle ipotesi (sentenze 2C_854/2015 del 2 marzo 2016 consid. 4.2; 2C_42/2011 del 23 agosto 2012 consid. 5.4; 2C_685/2010 del 30 maggio 2011 consid. 2.3.1 e 2.3.2). Oltre a tenere conto della situazione passata e di quella attuale va formulato un pronostico a più lunga scadenza (DTF 137 I 351 consid. 3.9 pag. 361; sentenza 2C_1228/2012 del 20 giugno 2013 consid. 2.3). Una revoca o un mancato rinnovo può essere preso in considerazione quando la persona ha ricevuto prestazioni di assistenza elevate e non è possibile contare sul fatto che possa in un futuro provvedere economicamente a se stessa (sentenza 2C_547/2017 del 12 dicembre 2017 consid. 3.1 e 2C_780/2013 del 2 maggio 2014 consid. 3.3.1). 
 
4.3. Ora però, proprio alla luce dei principi enunciati nei precedenti considerandi 4.1- 4.2, il diniego delle condizioni per un rinnovo del permesso di soggiorno della ricorrente sulla base dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr non può essere condiviso.  
 
4.3.1. In base ai fatti accertati nel giudizio impugnato, che vincolano anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), fino alla dissoluzione dell'unione coniugale i bisogni finanziari della famiglia venivano soddisfatti dal marito, mentre l'insorgente dava il proprio sostegno alla famiglia in natura, occupandosi dei figli.  
Correttamente, anche nel giudizio impugnato non viene quindi dato rilievo a tale aspetto. In effetti, nell'ambito dell'esame dell'avvenuta integrazione, la suddivisione dei ruoli scelta dalla coppia non deve penalizzare il coniuge attivo all'interno delle mura domestiche (sentenze 2C_963/2015 del 29 febbraio 2016 consid. 4.3 e 2C_602/2013 del 10 giugno 2014 consid. 5.2). 
 
4.3.2. Nel caso in esame, occorre d'altra parte osservare che dal momento della separazione, e addirittura ancor prima, l'insorgente ha intrapreso sforzi per procacciarsi un'attività lucrativa, trovando concretamente più di un impiego e ciò, nonostante dovesse in parallelo occuparsi di due figli in tenera età.  
Come emerge dal giudizio impugnato, quando i coniugi si sono separati, e la prole è stata affidata alla madre, il primo figlio aveva infatti tre anni e sette mesi, mentre il secondo ne aveva appena due. 
 
4.3.3. Ritenuto come non risulti che l'insorgente abbia mai violato l'ordine giuridico svizzero e la Corte cantonale nemmeno mette in evidenza lacune nella conoscenza della lingua italiana, occorre quindi concludere che il requisito dell'integrazione sia nella fattispecie dato e che il diritto al rinnovo del permesso di soggiorno in base all'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr debba essere ammesso.  
In effetti, anche il debito di fr. 15'020.65 accumulato fino ad agosto 2017 nei confronti dell'ente pubblico non può qui giocare nessun ruolo decisivo in quanto, come risulta dalla querelata sentenza, la dipendenza dall'aiuto sociale è stata di natura puntuale, non invece sostanziale, come richiesto dalla giurisprudenza (precedente consid. 4.1; sentenze 2C_857/2010 del 22 agosto 2011 consid. 2.3.1 e 2C_546/2010 del 30 novembre 2010 consid. 5.2.3 seg.). 
 
4.3.4. Sempre alla luce dell'entità del sostegno sociale che la ricorrente ha ricevuto, a maggior ragione non è infine dato un motivo di revoca giusta l'art. 62 lett. e LStr, quindi un motivo per negare il diritto al rinnovo del permesso sulla base dell'art. 51 cpv. 2 lett. b LStr. Come rammentato (precedente consid. 4.2), la giurisprudenza permette infatti di prendere in considerazione una revoca o un mancato rinnovo del permesso di soggiorno giusta l'art. 62 lett. e LStr solo quando il suo titolare ha ricevuto prestazioni assistenziali elevate, ciò che non è il caso nella fattispecie che ci occupa.  
In relazione all'applicazione dell'art. 62 lett. e LStr va poi attirata l'attenzione sul fatto che, anche davanti all'erogazione di prestazioni assistenziali elevate, le autorità sono tenute a tener conto del principio della proporzionalità, ciò che in un contesto come quello in esame comporta tra l'altro di considerare che la situazione di bisogno è da ricondurre non già a uno specifico atteggiamento dello straniero, bensì alla separazione di due coniugi, che in simili circostanze occorre accordare alla persona che si era sin lì occupata dell'economia domestica un congruo periodo di tempo per permetterle un reinserimento professionale, ecc. (riguardo a questi e ad altri aspetti, cfr. la già citata sentenza 2C_1228/2012 del 20 giugno 2013 consid. 5). 
 
5.  
 
5.1. Per quanto precede, il ricorso dev'essere accolto senza che occorra esprimersi sulle ulteriori censure sollevate, relative al mancato riconoscimento di gravi motivi personali che rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera ai sensi dell'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr. La sentenza impugnata va annullata e la causa rinviata alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, che ha deciso in prima istanza (art. 107 cpv. 2 LTF), affinché rilasci un permesso di dimora alla ricorrente.  
 
5.2. Da parte sua, il Tribunale amministrativo dovrà nuovamente esprimersi sulle spese e sulle ripetibili della sede cantonale (art. 68 cpv. 5 e art. 107 cpv. 2 LTF; sentenze 2C_600/2014 del 27 ottobre 2015 consid. 7 e 2C_173/2011 del 24 giugno 2011 consid. 6.2).  
 
5.3. Soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF). La ricorrente è stata assistita da un giurista che non dispone del brevetto di avvocato. Un'indennità per ripetibili per la sede federale può pertanto esserle riconosciuta giusta l'art. 68 cpv. 1 e 2 LTF in relazione con l'art. 9 del regolamento sulle spese ripetibili accordate alla parte vincente e sull'indennità per il patrocinio d'ufficio nelle procedure davanti al Tribunale federale (RS 173.110.210.3; sentenze 2C_600/2014 del 27 ottobre 2015 consid. 7 e 2C_546/2013 del 5 dicembre 2013 consid. 5). Di conseguenza, per quanto sia da intendere come tale, la domanda di assistenza giudiziaria presentata davanti al Tribunale federale va considerata priva di oggetto (sentenza 2C_182/2012 del 18 luglio 2012 consid. 6.3).  
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Il ricorso è accolto e la sentenza del 30 ottobre 2017 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino è annullata. La causa viene rinviata alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, affinché rilasci un permesso di dimora alla ricorrente. 
 
2.   
Non vengono prelevate spese. 
 
3.   
Lo Stato del Cantone Ticino verserà alla ricorrente un'indennità di fr. 1'500.-- per ripetibili della sede federale. 
 
4.   
La causa è nel contempo rinviata al Tribunale cantonale amministrativo per nuova decisione sulle spese e sulle ripetibili per la sede cantonale. 
 
5.   
Comunicazione al rappresentante della ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché alla Segreteria di Stato della migrazione. 
 
 
Losanna, 13 marzo 2018 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
Il Cancelliere: Savoldelli