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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2A.422/2003 /bom 
 
Sentenza dell'8 luglio 2004 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Hungerbühler, giudice presidente, 
Müller e Merkli, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
A.________, 
ricorrente, patrocinato dall'avv. Cesare Lepori, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
revoca del permesso di domicilio, 
ricorso di diritto amministrativo contro la sentenza 
del 2 luglio 2003 del Tribunale amministrativo 
del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
Colpito il 16 marzo 1994 da un divieto d'entrata in Svizzera della durata di due anni per gravi infrazioni alle prescrizioni di polizia degli stranieri, il cittadino dominicano A.________ (1972) è rientrato illegalmente nel nostro paese il 5 maggio 1995. Il 17 maggio successivo si è sposato, a Cresciano, con la cittadina elvetica di origine dominicana B.________ (1960). Per vivere assieme alla moglie, è stato posto al beneficio di un permesso di dimora annuale, in seguito regolarmente rinnovato finché, l'8 novembre 2001, gli è stato rilasciato un permesso di domicilio. 
 
Interrogato dalla polizia cantonale il 22 novembre 2002, l'interessato ha dichiarato che conviveva dal 16 luglio 2001 con la connazionale C.________, conosciuta nel 1996 e dalla quale aveva avuto due figli, nati il 24 marzo 1997, rispettivamente il 18 gennaio 2000. La convivente, sentita separatamente, ha confermato tali fatti. In relazione alla sua situazione personale, ha precisato di essere sposata dal dicembre 1998 con un cittadino svizzero, con cui aveva tuttavia vissuto per pochi mesi, ed ha aggiunto che le era stato intimato di lasciare il territorio svizzero entro il 31 dicembre 2002. 
B. 
Fondandosi sulla situazione testé esposta, con decisione dell'11 dicembre 2002 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha revocato il permesso di domicilio di A.________. In sostanza, l'autorità ha ritenuto che tale permesso fosse stato ottenuto sottacendo fatti essenziali per il suo rilascio, così come per i precedenti rinnovi del permesso di dimora, dal momento che il matrimonio con una cittadina svizzera esisteva solo formalmente sin dal 1996. 
 
La decisione, spedita per raccomandata, non è stata ritirata. Sostenendo di esser stato in vacanza, il 30 dicembre 2002 l'interessato ha chiesto all'autorità che gli venisse nuovamente inviata. La stessa gli è infine stata consegnata personalmente il 13 gennaio 2003 presso l'Ufficio regionale degli stranieri di Locarno. 
 
Adito con ricorso del 24 gennaio 2003, il 25 marzo seguente il Consiglio di Stato ticinese l'ha dichiarato irricevibile, siccome tardivo. In via abbondanziale ha osservato che, per le ragioni addotte dall'autorità inferiore, lo stesso sarebbe comunque stato infondato nel merito. Impugnata dall'interessato, la pronuncia governativa è stata confermata dal Tribunale cantonale amministrativo il 2 luglio 2003. 
C. 
Il 15 settembre 2003 A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo, con cui chiede l'annullamento del giudizio cantonale e la conferma del suo permesso di domicilio. Con istanza del 23 settembre 2003 domanda inoltre di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. Censura, in sintesi, la violazione dei principi che disciplinano la notifica di atti giudiziari, nonché degli art. 29 cpv. 2 Cost. e 9 cpv. 4 lett. a della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20). 
 
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale amministrativo, senza formulare osservazioni, ha chiesto la conferma del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato e l'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione hanno proposto la reiezione del gravame. 
D. 
Con decreto presidenziale del 7 ottobre 2003 è stata accolta l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame. 
 
Diritto: 
1. 
In ambito di polizia degli stranieri, le decisioni di ultima istanza cantonale concernenti, come in concreto, la revoca di permessi di domicilio sono impugnabili al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo, indipendentemente dalla sussistenza di un diritto all'ottenimento di simili permessi (art. 101 lett. d e 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG; DTF 119 Ib 417 consid. 2a; sentenza 2A.432/2002 del 5 febbraio 2003, consid. 1; Alain Wurzburger, La jurisprudence récente du Tribunal fédéral en matière de police des étrangers, in: RDAF 53/1997 pag. 267 segg., in part. pag. 325). 
Secondo la prassi, tale rimedio è parimenti esperibile se un'autorità cantonale di ricorso dichiara un gravame inammissibile in base al diritto cantonale di procedura, allorquando, ove fosse entrata nel merito, avrebbe dovuto applicare il diritto materiale federale; la decisione d'irricevibilità è infatti suscettibile di ostacolare la corretta applicazione del diritto federale (DTF 127 II 264 consid. 1a; 123 I 275 consid. 2c). Nel caso specifico, è pertanto irrilevante che il Tribunale amministrativo, pur procedendo ad un esame abbondanziale del merito della vertenza, abbia primariamente tutelato la decisione di inammissibilità pronunciata dal Consiglio di Stato sulla base delle regole procedurali cantonali concernenti la notifica di atti giudiziari e la decorrenza dei termini di ricorso. 
 
Tempestivo (art. 106 cpv. 1 OG) e presentato nelle dovute forme (art. 108 cpv. 2 OG) da una persona legittimata ad agire (art. 103 lett. a OG), il presente gravame è di conseguenza ammissibile. 
2. 
Con il ricorso di diritto amministrativo, può essere fatta valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere di apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso, il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 126 III 431 consid. 3; 123 II 385 consid. 3). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. Mediante tale rimedio può essere inoltre censurato l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Considerato comunque che, nel caso di specie, la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). 
3. 
Nella fattispecie in esame, controversa è, in primo luogo, la tempestività dell'impugnativa interposta dal ricorrente dinanzi al Consiglio di Stato ticinese il 24 gennaio 2003 contro la decisione di revoca del permesso emanata l'11 dicembre 2002 dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione. Determinante è stabilire se la notificazione della decisione è validamente avvenuta a seguito del suo immediato invio per raccomandata oppure se il termine di ricorso ha cominciato a decorrere soltanto con la consegna diretta della risoluzione il 13 gennaio 2003. 
3.1 Secondo consolidata giurisprudenza del Tribunale federale, quando il tentativo di intimazione di un invio raccomandato si rivela infruttuoso e, di conseguenza, viene emesso un avviso di ritiro nella bucalettere del destinatario, l'invio è validamente notificato quando viene ritirato alla Posta. Se ciò non avviene entro il termine di ritiro, corrispondente a sette giorni, l'invio viene ritenuto notificato l'ultimo giorno di questo termine, nella misura in cui il destinatario doveva prevedere un'intimazione (cosiddetta "Zustellungsfiktion"; DTF 127 I 31 consid. 2a/aa; 123 III 492 consid. 1; 119 V 89 consid. 4b/aa; sentenza 2A.558/ 2000 del 29 gennaio 2001, in: RDAT II-2001 n. 12, consid. 3b/aa). Questa finzione trova giustificazione nell'obbligo che incombe alle parti ad un procedimento di adoperarsi affinché possano venir loro intimati gli atti giudiziari, obbligo che discende dal principio della buona fede. Si tratta dunque di un'incombenza che presuppone l'esistenza di un rapporto processuale (DTF 119 V 89 consid. 4b/aa; 116 Ia 90 consid. 2a; sentenza 2A.234/2001 del 15 febbraio 2002, in: Pra 2002 n. 100 pag. 579, consid. 2.2). 
3.2 La Corte cantonale ha ritenuto che, dopo essere stato interrogato dalla polizia il 22 novembre 2002, il ricorrente avrebbe dovuto attendersi di ricevere un atto formale da parte delle autorità. Egli sarebbe infatti stato cosciente che la sua convivente doveva lasciare il territorio svizzero entro la fine del medesimo anno e che il suo permesso era stato ottenuto perché sposato da oltre cinque anni con un'altra donna, cittadina svizzera. Gli sarebbe perciò toccato l'obbligo di prendere le misure necessarie affinché la corrispondenza potesse essergli notificata, eventualmente tramite terze persone, anche in sua assenza. Il termine d'impugnazione avrebbe pertanto iniziato a decorrere alla scadenza della giacenza della raccomandata presso l'ufficio postale. 
3.3 Benché sulla questione litigiosa il potere d'esame del Tribunale federale sia limitato all'arbitrio anche nell'ambito di un ricorso di diritto amministrativo, essendo i principi testé esposti applicati, per analogia, a titolo di diritto cantonale di procedura (DTF 128 II 259 consid. 1.5; 125 II 1 consid. 2a; 116 Ia 90 consid. 2b; sulle relative esigenze di motivazione: DTF 123 II 359 consid. 6b/bb; DTF 129 II 82 consid. 1.3, non pubblicato), l'argomentazione del Tribunale amministrativo non può essere condivisa. Intanto nei confronti dell'insorgente non era pendente alcun procedimento presso le autorità di polizia degli stranieri. In quanto titolare di un permesso di domicilio, egli non aveva più l'obbligo di dover sollecitare periodicamente il rinnovo della sua autorizzazione di soggiorno, situazione, quest'ultima, in cui avrebbe fors'anche potuto attendersi di ricevere comunicazioni ufficiali. Di per sé stessa, una semplice verbalizzazione nell'ambito di accertamenti di polizia non fonda inoltre un rapporto processuale da cui possa discendere la prevedibilità della notifica di atti giudiziari (DTF 116 Ia 90 consid. 2c/aa). Nel caso specifico, nel corso dell'interrogatorio del 22 novembre 2002 al ricorrente non è peraltro stata prospettata l'adozione di provvedimenti nei suoi confronti. L'atto istruttorio non è stato esperito a tale scopo, bensì, come rilevato dal Consiglio di Stato nella propria decisione, al fine di valutare la domanda di rilascio di un permesso di dimora annuale formulata dalla figlia minore e dalla convivente. Nemmeno l'ordine di partenza impartito a quest'ultima, mai al beneficio di un'autorizzazione di domicilio, doveva indurre il ricorrente ad attendersi personalmente una decisione formale: dal profilo della polizia degli stranieri il loro statuto era infatti diverso e non necessariamente correlato. Infine, anche se l'insorgente avesse effettivamente ottenuto il permesso di domicilio sottacendo fatti essenziali o fornendo false indicazioni - aspetto che verrà esaminato più avanti - la revoca dello stesso non poteva apparire tanto probabile da fondare l'obbligo di adoperarsi per permettere la consegna di atti amministrativi. 
3.4 Il ricorrente sostiene di essersi attivato per entrare in possesso della decisione di revoca non appena saputo della sua pronuncia, al rientro dalle vacanze. Aggiunge di averne appreso l'esistenza in quanto il provvedimento era stato menzionato dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione in uno scritto indirizzato il 16 dicembre 2002 al patrocinatore che, per conto della convivente e della loro figlia, aveva chiesto una proroga del termine di partenza. Egli avrebbe pertanto rispettato il principio della buona fede processuale, che impone al destinatario di un atto, al quale lo stesso non è stato notificato, ma che ne conosce l'esistenza, di intraprendere senza indugio i passi necessari, onde salvaguardare i propri diritti (DTF 127 II 227 consid. 1b; 119 Ib 64 consid. 3b; 112 Ib 417 consid. 2d; sentenza 2P.144/1998 del 14 giugno 1999, in: RDAT II-1999 n. 19t, consid. 4b/bb). Ora, indipendentemente dalla sua eventuale assenza, l'invito a rinviargli l'atto, formulato dall'insorgente il 30 dicembre 2002, è comunque intervenuto nello spazio di una dozzina di giorni dalla comunicazione al suddetto avvocato, avvenuta, per di più, proprio nell'imminenza delle festività natalizie e delle ferie giudiziarie. Il legale poteva peraltro legittimamente ritenere di non dover avvertire l'interessato, che non aveva mai patrocinato in questioni di diritto degli stranieri, presupponendo che fosse già stato informato direttamente. Il comportamento del ricorrente appare quindi corretto e il suo interessamento alla vertenza tempestivo. Del resto, nemmeno la Corte cantonale gli ha rimproverato di aver disatteso le regole della buona fede sotto questo aspetto, mentre ha censurato piuttosto il fatto che la risoluzione sia infine stata ritirata soltanto il 13 gennaio 2003. Il momento della consegna è stato tuttavia determinato, essenzialmente, dai tempi e dalle modalità adottate dall'autorità cantonale; non risulta peraltro che si sia dovuto sollecitare il ricorrente affinché si presentasse all'Ufficio regionale degli stranieri. 
3.5 In definitiva, la decisione di revoca del permesso di domicilio è pertanto stata validamente notificata soltanto il 13 gennaio 2003. La deduzione della Corte cantonale, che ha ritenuto intempestivo il gravame presentato al Consiglio di Stato il 24 gennaio seguente, deriva dunque da un'applicazione insostenibile dei principi che reggono l'intimazione degli atti amministrativi. Questa conclusione non comporta comunque necessariamente l'accoglimento dell'impugnativa: seppur a titolo abbondanziale, entrambe le istanze ricorsuali cantonali hanno infatti esaminato anche gli aspetti di merito della controversia, tutelando pure da questo profilo la risoluzione dipartimentale. Ad analoga verifica si procede perciò anche in questa sede. 
4. 
4.1 Giusta l'art. 7 cpv. 1, 1° periodo LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Egli abusa tuttavia di tale diritto se si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a). Se non è il caso, dopo una dimora regolare e ininterrotta di cinque anni, ha diritto al permesso di domicilio (art. 7 cpv. 1, 2° periodo LDDS). Quest'ultima autorizzazione non è limitata nel tempo e conferisce allo straniero un diritto proprio ed indipendente a risiedere in Svizzera. Ne consegue che determinante è sapere se un eventuale abuso di diritto sussiste prima della scadenza dei cinque anni (DTF 121 II 97 consid. 4c) e che il permesso di domicilio non si estingue automaticamente con la fine della relazione coniugale, ma può semmai soltanto venir revocato. La revoca di questo genere di decisioni non va valutata secondo i principi generali, ma in funzione delle particolari condizioni poste dall'art. 9 cpv. 4 LDDS (DTF 112 Ib 161 consid. 3, 473 consid. 2; sentenza 2A.511/2001 del 10 giugno 2002, in: Pra 2002 n. 163 pag. 874, consid. 2.2). 
 
4.2 Secondo l'art. 9 cpv. 4 lett. a LDDS, il permesso di domicilio può essere revocato quando lo straniero l'abbia ottenuto dando indicazioni false o tacendo scientemente dei fatti d'importanza essenziale. La revoca presuppone che l'interessato abbia intenzionalmente fornito informazioni inveritiere o taciuto su circostanze determinanti, nell'intento di ottenere con ciò il permesso di domicilio (DTF 112 Ib 473 consid. 3b; sentenza 2A.432/2002 del 5 febbraio 2003, consid. 2.1). L'art. 3 cpv. 2 LDDS impone allo straniero di informare esattamente l'autorità di tutte le circostanze che hanno importanza decisiva per la concessione del permesso. Egli non è liberato da tale obbligo nemmeno nel caso in cui gli organi preposti, dando prova della necessaria diligenza, avrebbero potuto accertare essi stessi i fatti rilevanti (sentenza 2A.511/2001 del 10 giugno 2002, in: Pra 2002 n. 163 pag. 874, consid. 3.2; sentenza 2A.551/2003 del 21 novembre 2003, consid. 2.1). L'autorità, prima di concedere il permesso di domicilio, è comunque tenuta ad esaminare ancora una volta a fondo come lo straniero si sia comportato fino ad allora (art. 11 cpv. 1 dell'ordinanza d'esecuzione della LDDS, del 1° marzo 1949; ODDS; RS 142.201). Importanti non sono soltanto le circostanze su cui sono state espressamente poste delle domande al momento del rilascio del permesso, ma anche i fatti di cui l'istante deve conoscere la rilevanza ai fini della decisione (sentenza 2A.57/2002 del 20 giugno 2002, in: Pra 2002 n. 165 pag. 889, consid. 2.2; sentenza 2A.551/2003 del 21 novembre 2003, consid. 2.1). Tra questi figurano l'intenzione di porre fine ad una relazione coniugale o di avviarne una nuova, così come l'esistenza di figli nati fuori dal matrimonio (sentenza 2A.511/2001 del 10 giugno 2002, in: Pra 2002 n. 163 pag. 874, consid. 3.3-3.5; sentenza 2A.551/2003 del 21 novembre 2003, consid. 2.1; sentenza 2A.366/1999 del 16 marzo 2000, consid. 3c). L'ottenimento fraudolento del permesso di domicilio può risultare anche dalla falsità o dall'incompletezza delle indicazioni su cui l'autorità si è fondata in un primo tempo per rilasciare il permesso di dimora e che, in mancanza di precisazioni ulteriori, sono risultate determinanti anche per il suo rinnovo e per la concessione dell'autorizzazione di domicilio. Decisivo non è per contro il fatto che informazioni corrette ed esaustive avrebbero indotto a negare il permesso (sentenza 2A.551/2003 del 21 novembre 2003, consid. 2.1; sentenza 2A.432/2002 del 5 febbraio 2003, consid. 3.5). La sussistenza di un motivo di revoca non comporta comunque necessariamente l'adozione di tale provvedimento; nella relativa pronuncia vanno infatti adeguatamente ponderate le particolari circostanze di ogni singolo caso (DTF 112 Ib 473 consid. 4 e 5; cfr. anche le sentenze inedite sopraccitate). 
 
4.3 In concreto, il ricorrente si oppone alla revoca adducendo che l'autorità di prime cure era perfettamente a conoscenza della sua situazione personale, quando gli ha rilasciato il permesso di domicilio. Benché l'esame del fascicolo allestito dalla Sezione dei permessi e dell'immigrazione susciti effettivamente delle perplessità sulla gestione della pratica, questa tesi non può comunque essere condivisa. 
4.3.1 Agli atti figurano invero svariati indizi, quali segnalazioni interne o risultanze di altre procedure, che avrebbero oggettivamente dovuto indurre ad esperire degli accertamenti, in base ai quali sarebbe emersa in maniera eloquente la vera realtà familiare del ricorrente. Perlomeno già dal mese di gennaio del 2000 l'autorità dipartimentale disponeva, per via indiretta, di indicazioni sul turbamento dei rapporti del medesimo con la moglie svizzera ed anche sulla sua relazione con C.________ e sulla paternità dei figli di quest'ultima. Ciononostante, il ricorrente non è mai stato interrogato in proposito, né sono mai state promosse verifiche d'altro genere. Nemmeno quando ha chiesto il rilascio del permesso di domicilio, il 6 maggio 2001, egli è stato sentito e i sospetti approfonditi, disattendendo indubbiamente le incombenze d'esame che s'imponevano, a questo stadio, in virtù dell'art. 11 cpv. 1 ODDS
4.3.2 La rilevata attitudine dell'autorità non giova tuttavia (più) al ricorrente, il quale, da parte sua, ha in ogni caso dato indicazioni false e taciuto fatti che certamente sapeva essenziali. Basti considerare che in più occasioni, da ultimo chiedendo l'autorizzazione di domicilio, sul formulario "avviso di scadenza (Permesso B)" ha sempre segnalato che la moglie, cittadina svizzera, viveva al suo stesso indirizzo. Egli era senza dubbio consapevole che soltanto a questa condizione avrebbe avuto diritto al rinnovo del permesso di dimora e, successivamente, al rilascio di quello di domicilio. Le informazioni fornite erano comunque palesemente false. Sin dal 1996, dopo circa un anno di matrimonio, egli intratteneva infatti una solida relazione con un'altra donna, dalla quale ha anche avuto due figli. Si era parimenti separato dalla moglie, la quale per diverso tempo si era addirittura trasferita a Santo Domingo. Di questi fatti egli non ha mai avvertito le autorità di polizia degli stranieri, ma non poteva certo ignorare i doveri che gli incombevano in tal senso, agendo, se del caso, anche di sua spontanea iniziativa, perlomeno in occasione dei vari rinnovi dell'autorizzazione di soggiorno. Come osservato, far passare sotto silenzio circostanze di questo tipo è un'omissione suscettibile di comportare la revoca del permesso di domicilio. Poco importa che, dando prova della necessaria diligenza, l'autorità avrebbe comunque potuto constatare la reale vita parallela del ricorrente e che, in tale evenienza, avrebbe certamente respinto le sue istanze, siccome manifestamente abusive dal profilo dell'art. 7 LDDS. Certo, la revoca di decisioni può risultare inammissibile anche se le stesse si rivelano materialmente infondate; all'interessato non devono comunque essere imputabili false indicazioni o silenzi intenzionali su fatti determinanti, come è invece il caso in concreto (sentenza 2A.57/2002 del 20 giugno 2002, in: Pra 2002 n. 165 pag. 889, consid. 2.2; sentenza 2A.46/2002 del 23 maggio 2002, consid. 3.4). Della doppia vita del ricorrente l'autorità ha compiutamente appreso soltanto con gli interrogatori del 22 novembre 2002. Solo a questo momento egli ha infatti riconosciuto la sua relazione extraconiugale e la sua doppia paternità, confidando, invero eccessivamente, nelle garanzie che gli offriva lo statuto di domiciliato. Per queste ragioni le condizioni oggettive per procedere alla revoca del permesso di domicilio risultano pertanto adempiute. 
4.3.3 Il ricorrente è nato e cresciuto a Santo Domingo ed è giunto in Svizzera già in età adulta. Colpito da un divieto d'entrata nel nostro paese, vi è tornato illegalmente nel 1995 per convolare a nozze con una cittadina svizzera dopo qualche giorno. Egli ha deliberatamente fornito alle autorità di polizia degli stranieri false indicazioni su fatti essenziali durante parecchi anni, assumendo tale comportamento relativamente presto dopo le nozze, allo scopo di garantirsi il diritto di soggiornare in Svizzera. Il suo matrimonio, sciolto anche formalmente nel corso del 2003, è stato realmente vissuto per non più di un anno all'incirca. Nel nostro paese egli non ha più legami familiari o affettivi, dal momento che la sua convivente, la quale si è pure abusivamente prevalsa di un matrimonio di facciata con un cittadino svizzero, ha dovuto lasciare la Svizzera per ordine delle autorità, unitamente alla figlia minore, alla fine del 2002. L'altro figlio, così come il resto della sua famiglia, vive tuttora nel paese natio. Benché il ricorrente sia attivo professionalmente, peraltro senza qualifiche particolari, il suo rientro in patria appare quindi esigibile. La revoca del permesso di domicilio non viola perciò il principio di proporzionalità. 
4.4 È infine vero che l'autorità di prime cure ha adottato la decisione di revoca senza interpellare preventivamente l'insorgente. Tuttavia, anche se avesse in tal modo disatteso il suo diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), la violazione sarebbe comunque stata sanata mediante il procedimento ricorsuale dinanzi al Consiglio di Stato, autorità dotata di pieno potere di cognizione, dove il ricorrente ha potuto esaminare gli atti ed esprimersi compiutamente (DTF 129 I 129 consid. 2.2.3; 126 I 68 consid. 2; 125 V 368 consid. 4c/aa; 124 V 389 consid. 5a). Anche da questo profilo, la decisione impugnata resiste quindi alle censure ricorsuali. 
5. 
5.1 Sulla scorta delle considerazioni che precedono, il ricorso va pertanto respinto e il giudizio impugnato confermato. 
5.2 Indipendentemente dalla questione della tempestività del gravame presentato dinanzi al Consiglio di Stato, nella sostanza l'impugnativa appariva fin dall'inizio priva di possibilità di esito favorevole. Inoltre il solo fatto che il ricorrente sia stato posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria nell'ambito della procedura di divorzio il 25 gennaio 2002, come arguito nella specifica istanza, non dimostra ancora necessariamente la sua indigenza. In questa sede la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio deve perciò essere respinta (art. 152 OG). Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG). 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è respinta. 
3. 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente. 
4. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione. 
Losanna, 8 luglio 2004 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il giudice presidente: Il cancelliere: