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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1P.638/2003 /bom 
 
Sentenza del 14 maggio 2004 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale, 
Reeb, Eusebio, 
cancelliere Gadoni. 
 
Parti 
Comunione dei comproprietari del Condominio A.________, 
ricorrente, patrocinata dall'avv. Fabio Alippi, 
 
contro 
 
B.________ SA, 
patrocinata dall'avv. dr. Candido Lanini, 
Municipio di Minusio, via S. Gottardo 60, 6648 Minusio, 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
licenza edilizia, 
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 16 settembre 2003 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
Al momento dell'entrata in vigore del piano regolatore di Minusio il fondo part. n. XXX di Minusio, inedificato, sito tra via Rinaldo Simen e via delle Bolle, aveva una superficie complessiva di 1'532 m2, posta per 934 m2 nella zona residenziale semi-estensiva (R3) e per i rimanenti 598 m2 nella zona residenziale semi-intensiva (R5). All'inizio del 2001, al fondo è stata accorpata l'adiacente particella n. YYY, di 630 m2, su cui sorge la pensilina di una stazione di servizio: tale particella deriva da un precedente frazionamento del fondo part. n. KKK. Nel nuovo stato, la particella n. XXX presenta quindi una superficie complessiva di 2'162 m2, inserita per 934 m2 nella zona R3 e per la parte ora prevalente, di 1'228 m2, nella zona R5. 
Nel mese di novembre 2001 la B.________ SA ha presentato al Municipio di Minusio una domanda di costruzione per edificare sulla particella n. XXX, a cavallo di entrambe le zone, uno stabile di dodici appartamenti destinati a residenze primarie. Gli atti allegati alla domanda prevedevano inoltre il trasferimento dalla particella n. ZZZ di una quota di superficie utile lorda (SUL) necessaria per il progetto. 
B. 
Al rilascio della licenza edilizia si è, tra altri, opposta la comunione dei comproprietari del Condominio A.________, proprietaria del fondo vicino part. n. SSS. Allo scopo di risolvere alcune contestazioni, l'istante ha presentato una variante, che prevedeva l'arretramento di 4 m da via delle Bolle dell'autorimessa interrata e il trasferimento della SUL dalla particella confinante n. JJJ, in luogo della particella n. ZZZ. Acquisito il preavviso favorevole dell'autorità cantonale, il Municipio ha rilasciato il 22 agosto 2002 la richiesta licenza edilizia secondo la variante. Gli opponenti si sono allora rivolti al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, chiedendo di annullare la licenza edilizia. Frattanto, gli istanti hanno presentato un'ulteriore variante, che prevedeva di destinare a spazi comunitari un appartamento a pianterreno - realizzando in particolare dei locali per la sauna, il fitness, i giochi, oltre a un portico aperto - in modo da rendere superfluo il previsto trasferimento di quantità edificatorie da altri fondi. I vicini si sono nuovamente opposti alla domanda, che il Municipio ha tuttavia accolto, rilasciando il 16 gennaio 2003 la licenza anche per questa variante. Essi l'hanno quindi di nuovo impugnata dinanzi al Consiglio di Stato. 
C. 
Il Governo ha statuito sui ricorsi con un'unica decisione del 13 maggio 2003, accogliendoli e annullando entrambe le licenze edilizie. Ha ritenuto conforme al diritto la procedura della notifica ammessa dal Municipio per le modifiche apportate dall'istante al progetto iniziale; ha tuttavia considerato che la prima variante non poteva essere approvata già per l'inammissibile trasferimento di quantità edificatorie tra due fondi in zone di utilizzazione diverse. Sempre secondo il Governo, nemmeno la seconda variante poteva essere approvata, poiché la superficie dei locali comuni era sovradimensionata rispetto alle esigenze di undici appartamenti e andava quindi parzialmente computata nella SUL. Esso ha inoltre ritenuto eccessive sia la mole dell'edificio, in contrasto con le esigenze di protezione delle bellezze naturali e del paesaggio, sia la sua altezza. Ha infine rilevato la mancanza di una valutazione delle immissioni foniche ed atmosferiche derivanti dall'aumento del traffico veicolare. 
D. 
Il Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 16 settembre 2003, ha parzialmente accolto un ricorso della B.________ SA contro la decisione governativa e confermato la licenza edilizia del 16 gennaio 2003 alla condizione che l'intera costruzione fosse interrata di ulteriori 60 cm nel terreno. Ha, per contro, confermato l'annullamento della licenza edilizia 22 agosto 2002. La Corte cantonale ha ritenuto l'art. 26 delle norme di attuazione del piano regolatore di Minusio (NAPR) applicabile anche ai fondi che, a seguito di modifiche del loro assetto, si sono venuti a trovare a cavallo di due zone di utilizzazione dopo l'entrata in vigore del piano regolatore. Ha quindi rilevato che all'intera particella erano applicabili le condizioni di edificabilità della zona R5, confermando tuttavia il diniego della licenza edilizia relativa alla prima variante per l'illiceità del prospettato trasferimento di quantità edificatorie. Ha poi ritenuto che, in considerazione dell'elevato livello qualitativo degli appartamenti, la superficie dei vani comuni non era eccessiva e poteva quindi essere esclusa dalla SUL, ciò che si imponeva anche per le terrazze degli appartamenti e per la pensilina del distributore di carburante. I Giudici cantonali hanno poi considerato corretto il calcolo dell'indice di occupazione riferito all'autorimessa interrata; hanno per contro ritenuto l'altezza dello stabile non conforme al diritto, imponendone l'abbassamento nel terreno di ulteriori 60 cm. Hanno infine reputato il progetto rispettoso delle esigenze in materia di tutela del paesaggio e, sulla base degli accertamenti esperiti, di quelle in materia di protezione ambientale. 
E. 
La comunione dei comproprietari del Condominio A.________ impugna con un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale questo giudizio, chiedendo di annullarlo. Fa valere una violazione del principio della parità di trattamento, del divieto dell'arbitrio, della garanzia della proprietà e delle garanzie procedurali generali. Dei motivi si dirà, per quanto necessario, nei considerandi. 
La Corte cantonale si conferma nella propria sentenza. Il Consiglio di Stato si rimette al giudizio del Tribunale federale. La controparte privata e il Municipio di Minusio chiedono invece di respingere il ricorso. 
Con un decreto del 24 novembre 2003 il presidente della I Corte di diritto pubblico ha conferito al gravame l'effetto sospensivo. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 129 I 337 consid. 1 e rinvii). 
1.1 Interposto tempestivamente contro una decisione finale di ultima istanza cantonale e fondato essenzialmente su una pretesa violazione dei diritti costituzionali dei cittadini, il ricorso di diritto pubblico è di massima ammissibile secondo gli art. 84 cpv. 1 lett. a, 86 cpv. 1, 87 e 89 cpv. 1 OG. 
1.2 Dal profilo dell'art. 88 OG, il vicino è legittimato a interporre ricorso di diritto pubblico contro il rilascio di una licenza edilizia solamente se invochi la violazione di disposizioni destinate a proteggere non soltanto l'interesse pubblico, ma anche quello dei vicini (DTF 127 I 44 consid. 2c pag. 46). Egli deve inoltre rientrare nell'ambito di protezione di queste disposizioni ed essere toccato dai pretesi effetti illeciti della costruzione litigiosa (DTF 118 Ia 232 consid. 1a e rinvii). Questi presupposti sono generalmente adempiuti quando il vicino fa valere la violazione di disposizioni concernenti le dimensioni, le distanze dai confini, l'indice di sfruttamento, l'altezza e il numero dei piani degli edifici (DTF 127 I 44 consid. 2d e rinvii, 117 Ia 18 consid 3b, 112 Ia 413 e rinvii). La ricorrente è proprietaria del fondo part. n. SSS, sito sul lato opposto di via delle Bolle, dirimpetto alla particella oggetto della domanda di costruzione. Nella misura in cui fa valere l'arbitrio nell'applicazione di norme edilizie che regolano, in ultima analisi, le dimensioni dell'edificio, tra le quali rientrano anche quelle sull'indice di sfruttamento, e che mirano quindi a proteggere anche i suoi interessi, è di principio legittimata a interporre il presente gravame. Per contro, ove la ricorrente critichi il progetto dal profilo dell'estetica e dell'inserimento nel paesaggio, soprattutto per la mole dell'edificio, ritenuta eccessiva e deturpante, essa invoca disposizioni destinate essenzialmente a tutelare l'interesse pubblico, sicché le censure sono inammissibili per la mancanza di legittimazione del vicino a presentarle (DTF 118 Ia 232 consid. 1b, 112 Ia 88 consid. 1b pag. 90). 
1.3 Anche la critica del mancato rispetto delle distanze dal confine è inammissibile in questa sede. La questione non era infatti litigiosa dinanzi alla Corte cantonale, che non l'ha quindi esaminata. Essa costituisce pertanto una nuova allegazione, non proponibile nella procedura del ricorso di diritto pubblico (DTF 124 I 208 consid. 4b, 118 III 37 consid. 2a e riferimenti). Né il gravame in esame adempie in ogni sua parte le esigenze di motivazione poste dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e dalla giurisprudenza, in particolare laddove la ricorrente si limita ad accennare ad una pretesa violazione della garanzia della proprietà senza tuttavia presentare un'esauriente motivazione giuridica, dalla quale si possa dedurre se, perché ed eventualmente in quale misura la decisione impugnata leda l'invocato diritto costituzionale (DTF 129 I 113 consid. 2.1, 127 I 38 consid. 3c, 126 I 235 consid. 2a, 125 I 71 consid. 1c). Nella misura in cui riveste carattere appellatorio e non rispetta gli indicati principi, il ricorso di diritto pubblico è quindi inammissibile. 
1.4 Poiché gli atti di causa sono sufficienti a chiarire la situazione, un sopralluogo, indicato dalla ricorrente, non è necessario né si giustifica (art. 95 OG; DTF 123 II 248 consid. 2a, 122 II 274 consid. 1d). 
2. 
2.1 La ricorrente sostiene che la Corte cantonale sarebbe incorsa nell'arbitrio per avere ritenuto l'art. 26 NAPR applicabile non soltanto ai fondi che si trovavano a cavallo di due zone al momento dell'entrata in vigore del piano regolatore, ma anche, come è il caso nella fattispecie in esame, a quelli che si sono venuti a trovare in tale situazione successivamente, in seguito a modifiche della loro configurazione. Secondo la ricorrente, la formazione della particella n. YYY e la sua riunione nel fondo part. n. XXX avrebbero consentito ai proprietari di modificare liberamente l'assetto pianificatorio del fondo oggetto della contestata edificazione. Si imponeva invece di interpretare in modo restrittivo e tenendo conto del suo scopo l'art. 26 NAPR, inteso a risolvere unicamente i pochi casi in cui - al momento dell'entrata in vigore del piano regolatore - il confine tra le zone non coincideva con quello tra i fondi. 
2.2 Per giurisprudenza costante una decisione è arbitraria quando violi gravemente una norma o un principio giuridico chiaro e indiscusso o quando contrasti in modo intollerabile con il sentimento della giustizia e dell'equità. Il Tribunale federale, nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico per arbitrio, esamina unicamente se l'applicazione del diritto attuata dall'autorità cantonale sia oggettivamente sostenibile, ritenuto che non può essere ravvisato arbitrio nella circostanza che un'altra soluzione sarebbe immaginabile o addirittura preferibile; il Tribunale si scosta dalla soluzione scelta dall'ultima istanza cantonale solamente se essa appaia insostenibile, in contraddizione palese con la situazione effettiva, non sorretta da ragione oggettiva e lesiva di un diritto certo. Inoltre, l'annullamento del giudizio impugnato si giustifica unicamente quando esso è arbitrario nel suo risultato e non solo nella sua motivazione (DTF 129 I 8 consid. 2.1, 128 I 273 consid. 2.1 e rinvii). 
2.3 Secondo l'art. 26 NAPR del Comune di Minusio, per fondi a cavallo di più zone vale la regolamentazione della zona con superficie preponderante, ad eccezione dell'indice di sfruttamento e dell'indice di occupazione, che si calcolano in modo proporzionale. Non è manifesto che lo scopo della disposizione sia necessariamente quello prospettato dalla ricorrente e che la sua applicazione nei casi di mutamenti dell'assetto fondiario intervenuti dopo l'entrata in vigore del piano regolatore sia di per sé esclusa dalle finalità della norma. In effetti, con un'argomentazione oggettiva, la Corte cantonale ha rilevato che la disposizione mira innanzitutto a creare le premesse per un'edificazione sulla base di criteri architettonici omogenei e ha considerato che questa esigenza è data tanto nel caso in cui i fondi sono a cavallo di due zone già al momento dell'entrata in vigore del piano regolatore, quanto nel caso in cui essi si vengono a trovare in tale situazione solo successivamente. Ha quindi ritenuto che la disposizione litigiosa non mira a disciplinare unicamente i pochi casi in cui il confine tra i fondi non coincide con i limiti delle zone al momento dell'entrata in vigore del piano regolatore, ma è stata concepita per risolvere in modo generale simili situazioni, indipendentemente dal momento in cui esse si realizzano. D'altra parte, diversamente da altre prescrizioni, l'art. 26 NAPR non prevede un'indicazione temporale che limita il campo d'applicazione ai casi esistenti prima dell'entrata in vigore del piano. In tali circostanze, ritenuto il tenore letterale dell'art. 26 NAPR, che non contiene esplicite limitazioni temporali della sua applicabilità, e l'assenza di fondati motivi per ritenere che la sua formulazione non rispecchi completamente il vero senso della norma, la Corte cantonale poteva, senza incorrere nell'arbitrio né violare il principio della parità di trattamento, ritenere la stessa applicabile anche ai fondi siti a cavallo di due zone in seguito a modifiche della loro situazione dopo l'entrata in vigore del piano regolatore (cfr. DTF 128 II 340 consid. 3.5 e rinvii, 126 II 71 consid. 6d pag. 80 seg.). 
Certo, la soluzione adottata dalla Corte cantonale e, in precedenza, implicitamente, sia dal Municipio sia dal Consiglio di Stato, può permettere ai proprietari di fondi nella fascia di confine tra le zone di influire in una certa misura, mediante modifiche dell'assetto fondiario, sul loro trattamento pianificatorio, consentendo di applicare all'intera superficie di una particella la disciplina vigente per la zona maggiormente edificabile. Il Tribunale federale ha ritenuto arbitrario un simile modo di procedere nel caso, però, in cui la regolamentazione comunale non prevede alcuna norma a proposito (DTF 98 Ia 581 consid. 4; cfr. inoltre DTF 104 Ia 328 consid. 5, 92 I 104 consid. 3). In concreto, il Comune di Minusio, che beneficiava di autonomia nell'emanazione e nell'applicazione del proprio diritto comunale (DTF 129 I 410 consid. 2.1, 128 I 3 consid. 2 e riferimenti; sentenza 1P.252/2000 del 15 dicembre 2000, consid. 2c/bb, pubblicata in RDAT II-2001, n. 1, pag. 3 segg.), ha tuttavia disciplinato la questione adottando la disposizione litigiosa, che - come si è visto - può essere interpretata nel senso suesposto, senza con ciò abusare o eccedere nel potere di apprezzamento. Né tale soluzione ha comportato un risultato arbitrario in concreto: l'art. 26 NAPR impone il calcolo proporzionale degli indici di sfruttamento e di occupazione, mitigando così la portata dell'agevolazione prevista, e - d'altra parte - le zone in discussione sono entrambe edificabili, di carattere residenziale, poste in un comparto già ampiamente edificato e arretrato rispetto al comprensorio che declina verso il lago. 
3. 
3.1 La ricorrente lamenta inoltre la mancata applicazione per analogia dell'art. 25 NAPR - che vieta i frazionamenti volti a eludere le norme edificatorie comunali - alle riunioni di fondi volte a modificare abusivamente il loro trattamento pianificatorio, come sarebbe il caso in concreto. Rileva inoltre che i Giudici cantonali non si sarebbero espressi su tale argomentazione, da lei esplicitamente sollevata in sede di risposta. 
3.2 L'art. 25 NAPR, dalla nota marginale "frazionamento di fondi", prevede che i fondi non possono essere frazionati in modo da eludere le disposizioni delle norme comunali di attuazione del piano regolatore, in particolare l'indice di sfruttamento e di occupazione. I piani di mutazione devono essere approvati dal Municipio prima della procedura di trapasso fondiario. La ricorrente accenna invero al frazionamento, avvenuto nel 1995, della particella n. KKK per formare la particella n. YYY e rileva che l'operazione, per ragioni rimaste sconosciute, avrebbe illogicamente diviso su due fondi la pensilina della stazione di servizio. Con riferimento a detto frazionamento, non fa tuttavia esplicitamente valere un'applicazione arbitraria dell'art. 25 NAPR, né adduce i motivi per cui esso costituirebbe un'elusione delle disposizioni comunali. La ricorrente insiste invece su un'applicazione per analogia dell'art. 25 NAPR all'accorpamento, avvenuto nel 2001, della particella n.YYY nella n. XXX, a suo dire finalizzato all'aggiramento delle NAPR. Ora, visto il chiaro tenore dell'art. 25 NAPR, che disciplina in modo esplicito unicamente il caso del frazionamento, non è di principio ravvisabile arbitrio nel ritenere determinante, e di conseguenza fondarsi, su un'interpretazione letterale della norma (DTF 128 II 340 consid. 3.5 e rinvii). La mancata applicazione dell'art. 25 NAPR alla fattispecie qui in discussione della riunione di fondi, non risulta manifestamente insostenibile, anche in considerazione del fatto che la disposizione, menzionando la possibile elusione degli indici di sfruttamento e di occupazione, si riferisce funzionalmente al caso del frazionamento di un fondo già parzialmente edificato, vietandone un doppio sfruttamento (cfr. DTF 108 Ia 116 consid. 2c; Urs Eymann, in: Münch/ Karlen/Geiser editori, Beraten und Prozessieren in Bausachen, Basilea 1998, n. 6.34, pag. 209). 
3.3 D'altra parte, la Corte cantonale, ammettendo l'applicazione dell'art. 26 NAPR - che pure disciplina la questione degli indici di sfruttamento e di occupazione, imponendone il calcolo proporzionale - anche ai fondi venutisi a trovare a cavallo di due zone in seguito a una riunione successiva all'entrata in vigore del piano regolatore, ha implicitamente escluso l'applicazione dell'art. 25 NAPR alla fattispecie, respingendo quindi indirettamente l'argomentazione accennata dalla ricorrente nella sua risposta dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo. In queste condizioni, il giudizio impugnato non ha pertanto nemmeno comportato per la ricorrente una violazione del suo diritto di essere sentita (cfr. DTF 114 Ia 332 consid. 2). Questa garanzia non impone del resto che la motivazione si confronti con ogni allegazione sollevata, potendosi piuttosto limitare ai punti rilevanti per il giudizio (DTF 124 II 146 consid. 2a, 117 Ib 481 consid. 6b/bb). 
4. 
4.1 La ricorrente fa inoltre valere la violazione delle disposizioni della legge edilizia cantonale, del 13 marzo 1991 (LE) sul calcolo dell'indice di sfruttamento. Sostiene in particolare che, a meno di incorrere nell'arbitrio, la Corte cantonale avrebbe dovuto considerare quale superficie utile lorda anche la pensilina della stazione di servizio, poiché utilizzata per il lavoro. Secondo la ricorrente, anche il porticato, chiuso su tre lati, coperto e all'interno dei muri perimetrali, andrebbe computato sulla SUL, così come una parte della superficie destinata ai locali comuni, a suo dire eccessiva per undici appartamenti. 
4.2 L'indice di sfruttamento è il rapporto tra la SUL degli edifici e la superficie edificabile del fondo (art. 37 cpv. 1 LE). Secondo l'art. 38 cpv. 1 prima frase LE, quale SUL si considera la somma della superficie dei piani sopra e sotto terra degli edifici, incluse le superfici dei muri e delle pareti nella loro sezione orizzontale. Non vengono computate tutte le superfici non utilizzate o non utilizzabili per l'abitazione o il lavoro come in particolare i locali comuni per lo svago nelle abitazioni plurifamiliari, i porticati aperti, le terrazze dei tetti coperte, ma non chiuse lateralmente, i balconi e le logge aperte che non servono come ballatoi (cfr. art. 38 cpv. 1 seconda frase LE). 
Secondo gli accertamenti della Corte cantonale, non censurati d'arbitrio dalla ricorrente, le terrazze coperte sono chiuse lateralmente, ma completamente aperte sul versante sud e non costituiscono quindi locali che possono essere destinati al soggiorno durevole delle persone. In tali circostanze, ritenuto il tenore della norma legale citata, la decisione di non computarli nella SUL appare tutt'altro che arbitraria. I Giudici cantonali hanno inoltre rilevato che nella seconda variante la ricorrente aveva rinunciato a realizzare un appartamento di circa 150 m2 di SUL, trasformando i vani in uno spazio ad uso comune, comprendente un porticato, un locale fitness, una sauna con doccia, una zona riposo, una sala giochi ed un WC. Non condividendo il sistema di valutazione utilizzato a titolo indicativo dal Consiglio di Stato, siccome finalizzato a stabilire il sussidio a favore della costruzione di alloggi a pigione moderata, hanno per finire ritenuto il porticato, di 77,50 m2, non computabile come SUL già per il fatto di essere aperto e la superficie complessiva dei vani, di poco superiore a 100 m2, non eccessiva in considerazione del livello superiore degli appartamenti e del limitato potere di apprezzamento conferito in quest'ambito dall'art. 38 cpv. 1 LE. Ora, premesso che il Tribunale federale non è un'autorità superiore di rilascio della licenza edilizia e si impone quindi un certo riserbo nella valutazione di questioni tecniche (DTF 115 Ib 131 consid. 3 pag. 135/136), non risulta che la superficie complessiva di tali spazi stia in un rapporto manifestamente sproporzionato rispetto alla SUL inizialmente prevista dal progetto (1'933,90 m2). Né è abusivo il criterio seguito dalla Corte cantonale, che ha tenuto conto dello standard elevato degli appartamenti, non posto in discussione dalla ricorrente. Che i locali comuni non siano stati previsti nel primo progetto e la volumetria dell'immobile sia rimasta sostanzialmente invariata non è per contro determinante al proposito. D'altra parte, considerato che, secondo il diritto cantonale, nella nozione di SUL rientra sostanzialmente la superficie degli spazi chiusi destinati all'abitazione o alle attività lavorative (cfr. art. 38 LE; Marco Lucchini, Compendio giuridico per l'edilizia, Lugano 1999, pag. 140 seg.), pure senza incorrere nell'arbitrio, la Corte cantonale poteva non computare la tettoia che copre i distributori di carburante, trattandosi - nonostante la funzione commerciale - di uno spazio aperto (cfr. Felix Huber, Die Ausnützungsziffer, tesi, Zurigo 1986, pag. 45 seg.). In tali circostanze, la Corte cantonale non ha quindi violato nemmeno l'art. 36 cpv. 5 NAPR, che permette per gli stabili adibiti unicamente a residenza primaria la concessione di un supplemento dello 0,1 all'indice di sfruttamento massimo ammesso. In modo oggettivamente sostenibile, la precedente istanza non ha in effetti ritenuto determinante la presenza della tettoia, visto ch'essa non era computata nel calcolo dell'indice di sfruttamento e non sottraeva quindi SUL alla destinazione di residenza primaria dello stabile. 
5. 
La ricorrente critica infine anche il calcolo dell'indice di occupazione riferito all'autorimessa e il calcolo dell'altezza riferito alla facciata sud dello stabile. Al proposito, essa si limita tuttavia a contrapporre alle argomentazioni contenute nel giudizio impugnato il proprio punto di vista, sostenendo in particolare che l'autorimessa non potrebbe essere valutata in due parti distinte e che l'altezza della facciata sud non terrebbe conto dell'eccedenza di altezza del terrapieno relativo alla facciata est. La ricorrente non dimostra tuttavia, con una motivazione conforme all'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e alla giurisprudenza, che gli accertamenti di fatto posti alla base del giudizio impugnato, riguardanti soprattutto le altezze risultanti dai piani di costruzione e le sistemazioni del terreno, sarebbero arbitrari o in chiaro contrasto con gli atti e che la Corte cantonale sarebbe per finire giunta a una soluzione manifestamente insostenibile. In questa sede, tali aspetti non devono pertanto essere ulteriormente esaminati. 
6. 
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). Alla controparte, patrocinata da un legale iscritto nel registro cantonale degli avvocati, si assegna un'indennità a titolo di ripetibili della sede federale (art. 159 cpv. 1 OG). 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 4'000.-- è posta a carico della ricorrente, che rifonderà alla B.________ SA un'indennità di fr. 2'000.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Municipio di Minusio, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
Losanna, 14 maggio 2004 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: