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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_1018/2022  
 
 
Sentenza del 30 maggio 2023  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Aubry Girardin, Presidente, 
Donzallaz, Ryter, 
Cancelliera Ieronimo Perroud. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione della popolazione, 6501 Bellinzona, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Rifiuto del rinnovo del permesso di dimora e rinvio 
dalla Svizzera, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 14 novembre 2022 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (52.2021.135). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. Dopo aver beneficiato di permessi di dimora temporanei L (1° settembre 1999 - 31 agosto 2000) A.A.________, cittadina ucraina (1974), si è sposata nel suo paese di origine con un cittadino svizzero, B.A.________, ragione per cui ha potuto entrare nel nostro Paese e vi ha ottenuto un permesso di dimora valido fin al 31 agosto 2001. Nel corso del 2001 A.A.________ è tornata in Ucraina dove è nata la figlia C.________, cittadina svizzera. I coniugi A.________, i quali non hanno mai ricomposto la comunione domestica, hanno divorziato il 16 settembre 2016. A.A.________ ha un'altra figlia, anche lei cittadina ucraina, nata da una precedente relazione.  
 
A.b. Il 25 marzo 2014 A.A.________ è tornata in Svizzera con la figlia C.________ dove, considerata la cittadinanza elvetica e l'età della bambina, è stata posta al beneficio di un permesso di dimora per casi particolarmente gravi. L'autorizzazione di soggiorno è stata regolarmente rinnovata fino al 24 marzo 2020.  
Nel corso del 2015 la figlia primogenita e la madre di A.A.________ sono a loro volta entrate in Svizzera ove sono state poste al beneficio di un permesso F (stranieri ammessi provvisoriamente). 
Il matrimonio celebrato in Italia il 7 dicembre 2019 tra A.A.________ e un suo connazionale, il quale non ha mai ottenuto un'autorizzazione di soggiorno nel nostro Paese, è stato sciolto per divorzio il 14 ottobre 2021. 
 
A.c. A.A.________ è caduta a carico della pubblica assistenza a partire dal mese di luglio 2014. Ha inoltre interessato le autorità giudiziarie penali, essendo stata condannata con decreto d'accusa del 2 febbraio 2106 del Ministero pubblico a una pena pecuniaria di 15 aliquote giornaliere di fr. 30.-- cadauna, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di tre anni, e a una multa di fr. 100.-- poiché giudicata colpevole di guida in stato di inattitudine (avendo circolato il 20 settembre 2015 in stato di ebrietà, con un'alcolemia minima di 1.12 g/kg - massima 1.84 g/kg). Per questi motivi è stata formalmente ammonita il 24 novembre 2015, rispettivamente il 10 giugno 2016 dalla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, con l'avvertenza che se dovesse continuare a percepire prestazioni sociali o infrangere nuovamente l'ordine pubblico, sarebbe stata valutata l'opportunità di revocare la sua autorizzazione di soggiorno.  
Il 19 settembre 2019 la figlia svizzera di A.A.________ è diventata maggiorenne. 
Con decreto d'accusa del 29 settembre 2020 del Ministero pubblico A.A.________ è stata condannata a una multa di fr. 100.-- per danneggiamento di lieve entità (deterioramento di materiale presso la Gendarmeria di X.________). 
 
B.  
 
B.a. Preso atto che A.A.________, malgrado fosse stata ammonita due volte, continuava a far capo alla pubblica assistenza (il debito nei confronti dello Stato ammontante all'epoca a fr. 128'311.50), il 27 luglio 2020 la Sezione della popolazione l'ha informata della sua intenzione di volere rivalutare la sua situazione. Dopo averle dato la possibilità di determinarsi detta autorità ha rifiutato, il 28 agosto 2020, di rinnovarle il permesso di dimora e le ha fissato nel contempo un termine al 30 ottobre successivo per lasciare la Svizzera.  
 
B.b. La decisione della Sezione della popolazione è stata confermata su ricorso dapprima il 3 marzo 2021 dal Consiglio di Stato (il quale ha, tra l'altro, rilevato che il debito nei confronti dello Stato superava ormai i fr. 134'399.05) e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 14 novembre 2022.  
Rammentato che non esisteva alcun trattato tra la Svizzera e l'Ucraina di cui dedurre un diritto ad un permesso di soggiorno, la Corte cantonale ha osservato che l'insorgente non poteva appellarsi all'art. 8 CEDU né dal profilo del rispetto della vita famigliare (la figlia, di nazionalità svizzera, era ormai maggiorenne e non sussisteva tra di loro un rapporto di qualificata dipendenza) né da quello della tutela della vita privata (l'interessata non vivendo legalmente nel nostro Paese da dieci anni e la sua integrazione non essendo peraltro particolarmente riuscita, viste le due condanne nonché la dipendenza dall'aiuto sociale). Ha poi constatato che le ragioni per le quali le era stato accordato un permesso di dimora per caso personale particolarmente grave non erano più date, siccome la figlia svizzera era oramai maggiorenne. I giudici cantonali hanno in seguito precisato che siccome l'insorgente dipendeva tuttora della pubblica assistenza, malgrado due ammonimenti, e che non aveva sempre tenuto un comportamento esemplare (2 condanne penali) erano comunque dati motivi (art. 62 cpv. 1 lett. e LStrI) per rifiutarle il rinnovo del permesso litigioso, al quale non poteva in ogni caso pretendere. 
Per quanto concerne il rientro nel paese d'origine ciò non comportava, dell'avviso dei giudici cantonali, insuperabili problemi di reinserimento. Comunque sia, vista la situazione ora vigente in Ucraina, segnatamente il conflitto armato scoppiato dopo l'inoltro del gravame, hanno considerato che spettava alle autorità di esecuzione valutare se richiedere alla Segreteria di Stato della migrazione SEM di ordinare eventualmente l'ammissione provvisoria in Svizzera (nel caso in cui l'allontanamento non apparisse possibile o ragionevole), rispettivamente di porre l'interessata al beneficio di un altro statuto. La Corte cantonale ha per ultimo respinto la domanda di assistenza giudiziaria formulata dall'interessata, il gravame apparendo, a suo avviso, sin dall'inizio sprovvisto di possibilità di esito favorevole. 
 
C.  
Il 9 dicembre 2022 A.A.________ si è rivolta al Tribunale federale senza l'ausilio di un patrocinatore, chiedendo l'annullamento della sentenza cantonale. Essa contesta di poter essere rinviata in Ucraina e lamenta che le spese di sede cantonale siano state poste a suo carico. 
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo si è limitato a riconfermarsi nelle motivazioni e conclusioni della sentenza impugnata, il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio del Tribunale federale e la Sezione della popolazione ha chiesto che il gravame venga respinto. Da parte sua la Segreteria di Stato della migrazione SEM ha rinunciato ad esprimersi. 
Il 22 marzo 2023 la ricorrente si è espressa sulle osservazioni delle autorità. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il Tribunale federale esamina d'ufficio la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e verifica con piena cognizione l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 146 IV 185 consid. 2 e richiami). 
 
1.1. Oggetto del contendere è una decisione con cui è stato negato il rinnovo di un permesso di dimora per caso personale particolarmente grave concesso in virtù dell'art. 30 cpv. 1 lett. b della legge federale sugli stranieri del 16 dicembre 2005, rinominata dal 1° gennaio 2019, legge federale sugli stranieri e la loro integrazione (LStrI; RA 142.20), norma che disciplina le deroghe alle condizioni di ammissione, combinato con l'art. 31 dell'ordinanza del 24 ottobre 2007 sull'ammissione, il soggiorno e l'attività lucrativa (OASA; RS 142.201). In proposito, il ricorso ordinario è però espressamente escluso in virtù dell'art. 83 lett. c n. 2 e 5 LTF (sentenza 2C_1001/2022 del 13 dicembre 2022 consid. 4).  
 
1.2. La ricorrente non pretende - a ragione - di vantare un diritto al rilascio di un'autorizzazione di soggiorno in virtù dell'art. 8 CEDU (cfr. art. 83 lett. c n. 2 LTF). Per quanto qui d'interesse, dal profilo della vita familiare, detta norma mira in primo luogo a tutelare i rapporti tra genitori e figli minorenni (DTF 140 I 77 consid. 5.2; 137 I 113 consid. 6.1). In relazione a figli maggiorenni - come la figlia della ricorrente, cittadina svizzera, che al momento della pronuncia del giudizio impugnato aveva già compiuto 21 anni - il richiamo è invece ammesso solo quando tra gli interessati vi è un rapporto di dipendenza qualificata, ad esempio in ragione di un handicap - fisico o mentale - o di una malattia grave (DTF 137 I 145 consid. 3.4.2; 129 II 11 consid. 2; sentenza 2C_675/2022 del 6 settembre 2022 consid. 1.2). In sede cantonale, l'esistenza di un simile rapporto è stata negata (vedasi consid. 2.2.2 del giudizio impugnato), ciò che la ricorrente non contesta in questa sede, di modo che non vi è motivo di rimettere in discussione la conclusione alla quale sono giunti i giudici cantonali in proposito.  
Dal profilo della tutela della vita privata, le esigenze poste dalla prassi per potersi appellare al disposto convenzionale - ossia un soggiorno legale nel nostro Paese di almeno dieci anni o, se tale condizione non è realizzata, un'integrazione particolarmente riuscita, cioè un'integrazione qualificata e superiore alla media, comprovata dall'esistenza di legami sociali e professionali particolarmente intensi (cfr. DTF 144 I 266 consid. 3.9; sentenza 2C_767/2022 del 18 ottobre 2022 consid. 1.4.2 e richiami) - non sono dati, ragione per cui nemmeno da questo profilo la ricorrente può invocare l'art. 8 CEDU
 
1.3. Infine, l'interessata non può far valere di fruire di un diritto al rilascio di un'autorizzazione di soggiorno in base ad un trattato bilaterale concluso con il suo paese d'origine.  
 
1.4. Il ricorso in materia di diritto pubblico non è nemmeno dato riguardo al rinvio dalla Svizzera della ricorrente, pronunciato contemporaneamente al rifiuto del rinnovo del permesso di dimora, essendo esplicitamente escluso dall'art. 83 lett. c n. 4 LTF.  
 
1.5. Visto quanto precede, non è quindi aperta la via del ricorso in materia di diritto pubblico.  
 
2.  
Rimane da appurare se l'impugnativa sia ricevibile trattata quale ricorso sussidiario in materia costituzionale (art. 113 LTF). 
 
2.1. È legittimato a presentare un ricorso sussidiario in materia costituzionale chiunque ha partecipato alla procedura dinanzi all'autorità inferiore o non gliene è stata data la possibilità (art. 115 lett. a LTF; DTF 136 I 323 consid. 1.2) e ha un interesse legittimo, ossia un interesse giuridico, all'annullamento o alla modifica della decisione impugnata (art. 115 lett. b LTF). Con detto rimedio può inoltre essere censurata unicamente la violazione di diritti costituzionali (art. 116 LTF) segnatamente, quando viene contestata la decisione che pronuncia l'allontanamento rispettivamente che nega che vi siano ostacoli all'esecuzione dello stesso, di specifici diritti costituzionali come, ad esempio, il diritto alla vita (artt. 2 CEDU e 10 cpv. 1 Cost.), il divieto di tortura o di altro genere di trattamento o di punizione crudele o inumano (artt. 3 CEDU e 10 cpv. 3 nonché 25 cpv. 3 Cost.) e l'interdizione di rinviare o estradare i rifugiati in uno Stato in cui possono essere perseguitati (art. 25 cpv. 2 Cost.; DTF 137 II 305 consid. 3.3 con rinvii; vedasi anche sentenze 2D_5/2023 del 22 marzo 2023 consid. 4.5 e 2C_658/2021 del 3 marzo 2022 consid. 1.2). Quando viene fatta valere la disattenzione di simili specifici diritti può contemporaneamente essere fatto valere che il giudizio querelato viola il divieto dell'arbitrio o il principio della parità di trattamento (sentenza 2C_564/2021 del 3 maggio 2022 consid. 1.4 e richiami). La violazione dei diritti costituzionali dev'essere esplicitamente sollevata nonché motivata in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 combinato con l'art. 117 LTF; DTF 147 I 73 consid. 2.1).  
Inoltre, quando non è legittimato a ricorrere nel merito, la parte può nondimeno far valere la disattenzione dei diritti di parte, la cui violazione costituisce un diniego di giustizia formale (DTF 137 II 305 consid. 1 a 3; sentenza 2C_564/2021 già citata consid. 1.4). 
 
2.2. Per quanto concerne la questione del rifiuto del rinnovo dell'autorizzazione di soggiorno, la ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di alcun diritto al soggiorno in Svizzera (cfr. supra consid. 1), di modo che non può prevalersi di una situazione giuridica tutelata dalla legge da questo profilo (su questa nozione, cfr. DTF 133 I 185 consid. 6.1; sentenza 2C_767/2022 del 18 ottobre 2022 consid. 2.1.1) e, quindi, di un interesse legittimo ad agire (art. 115 cpv. 2 LTF). In proposito il ricorso sussidiario in materia costituzionale è di conseguenza escluso.  
 
2.3. Contemporaneamente al rifiuto del rinnovo del permesso di dimora di cui fruiva, la ricorrente contesta ugualmente di essere rinviata nel paese d'origine, affermando che rischia la vita se deve tornare in Ucraina. Se ne può dedurre che l'interessata, la quale agisce senza l'ausilio di un patrocinatore, adduce in maniera sufficiente (art. 106 cpv. 2 LTF) che il suo rinvio potrebbe rivelarsi in disaccordo con l'art. 3 CEDU e/o l'art. 10 Cost., norme che vietano la tortura, rispettivamente pene o trattamenti inumani o degradanti. Ella fruisce pertanto di un interesse legittimo all'annullamento o alla modifica del giudizio contestato ai sensi dell'art. 115 LTF (cfr. supra consid. 2.1), ragione per cui da questo profilo il ricorso sussidiario in materia costituzionale è aperto.  
 
2.4. Il ricorso è stato presentato nei termini (artt. 117 e 100 cpv. 1 LTF) contro una sentenza finale (artt. 117 e 90 LTF), pronunciata da un'autorità giudiziaria cantonale di ultima istanza (artt. 113 e 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2 LTF). Sebbene la ricorrente si limiti a chiedere che "la sentenza impugnata sia annullata in tutto", allorché il ricorso sussidiario in materia costituzionale è un rimedio di diritto con carattere riformatorio (artt. 117 e 107 cpv. 2 LTF), risulta tuttavia chiaramente dalla motivazione dello stesso che ella non vuole essere rinviata in Ucraina ma desidera rimanere legalmente in Svizzera. Interpretato alla luce della motivazione ricorsuale, la conclusione sopramenzionata è pertanto ricevibile e il gravame, il quale adempie peraltro le esigenze poste riguardo alla ricevibilità del ricorso sussidiario in materia costituzionale, è ammissibile (sentenza 2C_873/2022 del 4 gennaio 2023 consid. 2.2 e rinvio).  
 
3.  
Va ora esaminata la conformità della sentenza impugnata con l'art. 3 CEDU
 
3.1. Conformemente all'art. 83 cpv. 4 LStrI l'esecuzione (dell'allontanamento) può non essere esigibile qualora, nello Stato d'origine o di provenienza, la persona in questione venisse a trovarsi concretamente in pericolo in seguito a situazioni quali guerra, guerra civile, violenza generalizzata o emergenza medica. Ai sensi dell'art. 3 CEDU (così come dell'art. 10 Cost.) nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti. Al riguardo questa Corte ha precisato che, per ricadere sotto il campo di applicazione dell'art. 3 CEDU, questi trattamenti devono raggiungere un minimo di gravità, che va apprezzata prendendo in considerazione l'insieme dei dati della causa (DTF 140 I 125 consid. 3.3; sentenza 2C_564/2021 già citata consid. 6.2).  
 
3.2. Gli Stati parti alla CEDU hanno il diritto di controllare l'entrata, il soggiorno e l'allontanamento degli stranieri (DTF 139 I 330 consid. 2.1; 138 I 246 consid. 3.2.1). Ciononostante, come già giudicato dal Tribunale federale l'espulsione, l'estradizione o qualsiasi altra misura di allontanamento di uno straniero può sollevare un problema riguardo all'art. 3 CEDU ed è quindi suscettibile di fondare la responsabilità dello Stato in causa ai sensi della Convenzione quando, tenuto conto dell'insieme delle circostanze della fattispecie, vi sono seri e comprovati motivi di credere che lo straniero, se lo si rinvia o espelle verso il Paese di destinazione, correrà un reale rischio di esservi sottoposto ad un trattamento contrario all'art. 3 CEDU. In tal caso, dalla norma convenzionale scaturisce l'obbligo di non allontanarlo rispettivamente di non espellerlo verso questo Paese. Questo obbligo discende ugualmente dagli artt. 10 cpv. 3 e 25 cpv. 3 Cost. (sentenza 2C_564/2021 già citata consid. 6.3 e numerosi richiami giurisprudenziali). Ciò collima peraltro con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenze della CorteEDU F.G contro Svezia del 23 marzo 2016 [ricorso n. 43611/11] § 127 e 156; Saadi c. Italia del 28 febbraio 2008 [ricorso n. 37201/06] § 125 e 128; Chahal c. Regno Unito del 15 novembre 1996 [ricorso n. 22414/93] § 74).  
 
3.3. Come appena accennato, l'esecuzione dell'allontanamento può non essere esigibile dal profilo dell'art. 3 CEDU quando vi sono seri indizi che la persona interessata potrebbe essere esposta ad un pericolo concreto se tornasse nel proprio paese a causa della guerra, di una situazione di violenza generalizzata oppure per motivi medici (DTF 137 II 305 consid. 3.3 e richiami; sulla protezione data dall'art. 3 CEDU vedasi anche sentenza 2C_396/2017 dell'8 gennaio 2018 consid. 7 e numerosi riferimenti).  
 
3.4. Al riguardo occorre precisare che, come già giudicato dal Tribunale federale, l'eseguibilità del rinvio dev'essere esaminata direttamente e a tutti gli stadi del procedimento dall'autorità di prime cure che rifiuta di concedere o di rinnovare rispettivamente che pronuncia la revoca dell'autorizzazione di soggiorno come anche dalle successive autorità ricorsuali; l'esame di tale aspetto non può essere rinviato ad un'eventuale successiva procedura concernente l'esecuzione del rinvio. Altrimenti detto l'autorità competente in materia di diritto degli stranieri deve esaminare la questione dell'attuabilità del rinvio al momento in cui si pronuncia sul rifiuto del rinnovo rispettivamente sulla revoca dell'autorizzazione di soggiorno: il quesito di sapere se si possa ragionevolmente esigere da una persona che ritorni nel paese d'origine deve infatti essere valutato a quel momento, non è ammissibile rinviarne l'esame ad un'eventuale procedura concernente l'esecuzione del rinvio (cfr. art. 64 cpv. 1 lett. c LStrI; 135 II 110 consid. 4.2; sentenze 2C_396/2017 già citata consid. 7.6 e 2C_459/2018 del 17 settembre 2018 consid. 5.6; vedasi anche DANIÈLE REVEY, in: Code annoté du droit des migrations, vol. II: Loi sur les étrangers [LEtr], 2017, n. 31 all'art. 64).  
 
3.5. Nel caso specifico, giunto alla conclusione che il rifiuto del rinnovo del permesso di dimora era giustificato, il Tribunale cantonale amministrativo ha osservato, per completezza, che un rientro della stessa nel proprio paese d'origine non avrebbe comportato insuperabili problemi di reintegrazione siccome ella vi era nata e cresciuta e vi aveva vissuto anche dopo la maggiore età. Senza tralasciare che fino al giudizio del Consiglio di Stato, non era stato dimostrato in maniera inconfutabile che la situazione sociopolitica ivi vigente fosse tale da ritenere che l'interessata, la quale aveva addotto che non le era possibile risiedere nuovamente nella zona orientale dell'Ucraina di cui era originaria, non potesse trasferirsi in altra regione all'interno del territorio ucraino. Sennonché il conflitto armato scoppiato dopo che ella si era rivolta alla Corte cantonale, con le ostilità che non si concentravano soltanto nella zona orientale imponeva, dell'avviso dei giudici cantonali, alle autorità di esecuzione di valutare ora se richiedere alla Segreteria di Stato della migrazione SEM di ordinare eventualmente l'ammissione provvisoria in Svizzera, misura sostitutiva prevista quando l'allontanamento è considerato non possibile o ragionevolmente esigibile (art. 83 cpv. 2, 4 e 6 LStrI) oppure di porla al beneficio di un altro statuto.  
 
3.6. Questo ragionamento disattende tuttavia l'art. 3 CEDU e non può essere tutelato. In effetti, nel caso specifico è incontestato che quando il Tribunale cantonale amministrativo ha emanato il proprio giudizio, il 14 novembre 2022, il conflitto armato in Ucraina era scoppiato da diversi mesi (24 febbraio 2022) e niente permetteva di pensare che sarebbe terminato a breve scadenza. Considerato che la guerra in corso nel paese d'origine della ricorrente si aggravava ogni giorno di più, estendendosi progressivamente a tutto il paese, e che la Svizzera, confrontata all'epoca a movimenti di fuga su larga scala, accoglieva, nel quadro di una procedura accelerata (statuto di protezione S), numerosi profughi provenienti dallo stesso, la Corte cantonale non poteva, in questa situazione di fatti notori (su questa nozione, vedasi DTF 143 IV 380 consid. 1.1.1 e riferimenti), esigere dall'interessata che rientrasse in Ucraina: giungere ad una conclusione contraria viola l'art. 3 CEDU. Il Tribunale cantonale amministrativo non poteva pertanto, senza disattendere la legge e la prassi di questa Corte, limitarsi a rinviare l'esame dell'attuabilità del rinvio alle autorità incaricate dell'esecuzione del medesimo ma doveva, come già detto (cfr. supra consid. 3.4), pronunciarsi direttamente sulla questione. Ora, tenuto conto del fatto, notorio, che era impossibile eseguire il rinvio, la Corte cantonale non poteva, senza violare l'art. 3 CEDU rispettivamente l'art. 10 Cost., confermare il rifiuto del rinnovo del permesso di dimora, ma doveva invece prolungarlo, fintantoché non fosse possibile procedere all'allontanamento. Il fatto che la ricorrente fosse al beneficio di un'autorizzazione di soggiorno accordatale sulla base dell'art. 30 LStrI nulla muta al riguardo. Ne discende che il ricorso si rivela fondato e come tale va pertanto accolto.  
 
3.7. Premesse queste considerazioni la sentenza cantonale impugnata dev'essere annullata e la causa direttamente rinviata alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni affinché, dopo avere restituito alla ricorrente il permesso di dimora di cui fruiva in precedenza, lo prolunghi fintantoché non sia possibile procedere al rinvio della stessa.  
 
4.  
L'annullamento della sentenza cantonale implica che il Tribunale cantonale amministrativo dovrà di nuovo esprimersi sulle spese e ripetibili della sede cantonale (artt. 68 cpv. 5 e 107 cpv. 2 LTF). In queste condizioni si prescinde dall'esame della censura con cui la ricorrente rimprovera alla Corte cantonale di averle messo a carico le spese giudiziarie della sede cantonale, diventata priva d'oggetto. 
 
5.  
Nonostante sia soccombente, lo Stato del Cantone Ticino è dispensato dal pagamento di spese giudiziarie siccome non è toccato dall'esito della causa nei suoi interessi pecuniari (art. 66 cpv. 4 LTF). La ricorrente, che non è assistita da un avvocato, non ha diritto a un'indennità per ripetibili della sede federale (art. 68 cpv. 1 e 2 LT). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso, trattato alla stregua di un ricorso sussidiario in materia costituzionale, è accolto. 
 
2.  
La sentenza del 14 novembre 2022 del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino è annullata e la causa è trasmessa alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni affinché proceda nel senso dei considerandi. 
 
3.  
Non si prelevano spese giudiziarie né si accordano ripetibili per la sede federale. 
 
4.  
La causa è rinviata nel contempo al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino per nuova decisione sulle spese e sulle ripetibili dell'istanza precedente. 
 
5.  
Comunicazione alla ricorrente, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché alla Segreteria di Stato della migrazione SEM. 
 
 
Losanna, 30 maggio 2023 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: F. Aubry Girardin 
 
La Cancelliera: Ieronimo Perroud