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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
2C_302/2020, 2C_306/2020  
 
 
Sentenza dell'11 novembre 2021  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Donzallaz, Hänni, Beusch, Hartmann, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
2C_302/2020 
1. A.________ Sagl, 
2. B.________ SA, 
3. C.________ SA, 
4. D.________ SA, 
5. E.________ SA, 
6. F.________ SA, 
tutte patrocinate dagli avv. Costantino Delogu 
e Laura Cansani, 
ricorrenti, 
 
2C_306/2020 
7. G.________ SA, 
8. H.________ SA, 
9. I.________ SA, 
10. J.________ SA, 
11. K.________ SA, 
tutte patrocinate dall'avv. Gianluca Padlina, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Gran Consiglio del Cantone Ticino, 
rappresentato dal Consiglio di Stato, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
opponente. 
 
Oggetto 
Legge ticinese sul salario minimo, 
 
ricorsi in materia di diritto pubblico contro la legge sul salario minimo adottata dal Gran Consiglio del Cantone Ticino l'11 dicembre 2019. 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 14 giugno 2015, il popolo ticinese ha approvato una modifica della Costituzione ticinese del 14 dicembre 1997 (Cost./TI; RL/TI 101.000), relativa all'introduzione dei seguenti disposti: 
Art. 13 Diritti sociali 
3 Ogni persona ha diritto ad un salario minimo che le assicuri un tenore di vita dignitoso. Se un salario minimo non è garantito da un contratto collettivo di lavoro (d'obbligatorietà generale o con salario minimo obbligatorio), esso è stabilito dal Consiglio di Stato e corrisponde a una percentuale del salario mediano nazionale per mansione e settore economico interessati. 
Art. 14 Obiettivi sociali 
1 Il Cantone provvede affinché: 
a) ognuno possa sopperire ai suoi bisogni con un lavoro svolto in condizioni adeguate e venga protetto dalle conseguenze della disoccupazione che non può essergli imputata e possa beneficiare di vacanze pagate. 
Con decreto del 12 giugno 2017, l'Assemblea federale ha accordato la garanzia federale a questi articoli (FF 2017 3803). 
 
B.  
L'11 dicembre 2019, il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha adottato la legge sul salario minimo (LSM/TI; RL/TI 843.600). Scaduto il termine di referendum, la novella legislativa è stata pubblicata nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del 21 febbraio 2020, con l'indicazione che la stessa sarebbe entrata in vigore il 1° gennaio 2021. 
La legge è composta di tredici articoli che concernono tra l'altro il suo scopo (art. 1 LSM/TI); il suo campo di applicazione con relative eccezioni (art. 2 e 3 LSM/TI); i criteri e le soglie di fissazione del salario (art. 4 LSM/TI); i termini di attuazione (art. 11 LSM/TI). Le norme ora menzionate, si presentano come segue: 
Art. 1 Scopo della legge 
La legge persegue lo scopo di introdurre un salario minimo con l'obiettivo di assicurare un tenore di vita dignitoso. 
 
Art. 2 Campo di applicazione 
1 Sono sottoposti alla legge tutti i rapporti di lavoro, compresi quelli riguardanti i lavoratori e le lavoratrici interinali, che si svolgono abitualmente nel Cantone. 
2 Alle disposizioni della legge non può essere derogato a svantaggio del lavoratore o della lavoratrice. 
3 Il salario minimo lordo legale prevale sui contratti normali di lavoro con salari minimi inferiori. 
Art. 3 Eccezioni 
1 La legge non si applica: 
a) agli apprendisti e alle apprendiste; 
b) ai lavoratori e alle lavoratrici con meno di diciotto anni di età nel caso di lavori leggeri ai sensi dell'articolo 8 dell'ordinanza 5 concernente la legge sul lavoro del 28 settembre 2007; 
c) ai giovani e alle giovani alla pari; 
d) alle persone in stage e in formazione, purché quest'ultima sfoci in un certificato ufficiale riconosciuto; 
e) alle persone la cui capacità lavorativa è ridotta e riconosciuta da un'assicurazione sociale e/o dall' assistenza sociale; 
f) alle persone occupate in un'azienda familiare secondo l'articolo 4 capoverso 1 della legge federale sul lavoro nell' industria, nell'artigianato e nel commercio del 13 marzo 1964 (LL); 
g) al personale occupato nell'ambito di misure a carattere sociale finanziate dall'ente pubblico; 
h) al personale occupato in un'azienda agricola secondo l'articolo 5 capoverso 1 dell'ordinanza 1 concernente la legge sul lavoro del 10 maggio 2000 (OLL 1); 
i) ai rapporti di lavoro per i quali è in vigore un contratto collettivo di lavoro di obbligatorietà generale o che fissa un salario minimo obbligatorio. 
2 I rapporti di lavoro retti dal diritto pubblico sono assoggettati alla presente legge limitatamente all'art. 4. 
Art. 4 Fissazione del salario minimo differenziato 
1 Il salario minimo orario lordo è fissato in un intervallo tra una soglia inferiore di 19.75 franchi e una soglia superiore di 20.25 franchi, secondo le scadenze di attuazione previste dall'art. 11 della presente legge, riservato l'art. 11 cpv. 5. Il salario minimo viene aggiornato annualmente secondo l'indice nazionale dei prezzi al consumo. 
2 Il salario minimo orario lordo per settore economico a livello cantonale ammonta al 55 % della mediana salariale nazionale per settore economico. In ogni caso è compreso tra la soglia inferiore e la soglia superiore. 
3 Il Consiglio di Stato fissa all'inizio di ogni anno per decreto il salario minimo orario lordo di riferimento per settore economico secondo i parametri di cui al cpv. 2 in relazione all'evoluzione della mediana salariale nazionale e dell 'indice nazionale dei prezzi al consumo. 
Art. 11 Termini di attuazione 
1 I contratti che disciplinano i rapporti di lavoro devono essere adeguati entro le scadenze dei successivi capoversi. 
2 Entro il 31 dicembre 2021 il salario minimo orario lordo deve essere compreso in un intervallo tra una soglia inferiore di 19.00 franchi e una soglia superiore di 19.50 franchi. 
3 Entro il 31 dicembre 2023 il salario minimo orario lordo deve essere compreso in un intervallo tra una soglia inferiore di 19.50 franchi e una soglia superiore di 20.00 franchi. 
4 Entro il 31 dicembre 2024 il salario minimo orario lordo deve essere compreso in un intervallo tra una soglia di 19.75 franchi e una soglia superiore di 20.25 franchi. 
5 Entro il 31 dicembre 2024 il salario minimo orario lordo deve essere quello dell'art. 4 cpv. 1, salvo che il Gran Consiglio, per decisione della maggioranza assoluta dei suoi membri, decida di mantenere al massimo per un ulteriore anno il salario minimo nell'intervallo dell'art. 11 cpv. 3 se dall'esame di impatto di cui all'art. 10 sarà emerso che l'introduzione del salario minimo ha avuto effetti comprovati negativi per i salari in Ticino e per l'economia ticinese. 
6 Entro il 31 dicembre 2024 il Gran Consiglio si pronuncia sul Messaggio di cui all'art. 10 della presente legge, ritenuto che potrà decidere di mantenere per un ulteriore anno il salario minimo nell'intervallo dell'art. 11 cpv. 3 se dalla valutazione sarà emerso che l'introduzione del salario minimo ha avuto effetti negativi per i salari in Ticino e per l'economia ticinese. Scaduto tale anno il Gran Consiglio dovrà nuovamente pronunciarsi in merito. 
 
C.  
Per mezzo di un ricorso in materia di diritto pubblico del 21 aprile 2020, le società A.________ Sagl, B.________ SA, C.________ SA, D.________ SA, E.________ SA, F.________ SA, domandano che la legge ticinese sul salario minimo sia annullata (incarto 2C_302/2020). 
Con ricorso in materia di diritto pubblico di stessa data, le società G.________ SA, H.________ SA, I.________ SA, J.________ SA, K.________ SA, chiedono: in via principale, che la legge sia annullata; in via subordinata, che siano abrogati rispettivamente modificati i seguenti articoli: art. 2 cpv. 3 (modifica), il salario minimo lordo legale non prevale sui contratti normali di lavoro con salari minimi inferiori; 4 cpv. 1 abrogato; 4 cpv. 2 (modifica), il salario minimo orario lordo per settore economico a livello cantonale è definito dal Consiglio di Stato quale percentuale del salario mediano nazionale per mansione e settore interessato; 11 cpv. 2 abrogato; 11 cpv. 3 (modifica), entro il 31 dicembre 2023 il salario minimo orario lordo deve essere quello dell'art. 4 cpv. 2 (nella formulazione rivista); 11 cpv. 4, abrogato; 11 cpv. 5, abrogato; 11 cpv. 6, abrogato (incarto 2C_306/2020). 
Il 24 rispettivamente il 28 aprile 2020, il Presidente della II Corte di diritto pubblico del Tribunale federale ha respinto sia la richiesta di introdurre una memoria integrativa ai sensi dell'art. 43 LTF sia quella di restituzione dei termini giusta l'art. 50 LTF, presentate con riferimento alla situazione di pandemia da COVID-19. Con decreto del 27 maggio 2020, ha quindi negato anche l'effetto sospensivo ai gravami. 
In rappresentanza dell'organo legislativo cantonale, con risposta del 10 giugno 2020il Consiglio di Stato ticinese ha domandato che le impugnative siano respinte. Con replica del 31 agosto 2020, duplica del 28 ottobre 2020 e triplica del 23 e 27 novembre 2020 le parti hanno confermato le loro precedenti richieste. Il 27 ottobre 2021, le ricorrenti 7-8 e 10 hanno formulato un'ulteriore istanza di concessione dell'effetto sospensivo al gravame, con domanda di sospensione dell'entrata in vigore della legge ticinese sul salario minimo rispettivamente di rinvio dell'entrata in vigore della stessa a data da stabilirsi. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
I ricorsi relativi alle procedure 2C_302/2020 e 2C_306/2020 sono diretti contro la stessa legge e sollevano censure in buona parte assimilabili. Benché le conclusioni tratte siano in parte differenti, si giustifica di congiungere le cause ed evaderle con un unico giudizio (art. 71 LTF in relazione con l'art. 24 cpv. 2 PC [RS 273]; sentenza 2C_774/2014 del 21 luglio 2017 consid. 1 non pubblicato in DTF 143 I 403). 
 
2.  
 
2.1. I ricorsi in materia di diritto pubblico sono proponibili direttamente contro gli atti normativi dei Cantoni quando, come nel caso in esame, non sono disponibili rimedi giuridici cantonali che ne permettano il controllo astratto (art. 82 lett. b e 87 cpv. 1 LTF; sentenze 2C_636/2018 del 12 maggio 2020 consid. 1.1 e 2C_1105/2016 del 20 febbraio 2018 consid. 1.1 non pubblicato in DTF 144 I 81).  
 
2.2. Inoltre, essi sono stati presentati nei termini di legge, che hanno cominciato a decorrere con la pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle leggi, a conclusione dell'iter legislativo (art. 46 cpv. 1 lett. a in relazione con l'art. 101 LTF e con l'ordinanza federale del 20 marzo 2020 sulla sospensione dei termini nei procedimenti civili e amministrativi ai fini del mantenimento della giustizia in relazione al coronavirus, nel frattempo abrogata [COVID-19; RU 2020 849]; DTF 133 I 286 consid. 1; sentenza 2C_636/2018 del 12 maggio 2020 consid. 1.2).  
 
2.3. Infine, siccome le insorgenti sono delle aziende attive e con sede nel Cantone Ticino che impiegano del personale, ammessa va in via di principio pure la qualità per ricorrere richiesta dall'art. 89 cpv. 1 LTF (sentenza 2C_774/2014 del 21 luglio 2017 consid. 2.2.1 non pubblicato in DTF 143 I 403), di modo che occorre entrare in materia sui gravami. Riguardo all'assenza di interesse in relazione a singole censure sollevate dalle stesse verrà per contro detto in seguito.  
 
3.  
 
3.1. Con ricorso in materia di diritto pubblico si può tra l'altro lamentare la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali. Fatta eccezione per i casi citati dall'art. 95 lett. c e d LTF, relativi ai diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. c LTF) e alle disposizioni in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezione e votazioni popolari (art. 95 lett. d LTF), non è invece possibile censurare la violazione del diritto cantonale. Le esigenze in materia di motivazione previste dall'art. 42 cpv. 2 LTF e quelle - accresciute - prescritte dall'art. 106 cpv. 2 LTF valgono anche per i ricorsi contro degli atti normativi cantonali. Questa Corte non è pertanto tenuta a vagliare tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste non sono presentate nella sede federale, ed esamina le censure relative alla violazione di diritti fondamentali solo se sono state motivate in modo chiaro e preciso (DTF 142 I 99 consid. 1.7.2 e 141 I 78 consid. 4.1).  
 
3.2. Nel contesto di un controllo astratto, il Tribunale federale si impone nel contempo un certo riserbo, annullando una disposizione cantonale solo se non si presta ad alcuna interpretazione conforme al diritto costituzionale o al diritto federale di rango superiore (DTF 140 I 2 consid. 4; 137 I 31 consid. 2 e 135 II 243 consid. 2). Per delineare la portata delle norme in questione, ma anche di eventuali disposti di diritto federale il cui rispetto è messo in discussione nel gravame, occorre pertanto procedere tenendo conto del loro testo (interpretazione letterale), dei lavori preparatori (interpretazione storica), dello scopo perseguito dal legislatore (interpretazione teleologica), nonché della relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Applicando questi metodi, il Tribunale federale non ne privilegia infatti nessuno in particolare, preferendo ispirarsi a un pluralismo interpretativo (DTF 141 I 78 consid. 4.2; 136 II 233 consid. 4.1; 134 II 308 consid. 5.2 e 131 II 562 consid. 3.5 con ulteriori rinvii).  
 
3.3. Statuendo quale istanza unica, questa Corte deve anche procedere ai necessari accertamenti di fatto (in base agli art. 36, 37 e 39-65 PC, cui l'art. 55 cpv. 1 LTF rinvia). A tale scopo, si fonda in particolare sui mezzi di prova offerti dalle parti durante lo scambio di scritti, su comunicazioni ufficiali e su fatti manifesti, sottoponendo gli stessi ad un suo libero apprezzamento (art. 40 PC; sentenze 2C_843/2017 dell'8 ottobre 2018 consid. 1.5; 2C_1092/2017 del 28 agosto 2018 consid. 2 e 2C_519/2016 del 4 settembre 2017 consid. 1.5.5).  
 
3.4. Le critiche di natura costituzionale addotte dalle insorgenti 1-11 nei loro ricorsi rispettano i requisiti di motivazione previsti dall'art. 106 cpv. 2 LTF soltanto in parte. Nella misura in cui li disattendono, esse sfuggono a priori a un esame del Tribunale federale. Conclusioni presentate senza l'accompagnamento di nessuna motivazione specifica in loro sostegno, come quelle formulate in subordine dalle ricorrenti 7-11 in relazione a singoli articoli, sono invece inammissibili. Le conclusioni presentate in subordine dalle ricorrenti 7-11, con le quali non è chiesto l'annullamento di un articolo, bensì la sua modifica (precedente consid. C), sono d'altra parte inammissibili anche per questa ragione. In effetti, un ricorso contro un atto normativo può contenere soltanto conclusioni cassatorie, non riformatorie (sentenze 2C_700/2018 del 14 novembre 2019 consid. 1.3 e 4C_2/2011 del 17 maggio 2011 consid. 4, non pubblicato in DTF 137 III 185).  
 
3.5. In considerazione delle informazioni emerse durante gli scambi di scritti tra le parti e della documentazione prodotta così come dei motivi esposti nel seguito, da cui risulta che gli elementi per pronunciarsi sulla causa sono dati, va infine rilevato che il Tribunale federale non procederà a nessun ulteriore atto istruttorio. In particolare, non darà nemmeno seguito alla richiesta di eseguire una perizia, segnatamente sulla situazione socio-economica nel Nord-Italia rispettivamente sul numero di lavoratori residenti con redditi al livello o al di sotto delle prestazioni fornite dall'assistenza sociale, che risulta ininfluente.  
 
4.  
 
4.1. Come visto, il principio di un salario minimo cantonale è ancorato nell'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, che i disposti della legge sul salario minimo qui impugnati hanno per obiettivo di concretizzare (art. 1 LSM). La norma costituzionale ha ricevuto la garanzia federale da parte dell'Assemblea federale, dopo che la stessa aveva constatato la compatibilità di detto disposto con il diritto federale (art. 172 cpv. 2 in relazione con l'art. 51 cpv. 2 della Costituzione federale della Confederazione Svizzera del 18 aprile 1999 [Cost./RS 101]).  
Oltre agli articoli appena menzionati, il decreto del 12 giugno 2017, per mezzo del quale viene accordata la garanzia, rinvia al messaggio del 1° febbraio 2017 (FF 2017 1307), nel quale il Consiglio federale indica tra l'altro quanto segue: 
Le condizioni cui è subordinata l'introduzione di un salario minimo cantonale e i criteri di calcolo dei salari minimi applicabili ai vari settori sono analoghi a quelli previsti dall'articolo 34a della Costituzione del Cantone di Neuchâtel e da un' iniziativa ginevrina sulla quale si è pronunciato il Tribunale federale. 
La competenza cantonale di stabilire salari minimi è riconosciuta entro limiti ben definiti: i Cantoni non possono legiferare nelle materie disciplinate esaustivamente dal diritto federale, a meno che non perseguano un obiettivo diverso da quello della legislazione federale. Il dumping sociale e salariale può essere contrastato con gli strumenti previsti a tal fine dalla Confederazione nell'ambito delle misure collaterali. Dal 1° gennaio 2004 vi è inoltre la possibilità di stabilire contratti normali di lavoro che prevedano salari minimi ai sensi degli art. 360a segg. del Codice delle obbligazioni (CO) e si applichino ai datori di lavoro in Svizzera e a quelli all'estero che distaccano lavoratori in Svizzera nell'ambito della prestazione transfrontaliera di servizi. I contratti normali di lavoro hanno carattere normativo: ne consegue che i Cantoni non dispongono pressoché di alcun margine di manovra che permetta loro di stabilire salari minimi volti a contrastare il dumping sociale e salariale. I Cantoni possono nondimeno prevedere salari minimi allo scopo di combattere la povertà. Il nuovo articolo 13 capoverso 2 [recte: 3] Cost./TI affida appunto tale compito al Consiglio di Stato. Le restrizioni della libertà economica (art. 27 Cost.) ed eventualmente della libertà sindacale (art. 28 Cost.) derivanti dalla fissazione di un salario minimo poggiano sulla Costituzione e quindi su una base legale formale. Tali restrizioni devono tuttavia essere giustificate da un interesse pubblico riferibile a una materia che non sia disciplinata esaustivamente dal diritto federale. La proporzionalità delle restrizioni è peraltro assicurata dalle regole di cui all'articolo 13 capoverso 3, secondo periodo Cost./TI. 
Le nuove disposizioni della Cost./TI possono essere interpretate e attuate in modo conforme al diritto federale. La garanzia federale dev'essere dunque accordata. 
 
4.2. Richiamando la pronuncia del Tribunale federale in merito a un'iniziativa popolare ginevrina denominata "Pour le droit à un salaire minimum", nel messaggio indirizzato al Parlamento il Consiglio federale si riferisce alla sentenza 1C_357/2009 dell'8 aprile 2010 (parzialmente pubblicata in RDAF 2010 I 252).  
In relazione alla concretizzazione sotto forma di legge dell'art. 34a della Costituzione del Cantone di Neuchâtel, pure evocato dal Consiglio federale, questa Corte si è invece pronunciata nella sentenza 2C_774, 813, 815 e 816/2014 del 21 luglio 2017, di poco successiva al decreto di conferimento della garanzia federale all'art. 13 cpv. 3 Cost./TI e alla quale - come vedremo - rinviano anche i materiali legislativi cantonali relativi alla legge in esame (il menzionato giudizio è parzialmente pubblicato in DTF 143 I 403; al riguardo cfr. pure MARIE-GISÈLE DANTHE, Le salaire minimum en Suisse - Point de la situation, in Jusletter del 12 febbraio 2018, n. 21 segg.; PASCAL MAHON/FEDERICA STEFFANINI, Le salaire minimum neuchâtelois est conforme à la Constitution fédérale - Commentaire de l'arrêt du Tribunale fédéral 2C_774/2014, in Newsletter DroitDuTravail.ch ottobre 2017). 
 
5.  
 
5.1. L'adozione della legge sul salario minimo è stata proposta al Parlamento ticinese con messaggio governativo n. 7452 dell'8 novembre 2017. In tale contesto, il Consiglio di Stato ha tra l'altro rilevato:  
che l'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, adottato in votazione popolare il 14 giugno 2015, mira ad assicurare un tenore di vita dignitoso ai lavoratori del Cantone Ticino, impegnando lo Stato a realizzare tale obiettivo tramite una legge di esecuzione; 
che - a differenza dell'art. 34a Cost./NE, che è formulato in maniera più aperta ("L'État institue un salaire minimum cantonal dans tous les domaines d'activité économique, en tenant compte des secteurs économiques ainsi que des salaires fixés dans les conventions collectives") - l'art. 13 cpv. 3 Cost./TI prevede espressamente una differenziazione del salario minimo per mansione e settore economico e che, per lo meno su un piano letterale, esso non lascia quindi alle autorità ticinesi l'autonomia di cui disponevano quelle neocastellane; 
che la facoltà di prendere in considerazione la situazione nei differenti settori economici, come richiesto dall'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, e di fare riferimento a una forchetta viene di principio riconosciuta anche dal Tribunale federale nella DTF 143 I 403, relativa all'introduzione di un salario minimo nel Cantone di Neuchâtel;  
che una differenziazione per mansione non è per contro realizzabile: in primo luogo, perché troppo vaga; in secondo luogo, poiché un'eccessiva parcellizzazione del panorama economico metterebbe in discussione la robustezza dei dati statistici di riferimento, necessari per definire i salari minimi, compromettendone la fissazione a causa della mancanza di riferimenti empirici;  
che la DTF 143 I 403 si esprime anche sull'importo dei salari minimi, indicando che lo stesso deve avvicinarsi alle prestazioni dell'aiuto sociale cantonale o delle assicurazioni sociali federali; 
che, nel Cantone Ticino, i valori di riferimento sono forniti da prestazioni assistenziali, dalla legge sull'armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (LAPS) e dalle prestazioni complementari AVS (PC-AVS/AI) e che, conseguentemente, il Consiglio di Stato propone di fissare una forchetta tra una soglia inferiore di fr. 18.75 e una soglia superiore di fr. 19.25, all'interno della quale il salario minimo orario lordo viene calcolato applicando la percentuale del 55 % della mediana salariale nazionale per settore economico; 
che gli importi inferiore e superiore del salario minimo lordo saranno adattati annualmente dal Consiglio di Stato, tenendo conto del rincaro. 
 
5.2. Dal canto suo, dopo avere commentato i dati sulla povertà nel Cantone Ticino, con rapporto n. 7452 del 26 novembre 2019 la maggioranza della Commissione gestione e finanze del Gran Consiglio, ha invece proposto al Parlamento ticinese - che ha poi seguito questa via - di aumentare i minimi e i massimi indicati dal Consiglio di Stato nel proprio messaggio, osservando tra l'altro:  
che il salario minimo ticinese deve orientarsi solo alle soglie previste per le PC-AVS/AI e che lo stesso deve essere quindi fissato all'interno di una forchetta compresa tra fr. 19.75 e fr. 20.25 all'ora; 
che l'introduzione di un salario minimo di quella portata è uno strumento necessario per arginare il fenomeno della povertà tra i lavoratori, permettendo loro di vivere dignitosamente senza aiuti statali. 
 
6.  
In primo luogo, le ricorrenti 1-11 indicano che la legge non è conforme all'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, in particolare poiché definisce il salario minimo solo "per settore economico", non invece anche "per mansione". 
 
6.1. Come rilevato nel precedente considerando 3.1, fatta eccezione per i casi citati dall'art. 95 lett. c e d LTF, relativi ai diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. c) e alle disposizioni in materia di diritto di voto dei cittadini e di elezione e votazioni popolari (art. 95 lett. d), il diritto cantonale non rientra tra i motivi di ricorso previsti dall'art. 95 LTF. A salvaguardia dell'autonomia cantonale, il legislatore federale ha in particolare anche stabilito che non è compito del Tribunale federale controllare l'interpretazione o l'applicazione dell'insieme del diritto costituzionale di un Cantone, ma unicamente quella dei diritti fondamentali (DTF 136 I 241 consid. 2.2, con riferimento al messaggio del Consiglio federale del 28 febbraio 2001 concernente la revisione totale dell'organizzazione giudiziaria federale pubblicato in FF 2001 3764).  
La nozione di diritto costituzionale cantonale, giusta l'art. 95 lett. c LTF (o l'art. 116 LTF, per quanto riguarda il ricorso sussidiario in materia costituzionale) non si estende quindi a ogni disposizione costituzionale cantonale, ma solo a quelle che garantiscono ai cittadini dei diritti individuali e che sono, a questo titolo, direttamente applicabili (DTF 136 I 241 consid. 2.2 e 131 I 366; MARKUS SCHOTT, BSK Bundesgerichtsgesetz, 3a ed. 2018, n. 55 seg. ad art. 95 LTF; HANSJÖRG SEILER, Bundesgerichtsgesetz, 2a ed. 2015, n. 43 seg. ad art. 95 LTF; BERNARD CORBOZ, Commentaire de la LTF, 2a ed. 2014, n. 34 ad art. 95 LTF). 
 
6.2. Così però non è per l'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, che ha ricevuto la garanzia da parte dell'Assemblea federale nel giugno 2017 e su cui si basa la legge oggetto della procedura che ci occupa.  
In effetti, nonostante contenga senz'altro qualche indicazione più concreta rispetto all'art. 34a Cost./NE, pure l'art. 13 cpv. 3 Cost./TI non si presta in sostanza a nessuna applicazione immediata - data in particolare quando la norma riconosce al singolo un diritto che possa fare valere direttamente davanti a un giudice - siccome ha anch'esso un carattere sostanzialmente programmatico: del resto dimostrato sia dal lungo iter legislativo che ha accompagnato l'adozione della legge che ci occupa e dalle discussioni che sono state svolte in merito alle possibilità di concretizzazione del mandato costituzionale, sia dal fatto che ancora la stessa legge (come già l'art. 13 cpv. 3 Cost./TI) demanda la fissazione del salario minimo al Consiglio di Stato, tenuto a stabilirlo ogni anno per decreto (art. 4 cpv. 3 LSM); DTF 137 I 77 consid. 1.3; 136 I 241 consid. 2.3 e 131 I 366 consid. 2.2 segg.; sentenza 2C_774/2014 del 21 luglio 2017 consid. 8.1, non pubblicato in DTF 143 I 403, e relativo al citato art. 34a Cost./NE; sentenza 1C_284/2010 del 29 ottobre 2010 consid. 3.2). 
 
6.3. D'altra parte, bisogna osservare che, in relazione alle ragioni che hanno indotto il Consiglio di Stato a non proporre un salario minimo definito, oltre che per settore, anche per mansione (precedente consid. 5 con riferimenti ai materiali legislativi e, segnatamente, al messaggio n. 7452), le impugnative non motivano nemmeno una lesione del divieto d'arbitrio, che deve essere per altro sempre data anche nel risultato (su tale concetto, in relazione a procedure come quella in esame, cfr. ad esempio DTF 136 I 241 consid. 3.1; sentenza 2C_116/2014 del 16 agosto 2016 consid. 9.1).  
Lamentandosi della concretizzazione sul piano legislativo dell'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, riguardo a questo ma anche ad altri aspetti, le ricorrenti si limitano infatti a presentare critiche generiche, che sono quindi destinate all'insuccesso (art. 106 cpv. 2 LTF). 
 
7.  
In secondo luogo, le ricorrenti 1-11 denunciano una violazione sia dell'art. 94 che dell'art. 27 Cost., ovvero della dimensione istituzionalee della dimensione individuale della libertà economica. Esposta la giurisprudenza in materia, nei considerandi 8 e 9 andranno quindi approfonditi anche tali aspetti.  
 
7.1. Giusta l'art. 27 Cost., la libertà economica è garantita (cpv. 1); sul piano individuale, essa include la libera scelta della professione, il libero accesso a un'attività economica privata e il suo libero esercizio (cpv. 2). Anche le sue restrizioni devono rispettare le condizioni previste dall'art. 36 Cost. ed essere fondate su una base legale, essere giustificate da un interesse pubblico ed essere proporzionate (sentenza 2C_196/2017 del 21 febbraio 2019 consid. 6.1 non pubblicato in DTF 145 II 49; 142 I 99 consid. 2.4.1).  
Da un punto di vista soggettivo, la libertà economica può essere invocata sia da persone fisiche che da persone giuridiche (DTF 142 I 162 consid. 3.2.1 e 140 I 218 consid. 6.3; sentenza 2C_705/2019 del 12 febbraio 2021 consid. 5.1). 
 
7.2. Secondo l'art. 94 cpv. 1 Cost., la Confederazione e i Cantoni si attengono al principio della libertà economica; la norma citata mira alla protezione della garanzia della libertà economica nella sua dimensione istituzionale e sistemica (DTF 143 II 425 consid. 4.2 e 143 I 403 consid. 5; sentenza 2C_705/2019 del 12 febbraio 2021 consid. 5.2).  
In questo contesto, lo Stato riconosce che l'economia è principalmente una questione di competenza della società civile e che esso stesso è tenuto a rispettare gli elementi essenziali del meccanismo della concorrenza (DTF 143 I 403 consid. 5; 140 I 218 consid. 6.2 e 138 I 378 consid. 6.3). In via generale, gli è quindi vietato prendere misure suscettibili di ostacolare la libera concorrenza con lo scopo di favorire determinati settori economici o certe forme di attività economica, rispettivamente di dirigere la vita economica secondo un piano determinato (DTF 143 I 403 consid. 5). Giusta l'art. 94 cpv. 4 Cost., sono ammissibili deroghe al principio della libertà economica, in particolare anche i provvedimenti diretti contro la concorrenza, soltanto se previste dalla Costituzione o fondate su regalie cantonali. 
 
7.3. Contrariamente alle misure di natura economica, che sono suscettibili di ostacolare o addirittura di derogare alla libera concorrenza, misure statali che seguono ragioni di ordine pubblico o di politica sociale o misure che non sono motivate, in primo luogo, da interessi economici, esulano dal campo di applicazione dell'art. 94 Cost. (DTF 143 I 403 consid. 5.2; 142 I 162 consid. 3.3 e 140 I 218 consid. 6.2 con rinvii).  
La giurisprudenza definisce le cosiddette misure sociali o di politica sociale - tra cui rientra anche l'introduzione di un salario minimo, che mira ad arginare la povertà - quali misure che tendono a procurare del benessere all'insieme rispettivamente a una gran parte dei cittadini, o ad accrescere questo benessere attraverso il miglioramento delle condizioni di vita, della salute ecc. (DTF 143 I 403 consid. 5.2; 120 Ia 299 consid. 3b; 119 Ia 348 consid. 2b; 116 Ia 401 consid. 9; 113 Ia 126 consid. 8b; 102 Ia 533 consid. 10 e 97 I 499 consid. 4).  
 
8.  
 
8.1. In base a quanto indicato nelle impugnative, la legge ticinese sul salario minimo violerebbe la libertà economica nella sua dimensione istituzionale sia in relazione agli obiettivi perseguiti che al montante stabilito. Se nel Cantone di Neuchâtel lo scopo era di tipo unicamente sociale (lotta contro la povertà), nel Cantone Ticino si sarebbe infatti pensato soprattutto ad aspetti economici, quali la salvaguardia degli impieghi dei lavoratori residenti davanti al crescente numero dei lavoratori frontalieri. In relazione al montante andrebbe invece osservato: (a) che le soglie previste dalla legge poggiano su motivazioni che non sono né oggettive né ragionevoli; (b) che il salario minimo introdotto dal legislatore ticinese non è sociale, perché le soglie cui fa riferimento sono superiori alla prestazione complementare AVS/AI; (c) che, sempre diversamente da quanto avvenuto nel Cantone di Neuchâtel, sono previsti più minimi invece di uno soltanto.  
Secondo il Gran Consiglio ticinese, la violazione asserita non è invece data. Sia dal testo di legge che dai materiali emergerebbe infatti che l'obiettivo principale è quello di lottare contro l'impoverimento, permettendo ai lavoratori attivi sul territorio di vivere dignitosamente senza dover richiedere aiuti statali. D'altra parte, l'agire del legislatore andrebbe tutelato anche dal punto di vista del montante. Il salario minimo stabilito per settore è infatti previsto come tale dall'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, che il Parlamento cantonale era chiamato a concretizzare; nel contempo, sarebbe stato tenuto conto di quanto definito nella DTF 143 I 403, ovvero del fatto che un salario dignitoso dovrebbe di principio essere uguale per tutti, poiché sono stati previsti degli scarti molto esigui. Sempre nell'ottica del montante, la legge rispetterebbe infine anche l'indicazione secondo cui un salario minimo cantonale non è lesivo della libertà economica se il suo ammontare si situa a un livello relativamente basso, vicino al reddito minimo risultante dai sistemi delle assicurazioni sociali o dell'assistenza sociale. 
Pure nel caso del salario minimo previsto dal legislatore ticinese va quindi determinato se gli obiettivi perseguiti siano in prevalenza di politica sociale, di competenza dei Cantoni, oppure di politica economica, di competenza della Confederazione, e che la stessa ha il diritto di adottare solo entro i limiti dell'art. 94 Cost. (DTF 143 I 403 consid. 5.4; DANTHE, op. cit., n. 28 segg.; MAHON/STEFFANINI, op. cit., p.to III.B.3; ISABELLE WILDHABER, Möglichkeiten und Grenzen der Mindestlohnregulierung in der Schweiz, in Zeitschrift für Arbeitsrecht und Arbeitslosenversicherung (ARV) online, 2014, Nr. 1 n. 6-8; LUISA LEPORI TAVOLI, Mindestlöhne im schweizerischen Recht, 2009, n. 300 segg.).  
 
8.2. In accordo con quanto previsto dall'art. 13 cpv. 3 Cost./TI - dedicato, come risulta fin dal titolo che porta, ai diritti sociali - l'art. 1 LSM indica che la legge introduce un salario minimo con l'obiettivo di assicurare un tenore di vita dignitoso. Nello stesso ordine di idee rientra nel contempo l'art. 14 Cost./TI - relativo agli obiettivi sociali ed approvato in votazione popolare il 14 giugno 2015 insieme all'art. 13 cpv. 3 Cost./TI - in base al quale il Cantone Ticino provvede, affinché ognuno possa sopperire ai suoi bisogni con un lavoro svolto in condizioni adeguate (art. 14 lett. a Cost./TI).  
Alla garanzia di un tenore di vita dignitoso, che contrasti il fenomeno del working poor, fa quindi più volte riferimento sia il Consiglio di Stato nel suo messaggio, sia la Commissione gestione e finanze del Gran Consiglio nel rapporto sul messaggio governativo, che - come osservato in risposta - inizia l'esame del progetto di legge mettendo proprio l'accento anche sulla situazione socio-economica del Cantone Ticino e, in questo contesto: (a) sul fatto che il tasso di povertà in generale si attestava (nel 2016) al 16,5 % nel Cantone Ticino a fronte di una media nazionale del 7,5 % (precisando che l'indicatore teneva conto di tutti i tipi di aiuti possibili, sia pubblici che privati, dalle borse di studio all'AVS, dagli assegni familiari alle indennità di disoccupazione, ecc.); (b) sul fatto che il tasso di povertà delle persone residenti attive ed occupate nel Cantone Ticino si attestava (sempre nel 2016) all'11,7 % a fronte di una media nazionale del 3,6 %; (c) di conseguenza, sul fatto che nemmeno più l'avere un impiego è atto a garantire a chi lavora un'esistenza dignitosa.  
 
8.3. Nel discutere, per poi approvare, quanto proposto dalla Commissione parlamentare citata - giunta alla conclusione che per arginare il fenomeno della povertà occorreva proporre un salario minimo che permettesse di vivere dignitosamente senza aiuti statali e che si attestasse dunque non già tra fr. 18.75 e fr. 19.25 (come proposto dal Governo), ma tra fr. 19.75 e fr. 20.25 all'ora - alla questione della povertà nel Cantone Ticino fanno d'altra parte rinvio anche diversi deputati nel corso dei loro interventi nel plenum.  
Pure in questo contesto si osserva infatti - e a molteplici riprese - che il tasso di povertà delle persone attive occupate nel Cantone Ticino è più del triplo rispetto alla media svizzera (verbale della seduta del Gran Consiglio dell'11 dicembre 2019, interventi dei Granconsiglieri Durisch e Ay); nel contempo, si sottolinea la necessità di "iniziare una lotta seria contro la povertà e la precarietà" per garantire a ogni persona di essere "trattata e remunerata con rispetto e dignità, permettendole quindi una vita degna di questo nome" (verbale della seduta del Gran Consiglio dell'11 dicembre 2019, intervento del Granconsigliere Dadò). 
 
8.4. Che il diritto sociale ad un salario che assicuri un tenore di vita dignitoso sia stato al centro del lavoro legislativo appare quindi indubitabile e ciò non può nemmeno essere messo seriamente in discussione evidenziando gli altri aspetti che pure emergono in tutto l'iter legislativo, primo fra tutti il cosiddetto fenomeno della "lombardizzazione dei salari", di cui si occupa sia il Consiglio di Stato nel suo messaggio che la Commissione gestione e finanze nel suo rapporto.  
Anche il fatto che la situazione riscontrata nel Cantone, vada o possa almeno in parte essere ricondotta alla disponibilità di manodopera "a basso costo" proveniente da oltre confine, come sottolineato sia nel messaggio che nel rapporto commissionale che nella discussione plenaria, nulla muta in effetti al riconoscimento dell'obiettivo principale: che resta quello enunciato nell'art. 13 cpv. 3 Cost./TI e poi ripreso nell'art. 1 LSM, ovvero di scongiurare l'esistenza di situazioni nelle quali una persona residente nel Cantone Ticino non ottiene - attraverso il proprio lavoro - un salario che assicuri un tenore di vita dignitoso (in senso conforme, cfr. la DTF 143 I 403 consid. 5.4 in cui, dopo avere svolto un esame analogo, il Tribunale federale è giunto alla medesima conclusione anche nel caso del salario minimo adottato dal Parlamento del Cantone di Neuchâtel). 
 
8.5. D'altro canto, il carattere sociale - e non economico - del salario minimo ticinese non può nemmeno essere messo seriamente in discussione alla luce dell'ammontare stabilito dal legislatore (soglia inferiore di fr. 19.75 soglia superiore di fr. 20.25; art. 4 cpv. 1 LSM), da introdurre in maniera graduale (art. 11 LSM), che le ricorrenti considerano troppo alto e non giustificato da ragioni obiettive.  
 
8.5.1. In relazione alla questione posta, il Tribunale federale ha indicato che un salario minimo deve situarsi a un livello relativamente basso, vicino a quello del reddito minimo che risulta dai sistemi di assicurazione o d'assistenza sociale; differentemente esso lascerebbe per l'appunto il quadro della politica sociale per entrare in quello della politica economica (sentenza 1C_357/2009 dell'8 aprile 2010 consid. 3.3).  
Occupandosi del salario minimo neocastellano ha quindi confermato queste due alternative (riferimento all'assicurazione oppure assistenza sociale), per poi constatare che un reddito minimo che si orientava alle prestazioni complementari all'AVS e all'AI, destinate a coprire il fabbisogno esistenziale (art. 2 cpv. 1 della legge federale del 6 ottobre 2006 sulle prestazioni complementari all'assicurazione per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità [LPC; RS 831 30]), e che veniva concretamente quantificato in un importo orario di fr. 20.-- rientrava nei parametri richiesti (DTF 143 I 403 consid. 5.4.3). 
 
8.5.2. Riferendosi agli importi dei salari minimi, il Consiglio di Stato ticinese si è richiamato nel messaggio n. 7452 a più fattori, ovvero: alle prestazioni assistenziali (indicando in questo contesto un salario orario di fr. 15.53), alla legge ticinese del 5 giugno 2000 sull'armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (indicando in questo contesto un salario orario di fr. 18.60) e alle prestazioni complementari AVS/AI (indicando in questo contesto un salario orario di fr. 19.86), proponendo infine al Parlamento di fissare i salari minimi per settore entro una forchetta limitata tra fr. 18.75 e fr. 19.25 all'ora, all'interno della quale il salario minimo orario lordo viene calcolato applicando una percentuale del 55 % alla mediana salariale nazionale per settore economico (precedente consid. 5.1; messaggio, p.to 4).  
La commissione parlamentare che ha redatto il rapporto in base al quale si è tenuta la discussione plenaria, ha invece ritenuto di orientarsi solo alle soglie previste per le prestazioni complementari AVS/AI e quindi proposto di fissare i salari minimi all'interno di una forchetta compresa tra fr. 19.75 e fr. 20.25 all'ora (precedente consid. 5.2; rapporto, p.to VI), come infine deciso dal plenum. 
 
8.5.3. Ora, come osservato anche dalla commissione parlamentare nel citato rapporto, la scelta di orientarsi alle soglie previste per le prestazioni complementari AVS/AI è comune a quella delle autorità neocastellane, avallata dal Tribunale federale (DTF 143 I 403 consid. 5.6.7 con riferimento alle cifre esatte valide in quel contesto, riprese poi dal Consiglio di Stato ticinese nel messaggio [ivi, p.to 4]).  
Nel contempo, occorre però ricordare che in quella sede il Tribunale federale ha posto in evidenza anche un altro aspetto, ovvero che, nonostante si muovano entro limiti ristretti, i legislativi cantonali dispongono pur sempre di un grande potere di apprezzamento e quindi concluso che - partendo da un salario lordo orario di fr. 19.59 relativo alle prestazioni complementari AVS/AI - un arrotondamento a un salario orario di fr. 20.00 non prestava il fianco a critica alcuna. Analoga conclusione va di conseguenza tratta anche nella fattispecie in esame, in cui il Parlamento ticinese ha stabilito che dopo un'introduzione a tappe (art. 11 LSM), il salario minimo dovrà situarsi in una forchetta compresa tra fr. 19.75 e fr. 20.25 all'ora (art. 4 LSM). 
 
8.5.4. Del resto, pur criticando aspramente tale soluzione, che si discosta da quella proposta dal Consiglio di Stato, le ricorrenti si limitano in sostanza ad esporre un'altra opinione, ciò che non basta, poiché se è vero che i legislativi cantonali sono tenuti in ogni caso a rispettare il quadro normativo di riferimento, essi sono altrimenti liberi di svolgere le proprie riflessioni politiche (DTF 136 I 241 consid. 3.1).  
Come sottolineato anche in risposta, va nel contempo aggiunto che nel caso relativo al salario minimo neocastellano il Tribunale federale ha ribadito che un salario minimo cantonale non è lesivo della libertà economica se il suo ammontare si situa a un livello relativamente basso, vicino al reddito minimo risultante dai sistemi delle assicurazioni sociali o dell'assistenza sociale: senza quindi imporre ai Cantoni né una delle due soluzioni - come parrebbero prospettare alcune delle critiche sollevate - né di attenersi strettamente agli importi di riferimento in quei due ambiti (DTF 143 I 403 consid. 5.4.3 e 5.6.7, che si rifà non da ultimo, a titolo di paragone, anche a un rapporto redatto nel 2013 dal Segretariato di Stato dell'economia, che situava - per il 2010 - la soglia di un salario "basso" ad un importo orario tra fr. 22.00 e fr. 23.90; per ulteriori riflessioni su funzioni ed ammontare dei salari minimi, cfr. invece FEDERICA DE ROSSA GISIMUNDO, Pour un revenu equitable [mais non inconditionnel], in ZSR/RDS 2019 I pag. 539 segg., 557 seg.).  
 
8.6. Infine, a mettere in discussione la conclusione che emerge dai considerandi precedenti non è atta neppure l'obiezione relativa alla differenziazione per settori, che caratterizza la concretizzazione del salario minimo da parte del Parlamento ticinese (art. 4 LSM).  
In effetti, l'obiettivo principale perseguito da quest'ultimo è e resta quello enunciato nell'art. 13 cpv. 3 Cost./TI e poi ripreso anche nell'art. 1 LSM, ovvero l'introduzione di un salario minimo che assicuri un tenore di vita dignitoso. D'altra parte, conscio del fatto che il montante che permette di vivere "decentemente" in un determinato Cantone è di principio lo stesso per ogni persona e per ogni settore economico, ma che una differenziazione era espressamente prevista dall'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, il legislativo cantonale ha contenuto la possibilità di stabilire salari minimi diversi da settore a settore entro una forchetta molto ristretta, e cioè: tra fr. 19.00 e fr. 19.50, da raggiungere entro il 31 dicembre 2021; tra fr. 19.50 e fr. 20.00, da raggiungere entro il 31 dicembre 2023; tra fr. 19.75 e fr. 20.25, da raggiungere in via definitiva entro il 31 dicembre 2024 (art. 4 cpv. 1 in relazione con l'art. 11 LSM; al riguardo, cfr. anche il decreto esecutivo del 18 novembre 2020 del Consiglio di Stato ticinese [RL/TI 843.620], che indica i salari minimi per settore validi per la prima fase di attuazione della legge). A differenza di quanto sostenuto nelle impugnative, così facendo il legislativo ticinese ha pertanto utilizzato l'esiguo spazio di manovra di cui dispongono i Cantoni in maniera che può essere giudicata ancora sostenibile (DTF 143 I 403 consid. 5.6.6, con riferimento alla possibilità rispettivamente alla necessità di prevedere nella legislazione in materia di salario minimo delle "clauses de souplesse et de réévaluations périodiques aux fins de sauvegarder l'intérêt à prémunir les travailleurs contre le phénomène des working poor et, simultanément, de tenir compte des situations particulières, qui se présentent notamment dans certains secteurs économiques").  
 
8.7. Sulla base delle osservazioni che precedono, analogamente a quanto concluso per il salario minimo neocastellano, la censura con la quale viene fatta valere una violazione della libertà economica nella sua dimensione istituzionaleè pertanto infondata e dev'essere respinta (DTF 143 I 403 consid. 5.4 seg.; MAHON/STEFFANINI, op. cit., p.to III.B.3; LAURENT BIERI, Le salaire minimum neuchâtelois, in Jusletter dell'11 agosto 2014, n. 16 segg.; per una visione più critica cfr. tuttavia LUC GONIN, in RDAF 2018 I 297 segg.).  
Conseguentemente, infondate risultano però anche tutte le censure - quali quella della violazione del principio della preminenza del diritto federale (art. 49 Cost.) in relazione alla competenza della Confederazione in materia di diritto civile e di norme protettive dei lavoratori (art. 110 e 122 Cost., art. 360a segg. CO, ecc.) - che si basano sull'errato assunto secondo cui l'introduzione di un salario minimo cantonale non costituirebbe, per lo meno principalmente, una misura di carattere sociale, bensì una misura di carattere economico. Come indicato, così infatti non è perché le ragioni alla base dell'emanazione della legge che qui ci occupa denotano, in maniera preponderante, delle preoccupazioni di politica sociale (nello stesso senso, cfr. DTF 143 I 403 consid. 7, che già contiene un'esposizione della suddivisione delle competenze tra Confederazione e Cantoni in materia di diritto del lavoro, sia in ambito giusprivatistico che pubblicistico, cui può essere qui fatto rinvio, e nel quale - proprio in virtù del carattere prevalentemente di politica sociale del salario minimo neocastellano - viene esclusa anche una lesione degli art. 49, 110 e 122 Cost.; DANTHE, op. cit., n. 38 segg.; MAHON/STEFFANINI, op. cit., p.to III.B.2 e 3).  
 
9.  
 
9.1. Alla luce delle critiche delle ricorrenti, va però ancora verificato se la normativa impugnata non violi la libertà economica nella sua dimensione individuale, ovvero se rispetti l'art. 36 Cost.  
Anche le restrizioni di questo diritto fondamentale, garantito dall'art. 27 Cost., devono infatti rispettare l'art. 36 Cost. ed essere quindi fondate su una base legale, essere giustificate da un interesse pubblico ed essere proporzionate allo scopo perseguito (criteri dell' idoneità, della necessitàe della proporzionalità in senso stretto; DTF 143 I 403 consid. 5.6 e 142 I 99 consid. 2.4.1; sentenza 2C_705/2019 del 12 febbraio 2021 consid. 5.1 con ulteriori rinvii).  
 
9.2. Ora, pur non tangendone l'essenza (art. 36 cpv. 4 Cost.), l'introduzione dell'obbligo di versare un salario minimo comporta una chiara limitazione della libertà economica individuale sia dei datori di lavoro che dei lavoratori (libertà contrattuale; DTF 143 I 403 consid. 5.6.2; sentenza 1C_357/2009 dell'8 aprile 2010 consid. 3.3).  
Essendo contenuto rispettivamente regolato nel dettaglio in una legge in senso formale, adottata ad hoc dal Gran Consiglio ticinese l'11 dicembre 2019, tale vincolo si fonda tuttavia su una base legale sufficiente (art. 36 cpv. 1 Cost.). Inoltre, è pure sopportato da un interesse pubblico (art. 36 cpv. 2 Cost.). Come visto, l'introduzione del salario minimo cantonale da parte del legislatore ticinese ha infatti intenti prevalentemente sociali, quali quello di garantire un salario che assicuri a ogni persona - attraverso il proprio lavoro - un tenore di vita dignitoso, senza dover fare capo ad aiuti di terzi e, in particolare, dello Stato (precedenti consid. 8.2 segg.). D'altra canto, le cifre indicate nel considerando 8.2 dimostrano che anche nel Cantone Ticino il problema della povertà è tutt'altro che teorico.  
 
9.3. Contrariamente a quanto indicato nelle impugnative - che su tale aspetto non paiono per altro rispettare l'art. 106 cpv. 2 LTF, in quanto contengono censure piuttosto frammentarie e generiche - rispettato è però anche il principio di proporzionalità che: da un lato, esige che una misura restrittiva sia adatta a produrre i risultati perseguiti ( principio dell'idoneità) e che essi non possano essere raggiunti attraverso una misura meno incisiva ( principio della necessità); d'altro lato, vieta ogni limitazione che vada al di là dello scopo voluto e richiede l'esistenza di un rapporto ragionevole tra detto scopo e gli interessi con i quali entra in collisione ( principio della proporzionalità in senso stretto; DTF 143 I 403 consid. 5.6.3 e 142 I 76 consid. 3.5.1).  
 
9.3.1. L' idoneità dello strumento del salario minimo a combattere la povertà e il fenomeno del working poorè infatti già stata ammessa in relazione all'introduzione del salario minimo di fr. 20.-- nel Canton Neuchâtel e le ricorrenti non adducono motivi per cui la conclusione dovrebbe in casu essere diversa (DTF 143 I 403 consid. 5.6.4).  
Sempre come rilevato in quel contesto, va in effetti sottolineato che questioni di opportunità o relative alla prerogativa decisionale del Parlamento ticinese non sono sufficienti a metterne in discussione l'operato, perché nella sua attività di elaborazione delle leggi esso dispone di un ampio margine di manovra, in relazione al quale il Tribunale federale interviene solo con riserbo: ciò che vale anche per la scelta dei mezzi per lottare contro la povertà e il fenomeno del working poor (DTF 143 I 403 consid. 5.6.4; 136 I 241 consid. 3.1; 134 I 140 consid. 5.4; 133 I 149 consid. 3; KURT PÄRLI, Kantonale Mindestlöhne sind zulässig - Eine Entgegnung zur Kritik an den Bundesgerichtsentscheiden 2C_813/2014, 2C_816/2014, 2C_774/2014 und 2C_815/2014 im Beitrag von Maduz/Schmid in der Zeitschrift für Arbeitsrecht und Arbeitslosenversicherung (ARV) 2017, S. 271, in ARV 2018, pag. 294 segg., p.to II.2; per una visione più critica cfr. tuttavia gli appena menzionati CHRISTIAN MADUZ/OLIVER SCHMID, (Un-) Zulässigkeit von kantonalen Mindestlohn-Regelungen?, in ARV 2017, pag. 271 segg.).  
Per quanto, invece, le ricorrenti 7-11 contestino l' idoneità della misura in discussione, sottolineando come di essa beneficeranno (percentualmente) di più i lavoratori frontalieri che i lavoratori residenti, va d'altra parte osservato che proprio questo fatto certifica che, con salari orari minori di quelli previsti dalla legge sul salario minimo, la vita nel Cantone Ticino quale lavoratore residente è assai difficile. Di conseguenza, l'argomentazione addotta attesta semmai il contrario, cioè che per contrastare il fenomeno del working poor su suolo cantonale ben si può pensare anche ad introdurre un salario minimo, come del resto è già avvenuto nel Cantone di Neuchâtel.  
 
9.3.2. Con riferimento alla necessità, le insorgenti sostengono invece: da un lato, che lo scopo cui mira l'introduzione di un salario minimo potrebbe essere perseguito anche con altri mezzi, quali i contratti collettivi di lavoro o i contratti normali di lavoro; d'altro lato, che detto scopo poteva essere raggiunto fissando delle soglie più basse.  
Come osservato dalle autorità cantonali nella risposta, simili strumenti non mirano tuttavia a lottare in maniera generalizzata contro la povertà, come l'introduzione di un salario minimo a livello cantonale (precedente consid. 8), ma hanno altri obiettivi; inoltre, il campo di applicazione di detti contratti non è generalizzato, bensì limitato a specifici ambiti economici (DTF 143 I 403 consid. 5.6.5). Nel contempo, a una diversa conclusione non conduce nemmeno una nuova critica sulla forchetta salariale (stabilita dalla legge tra fr. 19.75 e fr. 20.25) poiché, come appurato, essa rientra nei limiti fissati dalla giurisprudenza del Tribunale federale (precedente consid. 8.5) e - lamentandosi della fissazione di un salario minimo lontano dalle soglie di assistenza sociale (fr. 14.48 all'ora) rispettivamente di poco superiore all'importo di riferimento in materia di prestazioni complementari AVS/AI (salario minimo orario lordo di fr. 19.59; cfr. DTF 143 I 403 consid. 5.6.7, che si riferisce per altro ancora a cifre contenute in un memento che risale al 2013) - le ricorrenti non adducono argomenti che possano indurre a formulare delle considerazioni differenti. 
 
9.3.3. A ciò che è stato detto nel precedente considerando 8.5, va infine fatto rinvio anche in relazione alla proporzionalità in senso stretto. Nuovamente, una delle critiche presentate è infatti quella secondo cui i salari minimi fissati dal legislatore ticinese sarebbero troppo elevati per lo scopo perseguito, ovvero per lottare contro la povertà sul piano cantonale, sulla quale questa Corte si è già espressa in quella sede.  
Per quanto le ricorrenti ritengano, anche in relazione alla proporzionalità in senso stretto, che la misura sia eccessiva perché i lavoratori che ne beneficiano sono in maggioranza non residenti e, abitando oltre confine, godono già di un tenore di vita sufficiente, occorre invece ribadire quanto detto nel precedente considerando 9.3.1, ovvero che questo fatto è semmai un argomento a sostegno dell'introduzione di un salario minimo. In effetti, esso attesta che, con salari orari minori di quelli previsti dalla legge impugnata, la vita nel Cantone Ticino come lavoratore residente è assai difficile: che è quanto ha poi condotto anche il legislativo ticinese a stabilire una soglia - valida giocoforza per tutti i rapporti di lavoro che si svolgono abitualmente nel Cantone (art. 2 cpv. 1 LSM) - al di sotto della quale non è di principio possibile andare (precedenti consid. 8.1-8.4, con riferimento al tasso di povertà delle persone residenti attive ed occupate nel Cantone Ticino, molto più alta rispetto alla media nazionale, e all'obiettivo di scongiurare l'esistenza di situazioni in cui una persona residente non ottiene - col proprio lavoro - un salario che le assicuri un tenore di vita dignitoso).  
Detto ciò, ed attirata l'attenzione sul fatto che l'opzione di continuare a risiedere all'estero può proprio dipendere anche dal salario percepito, che non permette di vivere dove si lavora, quindi anche sul fatto che le proporzioni tra lavoratori frontalieri e lavoratori residenti possono cambiare, va pure sottolineato: (a) che nel caso trattato nella DTF 143 I 403 le persone attive sul piano cantonale toccate dall'introduzione del salario minimo erano il 4,3 %, mentre nel Cantone Ticino, già in base alla forchetta proposta dal Consiglio di Stato (fr. 18.75/fr. 19.25), più bassa di quella in seguito adottata (fr. 19.75/fr. 20.25), esse erano pari al 6,7 % (messaggio n. 7452, p.to 5); (b) che, proprio nell'ottica del rispetto del principio della proporzionalità, la legge sul salario minimo prevede poi svariate eccezioni (art. 3 LSM), un'introduzione del salario minimo graduale e scaglionata nel tempo (art. 11 LSM), l'esecuzione di un dettagliato esame d'impatto, da svolgersi entro il 30 giugno 2024 (art. 10 LSM) e - come rilevato - la possibilità di tenere almeno in parte conto delle peculiarità di singoli settori dell'economia (nello stesso senso, cfr. ancora DTF 143 I 403 consid. 5.6.6 e 5.6.7). 
 
9.3.4. Respinte le critiche esposte (precedente consid. 9.3 con riferimento all'art. 106 cpv. 2 LTF), l'art. 36 cpv. 1-3 Cost. non risulta di conseguenza leso e data non è nemmeno una violazione della libertà economica nella sua dimensione personale.  
 
10.  
In terzo luogo, nelle impugnative viene denunciata la lesione dell'art. 8 Cost., in cui è ancorato il principio dell'uguaglianza giuridica. 
 
10.1. Una norma disattende il principio della parità di trattamento garantito dall'art. 8 Cost. quando, tra casi simili, fa distinzioni che nessun ragionevole motivo in relazione alla situazione da regolare giustifica di fare o sottopone ad un regime identico situazioni che presentano tra loro differenze rilevanti e di natura tale da rendere necessario un trattamento diverso (DTF 147 I 16 consid. 4.2.1; 143 I 1 consid. 3.3; 136 II 120 consid. 3.3.2 e 136 I 1 consid. 4.1).  
L'ingiustificata uguaglianza rispettivamente la disparità di trattamento devono riferirsi ad un aspetto sostanziale. Trascurato non può poi essere il fatto che una disparità di trattamento può comunque essere legittimata dagli scopi perseguiti dal legislatore (DTF 141 I 78 consid. 9.5; DTF 136 I 1 consid. 4.3.2 e DTF 136 II 120 consid. 3.3.2) e che - in generale - quest'ultimo ha un ampio spazio di manovra (DTF 147 I 16 consid. 4.2.1; 143 I 1 consid. 3.3 e 136 I 1 consid. 4.1). 
 
10.2. Secondo le ricorrenti 1-6, una lesione del principio di uguaglianza garantito dall'art. 8 Cost. sarebbe data per quattro motivi, e cioè:  
(a) per la mancata introduzione di una differenziazione per mansione; (b) a causa dell'introduzione di salari minimi diversi, per ogni settore economico; (c) in ragione del fatto che, correggendo verso l'alto i salari previsti da eventuali contratti collettivi di lavoro rispettivamente da eventuali contratti normali di lavoro, si avvicinerebbe il salario orario dei lavoratori non qualificati a quello dei lavoratori qualificati, che si troverebbero a percepire un salario di poco superiore ai primi senza che ciò si giustifichi; (d) alla luce del differente impatto che avrà sui lavoratori frontalieri, che si vedranno migliorare il proprio tenore di vita, rispetto a quello che avrà sui lavoratori residenti, per i quali il tenore di vita rimarrà invece invariato: con conseguente lesione anche dell'art. 2 dell'accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), a causa della discriminazione indiretta subita dagli ultimi nei confronti dei primi. Una parte di queste critiche sono quindi sollevate anche nell'impugnativa delle ricorrenti 7-11. 
 
10.3. Come fatto dal Gran Consiglio nella sua risposta, ci si potrebbe innanzitutto chiedere se le insorgenti, persone giuridiche che ricorrono in qualità di datrici di lavoro, dispongano della legittimazione necessaria a formulare le censure indicate, che sono tutte relative alla posizione dei lavoratori (sentenze 2C_661/2019 del 17 marzo 2021 consid. 1.4.3 e 5.2 e 2C_204/2010 del 24 novembre 2011 consid. 8.2).  
La questione non necessita tuttavia di essere approfondita oltre siccome, per quanto formulate in maniera conforme all'art. 106 cpv. 2 LTF, dette critiche risultano infondate e vanno quindi respinte. 
 
10.3.1. In via di principio, l'importo che permette di vivere in maniera "dignitosa" in un determinato Cantone è in effetti lo stesso per ogni persona (DTF 143 I 403 consid. 5.6.6). Di conseguenza - dal profilo dell'art. 8 Cost. e della giurisprudenza ad esso relativa (precedente consid. 10.1) - una differenziazione per mansione, di cui le ricorrenti lamentano l'assenza con la loro prima critica (precedente consid. 10.2, lett. a), non è di per sé richiesta.  
 
10.3.2. Sul fronte opposto (ovvero in relazione alla critica secondo cui non doveva esserci nessuna differenziazione per settori economici), occorre invece rilevare rispettivamente ripetere: (a) che, conscio del fatto che il montante che permette di vivere in maniera "dignitosa" in un determinato Cantone è di principio lo stesso per ogni persona, ma che una differenziazione era espressamente prevista dall'art. 13 cpv. 3 Cost./TI, il legislativo ticinese ha sì stabilito i salari minimi per settore, ma ha di fatto deciso che i salari minimi così stabiliti dovranno avere delle variazioni molto limitate (mai superiori a fr. 0.50, art. 4 cpv. 1 e art. 11 LSM); (b) che così facendo esso ha utilizzato l'esiguo spazio di manovra di cui dispongono i Cantoni - al fine di tenere conto, nel rispetto del principio della proporzionalità, delle peculiarità dei differenti settori economici - in maniera che può essere giudicata ancora sostenibile (precedenti consid. 8.6 e 9.3.3 con riferimento alla DTF 143 I 403 consid. 5.6.6); (c) che eventuali ed ingiustificate disparità di trattamento che dovessero sorgere dall'applicazione di questo sistema andranno semmai fatte valere in relazione a casi concreti.  
Anche la seconda critica che è stata sollevata in relazione all'art. 8 Cost. (precedente consid. 10.2, lett. b) non è di conseguenza condivisibile e dev'essere respinta. 
 
10.3.3. Già perché solo abbozzata e formulata in maniera puramente ipotetica, a maggior fortuna non è nel contempo destinata la censura con la quale le ricorrenti si lamentano di eventuali disparità di trattamento tra lavoratori qualificati o meno (precedente consid. 10.2, lett. c). Come indicato anche dal Gran Consiglio in risposta, la fattispecie prospettata andrà semmai affrontata quando concretamente si porrà e dopo aver svolto precisi accertamenti. Va infatti ribadito che nell'ambito di un controllo astratto - come quello che ci occupa - il Tribunale federale è chiamato a intervenire solo quando la normativa impugnata non si presta a nessuna interpretazione conforme al diritto superiore e, in questo contesto, a mantenere un certo riserbo, non quindi a vagliare ogni possibile ipotesi di inconciliabilità con esso (precedente consid. 3.2; DTF 140 I 2 consid. 4 e 137 I 31 consid. 2).  
 
10.3.4. Una disparità di trattamento ai sensi dell'art. 8 Cost. e, parallelamente, dell'art. 2 ALC, non è infine ravvisabile nemmeno in relazione all'ultimo punto sollevato, ovvero a causa del differente impatto che l'introduzione del salario minimo avrebbe sui lavoratori frontalieri e sui lavoratori residenti (precedente consid. 10.2, lett. d).  
Già le premesse sulle quali si basa questa censura sono infatti errate, perché l'introduzione del salario minimo avrà di tutta evidenza un impatto anche sulle persone residenti nel Cantone Ticino, che finora guadagnavano meno di quanto previsto dalla legge sul salario minimo. Anzi, dato che il costo della vita in Svizzera è notoriamente più alto di quello nei Paesi limitrofi, è semmai immaginabile che - nell'ottica del legislatore ticinese, che è quella di combattere la povertà nel Cantone Ticino (precedente consid. 8.2) - l'impatto reale ed effettivo dell'introduzione di un salario minimo sarà probabilmente più grande proprio per chi lavora e risiede nel Cantone Ticino, con tutto ciò che questo comporta, ivi compreso il rischio di rientrare nella categoria dei cosiddetti working poor, piuttosto che per chi vi lavora abitualmente, ma vive oltre frontiera, ed è quindi molto meno esposto ad un simile rischio.  
 
11.  
Con la loro impugnativa, le insorgenti 1-11 lamentano in quarto luogo la lesione della legge federale del 6 ottobre 1995 sul mercato interno (LMI; RS 943.02). Richiamandosi in particolare agli art. 1-3 LMI, considerano infatti che gli obblighi che risultano dalla legge ticinese sul salario minimo limitino in maniera illecita l'accesso al mercato cantonale da parte degli operatori economici con sede in altri Cantoni. 
 
11.1. La legge federale sul mercato interno garantisce a ogni persona con domicilio o sede in Svizzera l'accesso libero e non discriminato al mercato al fine di esercitare su tutto il territorio della Confederazione un'attività lucrativa (art. 1 cpv. 1 LMI). In questo contesto, a ognuno è riconosciuto il diritto di offrire merci, servizi e prestazioni di lavoro su tutto il territorio della Confederazione, se l'esercizio dell'attività lucrativa in questione è autorizzato nel suo Cantone o Comune di domicilio o di sede (art. 2 cpv. 1 LMI); l'offerta di merci, servizi e prestazioni di lavoro è retta dalle prescrizioni del Cantone o del Comune di domicilio o di sede dell'offerente (art. 2 cpv. 3 LMI); chi esercita legittimamente un'attività lucrativa ha il diritto di stabilirsi in qualsiasi parte del territorio della Confederazione per l'esercizio di tale attività e, fatto salvo l'articolo 3, di esercitare la stessa secondo le prescrizioni del luogo del primo domicilio (art. 2 cpv. 4 LMI). Agli offerenti esterni non può essere negato il libero accesso al mercato; le restrizioni devono rivestire la forma di oneri o condizioni e sono ammissibili soltanto se: (a) si applicano nella stessa misura agli offerenti locali; (b) sono indispensabili per preservare interessi pubblici preponderanti; (c) sono conformi al principio di proporzionalità (art. 3 cpv. 1 LMI).  
Sennonché, anche al riguardo le ricorrenti non vanno seguite. In effetti, l'art. 2 cpv. 1 LSM sottopone alla legge solo rapporti di lavoro che si svolgono abitualmente nel Cantone Ticino, di modo che offerenti con sede in altri Cantoni non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della stessa, e quindi nemmeno essere impediti ad offrire i propri servizi nel caso - invero remoto perché, come indicato in risposta, i salari nazionali più bassi verrebbero pagati proprio al sud delle Alpi - corrispondessero salari minori di quelli previsti dal legislatore ticinese. D'altro lato, va rilevato che eventuali contrasti con la legge sul mercato interno, che dovessero presentarsi in fattispecie concrete, potranno essere oggetto di procedure ad hoc, con possibilità di controllo incidente del diritto cantonale (sentenze 2C_256/2018 del 14 settembre 2020 consid. 11 e 2C_1058/2019 del 30 aprile 2020 consid. 4.1).  
 
11.2. Per contro, per quanto le insorgenti 1-6 si lamentino - sempre richiamandosi alla legge federale sul mercato interno - di svantaggi causati a loro stesse, per il fatto che le imprese con sede fuori Cantone che non lavorano "abitualmente" ma solo in maniera irregolare in Ticino non sono tenute a rispettare la legge sul salario minimo (art. 2 cpv. 1 LSM e contrario), va rilevato che la censura è stata sollevata per la prima volta in replica ed è quindi tardiva.  
Con la replica è infatti lecito completare un ricorso unicamente quando ciò è giustificato dai contenuti della risposta, non per integrarlo con critiche che avrebbero potuto essere addotte nel rispetto dei termini, come è il caso anche qui (DTF 140 I 252 consid. 1.2; 135 I 19 consid. 2.2 e 132 I 42 consid. 3.3.4; LAURENT MERZ, BSK Bundesgerichtsgesetz, op. cit., n. 42 ad art. 42 LTF). 
 
11.3. A prescindere da ciò, si può inoltre osservare che, quand'anche formulata nei termini, detta critica sarebbe comunque infondata.  
In effetti, come pertinentemente indicato anche in duplica, la legge federale sul mercato interno regola la posizione degli offerenti esterni nei rapporti commerciali intercantonali o intercomunali, non i diritti degli offerenti locali, come vanno invece considerate le insorgenti dato che hanno tutte sede nel Cantone Ticino (DTF 125 I 267 consid. 3b; sentenze 2C_230/2020 del 25 marzo 2021 consid. 8 e 2P.23/2006 del 10 ottobre 2006 consid. 3.3). 
 
12.  
A parere delle ricorrenti 1-6, la legge ticinese sul salario minimo si porrebbe infine in conflitto anche con la garanzia del diritto all'aiuto sancito dall'art. 12 Cost. e con l'art. 7 Cost., secondo cui la dignità della persona va rispettata e protetta. Questi due disposti, indicano, prevederebbero infatti che il diritto all'aiuto sia messo in atto dall'intervento della collettività ed esso non potrebbe quindi essere ribaltato economicamente sui soggetti privati, in particolare sulle aziende, tramite l'innalzamento delle retribuzioni nell'ambito dei contratti di lavoro. 
 
12.1. A norma dell'art. 12 Cost. chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a sé stesso ha diritto ad essere aiutato e assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un'esistenza dignitosa (in tedesco: " die für ein menschenwürdiges Dasein unerlässlich sind "; in francese: " pour mener une existence conforme à la dignité humaine ").  
Per giurisprudenza, la concretizzazione dell'art. 12 Cost. compete ai Cantoni, i quali sono liberi di fissare la natura e le modalità delle prestazioni da fornire a titolo di aiuto d'urgenza (DTF 146 I 1 consid. 5.1; 142 I 1 consid. 7.2; 139 I 272 consid. 3.2; 135 I 119 consid. 7.3). 
 
12.2. A differenza di quanto presuppongono le ricorrenti 1-6 nella loro impugnativa, il diritto fondamentale a condizioni minime d'esistenza garantito dall'art. 12 Cost. non include tuttavia un reddito minimo, ma solo la copertura dei bisogni elementari, strettamente necessari a sopravvivere in maniera rispettosa della dignità umana (quali cibo, alloggio, vestiti e cure mediche di base) e si limita quindi a garantire l'indispensabile, sì da scongiurare la mendicità e la vita sulla pubblica via (DTF 146 I 1 consid. 5.1; 142 I 1 consid. 7.2.1; 139 I 272 consid. 3.2; 138 V 310 consid. 2.1; 135 I 119 consid. 5.3 e 131 I 166 consid. 3.1; FEDERICA DE ROSSA GISIMUNDO, op. cit., 548; THOMAS GÄCHTER/GREGORI WERDER, in BSK Bundesverfassung, 2015, n. 5 segg. ad art. 12 Cost.; LUCIEN MÜLLER, in Die Schweizerische Bundesverfassung, St. Galler Kommentar, 3a ed. 2014, n. 27 ad art. 12 Cost.; LEPORI TAVOLI, op. cit., n. 223; THOMAS GEISER, Gibt es ein Verfassungsrecht auf einen Mindestlohn?, in Der Verfassungsstaat vor neuen Herausforderungen - Festrschrift für Yvo Hangartner, 1998, pag. 809 segg., 812).  
In parallelo, questo sostegno ha per definizione unicamente un carattere transitorio. Pertanto, va inteso solo come una rete di protezione temporanea, per le persone che non trovano sufficiente tutela nel quadro delle istituzioni sociali esistenti (DTF 146 I 1 consid. 5.1; 142 I 1 consid. 7.2 e 139 I 272 consid. 3.2). 
 
12.3. Essendo i contorni dell'art. 12 Cost. quelli appena descritti, appare pertanto chiaro che anche la censura con la quale viene denunciata una sua violazione è manifestamente infondata.  
Quello riconosciuto dall'art. 12 Cost. - cui sottende anche l'art. 7 Cost., che ha carattere sussidiario e non riconosce nessun diritto positivo specifico cui le ricorrenti potrebbero in casu appellarsi (sentenza 2C_294/2020 del 15 marzo 2021 consid. 6) - è infatti un aiuto puntuale e di emergenza, che mira a soddisfare i bisogni di base. Sia l'art. 12 che l'art. 7 Cost. non garantiscono per contro nessun diritto ad un salario minimo, ragione per la quale nemmeno vi può essere contrasto tra queste due norme e la legge ticinese in esame. 
 
13.  
Quale ulteriore critica, le ricorrenti 7-11 sollevano invece una lesione della libertà sindacale. Ritengono infatti che fissando "soglie salariali obbligatorie così elevate sarà di fatto preclusa ogni e qualsiasi possibilità per i datori di lavoro di poter procedere ad una difesa efficace dei propri interessi, visto che la controparte sindacale non si troverà più nelle condizioni di poter dare la propria adesione ad alcuna retribuzione inferiore stabilità dalla nuova legge". 
 
13.1. L'art. 28 Cost., che garantisce la libertà sindacale, prevede che i lavoratori, i datori di lavoro nonché le loro organizzazioni hanno il diritto di unirsi e di costituire associazioni a tutela dei loro interessi, nonché il diritto di aderirvi o no (cpv. 1).  
Secondo giurisprudenza, occorre distinguere tra la libertà sindacale individualee la libertà sindacale collettiva. La libertà sindacale individuale riconosce ai singoli il diritto di contribuire alla creazione di un sindacato, di aderire a un sindacato esistente o di partecipare alla sua attività (libertà sindacale positiva), così come quello di non aderirvi o di non farvi più parte (libertà sindacale negativa), senza doversi confrontare con ostacoli posti dallo Stato. La libertà sindacale collettiva garantisce al sindacato la possibilità di esistere e di agire come tale, difendendo gli interessi dei suoi membri; essa implica in particolare il diritto di partecipare a delle negoziazioni collettive e di concludere dei contratti collettivi di lavoro (DTF 143 I 403 consid. 6.1 e 140 I 257 consid. 5; PATRICIA M. SCHIESS RÜTIMANN, in BSK Bundesverfassung, op. cit., n. 9 segg. ad art. 28 Cost.; KLAUS A. VALLENDER/PETER HETTICH, in Die Schweizerische Bundesverfassung, St. Galler Kommentar, op. cit., n. 13 segg. [riguardo alla dimensione individuale] e 19 segg. [riguardo alla dimensione collettiva] ad art. 28 Cost.).  
 
13.2. Anche in relazione all'art. 28 Cost. - che tutela la libertà sindacale e, in questo contesto, la libertà di concludere delle convenzioni collettive di lavoro - in ricorso è tuttavia votato all'insuccesso.  
In effetti, il discorso svolto dalle insorgenti è di nuovo solo ipotetico. Nelle poche righe che dedicano alla loro critica, esse non sostanziano inoltre nessuna lesione dell'art. 36 Cost., relativo alle condizioni in cui pure un'eventuale limitazione dell'art. 28 Cost. va tollerata (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 144 I 306 consid. 4.4.1 e 144 I 50 consid. 6; GIOVANNI BIAGGINI, Bundesverfassung der Schweizerischen Eidgenossenschaft, Kommentar, 2a ed. 2017, n. 10 ad art. 28). 
 
14.  
Per quanto precede, i ricorsi devono essere respinti, nella misura della loro ammissibilità. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza e sono quindi poste a carico delle ricorrenti 1-6, in solido, rispettivamente delle ricorrenti 7-11, in solido (art. 66 cpv. 1 e 5 LTF). Le autorità cantonali non hanno diritto a ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). Con l'emanazione del presente giudizio, l'istanza di concessione dell'effetto sospensivo, presentata dalle ricorrenti 7-8 e 10 il 27 ottobre 2021 (precedente consid. C), dev'essere considerata priva di oggetto. 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Le cause 2C_302/2020 e 2C_306/2020 sono congiunte. 
 
2.  
Nella misura in cui sono ammissibili, i ricorsi sono respinti. 
 
3.  
Le spese giudiziarie complessive di fr. 10'000.-- sono poste a carico delle ricorrenti 1-6, in solido, in ragione di fr. 5'000.-- e delle ricorrenti 7-11, in solido, in ragione di fr. 5'000.--. 
 
4.  
Comunicazione ai patrocinatori delle ricorrenti e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, in rappresentanza del Gran Consiglio. 
 
 
Losanna, 11 novembre 2021 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
Il Cancelliere: Savoldelli