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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_648/2021  
 
 
Sentenza del 15 settembre 2022  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Kneubühler, Presidente, 
Chaix, Jametti, Haag, Merz, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.________, 
2. B.________ SA, 
patrocinati dagli avv.ti Jean-Marc Carnicé e Guglielmo Palumbo, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Ministero pubblico della Confederazione, via Sorengo 3, 6900 Lugano. 
 
Oggetto 
Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale 
al Perù; consegna di mezzi di prova, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 13 ottobre 2021 dalla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (RR.2021.98-99). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
In data 3 agosto 2020, il Ministero pubblico peruviano (Fiscalia de la Nación/Fiscalia supraprovincial corporativa especializada en delitos de corrupción de funcionarios) ha presentato alla Svizzera una domanda di assistenza giudiziaria nell'ambito di un procedimento penale avviato nei confronti di C.________, A.________ e altri per i reati di collusione aggravata e riciclaggio di denaro. Secondo l'autorità estera, il gruppo D.________, allo scopo di ottenere appalti pubblici nell'ambito di un determinato progetto, avrebbe ottenuto, mediante pagamento, informazioni riservate relative all'offerta del consorzio concorrente, ciò che gli avrebbe permesso di migliorare la propria posizione nel processo di aggiudicazione. Ha quindi chiesto l'acquisizione e la trasmissione della documentazione concernente una relazione intestata a A.________ e una a B.________ SA, società riconducibile al predetto. 
 
B.  
Con decisione di chiusura del 29 aprile 2021, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha ordinato la trasmissione alle autorità peruviane di svariata documentazione concernente i due conti. Adita da A.________ e da B.________ SA, con decisione del 13 ottobre 2021 la Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (CRP) ne ha respinto il ricorso. Ha nondimeno modificato il punto 1 del dispositivo della decisione di chiusura nel senso che la domanda di assistenza giudiziaria è accolta a condizione che le autorità peruviane forniscano le seguenti garanzie: 
 
"a. L'imputato non deve essere sottoposto a nessun trattamento che possa pregiudicare la sua integrità fisica e mentale. La situazione dell'imputato non deve essere aggravata durante un'eventuale detenzione in vista del processo o durante un'eventuale esecuzione della pena a causa delle sue opinioni o attività politiche, della sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o per considerazioni di razza, confessione o nazionalità. 
 
b. Le condizioni detentive non devono essere inumane o degradanti. L'integrità fisica e psichica dell'imputato deve essere monitorata giusta gli art. 7, 10 e 17 Patto ONU II
c. In caso di detenzione, la salute dell'imputato deve essere adeguatamente protetta. È garantito l'accesso a cure mediche adeguate, in particolare ai farmaci necessari. 
d. In caso di detenzione, qualsiasi persona che rappresenta la Svizzera in Perù sarà autorizzata a visitare l'imputato in qualsiasi momento, senza preavviso. Questi incontri non saranno soggetti ad alcun controllo, anche visivo. 
 
e. Le autorità peruviane informeranno la rappresentanza diplomatica svizzera in Perù del luogo dell'eventuale detenzione dell'imputato. In caso di un successivo cambiamento del luogo di detenzione dell'imputato, la rappresentanza diplomatica in Perù sarà ugualmente informata. 
 
f. La rappresentanza diplomatica svizzera può informarsi in qualsiasi momento sugli sviluppi del procedimento penale, assistere alle udienze e richiedere una copia della decisione finale. In caso di detenzione, può visitare l'imputato in qualsiasi momento e senza sorveglianza, e l'imputato può contattare la rappresentanza svizzera in qualsiasi momento, anche nell'ambito dell'eventuale esecuzione della pena. 
 
g. L'imputato ha il diritto di comunicare con il suo avvocato o difensore d'ufficio senza restrizioni e senza sorveglianza. 
 
h. In caso di detenzione, la famiglia dell'imputato ha il diritto di visitarlo nella sua prigione peruviana." 
 
C.  
Avverso questa decisione A.________ e B.________ SA presentano un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiedono, in via principale, di annullarla unitamente a quelle d'entrata nel merito e di chiusura e di rifiutare la rogatoria; in via subordinata, di rinviare la causa alla CRP per nuovo giudizio e, in via ancora più subordinata, di rinviarla al MPC. 
 
La CRP si conferma nella propria decisione e rinuncia a formulare osservazioni, l'Ufficio federale di giustizia non presenta una risposta e si rimette al giudizio del Tribunale federale, il MPC propone di respingere il ricorso. I ricorrenti si riconfermano nelle loro tesi. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. L'atto di ricorso è redatto, legittimamente, in lingua francese (art. 42 cpv. 1 LTF). Non vi sono tuttavia motivi per scostarsi dalla regola secondo cui il procedimento si svolge di massima nella lingua della decisione impugnata, in concreto quella italiana (art. 54 cpv. 1 LTF).  
 
1.2. Contro le decisioni emanate nel campo dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale il ricorso in materia di diritto pubblico è ammissibile soltanto se, come in concreto, concerne la comunicazione di informazioni inerenti alla sfera segreta e, inoltre, si tratti di un caso particolarmente importante (art. 84 cpv. 1 LTF). Si è segnatamente in presenza di un siffatto caso laddove vi sono motivi per ritenere che sono stati violati elementari principi procedurali o che il procedimento all'estero presenta gravi lacune (cpv. 2). Questi motivi di entrata nel merito non sono tuttavia esaustivi e il Tribunale federale può essere chiamato a intervenire anche quando si tratti di dirimere una questione giuridica di principio o quando l'istanza precedente si è scostata dalla giurisprudenza costante (DTF 145 IV 99 consid. 1.2).  
 
1.3. L'art. 84 LTF persegue lo scopo di limitare efficacemente l'accesso al Tribunale federale in quest'ambito. Nella valutazione circa l'esistenza di un caso particolarmente importante, che dev'essere ammesso in maniera restrittiva, il Tribunale federale dispone di un ampio potere di apprezzamento (DTF 145 IV 99 consid. 1.2). Spetta ai ricorrenti, pena l'inammissibilità del gravame, dimostrare che le condizioni di entrata in materia richieste dall'art. 84 LTF sono adempiute (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 145 IV 99 consid. 1.5).  
 
1.4. I ricorrenti fanno valere che il procedimento all'estero presenterebbe gravi lacune (art. 84 cpv. 2 LTF) e comporterebbe un'asserita violazione dei diritti fondamentali, in particolare in caso di una condanna penale del ricorrente in seguito alla trasmissione dei documenti bancari litigiosi. Ciò in relazione ai problemi legati alla sovrappopolazione carceraria nello Stato richiedente, alla trasmissione di malattie infettive e a condizioni detentive pericolose e degradanti contrarie alla CEDU e al Patto ONU II. Sostengono che il Perù, in relazione alla ripartizione tripartita degli Stati, non rientrerebbe nella seconda categoria come stabilito dalla CRP, ma bensì nella terza, nella quale il rischio di trattamenti contrari ai diritti umani non potrebbe essere minimizzato neppure con la concessione delle garanzie diplomatiche imposte dalla CRP.  
Trattandosi di questioni inerenti alla contestata classificazione del Perù quale Stato al quale devono essere richieste garanzie diplomatiche e all'integrità fisica del ricorrente in relazione alla situazione carceraria peruviana si giustifica, eccezionalmente, di esaminare nel merito il ricorso (sentenza 1C_116/2022 del 21 marzo 2022 consid. 1.3 destinata a pubblicazione). 
 
1.5. A causa del cosiddetto effetto devolutivo, soltanto la sentenza del Tribunale penale federale può essere oggetto di ricorso (art. 86 cpv. 1 lett. b LTF), motivo per cui le conclusioni di annullare le decisioni del MPC e di rifiutare la rogatoria sono inammissibili (DTF 146 II 335 consid. 1.1.2 e rinvii).  
 
1.6. I rapporti di assistenza giudiziaria in materia penale tra i due Stati sono retti dal Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica del Perù del 21 aprile 1997, entrato in vigore il 2 dicembre 1998 (RS 0.351.964.1). Alle questioni che il prevalente diritto internazionale non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza rispetto a quello pattizio (cosiddetto principio di favore), si applicano la legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1), unitamente alla relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11; vedi art. 1 cpv. 1 AIMP; DTF 145 IV 294 consid. 2.1; 142 IV 250 consid. 3; 140 IV 123 consid. 2). È fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 135 IV 212 consid. 2.3; 123 II 595 consid. 7c pag. 616 segg.). Il Patto ONU II è entrato in vigore per il Perù il 28 luglio 1978 (RS 0.103.02).  
 
2.  
 
2.1. La CRP, richiamando la giurisprudenza, ha ritenuto che l'art. 2 AIMP non può essere invocato da persone giuridiche che non hanno la loro sede nello Stato richiedente, non sono oggetto della procedura estera e che pertanto non possono prevalersi di una norma destinata anzitutto a proteggere l'imputato all'estero (al riguardo vedi DTF 133 IV 40 consid. 7.2; 130 II 217 consid. 8.2; 126 II 258 consid. 2d/aa; sentenze 1C_376/2016 del 5 ottobre 2016 consid. 2.2 e 1C_79/2014 del 14 febbraio 2014 consid. 2.3; ROBERT ZIMMERMANN, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 5aed. 2019, n. 314 pag. 335, n. 531 e 684; MARIA LUDWICZAK GLASSEY, Entraide judiciaire internationale en matière pénale, 2018, n. 490 e 636 seg.).  
Ha stabilito che la censura di violazione dell'art. 2 AIMP, in quanto sollevata da B.________ SA, persona giuridica con sede a Panama e che non risulta essere oggetto della procedura penale in Perù, non doveva quindi essere esaminata. Ha per contro vagliato quelle sollevate dal ricorrente, cittadino italiano, imputato nel procedimento peruviano nonché residente in Perù. 
 
2.2. Visto l'esito del gravame non occorre esaminare la censura secondo cui, per motivi di coerenza, la trasmissione dei documenti bancari della ricorrente renderebbe in sostanza privo di oggetto il rifiuto di consegnare quelli del ricorrente. D'altra parte le sentenze invocate dai ricorrenti, nelle quali la legittimazione delle persone giuridiche era stata ammessa solo per motivi di coerenza e d'opportunità, si riferivano a fattispecie specifiche, non attinenti alla vertenza in esame (1A.15/2007 del 13 agosto 2007 consid. 2.1 relativa all'asserito carattere politico della rogatoria, causa che concerneva peraltro soltanto persone giuridiche; 1A_61/2016 [recte: 1C_61/2016] dell'8 febbraio 2016 consid. 2.2 in fine e 1C_659/2017 del 15 dicembre 2017 consid. 1.4, che hanno precisato la portata della prima sentenza).  
 
3.  
 
3.1. I ricorrenti fanno valere una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost., 6 CEDU e 14 Patto ONU II) perché la CRP ha condizionato la concessione dell'assistenza all'ottenimento di garanzie diplomatiche da parte del Perù, imposte al loro dire senza una motivazione particolare, senza ch'esse siano state discusse tra le parti e senza aver previamente offerto loro la facoltà di esprimersi e addurre mezzi di prova al riguardo.  
 
3.2. Quando i ricorrenti invocano la violazione di diritti costituzionali (diritto di essere sentiti), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 147 I 73 consid. 2.1). La stessa conclusione vale anche quando si adduce l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (DTF 147 I 73 consid. 2.2).  
Il diritto d'essere sentito, sancito dall'art. 29 cpv. 2 Cost., e nell'ambito dell'assistenza giudiziaria dall'art. 80b AIMP, comprende il diritto per gli interessati di consultare l'incarto, di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di esigerne l'assunzione, di partecipare alla stessa e di potersi esprimere sulle relative risultanze nella misura in cui possano influire sulla decisione (DTF 146 IV 218 consid. 3.1.1; 145 I 167 consid. 4.1; 145 IV 99 consid. 1.4 e 3.1 pag. 109). 
 
Il diritto d'essere sentito si riferisce principalmente all'accertamento dei fatti. Il diritto delle parti d'essere interpellate su questioni giuridiche è riconosciuto solo in misura limitata, ossia quando l'autorità interessata intende fondarsi su norme giuridiche la cui presa in considerazione non poteva essere ragionevolmente prevista dalle stesse, quando la situazione giuridica si è modificata o quando sussiste un potere di apprezzamento particolarmente ampio. Il diritto d'essere sentito non si riferisce di massima al prospettato giudizio. L'autorità non è quindi tenuta a sottoporre in anticipo alle parti il ragionamento ch'essa intende porre a fondamento della sua decisione affinché presentino le loro osservazioni al riguardo. Ciò nondimeno, quando essa intenda fondare il proprio giudizio su una norma o un motivo giuridico non invocato nella procedura anteriore e della quale nessuna parte si è prevalsa della sua rilevanza e non poteva aspettarsene la pertinenza, il diritto d'essere sentito esige che all'interessato debba essere concessa la facoltà di esprimersi in merito (DTF 145 I 167 consid. 4.1; 145 IV 99 consid. 3.1 pag. 109 in fondo; cfr., su fatti manifesti in Internet e quindi notori, DTF 143 IV 380 consid. 1.1.1 e 1.1.5 in fine; sentenza 6B_734/2016 del 18 luglio 2017 consid. 1, non pubblicato in DTF 143 IV 308). 
 
Certo, di massima quando un'autorità, anche di ricorso, intende fondare la propria decisione su nuovi mezzi di prova, essa deve informarne le parti e concedere loro la facoltà di esprimersi al riguardo. Ciò vale anche quando essa, come in concreto, fonda la sua decisione su fatti ch'essa medesima ha ricercato su Internet, senza comunicare alle parti queste ricerche e offrire loro la possibilità di pronunciarsi in merito. Il diritto d'essere sentito è infatti una garanzia costituzionale di natura formale, la cui violazione implica di massima l'annullamento della decisione impugnata, indipendentemente dalle probabilità di successo del ricorso. Ciò nondimeno, qualora non sia ravvisabile quale influenza avrebbe comportato la violazione del diritto d'essere sentito sulla procedura, non vi è motivo di annullare la decisione impugnata (DTF 143 IV 380 consid. 1.1 e 1.4.1; sentenze 6B_734/2016, citata, consid. 1.1 e rinvii e 6B_259/2016 del 21 marzo 2017 consid. 5.1.1). 
 
3.3. Ora, contrariamente al generico assunto ricorsuale, la CRP, come ancora si vedrà, ha compiutamente spiegato perché s'imponeva di condizionare la concessione dell'assistenza all'ottenimento di garanzie diplomatiche (sulle esigenze di motivazione delle sentenze vedi DTF 147 IV 409 consid. 5.3.4; 146 IV 297 consid. 2.2.7; 145 IV 99 consid. 3.1 pag. 109; sulla differenza tra il diniego di giustizia e l'obbligo di motivare le sentenze vedi DTF 142 II 154 consid. 4.2).  
 
In effetti, nel loro ricorso dinanzi alla CRP (pag. 20 segg., in particolare n. 193 segg. pag. 40 segg.), i ricorrenti hanno criticato la situazione giudiziaria e penitenziaria peruviana, definendo catastrofica quest'ultima, accennando al sovraffollamento delle carceri, alla presenza di numerose malattie infettive e del COVID-19 all'interno delle stesse, ad altre condizioni di detenzione e ad asseriti rischi sociopolitici del Perù. I ricorrenti, adducendo una violazione dell'art. 2 AIMP, hanno inoltre espressamente richiamato l'art. 80p AIMP e la giurisprudenza. Quest'ultima norma dispone che l'autorità d'esecuzione, quella di ricorso nonché l'Ufficio federale, possono subordinare totalmente o parzialmente a oneri la concessione dell'assistenza giudiziaria, ciò che ha fatto la CRP. Hanno poi osservato che in tale ambito il giudice dell'assistenza può fare capo a rapporti allestiti da altri Stati o da determinate istituzioni internazionali. 
I ricorrenti, assistiti da legali, potevano quindi aspettarsi che la CRP esaminasse queste obiezioni e si esprimesse sulla notoria possibilità di richiedere assicurazioni diplomatiche. Decisiva è inoltre la circostanza che la CRP non ha fatto capo a generiche fonti reperibili su Internet, ma rettamente, come ancora si vedrà, indicandone i siti, a quelle con un'impronta ufficiale utilizzate in questi casi dalla Corte EDU e dal Tribunale federale, facilmente accessibili e provenienti da fonti di per sé affidabili, non controverse e peraltro non contestate in questa sede dai ricorrenti (DTF 143 IV 380 consid. 1.1, 1.1.1 e 1.1.5 con numerosi rinvii; sentenza 1C_116/2022, citata, 4.3; sentenza Ismoilov e altri c. Russia del 24 aprile 2008 ricorso n. 2947/06). Mal si comprende quindi perché, esaminando le predette censure ricorsuali ed esigendo, peraltro nell'interesse del ricorrente, le citate garanzie diplomatiche, la CRP avrebbe leso il suo diritto d'essere sentito. Il fatto che l'istanza precedente abbia poi adottato una soluzione (la richiesta di garanzie diplomatiche classificando il Perù nella seconda categoria), diversa da quella prospettata dai ricorrenti (il rifiuto dell'assistenza poiché, implicitamente, il Perù avrebbe dovuto essere inserito nella terza categoria), non costituisce una violazione del diritto d'essere sentito. I ricorrenti erano a conoscenza della tematica della classificazione degli Stati in tre categorie, prassi notoria perché pubblicata e da loro sollevata dinanzi all'istanza precedente nel ricorso e nella replica. L'assunto ricorsuale secondo cui la questione delle garanzie non sarebbe mai stata discussa dalle parti e ch'esse non avrebbero potuto aspettarsi l'imposizione delle citate garanzie, adottate "spontaneamente" dalla CRP, è quindi privo di fondamento.  
 
4.  
 
4.1. I ricorrenti osservano poi che il Tribunale federale può comunque pronunciarsi sulle garanzie. Chiedono tuttavia di rifiutare la rogatoria adducendo che le assicurazioni non sarebbero sufficienti per garantire, in concreto, il rispetto dei loro diritti fondamentali. La rogatoria sarebbe infatti irricevibile poiché il procedimento all'estero non corrisponderebbe ai principi procedurali della CEDU e del Patto ONU II (art. 2 lett. a AIMP) e perché presenterebbe altre gravi deficienze (lett. d). Adducono la costante violazione in Perù dei diritti fondamentali. Diversi rapporti evidenzierebbero i problemi legati alla sovrappopolazione carceraria e alla trasmissione fuori controllo di numerose malattie infettive e virali, oltre al COVID-19. Il Perù si troverebbe inoltre in una situazione disastrosa per quanto riguarda i rischi sociopolitici. In caso di condanna, il ricorrente si troverebbe confrontato con tali pericolose e degradanti condizioni detentive.  
 
4.2. La prassi internazionale delle garanzie diplomatiche si è sviluppata per scongiurare il pericolo che la persona ricercata possa essere esposta, in particolare in caso di estradizione, a maltrattamenti nello Stato richiedente. Lo Stato richiesto può quindi subordinare la concessione della cooperazione alla presentazione, da parte dello Stato richiedente, di garanzie in favore della persona interessata. Una volta ottenute, queste garanzie proteggono in linea di principio lo Stato richiedente dal rimprovero d'aver disatteso il diritto internazionale (DTF 148 I 127 consid. 4.4 e sentenza 1C_444/2020 del 23 dicembre 2020 consid. 3.1.2 e rinvii).  
Secondo l'art. 2 AIMP, la domanda di cooperazione in materia penale è irricevibile se vi è motivo di credere che il procedimento all'estero non corrisponda ai principi procedurali della CEDU o del Patto ONU II (lett. a) o presenti altre gravi deficienze (lett. d). Questa norma ha quale scopo di evitare che la Svizzera presti assistenza a procedure che non garantirebbero alla persona perseguita uno standard di protezione minima corrispondente a quello concesso dal diritto degli Stati democratici, definito in particolare dalla CEDU e dal Patto ONU II, o che sarebbero in contrasto con norme riconosciute come appartenenti all'ordine pubblico internazionale (DTF 123 II 161 consid. 6a; 122 II 140 consid. 5a). Ciò vale in particolare nelle procedure di estradizione, visto che nessuno può essere rinviato in uno Stato in cui rischia la tortura o un altro genere di trattamento o punizione crudele o inumano (art. 25 cpv. 3 Cost.; art. 3 CEDU e art. 7 Patto UNO II, norma che ha una portata analoga all'art. 3 CEDU). 
La CRP ha ritenuto, rettamente, che di massima questo principio vale anche per le altre forme di assistenza (DTF 130 II 217 consid. 8.1, pag. 227; 129 II 268 consid. 6.1 e rinvii; LUDWICZAK GLASSEY, op. cit., n. 492). L'esame delle condizioni poste dalla norma in questione implica un giudizio di valore sugli affari interni dello Stato richiedente, in particolare sul suo regime politico, sulle sue istituzioni, sulla sua concezione dei diritti fondamentali e il loro rispetto effettivo, nonché sull'indipendenza e l'imparzialità del potere giudiziario. II giudice dell'assistenza deve dar prova a tal proposito di una prudenza particolare. Non è infatti sufficiente che l'imputato nel procedimento estero dichiari che i suoi diritti sarebbero violati dalle condizioni politiche o giuridiche generali dello Stato richiedente. Egli deve piuttosto dimostrare in modo credibile che esiste un rischio oggettivo e serio di una grave violazione dei diritti umani in quello Stato, suscettibile di toccarlo in maniera concreta (DTF 130 II 217 consid. 8.1, pag. 227; 129 II 268 consid. 6.1). II rispetto delle garanzie procedurali vale per tutti gli aspetti legati a un processo equo, segnatamente la parità delle armi, il diritto d'essere sentito nonché la presunzione d'innocenza. Su tali punti, tuttavia, solo delle circostanze chiare e appurate costituiscono motivo di rifiuto della cooperazione (ZIMMERMANN, op. cit., n. 683 e rinvii). 
 
4.3. L'istanza precedente ha ritenuto che nella fattispecie le incertezze sulla situazione generale dei diritti umani nello Stato richiedente non giustificano ancora il rifiuto dell'assistenza, la quale può essere concessa richiedendo all'autorità estera di fornire delle garanzie (cfr. DTF 123 II 161 consid. 6f/cc-dd, pag. 172 segg.). Per sapere in quali casi si debbano ottenere garanzie dallo Stato richiedente, il Tribunale federale ha proceduto a una suddivisione tripartita della casistica in relazione alle estradizioni (DTF 134 IV 156 consid. 6.7 e 6.8; sentenze 1C_116/2022, citata, consid. 3, 1C_381/2021 del 1° settembre 2021 consid. 4.4 destinata a pubblicazione e 1C_486/2020 del 22 settembre 2020 consid. 2.3; ZIMMERMANN, op. cit., n. 654 pag. 710 segg., n. 683), la quale si applica anche nell'ambito della piccola assistenza. Nella prima categoria rientrano gli Stati con una provata cultura dello Stato di diritto, in particolare i Paesi occidentali, i quali, sotto il profilo dell'art. 3 CEDU, non presentano di regola nessun rischio per le persone perseguite. In questi casi l'assistenza viene concessa senza pretendere garanzie. Nella seconda categoria figurano gli Stati nei quali vi sono seri rischi che la persona perseguita possa subire maltrattamenti proibiti; in tali casi il rischio è contrastato o minimizzato mediante garanzie fornite dallo Stato richiedente, in modo che lo stesso rimanga solo teorico. Un tale rischio teorico di trattamenti contrari ai diritti umani, in quanto sempre presente, non è sufficiente per rifiutare l'assistenza. In caso contrario, le misure di assistenza internazionale non sarebbero più possibili, questo a vantaggio dei criminali. Vi è infine una terza categoria, nella quale il rischio di trattamenti contrari ai diritti umani non può, neanche con l'ausilio di garanzie diplomatiche, né essere minimizzato né essere reso solamente teorico. Determinare in quale categoria un caso debba essere inserito implica una valutazione dei rischi nel Paese in esame. È innanzitutto necessario procedere all'analisi della situazione dei diritti umani in generale nello Stato richiedente. In seguito, ed è questo il criterio più importante, occorre verificare se la persona perseguita, nel caso concreto e tenuto conto di circostanze particolari e reali, rischia di essere esposta a pericoli concreti (DTF 134 IV 156 consid. 6.7 e 6.8; sentenze 1C_116/2022, citata, consid. 3 e 1C_176/2014 del 12 maggio 2014 consid. 4.1, in: RtiD II-2014 n. 91 pag. 398).  
 
4.4. La CRP ha rilevato che il ricorrente non ha dimostrato l'esistenza di gravi deficienze processuali ai sensi dell'art. 2 AIMP e della giurisprudenza. Ha ritenuto che gli accenni a una lesione del diritto d'essere sentito ed eventuali imprecisioni contenute nell'esposto dei fatti non costituiscono siffatte gravi deficienze. Ha accertato poi che dagli atti dell'incarto non risultano violazioni concrete nei confronti del ricorrente. Ha appurato che le critiche generali al sistema giudiziario peruviano, o legate a singoli episodi riportati dalla stampa, non toccano direttamente il ricorrente e la sua procedura, e non sono quindi sufficienti per rifiutare l'assistenza. Per quanto riguarda le condizioni detentive nelle carceri peruviane, con le quali egli potrebbe essere confrontato in caso di condanna, ha osservato che, pur constatando l'assenza di particolari critiche in proposito sia da parte di Amnesty International che di Human Rights Watch, molto preoccupanti e seri sono invece gli accertamenti effettuati dal "Bureau of Democracy, Human Rights and Labor" del "United States Department of State" nel suo rapporto del 30 marzo 2021 concernente la situazione in Perù (Rapporto USA), autorità le cui valutazioni devono essere prese in considerazione nella fattispecie (ZIMMERMANN, op. cit., n. 315; GIUSEPPE AUFIERO, Asile-Extradition : de la coordination à l'unification, 2018, n. 1168). II Dipartimento di Stato americano riferisce infatti di condizioni detentive generalmente dure a causa del sovraffollamento, delle condizioni igieniche improprie, dell'alimentazione inadeguata, della scarsa assistenza sanitaria e della corruzione tra le guardie, una parte delle quali dedita al contrabbando di armi e droga nelle prigioni; guardie che ricevono poca o nessuna formazione o supervisione. Basandosi sulla situazione ad agosto 2020, l'Istituto Penitenziario Nazionale (INPE) ha riferito che vi erano 89'760 detenuti in 69 strutture progettate per un totale di 40'137 prigionieri. II 37 % dei detenuti era in detenzione preventiva. La popolazione del penitenziario di Lurigancho, la più grande prigione del Paese, presentava 3,7 volte la capacità prescritta. L'autorità americana afferma inoltre che si sono verificate aggressioni ai detenuti da parte delle guardie carcerarie e dei compagni di detenzione. Una rivolta ad aprile nella prigione di Castro-Castro ha provocato la morte di 11 detenuti. I detenuti avevano solo un accesso intermittente all'acqua potabile. Le strutture per il bagno erano inadeguate, le cucine non erano igieniche e i prigionieri spesso dormivano nei corridoi e nelle aree comuni a causa della mancanza di spazio nelle celle. L'INPE ha creato aree di isolamento medico in ogni struttura, ma non era chiaro se questi spazi fossero sufficienti per ospitare i detenuti colpiti e ridurre il rischio di esposizione al COVID-19 per il resto della popolazione generale in ogni struttura. I detenuti con denaro o altre risorse avevano accesso a telefoni cellulari, droghe illegali e pasti migliori preparati fuori dalla prigione; i detenuti che non avevano fondi hanno sperimentato condizioni più difficili. La maggior parte delle carceri offriva un accesso limitato alle cure mediche, il che comportava un ritardo nella diagnosi delle malattie. La pandemia di COVID-19 ha aggravato questa situazione. I detenuti non avevano accesso ai farmaci giornalieri necessari per condizioni croniche come il diabete e le malattie cardiache, con conseguenti complicazioni come la cecità e l'amputazione degli arti. Le restrizioni sulle visite dovute al COVID-19 hanno ulteriormente limitato l'accesso dei detenuti alle risorse, poiché le visite dei parenti erano una fonte frequente di cibo, medicine e vestiti per i detenuti. I reclusi si sono lamentati di dover pagare per le cure mediche. La tubercolosi, l'HIV e l'AIDS sono rimasti a livelli quasi epidemici. Le prigioni sono diventate un punto critico di COVID-19 durante la pandemia, e l'ufficio dell'ombudsman ha sollecitato il governo in aprile a preservare la vita, la salute e la sicurezza all'interno delle prigioni. A luglio 2020, più di 2'600 detenuti sono risultati positivi al COVID-19 e 249 sono morti per la malattia.  
 
Il Ministero della Giustizia e dei diritti umani ha quindi adottato misure urgenti per ridurre l'affollamento e migliorare le condizioni sanitarie nei centri di detenzione. Nello stesso mese, il Governo ha graziato o commutato le sentenze di 1'929 detenuti che soddisfacevano le condizioni di ammissibilità e Ii ha rilasciati, ossia una condanna per reati minori e l'aver già scontato due terzi della pena. Inoltre, 2'000 delle 2'700 persone che stavano scontando condanne per debiti di alimenti sono state rilasciate dietro pagamento del debito. Autorità indipendenti e governative hanno indagato su accuse credibili di maltrattamenti. 
 
Il Governo permette tuttavia visite di monitoraggio da parte di osservatori indipendenti dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale. I funzionari del Comitato internazionale della Croce Rossa e i rappresentanti dell'ufficio dell'ombudsman hanno effettuato visite senza preavviso ai detenuti nelle prigioni e nei centri di detenzione. I problemi legati al sovrappopolamento delle carceri e, in generale, alle precarie condizioni detentive sono stati accertati anche dal Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite (Observations finales concernant le septième rapport périodique du Pérou del 20 novembre 2018, pag. 6 e segg.) e dall'Ufficio del mediatore peruviano (Defensoria del Pueblo), istituzione statale che monitora la situazione dei detenuti in tutte le prigioni del Paese. 
 
La CRP ha poi osservato che le misure volte a ridurre il sovraffollamento nelle carceri peruviane messe in atto durante un'emergenza pandemica non garantiscono l'assistenza medica e giuridica o l'imparzialità delle guardie nelle prigioni. Esse non impediscono nemmeno un nuovo sovraffollamento carcerario in futuro. Ne ha concluso, considerato il rischio concreto per il ricorrente d'essere incarcerato in Perù in caso di condanna, Paese nel quale risiede attualmente, e d'essere quindi direttamente confrontato con le citate problematiche, che la concessione dell'assistenza dev'essere condizionata all'ottenimento di garanzie diplomatiche volte al rispetto dell'art. 7 Patto ONU II. Richiamato l'art. 80p cpv. 1 AIMP, ha ritenuto che con l'ottenimento di tali garanzie la Svizzera potrà conciliare il suo obbligo di fornire assistenza, derivante dal Trattato con il Perù, con il divieto della tortura e altri trattamenti inumani e degradanti. Ha rilevato che l'Ufficio federale di giustizia (UFG) impartirà un termine appropriato all'autorità peruviana competente per dichiarare se li accetta. L'UFG esaminerà in seguito, conformemente all'art. 80p cpv. 3 AIMP, se la risposta dell'autorità peruviana soddisfa tali oneri. 
 
4.5. I ricorrenti criticano il sistema delle garanzie diplomatiche, in particolare la loro efficacia. Il Tribunale federale si è già pronunciato ancora recentemente su tali critiche espresse da associazioni per la difesa dei diritti dell'uomo e dalla dottrina, nella sentenza 1C_444/2020, citata, consid. 3.1.5, alla quale, per brevità, si rinvia. Del resto, di massima, le garanzie sono rispettate (LUDWICZAK GLASSEY, op. cit., n. 144, 697, 995). I ricorrenti richiamano la sentenza 1C_381/2021, citata (DTF 148 I 127), che indica gli undici criteri richiesti alle garanzie dalla Corte EDU, nonché la sentenza 1C_444/2020, citata. Sostengono che la CRP non avrebbe analizzato in dettaglio le condizioni socio-politiche del Perù e del suo sistema carcerario e neppure gli undici criteri fissati dalla Corte EDU; non avrebbe inoltre vagliato se lo Stato richiedente rispetterebbe i suoi impegni internazionali. Ammettono nondimeno che l'avrebbe implicitamente fatto imponendo le citate garanzie diplomatiche.  
 
Esprimendosi poi sull'efficacia delle garanzie nel caso in esame, essi non adducono ulteriori fatti che militerebbero a favore della loro tesi, poiché ciò implicherebbe la discussione di fatti nuovi. Con quest'argomentazione essi disattendono che possono eccezionalmente essere addotti nuovi fatti e nuovi mezzi di prova qualora ne dà motivo la decisione dell'autorità inferiore (art. 99 cpv. 1 LTF). Dal divieto di produrre nova sono d'altra parte esclusi fatti notori, come ad esempio letteratura scientifica o documentazione tecnica generalmente accessibile (DTF 148 V 174 consid. 2.2 e rinvii; 143 V 19 consid. 1.2; cfr. anche DTF 147 II 49 consid. 3.3; sui fatti notori in Internet, in particolare le informazioni ufficiali, vedi DTF 143 IV 380 consid. 1.1.1 e 1.2). 
 
4.6. Il Tribunale federale è vincolato all'accertamento dei fatti contenuto nella decisione impugnata (art. 105 cpv. 1 LTF). Secondo l'art. 97 cpv. 1 LTF, i ricorrenti possono censurarlo soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 147 I 73 consid. 2.2; 145 V 188 consid. 2), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento. I ricorrenti devono motivare la censura in modo chiaro e preciso, conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 147 IV 73 consid. 4.1.2). Per motivare l'arbitrio non basta tuttavia criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole, come in concreto, un'interpretazione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, si trovano in chiaro contrasto con la fattispecie, si fondano su una svista manifesta o contraddicono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 143 IV 241 consid. 2.3.1). Una decisione non è arbitraria solo perché appare discutibile o addirittura criticabile, ma dev'essere manifestamente insostenibile, non solo nei motivi ma anche nel suo risultato, in contraddizione palese con la situazione effettiva, gravemente lesiva di una norma o di un chiaro principio giuridico, o in contrasto intollerabile con il sentimento di giustizia e di equità (DTF 148 II 121 consid. 5.2; 146 IV 88 consid. 1.3.1; 148 I 127 consid. 4.3).  
 
I ricorrenti non contestano di per sé gli accertamenti dei fatti posti a fondamento dell'impugnato giudizio ma piuttosto, in maniera del tutto generica, la loro valutazione e il loro apprezzamento, che non risultano tuttavia addirittura arbitrari. Né essi richiamano documenti ufficiali atti a rendere verosimile che la situazione carceraria in Perù sarebbe significativamente peggiorata. 
 
4.7. Per di più, visto che non si tratta di una persona esposta politicamente o che potrebbe essere vittima di una persecuzione politica o discriminatoria, il rischio di maltrattamenti contrari ai diritti dell'uomo può essere ridotto con la richiesta di garanzie diplomatiche.  
 
Certo, la situazione carceraria in Perù, perlomeno secondo alcuni dei menzionati rapporti, è critica, anche sotto il profilo delle cure sanitarie. Nella fattispecie il ricorrente non abbisogna tuttavia di cure mediche specifiche né sostiene di presentare determinate vulnerabilità che imporrebbero un trattamento particolare o la richiesta di ulteriori approfondimenti (vedi al riguardo sentenza 1C_116/2022, citata, consid. 4.5 e 4.6). Egli espone infatti la situazione generale esistente in Perù indicata dalla CRP, senza tuttavia sollevare lamentele specifiche corroborate da ulteriori elementi di prova, limitandosi ad addurre in maniera generica e teorica che non sarebbe al riparo da un'eventuale detenzione lesiva dell'art. 7 Patto ONU II, senza tuttavia rendere verosimile, a maggior ragione in seguito all'adozione delle citate garanzie, l'esistenza di un rischio serio e oggettivo di una grave violazione dei diritti umani nello Stato richiedente, suscettibile di toccarlo concretamente. 
 
La Svizzera è infatti legata al Perù con il citato Trattato di assistenza e concede l'assistenza a questo Stato (vedi per esempio sentenza 1C_365/2020 dell'8 luglio 2020). Il Perù è inoltre parte al Patto ONU II, motivo per cui si presume che lo rispetti. Ha ratificato anche la Convenzione contro la tortura ed altre pene conclusa il 10 dicembre 1984, entrata in vigore per il Perù il 6 agosto 1988 (RS 0.105). Come visto, lo Stato permette visite di monitoraggio da parte di osservatori indipendenti dei diritti umani. Infine, è raro che l'assistenza venga rifiutata a causa della situazione generale vigente dello Stato richiedente e la Svizzera si affida inoltre al sistema delle garanzie diplomatiche (ZIMMERMANN, op. cit., n. 224, 313, 315 in fine e 683 pag. 749). Del resto il problema del sovraffollamento dei penitenziari sussiste anche nei Paesi occidentali, ma con l'adozione di determinate misure da parte dello Stato richiedente la situazione può evolvere e l'assistenza non essere più condizionata all'ottenimento di garanzie formali (vedi per l'Italia sentenza 1C_176/2014, citata, consid. 2-4). 
 
5.  
 
5.1. Spetterà poi all'Ufficio federale di giustizia, e semmai alla CRP, esaminare se le garanzie fornite dal Perù rispetteranno gli undici criteri fissati dalla Corte EDU, tenendo conto del meccanismo diplomatico di controllo chiesto a tutela del ricorrente. Quest'ultimo adduce, in maniera generica e di per sé prematura, che la CRP non ha ancora esaminato tali criteri e che un tale monitoraggio non sarebbe sufficiente per poter rispettare le garanzie richieste (sul "monitoring" vedi DTF 148 I 127 consid. 4.9.1-4.9.2).  
 
5.2. Ora, ricordato che il Perù non è parte alla CEDU e che nella fattispecie la questione dell'esame delle garanzie fornite da tale Stato è prematura, si può nondimeno rilevare che secondo la Corte EDU, quando lo Stato richiedente ha fornito assicurazioni diplomatiche sul rispetto dei diritti dell'uomo, queste costituiscono un fattore rilevante che la Corte prende in considerazione. Le assicurazioni non sono di per sé tuttavia sufficienti per garantire una protezione soddisfacente contro il rischio di maltrattamenti: occorre verificare ch'esse forniscano, nella loro applicazione pratica, una garanzia sufficiente che la persona interessata sia protetta dal rischio di maltrattamenti. Inoltre, l'importanza che dev'essere loro attribuita in ogni singolo caso dipende dalle circostanze prevalenti all'epoca ritenuta (sentenza della Corte EDU Zarmayev c. Belgio del 27 febbraio 2014, ricorso n. 35/10, § 92). Per valutare la qualità delle garanzie fornite e la loro affidabilità, la prima questione che si pone al momento di esaminare la maniera in cui esse saranno applicate in pratica e per determinare il peso da attribuire alle stesse è quella di sapere se la situazione generale dei diritti dell'uomo nello Stato richiedente non sia tale da precludere l'accettazione di qualsiasi garanzia da parte sua. È tuttavia solo in rari casi che la situazione generale in un determinato Paese non consente di dare peso alle garanzie fornite (sentenza della Corte EDU Othman [Abu Qatada] c. Regno Unito del 17 gennaio 2012, ricorso n. 8139/09, Raccolta 2012-I pag. 249, § 188). Nel valutare la qualità delle garanzie fornite, la Corte EDU considera i seguenti fattori (sentenza Othman [Abu Qatada], citata, § 189; DTF 148 I 127 consid. 4.4 e sentenza 1C_444/2020, citata, consid. 3.1.2) :  
i. la comunicazione dei termini delle garanzie; 
ii. la natura specifica o generica e vaga delle garanzie; 
iii. l'autore delle garanzie e la sua capacità d ' impegnare lo Stato richiedente; 
iv. le probabilità che le autorità locali rispettino le garanzie fornite da un' autorità centrale; 
v. la liceità o l'illiceità dei trattamenti per i quali sono state fornite le garanzie; 
vi. garanzie fornite o meno da parte di uno Stato parte alla CEDU; 
vii. durata e forza delle relazioni bilaterali tra lo Stato richiesto e quello richiedente, compreso l'atteggiamento nel passato di quest'ultimo riguardo a garanzie analoghe; 
viii. la possibilità o meno di verificare oggettivamente il rispetto delle garanzie fornite per il tramite di meccanismi diplomatici o di altri mezzi di controllo, compresa la possibilità illimitata di incontrare gli avvocati della persona interessata; 
ix. l'esistenza o meno di un vero e proprio sistema di protezione contro la tortura nello Stato richiedente e la sua volontà di collaborare con i meccanismi internazionali di monitoraggio - tra i quali le Organizzazioni non governative di tutela dei diritti dell'uomo - per indagare sulle allegazioni di tortura e punire gli autori di tali atti; 
x. l'esistenza o meno di antecedenti di maltrattament i della persona interessata nello Stato richiedente; 
xi.esame o meno da parte delle giurisdizioni interne dello Stato richiesto e se i tribunali nazionali dello Stato richiesto e dello Stato contraente hanno preso in considerazione l'affidabilità delle garanzie. 
 
5.3. Se la concessione di garanzie corrisponde alla prassi seguita tra la Svizzera e lo Stato richiedente, in linea di principio non c'è motivo di sospettare che quest'ultimo non mantenga i propri impegni, né di dubitare ch'esso rilascerebbe con leggerezza garanzie esplicite senza essere in grado di rispettarle. A ciò si aggiunge il principio della buona fede che regola le relazioni tra gli Stati e che consente segnatamente di presumere ch'essi rispetteranno i loro impegni internazionali (DTF 148 I 127 consid. 4.4). Le garanzie fornite costituiscono quindi, in linea di principio, un impegno da Stato a Stato, che secondo la regola "pacta sunt servanda", prevale su qualsiasi norma contraria della legislazione dello Stato richiedente: in caso d'inosservanza, lo Stato richiedente si rende colpevole di una violazione del diritto internazionale e corre il rischio di vedersi rifiutare una futura richiesta di assistenza (DTF 148 I 127 consid. 4.4; ZIMMERMANN, op. cit., n. 313 pag. 333). Questa pratica indurrebbe quindi in sostanza gli Stati a rispettare gli impegni assunti e il "monitoraggio" diplomatico effettuato dalle autorità dello Stato richiesto avrebbe un effetto positivo sulla tutela generale dei diritti dell'uomo nello Stato richiedente ("effetto farfalla"; ROY GARRÉ, in: Basler Kommentar, Internationales Strafrecht [IRSG, GwÜ], 2015, n. 13 ad art. 37 EIMP). In assenza di precedenti non è tuttavia possibile sapere se un Paese sarà in grado di rispettare le garanzie; è quindi necessario esaminare la verosimiglianza che lo Stato rispetti tali garanzie alla luce del suo comportamento nei confronti della comunità internazionale e dei suoi impegni in materia (DTF 148 I 127 consid. 4.4 e sentenza 1C_444/2020, citata, consid. 3.2.1).  
Per garantire il rispetto delle garanzie è indispensabile prevedere un obbligo di tolleranza da parte dello Stato richiedente, che si impegna ad accettare un diritto di controllo ex post da parte dello Stato richiesto, ciò che permette di istituire un sistema di "monitoraggio" (ANTONIN CHARRIÈRE, Extradition et garanties diplomatiques : examen de la pratique suisse, en particulier lorsque l'extradable a été jugé par défaut dans l'État requérant, in: AJP 7/2016 pag. 879, ad 4.2.2 pag. 888; SCHAFFNER/KÜHLER, in: Basler Kommentar, Internationales Strafrecht [IRSG, GwÜ], 2015, n. 17 e 48 ad art. 80p AIMP). AUFIERO precisa che questo si realizza sotto la forma di diritti concessi a un rappresentante svizzero o a una persona designata dalla rappresentanza svizzera di parlare e di visitare l'estradato senza sorveglianza, in qualsiasi momento e senza preavviso, di assistere all'udienza del processo, di farsi consegnare la decisione giudiziaria, d'essere informato del luogo di detenzione, nonché, senza indugio, di un suo cambiamento (op. cit., n. 1179 pag. 438). Tali garanzie sono state richieste dalla CRP. 
 
6.  
Ne segue che l'istanza precedente non ha violato il diritto convenzionale, costituzionale e federale, e neppure il divieto dell'arbitrio confermando la concessione dell'assistenza, sottoponendola all'ottenimento delle citate garanzie diplomatiche. 
 
Il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si attribuiscono ripetibili alle autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 4'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
3.  
Comunicazione ai patrocinatori dei ricorrenti, al Ministero pubblico della Confederazione, alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale e all'Ufficio federale di giustizia, Settore Assistenza giudiziaria. 
 
 
Losanna, 15 settembre 2022 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Kneubühler 
 
Il Cancelliere: Crameri