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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2C_33/2007 /biz 
 
Sentenza del 14 marzo 2008 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Merkli, presidente, 
Hungerbühler, Yersin, Karlen e Aubry Girardin, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
A.A.________ e D.A.________, 
ricorrenti, entrambi patrocinati dall'avv. Costantino Castelli, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona. 
 
Oggetto 
permessi di dimora, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro 
la sentenza emanata il 22 gennaio 2007 
dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
La cittadina brasiliana A.A.________ è entrata in Svizzera il 1° settembre 2005 proveniente dalla Spagna, dove era al beneficio di un permesso di residenza temporanea dal novembre dell'anno precedente. Con sé ha portato anche il figlio B.A.________, di nazionalità germanica, nato il 17 dicembre 1996 dal matrimonio nel frattempo sciolto con il cittadino tedesco C.A.________. Il 29 settembre 2005 l'interessata ha dato alla luce a Sorengo un secondo figlio, B.A.________, avuto da una relazione con un cittadino britannico che, a quanto consta, non l'ha però ancora ufficialmente riconosciuto. 
 
B. 
Con istanza del 24 novembre 2005 A.A.________ ha chiesto all'Ufficio regionale degli stranieri di Lugano il rilascio di un permesso di dimora per motivi di studio per il figlio maggiore e di un permesso di dimora senza attività lucrativa per motivi personali particolarmente rigorosi per sé e per il figlio neonato. Essa ha addotto che il figlio frequentava la terza elementare presso l'American School di Montagnola e che la scelta di stabilirsi in Svizzera era legata alle opportunità formative offerte nonché alle condizioni di tranquillità e sicurezza garantite. Tali presupposti mancavano per contro in Brasile, dove la sua famiglia, di ottima posizione sociale ed economica, era stata oggetto di svariate intimidazioni e persino di un sequestro a scopo di estorsione. 
Il 18 gennaio 2006 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha respinto la domanda, rilevando che i richiedenti non potevano vantare alcun diritto all'ottenimento dei permessi postulati e che la frequentazione della scuola di Montagnola avrebbe se del caso potuto proseguire in internato. 
 
C. 
Adito da A.A.________, per sé ed in rappresentanza dei due figli, con decisione del 14 marzo 2006 il Consiglio di Stato ticinese ne ha parzialmente accolto il ricorso. In sintesi, ha considerato che C.A.________ aveva diritto di risiedere a tempo indeterminato in Svizzera, in quanto cittadino comunitario coperto da un'adeguata assicurazione malattia e con risorse sufficienti. Ciò non implicava tuttavia di dover rilasciare un permesso anche alla madre e al fratellastro per ragioni di ricongiungimento familiare. Il diniego del permesso a questi ultimi non violava inoltre il diritto al rispetto della vita familiare, che poteva senz'altro venir condotta all'estero. 
Impugnata da A.A.________ e dal figlio B.A.________, la decisione governativa è stata confermata dal Tribunale cantonale amministrativo che, con sentenza del 22 gennaio 2007, ha ribadito per l'essenziale le argomentazioni già sviluppate dall'istanza precedente. 
 
D. 
Il 23 febbraio 2007 A.A.________ e B.A.________ hanno presentato un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, con cui chiedono di annullare la pronuncia del Tribunale amministrativo e di riformare quest'ultima e le decisioni delle autorità inferiori riconoscendo loro il diritto di ottenere un permesso di dimora a tempo indeterminato. Essi lamentano la violazione dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone [ALC o Accordo; RS 0.142.112.681]), in particolare dell'art. 6 e dell'art. 24 del relativo Allegato I, nonché dell'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101). 
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale amministrativo si riconferma nella motivazione e nelle conclusioni della propria sentenza, il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale e l'Ufficio federale della migrazione propone di respingere il gravame. 
 
E. 
Con decreto del 20 marzo 2007 è stata accolta l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo formulata nel gravame. 
 
Diritto: 
 
1. 
Il 1° gennaio 2008 è entrata in vigore la legge federale sugli stranieri, del 16 dicembre 2005 (LStr; RS 142.20; RU 2007 5487). In applicazione dell'art. 126 cpv. 1 LStr, alla presente procedura rimane tuttavia ancora applicabile la - di per sé abrogata (cfr. Allegato n. I LStr) - legge federale concernente la dimora ed il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; CS 1 177 e modifiche seguenti). 
 
2. 
2.1 In ambito di polizia degli stranieri, l'art. 83 lett. c n. 2 LTF esclude il ricorso in materia di diritto pubblico contro decisioni concernenti permessi o autorizzazioni al cui ottenimento né l'ordinamento giuridico federale né quello internazionale conferiscono un diritto. L'art. 4 LDDS sancisce che l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione dei permessi di dimora o di domicilio. Lo straniero ha quindi un diritto ad un'autorizzazione di soggiorno solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (DTF 133 I 185 consid. 2.3; 131 II 339 consid. 1). 
 
2.2 A giusta ragione la ricorrente non pretende di vantare un diritto a soggiornare in Svizzera in virtù della legislazione interna (cfr. gli art. 7 e 17 cpv. 2 LDDS) o di un trattato bilaterale concluso tra lo Stato elvetico e quello brasiliano. Ella invoca per contro il suo statuto di genitore affidatario di un figlio di nazionalità tedesca, a cui è per di più già stato rilasciato un permesso di dimora. 
2.2.1 Indipendente dalla loro situazione o dei motivi per cui giungono in Svizzera, tutti i cittadini degli Stati membri della Comunità europea possono di per sé appellarsi ad una disposizione dell'accordo sulla libera circolazione delle persone per far valere un diritto a soggiornare in Svizzera. Contro il rifiuto di un permesso di dimora essi possono dunque ricorrere senza che l'art. 83 lett. c n. 2 LTF sia loro opponibile (DTF 131 II 339 consid. 1.2; 130 II 493 consid. 1.1, 388 consid. 1.2). Questo principio si applica anche ai cittadini di Stati terzi a cui l'Accordo, segnatamente l'art. 7 lett. d ALC e l'art. 3 del relativo Allegato I, conferisce il diritto di stabilirsi con un familiare di cittadinanza comunitaria che gode di un diritto di soggiorno in Svizzera (DTF 130 II 113 consid. 8.3; sentenza 2A.94/2004 del 6 agosto 2004, in: Pra 2005 n. 15, consid. 1.2). 
2.2.2 La ricorrente non è tuttavia cittadina comunitaria né rientra in alcuna delle categorie di persone a cui l'art. 3 cpv. 2 Allegato I ALC conferisce il diritto al ricongiungimento familiare. Nel caso di ascendenti, la norma menzionata riconosce infatti tale prerogativa solo se la persona con diritto di soggiorno è un lavoratore e se gli ascendenti sono a suo carico (art. 3 cpv. 2 lett. b Allegato I ALC). Nella fattispecie entrambe le condizioni sono chiaramente disattese, in quanto C.A.________ non è un lavoratore, ma un ragazzo di undici anni, ed è semmai lui ad essere a carico della madre, non il contrario. Sotto questo profilo, il gravame risulterebbe pertanto inammissibile. 
L'insorgente si richiama però alla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) in materia di libera circolazione. In almeno due occasioni (sentenza CGCE del 17 settembre 2002, Baumbast e R. c. Secretary of State for the Home Department, C-413/99, Rec. 2002, pag. I-7091; sentenza CGCE del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen c. Secretary of State for the Home Department, C-200/02, Rec. 2004, pag. I-9925) detta istanza avrebbe infatti sancito che il diritto di un figlio di soggiornare in uno Stato membro implica la facoltà di essere accompagnato dal genitore che ne garantisce la custodia. 
2.2.3 In queste circostanze, a prescindere dalla reale portata di tale giurisprudenza, appare giustificato dichiarare il gravame ammissibile. È infatti essenzialmente una questione di merito sapere se l'Accordo conferisce davvero il diritto ad un'autorizzazione di soggiorno oppure se la stessa deve essere rifiutata, ad esempio per l'inosservanza di una modalità o di una condizione per esercitare la prerogativa invocata, per l'esistenza di un abuso di diritto o per motivi di ordine pubblico (DTF 131 II 339 consid. 1.2; 130 II 493 consid. 1.1, 388 consid. 1.2). 
 
2.3 Ritenuto che sono in ogni caso date le condizioni per entrare nel merito del gravame, non è necessario esaminare se il diritto al rilascio di un'autorizzazione di soggiorno possa venir dedotto anche dalla garanzia di tutela della vita privata e familiare sancita dall'art. 8 CEDU, rispettivamente dall'art. 13 Cost., sostanzialmente analogo (DTF 130 II 281 consid. 3.1; 126 II 377 consid. 7). Sotto questo profilo occorre, da un lato, che lo straniero residente in Svizzera goda di un diritto di presenza certo e stabile e, d'altro lato, che intrattenga con il familiare con cui intende ricongiungersi una relazione intatta ed effettivamente vissuta (DTF 130 II 281 consid. 3.1; 129 II 193 consid. 5.3.1, 215 consid. 4.1). Il rapporto tra la ricorrente ed il figlio C.A.________ presenta senz'altro queste caratteristiche. Di conseguenza, in riferimento all'art. 8 CEDU si tratterebbe di verificare se il figlio primogenito disponga di un diritto certo a soggiornare in Svizzera. 
 
2.4 Un'eccezione all'ammissibilità del gravame va comunque ravvisata laddove i ricorrenti postulano la riforma non solo della sentenza del Tribunale amministrativo, ma anche delle decisioni del Consiglio di Stato e della Sezione dei permessi e dell'immigrazione. In effetti, in virtù dell'effetto devolutivo della procedura ricorsuale, oggetto dell'impugnativa può di principio essere soltanto il giudizio dell'ultima istanza cantonale (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF; cfr. anche DTF 131 II 470 consid. 1.1; 129 II 438 consid. 1; 125 II 29 consid. 1c). 
 
3. 
3.1 Come osservato, per la ricorrente il diritto ad un permesso di dimora potrebbe se del caso derivare soltanto da un eventuale diritto originario del figlio di nazionalità tedesca. Quest'ultimo è al beneficio di un'autorizzazione di soggiorno concessagli dal Consiglio di Stato ticinese. La sua posizione non è dunque di per sé più oggetto della controversia. Tuttavia per potersi esprimere sulle prerogative della madre è innanzitutto utile esaminare se egli possa vantare un diritto a risiedere in Svizzera oppure se il permesso rilasciatogli debba essere considerato come una decisione rientrante nella latitudine di giudizio delle autorità cantonali in base all'art. 4 LDDS
 
3.2 Riprendendo tre direttive adottate a livello comunitario agli inizi degli anni novanta (le Direttive 90/364/CEE e 90/365/CEE del 28 giugno 1990 e la Direttiva 93/96/CEE del 29 ottobre 1993), l'Accordo non conferisce un diritto di soggiorno soltanto a coloro che esercitano un'attività professionale, ma anche ai pensionati, agli studenti e ad altre persone non esercitanti un'attività lucrativa (cfr. art. 1 lett. a e c e art. 6 ALC; art. 4 e 24 cpv. 1 e 4 Allegato I ALC). 
Oltre a non potersi evidentemente prevalere dello statuto di pensionato, il figlio maggiore della ricorrente non adempie nemmeno i requisiti per essere considerato uno studente. L'art. 24 cpv. 4 Allegato I ALC, riferito a tale categoria di persone, si applica infatti solo agli studenti che seguono a titolo principale una formazione professionale, ad esclusione quindi degli allievi in età da scuola obbligatoria (sentenza 2A.768/2006 del 23 aprile 2007, consid. 3.1). Resta quindi da verificare se egli possa dedurre un diritto a soggiornare in Svizzera dall'art. 24 cpv. 1 Allegato I ALC, ispirato alla Direttiva 90/364/CEE (cfr. sentenza 2A.475/2004 del 25 maggio 2005, consid. 5.2), secondo il quale il cittadino di una parte contraente che non esercita un'attività economica nello Stato in cui risiede e che non beneficia di un diritto di soggiorno in virtù di altre disposizioni dell'Accordo riceve una carta di soggiorno, purché dimostri di disporre per sé e per i membri della propria famiglia di mezzi finanziari sufficienti per non dover ricorrere all'assistenza sociale e di un'assicurazione malattia che copra tutti i rischi. 
 
3.3 Come addotto dai ricorrenti, la Corte di giustizia ha avuto modo di occuparsi di una situazione per certi versi simile a quella in esame nella già menzionata sentenza Zhu e Chen. Il caso riguardava una cittadina cinese, coniugata con un connazionale, madre di una figlia nata in Irlanda del Nord e di conseguenza di nazionalità irlandese in virtù della regolamentazione della Repubblica d'Irlanda che riconosce tale statuto a tutti i nati sull'isola. Poco tempo dopo il parto, madre e figlia hanno chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno alle autorità del Regno Unito. Adita a titolo pregiudiziale, la Corte di giustizia ha concluso che: 
"... in circostanze come quelle del caso di specie l'art. 18 CE e la direttiva 90/364 conferiscono al cittadino minorenne in tenera età di uno Stato membro, coperto da un'adeguata assicurazione malattia ed a carico di un genitore, egli stesso cittadino di uno Stato terzo, le cui risorse siano sufficienti affinché il primo non divenga un onere per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante, un diritto di soggiorno di durata indeterminata sul territorio di quest'ultimo Stato" (sentenza cit., n. 41). 
 
3.4 Secondo l'art. 16 cpv. 2 ALC, la giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia dev'essere presa in conto nell'interpretazione dell'Accordo nella misura in cui è precedente alla data della firma del medesimo (21 giugno 1999). Le sentenze emanate dopo tale data vengono invece semplicemente comunicate alla Svizzera. Ciò non toglie che possano comunque venir considerate per interpretare il trattato bilaterale, soprattutto se si limitano a precisare una giurisprudenza precedente (DTF 133 V 624 consid. 4.3.2; 130 II 113 consid. 5.2, 1 consid. 3.6.1). 
Va tuttavia tenuto presente che a livello comunitario il principio della libera circolazione ha conosciuto un importante sviluppo ulteriore, in senso più ampio, con l'istituzione della cittadinanza dell'Unione, da cui discende il diritto di principio generalizzato di ogni cittadino di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli altri Stati membri (cfr. gli art. 17 e 18 del Trattato che istituisce la Comunità europea [CE]; GU C 325 del 24 dicembre 2002, pag. 33 segg.). Concretizzata nella Direttiva 2004/38/CE del 29 aprile 2004, che ha tra l'altro abrogato le tre direttive a cui si ispira l'Accordo, la nozione di cittadinanza dell'Unione è estranea all'Accordo stesso. La giurisprudenza più recente della Corte di giustizia che si richiama al concetto di cittadinanza europea può pertanto venir assunta solo con cautela per l'interpretazione del trattato bilaterale. Occorre infatti verificare che sia riferita ai diritti conferiti alle categorie di persone a cui si indirizza il medesimo e non a prerogative derivanti specificatamente dalla cittadinanza dell'Unione (DTF 130 II 113 consid. 6.3; Christine Kaddous, La libre circulation des personnes, la directive 2004/38 e l'Accord bilatéral CH-UE, in: RSDIE 2006 pag. 213 segg., in part. pag. 216; Hanspeter Mock/Fabrice Filliez, Libre circulation des personnes et regroupement familial: à propos de la prise en compte de la jurisprudence de la Cour de Luxembourg par le Tribunal fédéral, in: RSDIE 2006, pag. 237 segg., in part. pag. 245 seg.). 
 
3.5 Posteriore alla firma dell'Accordo, la sentenza Zhu e Chen si richiama alla Direttiva 90/364/CEE nella misura in cui quest'ultima pone condizioni e limitazioni al diritto di soggiorno garantito dall'art. 18 CE, interpretando peraltro le condizioni stesse, ovvero l'esigenza di disporre di risorse finanziarie sufficienti, in funzione del citato diritto fondamentale (cfr. sentenza Zhu e Chen, n. 27-33). Come sostanzialmente già rilevato dal Tribunale federale, il diritto di soggiorno in quanto tale è però desunto dalla Corte di giustizia innanzitutto dallo statuto di cittadina dell'Unione di cui gode la figlia e non dalla direttiva alla base dell'art. 24 cpv. 1 Allegato I ALC (sentenza 2A.130/2005 del 12 aprile 2005, consid. 1.2.1; cfr. sentenza Zhu e Chen, n. 26; cfr. anche Dieter W. Grossen/Claire de Coulon, Bilaterales Abkommen über die Freizügigkeit zwischen der Schweiz und der Europäischen Gemeinschaft und ihren Mitgliedstaaten, in: Thürer/Weber/Portmann/Kellerhals [a cura di], Bilaterale Verträge I & II Schweiz-EU, Zurigo 2007, pag. 135 segg., in part. n. 148 e 151 seg.; Jean-Yves Carlier, in: Common Market Law Review 2005, pag. 1121 segg.). 
Di per sé, dal tenore letterale di quest'ultima norma non risultano invero limitazioni esplicite relative ad un'età minima per poter beneficiare di un diritto di soggiorno a titolo originario in quanto persona che non esercita un'attività lucrativa. Interpretata in base al senso comune che può esserle attribuito in buona fede, come prescritto dall'art. 31 n. 1 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (CV; RS 0.111; cfr. anche Mock/Filliez, op. cit., pag. 243), la disposizione in esame va tuttavia ritenuta applicabile essenzialmente a persone adulte che possono scegliere loro stesse ed in maniera autonoma il proprio domicilio (cfr. art. 25 cpv. 1 e 26 CC) e che sono finanziariamente indipendenti senza bisogno di esercitare attività economiche (cfr. UFM, Istruzioni e commenti concernenti l'introduzione graduale della libera circolazione delle persone, stato al 1° giugno 2007, pag. 73, in cui "le altre persone non esercitanti attività lucrativa" sono definite anche "redditieri"). In generale, l'Accordo è redatto come se le persone non ancora maggiorenni possano prevalersi soltanto di un diritto derivato, in quanto membri della famiglia di cittadini comunitari adulti che dispongono di un diritto originario (cfr. art. 3 cpv. 2, cpv. 3 lett. c, cpv. 5 e cpv. 6 ALC). D'altronde, se già ogni bambino in tenera età potesse beneficiare di un diritto di soggiorno in virtù dell'art. 24 cpv. 1 Allegato I ALC, non vi sarebbe ragione di prevedere una norma specifica come l'art. 24 cpv. 4 Allegato I ALC per disciplinare le condizioni a cui soggiace il rilascio di permessi di soggiorno a studenti. 
 
3.6 È quindi assai dubbio che la massima giurisprudenziale enunciata nella sentenza Zhu e Chen possa venir trasposta all'interpretazione dell'art. 24 cpv. 1 Allegato I ALC e che C.A.________ avesse diritto, in base a tale norma, di ottenere l'autorizzazione di soggiorno di cui beneficia, la quale non è ad ogni modo litigiosa. In ultima analisi, la questione non è comunque decisiva per l'esito del gravame e può quindi rimanere aperta. 
 
4. 
4.1 Anche ammesso che il figlio maggiore possa prevalersi dell'art. 24 cpv. 1 Allegato I ALC, come già rilevato (cfr. consid. 2.2.2) la ricorrente non potrebbe trarre un diritto di residenza dalla disposizione dell'Accordo che disciplina il ricongiungimento familiare. L'art. 3 Allegato I ALC non prevede infatti tale possibilità per gli ascendenti di un cittadino comunitario che non esercita alcuna attività economica, ma dispone comunque di sufficienti mezzi finanziari e di un'adeguata copertura assicurativa. Analogamente, se si fosse trovata in uno Stato della Comunità europea, la ricorrente non avrebbe potuto richiamarsi al testo della direttiva 90/364/CEE, che ammette il ricongiungimento familiare soltanto per gli ascendenti a carico (cfr. sentenza Zhu e Chen, n. 42-44). 
Ciononostante nella sentenza Zhu e Chen, dopo aver riconosciuto il diritto di soggiorno della figlia, la Corte ha addotto che, impedendo alla madre di viverci assieme, si priverebbe di qualsiasi effetto utile il diritto della figlia stessa (cfr. sentenza cit., n. 45). Essa ha quindi sancito che: 
"... quando, come nella causa principale, l'art. 18 CE e la direttiva 90/364 conferiscono al cittadino minorenne in tenera età un diritto di soggiorno a tempo indeterminato nello Stato membro ospitante, tali stesse disposizioni consentono al genitore che ha effettivamente la custodia di tale cittadino di soggiornare con quest'ultimo nello Stato membro ospitante" (cfr. sentenza cit., n. 46). 
 
4.2 Nell'enunciare tale principio, la Corte si è riferita alla sentenza Baumbast e R. (cfr. consid. 2.2.2), che concerneva l'applicazione dell'art. 12 del Regolamento (CEE) 1612/68 inerente il diritto dei figli di un lavoratore comunitario di frequentare le scuole nello Stato membro ospitante. In tale giudizio, la Corte ha in primo luogo stabilito che ai figli va riconosciuto il diritto di continuare a soggiornare a fini formativi nello Stato in cui un genitore si è prevalso dello statuto di lavoratore migrante, anche se il matrimonio tra i genitori è stato nel frattempo sciolto, se uno solo di questi è cittadino dell'Unione e non è più lavoratore migrante o se i figli non sono a loro volta cittadini di uno Stato membro (cfr. sentenza cit., n. 63). In secondo luogo, la Corte ha effettivamente tratto la conclusione poi ripresa nella sentenza Zhu e Chen, affermando che il diniego della possibilità per i genitori affidatari di risiedere nello Stato membro ospitante per il periodo di durata delle scuole dei figli potrebbe privare i figli stessi di un diritto loro riconosciuto dal legislatore comunitario (sentenza cit., n. 71-75). 
 
4.3 Stabilito che l'art. 12 del Regolamento 1612/68 è stato ripreso all'art. 3 cpv. 6 Allegato I ALC (cfr. sentenza 2A.475/2004 del 25 maggio 2005, consid. 4.1), il Tribunale federale ha già avuto modo di ispirarsi alla sentenza Baumbast e R. Più precisamente, ha trasposto tale prassi al caso di un figlio diciassettenne di un lavoratore comunitario e di una cittadina di uno Stato terzo, giunto in Svizzera con i genitori all'età di nove anni, al quale ha riconosciuto il diritto di terminare in Svizzera il suo apprendistato anche se il padre, divorziato, si disinteressava di lui. Ammesso nella misura in cui non era esigibile che gli studi venissero proseguiti nel paese d'origine, tale diritto implicava poi anche il diritto per la madre di soggiornare con il figlio, di cui aveva la custodia, fino alla fine della formazione (cfr. sentenza 2A.475/2004 del 25 maggio 2005, consid. 4.6-4.8). 
 
4.4 Il caso di specie si differenzia in modo rilevante da quello testé menzionato. In particolare non concerne il diritto di rimanere in Svizzera di persone che vi sono giunte per motivi di ricongiungimento familiare con un lavoratore comunitario e che a un dato momento non potrebbero di per sé più soggiornarvi per la decadenza di tali motivi, ma riguarda il diritto di installarsi in Svizzera ex novo. Inoltre il figlio non ha legami particolari con il nostro paese ed il suo sistema scolastico, considerato che vi è entrato ed ha cominciato a frequentare una scuola, peraltro di orientamento internazionale, solo all'epoca in cui ha preso inizio la presente procedura. La questione di sapere se sia esigibile che la formazione venga continuata all'estero si pone dunque in termini diversi. La giurisprudenza già resa dal Tribunale federale non implica quindi forzatamente di estendere anche al caso in esame i principi indicati nella sentenza Baumbast e R. (cfr. anche sentenza 2A.130/2005 del 12 aprile 2005, consid. 1.2.1). 
Per di più, in concreto non vi è alcun rischio di rendere illusorio il diritto di soggiorno del figlio comunitario. Secondo il vincolante accertamento della Corte cantonale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), la scuola che egli frequenta dispone infatti di un servizio di internato. La presenza costante della madre non è quindi indispensabile per permettergli di seguire la formazione scelta. Per rendere visita al figlio, in particolare durante le vacanze scolastiche, la madre non ha peraltro bisogno di disporre di un permesso di soggiorno in Svizzera, poiché a tale scopo sono sufficienti semplici visti turistici. 
 
4.5 Ne segue che, fondandosi sull'accordo sulla libera circolazione delle persone, dall'eventuale diritto originario di soggiorno del figlio maggiore non potrebbe in ogni caso venir dedotto anche un diritto derivato in favore della ricorrente. In tali circostanze, non può evidentemente venir riconosciuto alcun diritto nemmeno al secondo figlio. In effetti un simile diritto potrebbe semmai venir ammesso unicamente se esistesse una pretesa della madre. 
 
5. 
Resta da verificare se i ricorrenti possano richiamarsi con successo all'art. 8 CEDU
 
5.1 Come osservato, è quantomeno dubbio che il figlio maggiore disponga di un diritto di presenza certo e stabile in Svizzera e non di un semplice permesso temporaneo per ragioni di studio (cfr. consid. 3.6). Di conseguenza, sotto questo profilo già l'ammissibilità del gravame appare incerta (cfr. consid. 2.3). 
 
5.2 Ad ogni modo, il diritto al rispetto della vita familiare garantito dall'art. 8 CEDU non conferisce il diritto di risiedere in un determinato Stato (DTF 130 II 377 consid. 3.3.2, 281 consid. 3.1; 126 II 335 consid. 3a) e non è assoluto (cfr. art. 8 n. 2 CEDU). Tale garanzia non è in particolare violata se può essere ragionevolmente preteso che i familiari aventi il diritto di risiedere in Svizzera seguano all'estero il congiunto a cui è rifiutato il permesso di soggiorno (DTF 122 II 289 consid. 3b). Più specificatamente, è lecito presumere che un figlio minorenne, anche di nazionalità svizzera, possa trasferirsi all'estero con i propri genitori, rispettivamente con il genitore a cui è affidato, se, vista l'età e la sua situazione, non dovrebbe incontrare particolari difficoltà d'adattamento alle mutate condizioni di vita (DTF 127 II 60 consid. 2a; 122 II 289 consid. 2c; più recentemente: sentenza 2C_88/2007 del 13 dicembre 2007, consid. 4). 
 
5.3 In concreto, ci si potrebbe senz'altro attendere che la vita familiare venga condotta all'estero. Il figlio maggiore della ricorrente ha infatti undici anni ed è in Svizzera da circa due anni e mezzo, mentre in precedenza ha sempre vissuto con la madre all'estero, in particolare in Brasile e in Spagna. Come già osservato (cfr. consid. 4.4), egli non ha legami particolari con la Svizzera, dove tra l'altro non risiedono altri familiari. Inoltre frequenta un istituto scolastico privato di indirizzo internazionale, per cui, dal profilo formativo, non subirebbe particolari scompensi in caso di trasferimento in una scuola comparabile all'estero. Non si porrebbero dunque problemi di sradicamento dalla realtà elvetica. Nonostante gli evocati pericoli per la sicurezza della famiglia, nemmeno un rientro nel paese di origine della madre, dove il figlio ha peraltro già vissuto per anni, appare invero inesigibile. Considerato che la ricorrente non ha mai beneficiato di un permesso di dimora, collocando il figlio in una scuola svizzera, si è del resto assunta il rischio di doverlo lasciare in internato per permettergli di frequentare tale istituto. 
 
5.4 Il diniego del permesso alla ricorrente, e di riflesso al figlio minore, non viola quindi nemmeno l'art. 8 CEDU
 
6. 
In base alle considerazioni che precedono, il gravame, nella misura in cui è ammissibile, deve essere respinto. 
Secondo soccombenza, le spese processuali vanno poste a carico dei ricorrenti, con responsabilità solidale (art. 65 e 66 cpv. 1 e 5 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti intervenute in causa nell'esercizio delle loro attribuzioni ufficiali (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
Le spese giudiziarie di fr. 2'500.-- sono poste a carico dei ricorrenti, in solido. 
 
3. 
Comunicazione al patrocinatore dei ricorrenti, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della migrazione. 
Losanna, 14 marzo 2008 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: 
 
Merkli Bianchi