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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
5A_476/2008 
 
Sentenza del 7 agosto 2009 
II Corte di diritto civile 
 
Composizione 
Giudici federali Hohl, Presidente, 
Escher, Marazzi, 
Cancelliere Piatti. 
 
Parti 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
B.________SA, 
opponente, 
 
Ufficio di esecuzione e fallimenti di Lugano, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
emissione del precetto esecutivo, 
 
ricorso contro la decisione emanata il 24 giugno 2008 dalla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza. 
Fatti: 
 
A. 
Con precetto esecutivo del 5/27 marzo 2008 dell'Ufficio di esecuzione di Lugano, la società B.________SA ha escusso l'avv. A.________ per l'importo complessivo di fr. 4'799.55, oltre interessi, che riguarda otto fatture rimaste impagate. In data 31 marzo 2008, l'avv. A.________ ha adito la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello del Cantone Ticino quale autorità di vigilanza chiedendo l'annullamento del precetto esecutivo in questione, a motivo che debitrici dell'importo dedotto in esecuzione sarebbero alcune società con sede all'estero, delle quali l'escussa sarebbe semplice amministratrice. La società escutente avrebbe agito nel detto modo unicamente per evitare di procedere all'estero, ciò che costituirebbe tuttavia un chiaro abuso di diritto, sapendo B.________SA che l'escussa non è la reale debitrice. 
 
B. 
Il Tribunale di appello ha respinto il ricorso con la qui impugnata decisione 24 giugno 2008. Ha chiarito, in primo luogo, di non potersi esprimere circa la reale identità delle debitrici, trattandosi di una questione di merito esulante dalla cognizione dell'autorità adita. Ha considerato, poi, di non poter ritenere manifestamente abusiva la domanda d'esecuzione di B.________SA, poiché "la LEF conferisce al precettante il diritto di avviare una procedura esecutiva senza dover provare il fondamento del suo credito". 
 
C. 
Contro la pronuncia cantonale, l'avv. A.________ (ricorrente) interpone avanti al Tribunale federale il presente ricorso in materia civile. Con esso chiede l'annullamento del precetto esecutivo in questione, subordinatamente l'annullamento della decisione impugnata. 
 
Non sono state chieste osservazioni. 
 
Diritto: 
 
1. 
La decisione impugnata ha per oggetto la validità di un precetto esecutivo, ovvero un tema di esecuzione e fallimento; contro decisioni di tale natura - finali ai sensi dell'art. 90 LTF (DTF 133 III 350 consid. 1.2) - è dato il rimedio del ricorso in materia civile al Tribunale federale giusta l'art. 72 cpv. 2 lett. a LTF. Pronunciata dall'autorità cantonale di vigilanza in materia di esecuzione e fallimento, la decisione è impugnabile indipendentemente dal valore litigioso (art. 74 cpv. 2 lett. c LTF). Il termine di ricorso (art. 100 cpv. 2 lett. a LTF) e le forme ricorsuali (art. 42 LTF) sono rispettate. 
 
2. 
2.1 Il Tribunale federale fonda la propria sentenza sui fatti accertati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). L'accertamento dei fatti può essere censurato unicamente se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF oppure in maniera manifestamente inesatta (art. 97 cpv. 1 LTF); quest'ultima definizione corrisponde a quella di arbitrio vigente sotto l'egida dell'abrogata legge sull'organizzazione giudiziaria (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252) e configura a sua volta una violazione del diritto (art. 9 Cost.; DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1 pag. 39). Poiché il divieto d'arbitrio rientra fra i diritti fondamentali, la censura relativa ad una sua violazione va espressamente sollevata e motivata in termini qualificati (art. 106 cpv. 2 LTF; in proposito, v. consid. 2.3 infra). Inoltre, la censura di arbitrio nell'accertamento dei fatti è ammissibile unicamente qualora l'eliminazione del vizio possa essere determinante per l'esito del procedimento (art. 97 cpv. 1 LTF), ciò che il ricorrente deve puntualmente allegare e dimostrare. 
 
2.2 Con ricorso in materia civile il ricorrente può far valere la violazione del diritto svizzero rispettivamente estero ai sensi degli art. 95 e 96 LTF. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto (art. 106 cpv. 1 LTF). Non è limitato né dagli argomenti sollevati nel ricorso né dalla motivazione dell'istanza inferiore. Può pertanto accogliere il gravame per un motivo diverso da quelli invocati, ma pure respingerlo con una motivazione diversa da quella adottata nella decisione impugnata (DTF 134 III 102 consid. 1.1). In considerazione delle esigenze di motivazione esposte all'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, la cui mancata ottemperanza conduce all'inammissibilità del gravame (art. 108 cpv. 1 lett. b LTF; DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg.), il Tribunale federale esamina tuttavia di principio unicamente le censure sollevate; non è tenuto, come lo è invece un'autorità di prima istanza, ad esaminare tutte le questioni giuridiche possibili, se queste non gli vengono (più) riproposte (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1, 545 consid. 2.2). 
 
2.3 In applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, il Tribunale federale esamina la pretesa violazione di diritti fondamentali soltanto se tale censura è stata espressamente invocata e motivata dal ricorrente. Come già sotto l'egida dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG, le cui esigenze restano determinanti per le censure sottoposte al principio dell'allegazione secondo l'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 134 II 244 consid. 2.2; 133 III 638 consid. 2 pag. 639), il ricorrente che lamenta una violazione del divieto d'arbitrio non può limitarsi a criticare la decisione impugnata come in una procedura d'appello, dove l'autorità di ricorso gode di cognizione libera, opponendo semplicemente la propria opinione a quella dell'autorità cantonale (DTF 133 III 585 consid. 4.1 pag. 589; 130 I 258 consid. 1.3 pag. 262), bensì deve dimostrare, attraverso un'argomentazione precisa, che la decisione impugnata si fonda su un'applicazione della legge od un apprezzamento delle prove manifestamente insostenibile (DTF 134 II 349 consid. 3; 133 III 638 consid. 2 pag. 639; 133 IV 286 consid. 1.4). Non basta, in particolare, che il ricorrente affermi l'arbitrarietà della decisione impugnata adducendo considerazioni generiche (DTF 133 III 589 consid. 2 pag. 591 seg.; 125 I 492 consid. 1b). Con riferimento particolare all'apprezzamento delle prove ed all'accertamento dei fatti, visto l'ampio potere che esso riconosce in proposito alle autorità cantonali, il Tribunale federale si mostra prudente: ammette una violazione dell'art. 9 Cost. unicamente qualora il giudice non abbia manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, se ha omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza serio motivo, infine se, sulla base degli elementi fattuali raccolti, il giudice cantonale ha tratto delle deduzioni insostenibili (DTF 129 I 8 consid. 2.1 pag. 9; 127 I 38 consid. 2a pag. 41, con rinvii). Spetta al ricorrente dimostrare con precisione, e per ogni accertamento di fatto censurato, in quale modo, a suo avviso, le prove assunte avrebbero dovuto essere valutate, e per quale ragione l'apprezzamento da parte dell'autorità cantonale sia insostenibile (DTF 133 IV 286 consid. 1.4; 128 I 295 consid. 7a pag. 312; 125 I 492 consid. 1b pag. 495, con rinvii). 
 
3. 
3.1 Avanti al Tribunale federale la ricorrente ribadisce essere semplicemente amministratrice delle società estere alle quali l'escutente aveva inviato le fatture rimaste impagate e oggetto del procedimento esecutivo di cui è discorso. Questo suo ruolo di semplice amministratrice era ben noto all'escutente, società attiva professionalmente in ambito fiduciario; questa non poteva pertanto non sapere che la ricorrente non fosse la reale debitrice. Da ciò si deve desumere che la procedura esecutiva è stata in realtà avviata nei suoi confronti per ritorsione, a scopo vessatorio e per ledere la sua personalità, poiché atta a mettere a repentaglio la sua attività di avvocato. Richiamata la DTF 115 III consid. 3b e 3c [recte: DTF 115 III 18 consid. 3b], la ricorrente conclude per la natura abusiva (ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 CC) e, di conseguenza, per la nullità del precetto esecutivo in questione. 
 
3.2 Un ricorso giusta l'art. 17 LEF per far valere la pretesa abusività della procedura esecutiva è sicuramente ammissibile allorquando, come nel caso di specie, la possibilità di un'azione in accertamento dell'inesistenza del debito ai sensi dell'art. 85a LEF è preclusa a causa della litispendenza dell'opposizione al precetto esecutivo (DTF 125 III 149 consid. 2c e 2d; 128 III 334; sentenza 7B.182/2005 del 1° dicembre 2005 consid. 2.3, in Pra 2006 n. 58 pag. 419). 
 
3.3 Preliminarmente inammissibili vanno dichiarate le censure di violazione, da parte dei Giudici cantonali, del diritto di essere sentito, ed il diniego di giustizia formale: entrambe fondate su norme di rango costituzionale, la prima è insufficientemente motivata, la seconda del tutto priva di motivazione (in proposito v. supra consid. 2.3). Resta da esaminare la pretesa violazione del diritto federale. 
 
4. 
4.1 La LEF permette l'inoltro di una procedura esecutiva senza che il procedente abbia a dimostrare l'esistenza della propria pretesa. Un precetto esecutivo può essere fatto spiccare contro chiunque, indipendentemente dalla reale esistenza di un credito (DTF 113 III 2 consid. 2b; 125 III 149 consid. 2a). All'Ufficio di esecuzione rispettivamente all'autorità di vigilanza non spetta decidere della fondatezza della pretesa dedotta in esecuzione (sentenza 7B.182/2005 del 1° dicembre 2005 consid. 2.4). 
 
4.2 È nondimeno corretto affermare che l'esercizio del diritto di promuovere un'esecuzione può divenire abusivo. Secondo costante giurisprudenza, tuttavia, la nullità di un'esecuzione per abuso di diritto ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 CC può essere ravvisata solo in casi eccezionali, ove sia manifesto che il creditore agisce per scopi che non hanno la minima relazione con la procedura esecutiva, in specie per angariare deliberatamente l'escusso (DTF 113 III 2 consid. 2b; 115 III 18, ove era discorso di cinque precetti esecutivi la cui fondatezza sostanziale appariva di primo acchito più che dubbia; sentenza B.30/1990 del 16 febbraio 1990 consid. 3a, laddove il procedente era all'ottavo precetto esecutivo da fr. 50 milioni contro la medesima controparte, e sempre per la medesima pretesa; sentenza 7B.182/2005, cit., consid. 2.3; sentenza 5C.190/2002 dell'11 dicembre 2003 consid. 3.1). Come ha rettamente rammentato la Corte cantonale, considerati il limitato potere di cognizione dell'Ufficio di esecuzione e l'esistenza di mezzi di diritto specifici a favore dell'escusso per difendere i propri interessi (art. 85, 85a e 86 LEF; con riferimento agli effetti dell'opposizione del debitore v. ad es. DTF 128 III 334 pag. 336 in fine; con riferimento all'interesse per un'azione negativa di accertamento v. DTF 120 II 20 consid. 3b pag. 23; entrambe menzionate in DTF 132 III 277 consid. 4.2), il criterio dell'abuso manifesto di un diritto va interpretato restrittivamente in materia di esecuzione. 
 
4.3 Peraltro, se la verifica che la Corte cantonale abbia posto a fondamento della propria decisione una corretta interpretazione del concetto di abuso di diritto è questione di diritto che il Tribunale federale esamina con piena cognizione (v. supra consid. 2.2), gli accertamenti su come abbia concretamente agito l'escutente, rispettivamente su quali scopi essa abbia voluto perseguire con l'inoltro della censurata procedura esecutiva, sono di natura fattuale e possono essere esaminati dal Tribunale federale con la limitata cognizione dell'art. 97 LTF (supra, consid. 2.1; sentenza 5C.190/2002 dell'11 dicembre 2003 consid. 3.2; v. sentenza 4C.119/1996 del 21 gennaio 1997 consid. 4a, ove la distinzione fra condizioni di legge e circostanze di fatto viene effettuata nel senso qui ritenuto con riferimento alla responsabilità extra-contrattuale di colui che fa abusivamente capo ad una procedura statale, in quell'evenienza l'inoltro di un'opposizione manifestamente infondata contro la concessione di un permesso di costruzione). 
 
5. 
5.1 Nel caso di specie, non si ravvisano gli estremi dell'abuso manifesto di diritto. Tanto in appello quanto in sede federale, la ricorrente si è limitata a supporre che l'escutente abbia agito per malanimo, con il solo intento vessatorio e teso a rovinare il buon nome della ricorrente; ella ha basato le proprie supposizioni sull'evidenza dell'infondatezza delle pretese a fondamento del precetto esecutivo, siccome rivolte contro di lei e non contro le società da lei amministrate. Va, qui, detto per inciso che - come ha giustamente rilevato il Tribunale di appello e contrariamente a quanto la ricorrente pretende nel proprio gravame - la questione della (mancata) identità fra società debitrici ed escussa riguarda la legittimazione passiva ed è, a non dubitarne, questione di diritto che non compete all'Ufficio di esecuzione decidere (supra consid. 4.1). In ogni modo, concreti indizi a sostegno della tesi ricorsuale di un'esecuzione promossa ad esclusivo intento vessatorio fanno del tutto difetto, non potendosi escludere l'agire dell'opponente per errore. Nemmeno si può escludere - anzi, è la ricorrente medesima ad evocare tale possibilità - che la creditrice procedente abbia unicamente intrapreso quella via che le permettesse di evitare procedure all'estero; non si può affermare che un tal modo di procedere, seppur dovesse appalesarsi, all'esame di merito, errato, sia stato deliberatamente scelto per nuocere all'immagine professionale della ricorrente. 
 
5.2 Pertanto, quando ha ritenuto che, nelle circostanze di specie, il diritto dell'opponente di avviare una procedura esecutiva senza dover provare il fondamento del proprio credito dovesse prevalere sulle supposizioni della ricorrente, il Tribunale di appello ha apprezzato i fatti di causa in modo forse opinabile, ma senz'altro non costitutivo di arbitrio. In diritto, la ricorrente non ha criticato i criteri adottati dai Giudici di appello per valutare il presunto abuso di diritto ai sensi dell'art. 2 cpv. 2 CC, ragione per cui non vi è motivo di dilungarsi in proposito (supra consid. 2.2). 
 
6. 
Ne discende che il ricorso va respinto nella misura della sua ammissibilità, con conseguenza di tassa e spese a carico della ricorrente soccombente (art. 66 cpv. 1 LTF). Non sono dovute ripetibili, l'opponente non essendo stata invitata a partecipare alla procedura federale (art. 68 cpv. 1 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
Le spese giudiziarie di fr. 700.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3. 
Comunicazione alle parti, all'Ufficio di esecuzione e fallimenti di Lugano e alla Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, quale autorità di vigilanza. 
 
Losanna, 7 agosto 2009 
 
In nome della II Corte di diritto civile 
del Tribunale federale svizzero 
La Presidente: Il Cancelliere: 
 
Hohl Piatti