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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
1C_324/2016  
   
   
 
 
 
Sentenza del 14 marzo 2017  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, Presidente, 
Eusebio, Chaix, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________ SA, 
patrocinata da MLaw Martino Righetti e 
dall'avv. Fabrizio Keller, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Comune politico di San Vittore, 
patrocinato dall'avv. Andrea Toschini. 
 
Oggetto 
procedura edilizia, 
 
ricorso contro la sentenza emanata l'8 giugno 2016 dal Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 
5a Camera. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A.________ SA è proprietaria della particella www di 2'280 m2 ubicata nella zona industriale del Comune di San Vittore. Il fondo è parzialmente edificato con un laboratorio, per l'attività di antiquario della citata società, e relativi magazzini. Nell'edificio principale si trova anche un ufficio di collocamento di badanti. Il 22 ottobre 2014 la società ha inoltrato una domanda di costruzione per realizzare una nuova pavimentazione in asfalto, di circa 485 m2, nello spazio sito fra l'edificio principale e la tettoia (www-A) e per pavimentare con asfalto riciclato la parte rimanente della particella, di circa 585 m2. 
 
B.   
Realizzati prima del rilascio della licenza edilizia, il 10 dicembre 2014 il Comune ha notificato alla ditta il fermo dei lavori. Accertato che sui piazzali si era insediata una ditta di pavimentazione stradale (B.________ SA), che li utilizzava come magazzino e deposito per macchinari e attrezzi, il Comune ha invitato A.________ SA a inoltrare una domanda di costruzione concernente il cambiamento di destinazione, decretando il 17 giugno 2015 di nuovo la sospensione dei lavori. 
 
C.   
Con decisione del 18 giugno 2015 il Comune ha approvato parzialmente la domanda riguardo alla pavimentazione di 485 m2, rifiutando quella di 585 m2. Ha inoltre stabilito che l'installazione di B.________ SA presuppone il cambiamento di destinazione per l'attività esercitata negli edifici, nonché per l'utilizzazione degli spazi esterni quali piazzali di deposito e per la pavimentazione di 585 m2. Contro il fermo lavori del 17 giugno 2015 e la decisione del 18 giugno 2015 A.________ SA è insorta al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, che con giudizio dell'8 giugno 2016 ha respinto il ricorso. 
 
D.   
Avverso questa sentenza A.________ SA presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, concesso al gravame l'effetto sospensivo, di annullarla, subordinatamente di rinviare la causa alla Corte cantonale per un "complemento del diritto di essere sentito" e per nuovo giudizio. 
 
Non sono state chieste osservazioni al ricorso, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione, l'ammissibilità dei ricorsi sottopostigli (DTF 142 II 363 consid. 1).  
 
1.2. Presentato tempestivamente contro una decisione finale in ambito edilizio e pianificatorio, il ricorso in materia di diritto pubblico è ammissibile sotto il profilo degli art. 82 lett. a e 86 cpv. 1 lett. d LTF.  
 
1.3. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 142 I 99 consid. 1.7.1 pag. 106). Quando la ricorrente, come in concreto, invoca la violazione di diritti costituzionali (diritto di essere sentito), nonché l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, poiché ciò equivale a sostenere ch'essi sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. (DTF 136 I 304 consid. 2.4 pag. 313), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 142 I 99 consid. 1.7.2 pag. 106; 141 I 36 consid. 1.3 pag. 41).  
 
2.  
 
2.1. La ricorrente ravvisa una violazione del diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), censura che dev'essere esaminata in primo luogo (DTF 141 V 557 consid. 3 pag. 563), nel rifiuto dei giudici cantonali di esperire un sopralluogo, come da essa richiesto, allo scopo di accertare quali attività siano effettivamente esercitate da B.________ SA. Come ancora si vedrà, i magistrati cantonali, sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove per nulla arbitrario (al riguardo vedi DTF 141 I 60 consid. 3.3 pag. 64; 140 I 285 consid. 6.3.1 pag. 299) potevano rinunciare ad assumere questo mezzo di prova.  
 
Non da ultimo, per lo stesso motivo, anche la richiesta di esperimento del sopralluogo da parte del Tribunale federale dev'essere respinta. 
 
2.2. Neppure regge l'accenno ricorsuale a una pretesa motivazione insufficiente dell'impugnata decisione, ritenuto ch'essa si esprime su tutti i punti rilevanti per il giudizio (DTF 141 V 557 consid. 3.2.1 pag. 564; 138 I 232 consid. 5.1 pag. 237).  
 
2.3. Dinanzi al Tribunale federale la ricorrente non contesta più la decisione comunale di fermo lavori del 17 giugno 2015, motivo per cui questo quesito non dev'essere esaminato.  
 
3.  
 
3.1. La Corte cantonale si è espressa sul rifiuto del Comune di autorizzare la pavimentazione di una superficie di circa 585 m2, nonché sulla necessità d'inoltrare una domanda per il cambiamento di destinazione per l'attività dell'impresa di pavimentazione e per la ditta di collocamento di badanti (la cui direttrice è attualmente unico membro con firma individuale dell'azienda ricorrente), rispettivamente per l'utilizzo degli spazi esterni quali piazzali di deposito. Ha accertato che la particella è attribuita alla zona industriale ed è di proprietà della ricorrente, che sul fondo ha quali locatarie le due citate ditte.  
 
Ha osservato che secondo l'art. 25 cpv. 1 della legge edilizia comunale (LE), nella zona industriale è solo permessa la costruzione di edifici destinati alla produzione artigianale e industriale leggera. Ha accertato che dagli atti non risulta che B.________ SA svolge un'attività produttiva nel magazzino ubicato sulla particella www e che neppure produce materiale di pavimentazione sul piazzale esterno, rilevato che la ricorrente ammette che le attività di produzione di detta società verrebbero svolte solo in parte sul fondo in esame. Ha quindi stabilito che le sue attività in prevalenza non possono essere ritenute di carattere produttivo e che non sono comunque dati i requisiti di una produzione industriale leggera. Ne ha concluso che le attività attualmente esercitate da questa società, quali la posa di benne e di materiale o il posteggio di veicoli e macchinari di lavoro, non sono conformi alla destinazione della zona. Non lo è neppure quella di collocamento di badanti, poiché non costituisce un'attività produttiva. 
 
Ha poi stabilito che, secondo l'art. 25 LE, eventuali depositi esterni di materiale e mezzi necessari all'attività di un'azienda devono essere autorizzati separatamente. Ne ha dedotto che la pavimentazione di ca. 585 m2 può essere autorizzata soltanto in relazione all'attività della ricorrente o per un'attività di un'altra azienda conforme alla zona. 
 
Ha inoltre ritenuto che le licenze di costruzione precedentemente rilasciate a C.________, restauratore di mobili, autorizzavano la costruzione di un laboratorio/magazzino (licenza del 13 giugno 1984), al quale è stato aggiunto un magazzino/deposito (licenza del 29 dicembre 1987), di una tettoia aperta (licenza del 14 marzo 1990) e di una per il posteggio di 2-3 veicoli e deposito/ripostiglio (licenza del 5 giugno 1997), concesse per il deposito di mobili, ma soprattutto nel contesto dell'attività artigianale di restauro. Ne ha concluso che non esiste alcun diritto acquisito che permetterebbe un uso del piazzale quale deposito di un'impresa di pavimentazione, non essendo del resto litigiosa la conformità degli edifici, ma soltanto la pavimentazione e l'utilizzo della particella in relazione ad attività delle società locatrici non conformi alla destinazione della zona. 
 
3.2. La ricorrente sostiene che la Corte cantonale, riducendo l'oggetto del litigio alla pavimentazione litigiosa, avrebbe misconosciuto la portata della decisione comunale, mentre, al suo dire, si tratterrebbe d'allontanare le due società dal suo fondo. Il Comune, considerato che le aree industriali sono sempre più rare, non sarebbe infatti più disposto a tollerarvi l'insediamento di ditte che non svolgono attività produttive artigianali o industriali. Questo intendimento potrebbe comportare la chiusura della sua attività.  
 
3.2.1. La ricorrente, che non critica la destinazione della zona stabilita dall'art. 25 LE (DTF 131 II 103 consid. 2.4.1 pag. 110), fonda la sua tesi sull'art. 1 cpv. 1 LPT in relazione con l'art. 75 cpv. 1 Cost., relativi a un'appropriata e parsimoniosa utilizzazione del suolo. Lo stesso articolo, ciò ch'essa misconosce, disciplina però anche un ordinato insediamento del territorio, attuato in particolare mediante l'istituzione delle differenti zone previste dai piani di utilizzazione, il cui scopo non può essere sovvertito nell'ambito del rilascio di una licenza edilizia (art. 14 segg. LPT; DTF 140 II 262 consid. 2.3.1 e rinvii). Ne deduce, a torto, che l'interpretazione dei giudici cantonali, secondo cui il magazzino e l'ufficio in esame possono essere utilizzati soltanto per attività conformi alla destinazione della zona, comporterebbe un uso dispersivo del suolo, lesivo dell'art. 75 cpv. 1 Cost. Argomenta poi ch'essa disporrebbe di un diritto acquisito all'utilizzo dei propri spazi quali deposito, magazzino, posteggio e ufficio. L'assunto è specioso: questo utilizzo è infatti autorizzato solo in relazione ad attività principali conformi alla destinazione della zona previste dall'art. 25 LE e non per altre funzioni. I giudici cantonali hanno quindi rettamente stabilito che nel caso di specie la ricorrente non può appellarsi a diritti acquisiti in relazione ad attività che esulano da quelle previste dalla citata norma; né l'esclusione di siffatte attività doveva essere espressamente ripresa nelle licenze edilizie poiché, ricordato che la pianificazione locale del territorio compete ai comuni, deriva direttamente dall'art. 25 LE (DTF 142 I 177 consid. 4.2.3 pag. 185). È quindi a ragione ch'essi hanno ritenuto che, con riferimento alle attività svolte dalle due società locatrici, non si è in presenza di un caso di protezione della situazione acquisita.  
 
3.2.2. Neppure il richiamo a determinati interessi di fatto, segnatamente di natura economica, riguardo alla locazione dei suoi spazi alle due citate società muta tale esito. Non sussiste infatti alcun diritto a utilizzare un fondo in maniera difforme dalle prescrizioni di zona, ciò che è più che manifesto riguardo alla società di collocamento di badanti: al proposito, il rifiuto di rilasciare la richiesta licenza edilizia non presta pertanto il fianco a critiche. L'eventuale "allontanamento" delle due società costituisce semmai soltanto un effetto indiretto dell'applicazione corretta dell'art. 25 LE. Diffondendosi in maniera inutilmente ripetitiva e generica sull'utilizzazione appropriata e parsimoniosa del suolo (art. 75 cpv. 1 Cost.), la ricorrente misconosce che nulla le impedisce di utilizzare il suo fondo in maniera conforme alla norma (DTF 135 I 233 consid. 2.1 pag. 241), ricordato che i piani d'utilizzazione sono vincolanti per ognuno (art. 21 cpv. 1 LPT). Una licenza edilizia può infatti essere rilasciata solo se gli edifici e gli impianti sono conformi alla funzione prevista per la zona di utilizzazione (art. 22 cpv. 2 lett. a LPT), determinata dal piano di utilizzazione e dalle relative norme d'attuazione: la ricorrente non fa del resto valere, e ancor meno dimostra, che il diritto cantonale prevederebbe un'eccezione nel caso di specie (art. 23 LPT; PETER HÄNNI, Planungs-, Bau und besonderes Umweltschutzrecht, 6aed., pag. 201 segg. e 170; cfr. DTF 117 Ia 141 consid. 4 pag. 146; sulla compatibilità di misure pianificatorie con la libertà economica, anche sotto il profilo dell'art. 75 Cost., cfr. DTF 142 I 162 consid. 3.3 pag. 165 segg. e consid. 3.7.2 pag. 170 sulla parità dei concorrenti). Non vi è quindi alcuna violazione del diritto federale, in particolare nemmeno della garanzia della proprietà (art. 26 Cost.). L'accenno ricorsuale al fatto che la ricerca di una nuova società con attività conformi alla destinazione della zona e l'eventuale adeguamento degli spazi ai suoi bisogni implicherebbe un notevole dispendio di tempo e di mezzi finanziari, comportante se del caso la mancata utilizzazione del fondo per oltre un anno e quindi un'utilizzazione dispersiva e non parsimoniosa del suolo, è quindi inconferente.  
 
3.2.3. La ricorrente fa valere che la Corte cantonale avrebbe interpretato in maniera troppo restrittiva l'art. 25 LE, abusando dello spazio discrezionale che le competeva. Sostiene, del resto in maniera imprecisa, che i giudici cantonali avrebbero stabilito che tale norma permetterebbe di esercitare unicamente un'attività di produzione al 100 %: ritenendo che dagli atti di causa non risulta che sul fondo in esame B.________ SA eserciti una produzione artigianale o industriale leggera né nel magazzino né sul piazzale esterno, ma che li utilizzi solo per il deposito di benne, di materiale e per il posteggio di veicoli e macchinari e che quindi le sue attività non possono essere ritenute in prevalenza di carattere produttivo, essi non hanno interpretato né applicato l'art. 25 LE in maniera addirittura insostenibile e quindi arbitraria. Al riguardo infatti non basta che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel suo risultato (DTF 140 I 201 consid. 6.1), ciò che spetta alla ricorrente dimostrare (DTF 133 II 396 consid. 3.2), né risulta arbitrio dal semplice fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 141 I 70 consid. 2.2 pag. 72; sui vari metodi interpretativi vedi DTF 141 I 78 consid. 4.2 pag. 82).  
 
3.3. Il Tribunale federale fonda la sua sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). A questi appartengono sia le constatazioni concernenti le circostanze relative all'oggetto del litigio sia quelle riguardanti lo svolgimento della procedura innanzi all'autorità inferiore e in prima istanza, ossia gli accertamenti che attengono ai fatti procedurali (DTF 140 III 16 consid. 1.3.1 e rinvii). Esso può unicamente rettificare o completare l'accertamento dei fatti dell'autorità inferiore, se è manifestamente inesatto o risulta da una violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF) : "manifestamente inesatto" significa in questo ambito "arbitrario" (DTF 140 III 115 consid. 2; 135 III 397 consid. 1.5). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF). Ora, la ricorrente non dimostra che la Corte cantonale avrebbe accertato i fatti in maniera addirittura insostenibile e quindi arbitraria (DTF 142 II 355 consid. 6 pag. 258 seg.; 136 II 101 consid. 3 pag. 104; 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560) e ciò non risulta neppure dagli atti di causa.  
L'accenno ricorsuale secondo cui dal registro di commercio risulta che la B.________ SA è attiva anche nel campo della produzione di miscele stradali, di inerti e di riciclati è ininfluente, decisivo essendo il fatto che tali attività non sono esercitate sul fondo in esame. La ricorrente si limita ad asserire in maniera del tutto generica che l'esperimento di un sopralluogo avrebbe potuto comprovare l'esistenza di una non meglio specificata attività di carattere produttivo, ciò che non risulta dagli atti di causa; in assenza di una qualsiasi indicazione in tal senso, la Corte cantonale poteva quindi rinunciare ad assumere la prova richiesta. 
 
3.4. La ricorrente sostiene che la conclusione dei giudici cantonali secondo cui le precedenti licenze edilizie sono state rilasciate per esercitare un'attività artigianale e il relativo deposito di mobili si fonderebbe su un'interpretazione troppo restrittiva. Al riguardo fa valere la protezione della situazione acquisita in quanto le licenze edilizie non conterrebbero vincoli riguardo al deposito di mobili. Con quest'argomentazione essa disattende che, contrariamente al deposito di macchinari e attrezzi da parte della B.________ SA che non esplica di massima una produzione artigianale e industriale leggera, quella autorizzata all'epoca era collegata a una tale attività. Neppure l'assunto ricorsuale secondo cui in tal caso il magazzino non potrebbe essere utilizzato a nessun altro scopo regge: se del caso una parte del fondo potrebbe senz'altro essere destinata a magazzino per ditte che esercitano attività conformi a quanto previsto dall'art. 25 LE, ciò che non si verifica per quelle in questione.  
 
4.  
 
4.1. La ricorrente adduce che la Corte cantonale non avrebbe esaminato nel merito l'asserito cambiamento della prassi comunale relativo al rilascio di autorizzazioni edilizie per attività non conformi a quanto disposto dall'art. 25 LE, rigettando a torto l'argomento dell'uguaglianza di trattamento nell'illegalità.  
 
4.2. Come rettamente ritenuto dai giudici cantonali, il diritto all'uguaglianza di trattamento nell'illegalità può essere ammesso in via eccezionale soltanto quando non in un caso isolato e neppure in alcuni casi, bensì secondo una prassi costante, un'autorità deroga alla legge e dà a vedere che anche in futuro non deciderà in modo conforme alla stessa (DTF 132 II 485 consid. 8.6 pag. 510; sul principio di uguaglianza vedi DTF 142 I 195 consid. 6.1 pag. 213). Date queste condizioni, un cittadino ha allora diritto di esigere di beneficiare anch'egli dell'illegalità, sempre che ciò non leda altri interessi legittimi (DTF 139 II 49 consid. 7.1 pag. 61). Secondo la costante giurisprudenza, il principio della legalità dell'attività amministrativa prevale però su quello della parità di trattamento. Qualora un'autorità riconosca esplicitamente l'illegittimità di una determinata prassi anteriore e affermi chiaramente di volersi in futuro conformare alla legge, il principio dell'uguaglianza di trattamento deve cedere il passo a quello della legalità (DTF 139 II 49 consid. 7.1; 136 I 65 consid. 5.6 pag. 78; 131 V 9 consid. 3.7 pag. 20; 127 I 1 consid. 3a pag. 2 seg.).  
 
4.3. Ora, limitandosi ad addurre che il Municipio non sempre avrebbe applicato in maniera coerente, costante ed uniforme la propria prassi, la ricorrente non dimostra che sarebbero date le condizioni poste dalla giurisprudenza per ammettere, eccezionalmente, una parità di trattamento nell'illegalità. Del resto, semmai occorrerebbe privilegiare la revisione del piano di utilizzazione e non una prassi contraria allo stesso (sentenza 1C_482/2010 del 14 aprile 2011 consid. 5.1).  
Al riguardo i giudici cantonali hanno ritenuto che, vista la difformità dell'attività della ditta di pavimentazione alla zona, la pretesa prassi illegale dovrebbe consistere nella tolleranza da parte del Comune di altri depositi esterni di aziende con attività non conformi alla zona. Hanno osservato che anche nell'ipotesi in cui il Comune in determinate occasioni permetterebbe ad aziende conformi alla zona, in relazione alla loro attività, il deposito esterno senza la dovuta autorizzazione, non si sarebbe comunque in presenza di due fattispecie analoghe, per cui non occorrerebbe esaminare un'eventuale lesione dell'uguaglianza di trattamento in relazione all'asserita prassi illegale. La ricorrente non dimostra l'arbitrarietà di questa conclusione. 
 
4.4. La Corte cantonale non ha poi ritenuto la tesi della ricorrente secondo cui quasi ogni ditta nella zona industriale comunale depositerebbe container, macchinari ecc., sui terreni antistanti i fabbricati. Ha compiutamente vagliato gli esempi di depositi nel Comune indicati dalla ricorrente, che non avrebbero alcun legame con un'attività di produzione, illustrando determinate situazioni non autorizzate contro le quali il Comune (seppur senza successo) è già intervenuto e alle quali non è stata applicata una prassi illegale. La ricorrente, del resto a torto, adduce che non sarebbero stati considerati i macchinari depositati sulla particella xxx e i container non autorizzati sui fondi yyy e zzz, ritenuto che al riguardo la Corte cantonale ha accertato che per il Comune si tratta di situazioni non tollerate. Ha aggiunto che anche con riferimento a depositi su altri fondi il Comune ha confermato l'intenzione di non voler più consentire a imprese di costruzione o simili d'installarvisi. Sottolineate due situazioni nelle quali il Comune ha autorizzato l'insediamento di ditte con attività simili a quelle svolte dalla ricorrente con relativo deposito esterno, ha nondimeno accertato che non sembrano esserci motivi per dubitare della sua volontà di non voler più tollerare, in futuro, l'insediamento di aziende di costruzione o simili e il relativo deposito di materiale o di macchinari all'aperto e di voler dunque applicare l'art. 25 LE senza concedere eccezioni. Adducendo, peraltro in maniera generica, che il Comune avrebbe applicato la nuova restrittiva prassi soltanto in seguito al ricorso della ricorrente, quest'ultima non dimostra ch'esso, contrariamente a quanto stabilito nel giudizio impugnato, non intenderebbe applicarla anche in futuro. Per questo motivo, visto che anche in passato si trattava di casi isolati, non sono date le condizioni per ammettere eccezionalmente una parità di trattamento nell'illegalità. Anche nell'ipotesi in cui la nuova restrittiva prassi sarebbe stata applicata per la prima volta nei confronti della ricorrente, ciò è ininfluente, ritenuta ch'essa viene ormai attuata anche rispetto ad altre ditte.  
 
4.5. La Corte cantonale ha infine respinto le critiche sull'asserita carenza di proporzionalità delle decisioni comunali, osservando che la ricorrente può locare il suo fondo e i magazzini annessi ad aziende con attività conformi alla zona. Al riguardo, la ricorrente si limita a rinviare, a torto come visto, all'art. 75 cpv. 1 Cost., alla protezione della situazione acquisita e al dispendio necessario per trovare un'altra società con attività confacenti alla destinazione della zona, argomenti inconsistenti.  
 
5.   
In quanto ammissibile, il ricorso dev'essere pertanto respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
L'emanazione del presente giudizio rende priva di oggetto la domanda d'effetto sospensivo. 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e al Tribunale amministrativo del Cantone dei Grigioni, 5a Camera. 
 
 
Losanna, 14 marzo 2017 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Merkli 
 
Il Cancelliere: Crameri