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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_788/2013  
   
   
 
 
 
Sentenza del 25 gennaio 2014  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Seiler, Aubry Girardin, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
1. A.A.________, 
2. B.A.________, 
    rappresentato da A.A.________, 
3. C.A.________, 
    rappresentato da A.A.________, 
4. D.A.________, 
    rappresentato da A.A.________, 
tutti patrocinati dall'avv. Corinne Koller Baiardi, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Sezione della popolazione, 
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 6500 Bellinzona, 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca del permesso di dimora, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 4 luglio 2013 dal Tribunale amministrativo 
del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 25 maggio 2007, la cittadina dominicana A.A.________ si è sposata nel proprio Paese d'origine con il cittadino elvetico E.________. A.A.________ è giunta in Svizzera il 16 settembre successivo per vivere con il marito ed è stata a tal fine posta a beneficio di un permesso di dimora annuale, rinnovato un'ultima volta fino al 15 settembre 2011. 
Stesso tipo di permesso è stato parallelamente concesso ai figli B.A.________, C.A.________ e D.A.________, avuti da A.A.________ da precedenti relazioni e che si sono trasferiti in Svizzera per seguire la madre. 
 
B.  
Il 20 settembre 2008, E.________ ha colpito A.A.________ alla testa con una sedia e l'ha afferrata al collo, causandole delle lesioni. A seguito di tali fatti, A.A.________ e i suoi tre figli si sono stabiliti in una struttura protetta dove hanno soggiornato fino al 13 gennaio 2009. Sempre a seguito di tali fatti, E.________ è stato condannato alla pena pecuniaria di fr. 600.--, corrispondente a 20 aliquote da fr. 30.--, sospesa condizionalmente con un periodo di prova di 2 anni, e alla multa di fr. 200.--, per lesioni semplici. 
Dopo un nuovo periodo di convivenza con il marito, protrattosi tra il 13 gennaio 2009 e l'ottobre 2010, il 2 novembre 2010 A.A.________ ha chiesto alle autorità competenti la modifica dell'indirizzo apposto sul suo permesso di dimora indicando che, a partire dal 15 ottobre 2010, si era trasferita con i figli in un'altra abitazione. Nel contempo, ha adito il Pretore competente, affinché regolasse la vita separata dei coniugi. 
Interrogata dalla polizia, ha spiegato che, quando beveva, suo marito diventava violento e che, per tutelare la propria incolumità e quella dei figli, aveva dovuto lasciare a più riprese l'abitazione familiare. Sentito a sua volta nel dicembre 2010, E.________ ha invece contestato tali affermazioni, manifestando l'intenzione di divorziare. Nel febbraio successivo, egli si è poi trasferito in Thailandia. 
 
C.   
Preso atto della situazione venutasi a creare, con decisione dell'11 gennaio 2011 la Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni ha revocato il permesso di dimora di A.A.________, e quindi anche dei suoi figli, poiché lo scopo per il quale era stato concesso era nel frattempo venuto a mancare. 
Su ricorso, presentato da A.A.________ per sé e in rappresentanza dei figli, detta decisione è stata confermata sia dal Consiglio di Stato, il 14 giugno 2011, che dal Tribunale cantonale amministrativo, pronunciatosi in merito con sentenza del 4 luglio 2013. 
Al pari del Consiglio di Stato, che metteva però in dubbio pure la genuinità del matrimonio, il Tribunale cantonale amministrativo ha in effetti considerato: in primo luogo che, dopo la separazione dal proprio coniuge, A.A.________ non disponesse più di nessun diritto di soggiornare in Svizzera, né in base al diritto interno e segnatamente all'art. 50 LStr, né in base al diritto convenzionale e segnatamente all'art. 8 CEDU; in secondo luogo che, siccome gli stessi avevano ottenuto un permesso di dimora esclusivamente per poter vivere con la madre, tale diritto non poteva essere riconosciuto nemmeno ai figli. 
 
D.   
Il 6 settembre 2013, sempre agendo per sé e in rappresentanza dei figli, A.A.________ ha inoltrato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, con cui chiede l'annullamento della pronuncia del Tribunale cantonale amministrativo, il rinnovo dei loro permessi di dimora e il riconoscimento dell'assistenza giudiziaria. 
La Corte cantonale si è riconfermata nelle motivazioni e nelle conclusioni della propria sentenza. Ad essa hanno fatto in sostanza rinvio anche la Sezione della popolazione e l'Ufficio federale della migrazione. Il Consiglio di Stato si è invece rimesso al giudizio di questa Corte. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. La procedura ha preso avvio dalla revoca del permesso di dimora a suo tempo concesso alla ricorrente e ai di lei figli. Quando tale misura è stata esaminata dalla Corte cantonale, detto permesso aveva però già perso di validità. Per questo motivo, constatato come il giudizio del Consiglio di Stato si pronunciasse anche sul diritto al rinnovo del permesso di soggiorno, il Tribunale cantonale amministrativo ha trattato la fattispecie sotto questo profilo (querelato giudizio, consid. 1).  
Solo quest'ultimo aspetto è di conseguenza oggetto di litigio (sentenze 2C_369/2011 del 24 ottobre 2011 consid. 1.1 e 2C_700/2009 del 15 aprile 2010 consid. 2.1). 
 
1.2. Giusta l'art. 83 lett. c n. 2 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né il diritto federale né il diritto internazionale conferiscono un diritto (DTF 133 I 185 consid. 2.3; 131 II 339 consid. 1).  
La ricorrente 1 ritiene di avere un diritto al rinnovo del suo permesso di dimora, e quindi anche di quello dei suoi tre figli (ricorrenti 2-4), sulla base dell'art. 50 LStr. Non risultando questa conclusione d'acchito insostenibile, occorre pertanto ammettere il sussistere di un diritto, secondo quanto richiesto dall'art. 83 lett. c cifra 2 LTF, a presentare un ricorso in materia di diritto pubblico. In che misura le condizioni per il rinnovo del permesso siano davvero rispettate è infatti questione di merito, che come tale dev'essere trattata (sentenza 2C_304/2009 del 9 dicembre 2009 consid. 1.1, non pubblicato in DTF 136 II 113). 
 
1.3. Diretto contro una decisione finale di un tribunale cantonale superiore (art. 86 cpv. 1 lett. d e cpv. 2, art. 90 LTF), il ricorso è stato presentato tempestivamente (art. 46 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) dai destinatari della pronuncia contestata. Confermando la stessa il diniego del rinnovo del permesso richiesto, dato è anche l'interesse a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF).  
Per quanto precede, l'impugnativa è di massima ammissibile quale ricorso ordinario ex art. 82 segg. LTF. 
 
2.  
 
2.1. Con il rimedio del ricorso in materia di diritto pubblico può tra l'altro venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Rispettate le condizioni che prescrive l'art. 42 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale applica comunque il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF) e può accogliere o respingere un ricorso anche per motivi diversi da quelli invocati o su cui si è fondata l'autorità precedente (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1 pag. 254).  
Esigenze più severe valgono però in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, inclusi quelli ancorati direttamente nel diritto internazionale. Il Tribunale federale esamina infatti simili censure solo se l'insorgente le ha sollevate in modo preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; sentenza 2C_226/2010 del 29 novembre 2010 consid. 2.2). 
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene solo se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove addotte (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560; sentenza 2C_959/2010 del 24 maggio 2011 consid. 2.2). A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene inoltre conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono comunque essere posteriori al giudizio impugnato (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.).  
Già solo poiché sono posteriori al giudizio impugnato, il Tribunale federale non potrà quindi nemmeno tenere conto dei documenti prodotti con il ricorso, per informare questa Corte della "situazione attuale personale/sociale/psicologica della famiglia A.________" (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 342 consid. 2 pag. 343 seg.). 
 
3.   
Dopo avere preso atto del fatto che la ricorrente 1 non poteva più prevalersi del diritto al rinnovo del permesso sulla base dell'art. 42 LStr, la Corte cantonale ha ritenuto che la stessa non potesse a tal fine neppure richiamarsi all'art. 50 LStr o all'art. 8 CEDU
Essa ha infatti scartato l'applicazione dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr, perché ha ritenuto che l'unione coniugale aveva raggiunto sì i tre anni, protraendosi tra il 16 settembre 2007 e il 10 ottobre 2010, ma a partire dall'agosto 2009 il rapporto coniugale non era in realtà più vissuto; ha inoltre negato l'applicazione dell'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr, poiché non sussisteva nessun grave motivo personale, che rendesse necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera; ha infine rilevato come, non essendovi più alcuna relazione sentimentale con il coniuge, dati non fossero nemmeno i presupposti per il riconoscimento di una possibilità di soggiorno in Svizzera in base all'art. 8 CEDU
Nell'impugnativa non viene presa posizione in merito all'ultimo aspetto evocato, che non potrà pertanto essere neanche oggetto del presente giudizio (sentenze 2C_443/2011 del 24 novembre 2011 consid. 3; 2C_226/2010 del 29 novembre 2010 consid. 2.2 e 2C_221/2009 del 21 gennaio 2010 consid. 1.3). Approfondita dev'essere per contro la questione degli estremi per l'applicazione alla fattispecie dell'art. 50 LStr, cui i ricorrenti invece si richiamano anche davanti al Tribunale federale. 
 
4.  
Dissentendo dal Tribunale amministrativo, che ha considerato che a partire dall'agosto 2009 l'unione coniugale abbia avuto unicamente carattere formale, i ricorrenti sostengono che i Giudici cantonali abbiano accertato arbitrariamente i fatti, che l'unione si sia validamente protratta per oltre tre anni e che, preso atto dell'avvenuta integrazione, il diritto al soggiorno in base all'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr sarebbe quindi dato. 
 
4.1. Giusta l'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr, dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare, il diritto del coniuge al rilascio e alla proroga del permesso di dimora in virtù dell'art. 42 LStr risulta preservato a condizione che l'unione coniugale sia durata almeno tre anni e l'integrazione sia avvenuta con successo.  
Secondo giurisprudenza, per la durata dell'unione coniugale è determinante unicamente la sua sussistenza in Svizzera fino allo scioglimento della comunità familiare, che coincide di regola con quello della comunità domestica (DTF 136 II 113 consid. 3.2 pag. 115 segg.; sentenza 2C_635/2009 del 26 marzo 2010 consid. 5.2). Ciò non esclude tuttavia che - quando risulti chiaramente che il rapporto coniugale non è più vissuto e non vi è più una reciproca volontà in relazione al vincolo del matrimonio -, la sussistenza dell'unione coniugale possa essere negata già in precedenza (sentenze 2C_761/2011 del 27 gennaio 2012 consid. 3.2 e 2C_531/2011 del 19 dicembre 2011 consid. 2.3). 
La nozione di unione coniugale prevista dall'art. 50 cvp. 1 LStr - che non va confusa né con quella formale di matrimonio né con quella di coabitazione, che può tra l'altro essere momentaneamente sospesa per motivi gravi (art. 49 LStr) - implica infatti una vita coniugale reale ed effettiva (DTF 137 II 345 consid. 3.1.2 pag. 347; 136 II 113 consid. 3.2 pag. 115 segg.). 
 
4.2. Nella fattispecie che ci occupa, la Corte cantonale ha a giusta ragione osservato che, a norma dell'art. 49 LStr, anche il periodo tra il 20 settembre 2008 e il 13 gennaio 2009, trascorso dai ricorrenti presso una struttura protetta, dovesse essere considerato nel computo dei tre anni previsti dalla legge (sentenza 2C_231/2011 del 21 luglio 2011 consid. 4).  
Per quel che emerge dal giudizio impugnato, che su questo punto non viene contestato, risulta in effetti che - dopo tale trasferimento, giustificato da quanto accaduto il 20 settembre 2008 (precedente consid. B) - i coniugi si sono riappacificati e la comunione domestica è stata ripristinata (sentenza 2C_635/2009 del 26 marzo 2010 consid. 4.4). 
 
4.3. Come detto, litigioso è per contro il momento della cessazione dell'unione coniugale, in merito alla fissazione del quale i ricorrenti rimproverano in sostanza alla Corte cantonale un accertamento arbitrario dei fatti.  
 
4.3.1. Il tribunale cantonale amministrativo ha negato il riconoscimento del diritto ad un permesso di soggiorno sulla base dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr, poiché ha considerato che - almeno a partire dall'agosto 2009 - una vita coniugale reale ed effettiva non fosse più data.  
Esso è giunto a tale conclusione riferendosi, sia alla dichiarazione resa dalla ricorrente 1 davanti alla polizia cantonale, sia all'istanza dalla stessa introdotta l'8 novembre 2010 davanti al Pretore competente, siccome in tale atto in concreto afferma che se non ha lasciato prima il marito, nonostante le gravi prevaricazioni subite, è perché non voleva che la figlia F.________, avuta da quest'ultimo da una precedente relazione, restasse sola con lui. 
 
4.3.2. Le critiche mosse contro gli accertamenti di fatto, almeno in parte inammissibili, poiché di carattere sostanzialmente appellatorio, sono volte unicamente contro l'apprezzamento dell'istanza dell'8 novembre 2010.  
Già solo per questo motivo, ovvero perché non spendono parola su quanto parallelamente dedotto dall'esito dell'interrogatorio della ricorrente 1, che pure ha contribuito a portare il Tribunale amministrativo alla conclusione che, a partire dall'agosto 2009, una vita coniugale reale ed effettiva non fosse più data, esse non sono quindi atte a dimostrare l'arbitrio del giudizio reso. 
 
4.3.3. In via abbondanziale può essere inoltre aggiunto che, anche per quanto dedotto dall'istanza dell'8 novembre 2010, l'arbitrio, e quindi la manifesta insostenibilità della querelata sentenza (DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; 133 Il 249 consid. 1.2.2 pag. 252), non sono affatto stati provati.  
Dal documento menzionato, così come dalle conclusioni scritte del 12 gennaio successivo, risulta in effetti chiaramente che il comportamento della ricorrente 1, per quanto lodevole, era volto esclusivamente a tutelare fino al suo affidamento a terzi la figlia dal padre, non quindi a venire in qualche modo incontro al marito, in nome di un'unione coniugale reale e ancora intatta. 
 
4.4. Ritenuto che i ricorrenti non hanno validamente messo in discussione gli accertamenti di fatto che hanno portato la Corte cantonale a concludere che, almeno a partire dall'agosto 2009, una vita coniugale reale ed effettiva non fosse più data, il riconoscimento di un permesso di dimora sulla base dell'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr dev'essere pertanto escluso, senza esaminare il parallelo aspetto dell'integrazione.  
 
5.  
Sempre dissentendo dal Tribunale amministrativo, nell'impugnativa viene sostenuto in seconda battuta che un diritto al soggiorno della ricorrente 1 e, di conseguenza, anche dei ricorrenti 2-4 sia dato in base all'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr. 
 
5.1. Giusta l'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr, dopo lo scioglimento del matrimonio o della comunità familiare, il diritto del coniuge al rilascio e alla proroga del permesso di dimora viene riconosciuto anche in presenza di gravi motivi personali che rendono necessario il prosieguo del soggiorno in Svizzera. L'art. 50 cpv. 2 LStr precisa che può segnatamente essere un grave motivo personale il fatto che il coniuge è stato vittima di violenza nel matrimonio, che il matrimonio contratto non è espressione della libera volontà di uno degli sposi o che la reintegrazione sociale nel Paese d'origine risulta fortemente compromessa.  
 
5.2. Anche questa seconda argomentazione - sollevata con riferimento sia alla violenza subita dalla ricorrente 1 il 20 settembre 2008, sia ai problemi di reintegrazione nel caso di un ritorno nel Paese di origine - non può tuttavia essere condivisa da questa Corte.  
 
5.2.1. Come giustamente rilevato anche nel ricorso, la violenza subita dalla ricorrente 1 il 20 settembre 2008 è un fatto accertato (art. 105 cpv. 1 LTF). Altrettanto evidente è che ogni tipo di violenza coniugale deve essere preso sul serio e condannato con fermezza (DTF 138 II 229 consid. 3.2.1 pag. 232 seg. con ulteriori rinvii). Certo è infine che, a seconda dell'intensità della violenza di cui una persona è stata vittima, anche un solo episodio può portare al riconoscimento di un grave motivo personale ai sensi dell'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr (sentenza 2C_590/2010 del 29 novembre 2010 consid. 2.5).  
Proprio per quanto riguarda la violenza nel matrimonio, occorre tuttavia non perdere di vista che l'obiettivo dell'art. 50 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 LStr è in concreto quello di impedire che una persona che subisce violenza debba sentirsi costretta a vivere più a lungo con il coniuge che ne è la causa, solo per paura di perdere il diritto al soggiorno in Svizzera (sentenza 2C_590/2010 del 29 novembre 2010 consid. 2.5 con rinvio al messaggio dell'8 marzo 2002 relativo alla legge federale sugli stranieri, nonché ai verbali dei dibattiti parlamentari ad essa relativi). 
Un tale caso non è però dato nella fattispecie. In effetti, come giustamente rilevato nel giudizio impugnato, dopo l'episodio di violenza accaduto il 20 settembre 2008 e dopo un periodo trascorso in una struttura protetta, i coniugi si sono riappacificati e la comunione domestica è stata ripristinata di comune accordo (sentenze 2C_155/2011 del 7 luglio 2011 consid. 4.3 e 2C_690/2010 del 25 gennaio 2011 consid. 3.2). Nel contempo, nell'impugnativa non viene fatto valere il compimento di nessun ulteriore, concreto e specifico atto di violenza da parte del coniuge della ricorrente 1 e nemmeno ne viene lamentata la mancata constatazione da parte delle autorità giudiziarie cantonali. 
 
5.2.2. Per quanto riguarda la reintegrazione sociale nel Paese d'origine, l'art. 50 cpv. 2 LStr subordina in maniera esplicita il riconoscimento di un grave motivo personale al fatto che la stessa risulti fortemente compromessa. In questo contesto, non si tratta pertanto di sapere se per lo straniero sia più facile vivere in Svizzera, bensì di esaminare se, nel caso di un rimpatrio, la sua reintegrazione sia messa seriamente in discussione (sentenze 2C_748/2011 dell'11 giugno 2012 consid. 2.2.2; 2C_155/2011 del 7 luglio 2011 consid. 4.3).  
Le ragioni per le quali un simile motivo non può nel caso della ricorrente 1 essere riconosciuto sono state compiutamente indicate nella querelata sentenza, alla quale può qui essere fatto sostanzialmente rinvio (giudizio impugnato, consid. 6.3). L'impugnativa si limita del resto a contrastarle con argomentazioni di carattere generico che, tenuto conto dell'obbligo di collaborazione e delle regole probatorie validi in questo ambito, non sono affatto sufficienti per metterle in discussione (DTF 138 II 229 consid. 3.2.3 pag. 235). 
Sempre nel medesimo contesto occorre d'altra parte rilevare che, per quanto il ricorso fa leva sulle difficoltà che i ricorrenti 2-4 incontrerebbero nel trasferirsi in patria, esso non considera che, nel quadro dell'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr, l'esame della situazione della prole mira prioritariamente alla salvaguardia degli interessi dei figli comuni ai coniugi, non invece a casi come quello in oggetto, in cui la sorte della prole è legata in sostanza a quella del genitore straniero (DTF 137 II 345 consid. 3.2.2 pag. 349 sempre con rinvio al messaggio dell'8 marzo 2002 relativo alla legge federale sugli stranieri; sentenza 2C_289/2012 del 12 luglio 2012 consid. 4.2.5). 
 
5.3. Per quanto osservato, anche il mancato riconoscimento di un permesso di soggiorno alla ricorrente 1 sulla base dell'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr non lede il diritto federale.  
 
6.   
I ricorrenti 2, 3 e 4 domandano il rinnovo del loro permesso di soggiorno per poter restare in Svizzera accanto alla madre. Siccome però la stessa non dispone di un diritto al rinnovo del suo permesso di soggiorno né in base all'art. 50 cpv. 1 lett. a LStr né in base all'art. 50 cpv. 1 lett. b LStr, il soggiorno in svizzera deve essere negato anche ai suoi figli (sentenza 2C_73/2012 del 25 marzo 2013 consid. 3). 
 
7.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso deve essere pertanto respinto. 
L'istanza di assistenza giudiziaria non può essere accolta in quanto il gravame, volto all'annullamento di una sentenza conforme alla giurisprudenza, doveva apparire sin dall'inizio privo di probabilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF; sentenze 2C_329/2013 del 27 novembre 2013 consid. 4 e 2C_700/2009 del 15 aprile 2010 consid. 7). Nell'addossare le spese giudiziarie ai ricorrenti, viene comunque considerata la loro situazione finanziaria (art. 65 cpv. 1 e 2 LTF, art. 66 cpv. 1 LTF). Non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3.   
Le spese giudiziarie di fr. 1'500.-- sono poste a carico dei ricorrenti. 
 
4.   
Comunicazione alla patrocinatrice dei ricorrenti, alla Sezione della popolazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, nonché all'Ufficio federale della migrazione.  
 
 
Losanna, 25 gennaio 2014 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Zünd 
 
Il Cancelliere: Savoldelli