Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1A.275/2005 /viz 
 
Sentenza del 15 maggio 2007 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Féraud, presidente, 
Reeb e Eusebio, 
cancelliere Crameri. 
 
Parti 
A.________, 
ricorrente, patrocinato dall'avv. dott. Elio Brunetti, 
contro 
 
Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale, Bundesrain 20, 3003 Berna. 
 
Oggetto 
assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia, 
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione 
emanata il 16 settembre 2005 dall'Ufficio federale 
di giustizia. 
 
Fatti: 
A. 
Il 19 febbraio 2004 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Z.________, nell'ambito del procedimento penale aperto contro B.________ e altri, nel quadro dell'inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione della contabilità di società del gruppo X.________ per bancarotte fraudolente e per riciclaggio, ha presentato alla Svizzera una richiesta di assistenza giudiziaria. L'autorità richiedente, ritenuto che ingenti somme di denaro sarebbero state distratte a scapito della società C.________ del citato gruppo e che parte di esse sarebbero transitate o state depositate su conti presso banche ticinesi, ha chiesto il sequestro di qualsiasi somma riconducibile a detti fatti, depositata presso questi istituti di credito, e la consegna della documentazione bancaria dei conti. La domanda è stata completata il 23 luglio 2004 e il 17 gennaio 2005. 
B. 
L'Ufficio federale di giustizia (UFG) ha quindi posto sotto sequestro conti e averi in particolare presso la banca D.________ e la banca F.________ SA riconducibili, tra l'altro, all'indagato A.________, sui quali sono stati effettuati bonifici sospetti. 
C. 
Con sentenza 1A.61/2004 del 13 aprile 2004 il Tribunale federale ha accolto, in quanto ammissibile, un ricorso di A.________ avverso l'autorizzazione concessa ai magistrati esteri di consultare gli atti sequestrati in relazione al conto xxx presso la banca D.________, intestato al ricorrente. 
A.________ ha poi acconsentito alla trasmissione semplificata dei documenti relativi a una sua relazione presso la banca F.________ SA; si è per contro opposto alla consegna degli atti del conto xxx. Con sentenza 1A.177/2004 del 29 novembre 2004 il Tribunale federale ha respinto in quanto ammissibile un suo ricorso avverso la partecipazione alla cernita dei magistrati esteri. 
D. 
Con decisione di chiusura del 16 settembre 2005 l'UFG ha ordinato la trasmissione all'Italia dei documenti bancari del conto xxx e di un formulario "profilo persona fisica" allestito dalla banca. 
E. 
A.________ impugna questa decisione con un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiede, in ordine, di sospendere l'evasione del ricorso, affinchè l'UFG esperisca i necessari accertamenti riguardo a un asserito comportamento illegale dei magistrati esteri: nel merito chiede di annullare la decisione impugnata. 
L'UFG propone di respingere il ricorso. In replica, il ricorrente ha precisato alcuni punti del gravame, mentre l'UFG nella duplica ha sottolineato la portata delle asserite irregolarità procedurali, precisazioni contestate dal ricorrente con scritti del gennaio 2006. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 Il 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la legge sul Tribunale federale del 17 giugno 2005 (LTF, RS 173.110; cfr. RU 2006 1069), che abroga la legge federale del 16 dicembre 1943 sull'organizzazione giudiziaria (OG). Conformemente agli art. 110b della legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1; sulle relative modifiche di questa legge vedi il n. 30 dell'allegato alla legge sul Tribunale amministrativo federale, del 17 giugno 2005; RS 173.32) e 132 cpv. 1 LTF ai procedimenti su ricorso relativi a decisioni pronunciate prima dell'entrata in vigore della novella legislativa si applica il vecchio diritto (v. sentenza 1A.163/2006 del 23 gennaio 2007, consid. 1.1, destinata a pubblicazione). 
1.2 Italia e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS 0.351.1) e dell'Accordo concluso il 10 settembre 1998 che la completa e ne agevola l'applicazione, entrato in vigore il 1° giugno 2003 (in seguito: l'Accordo, RS 0.351.945.41). La legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1) e la relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione internazionale e l'Accordo non regolano espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I cpv. 2 dell'Accordo; DTF 130 II 337 consid. 1, 124 II 180 consid. 1a), fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595 consid. 7c). 
1.3 Secondo la norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale federale non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (DTF 123 II 134 consid. 1d). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 130 II 337 consid. 1.4; 123 II 134 consid. 1d). La legittimazione del ricorrente, titolare del conto oggetto della contestata misura, è pacifica (art. 80h lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. a OAIMP). 
2. 
2.1 Il ricorrente precisa di contestare soltanto la trasmissione dei documenti bancari del conto xxx. Egli sostiene che questa relazione sarebbe completamente estranea ai fatti menzionati nella rogatoria, carente e lacunosa e riferita esclusivamente all'altro suo conto presso la banca F.________ SA indicato nella rogatoria; domanda che costituirebbe peraltro un'inammissibile ricerca indiscriminata di prove. Ordinando la trasmissione di informazioni non richieste, l'UFG avrebbe ecceduto le conclusioni della domanda e violato il principio della proporzionalità. Al suo dire, dal procedimento penale estero non sarebbero infatti emersi sospetti che gli averi litigiosi proverrebbero da fondi distratti dal citato gruppo né alcun legame tra le sospettate infrazioni e la sua relazione bancaria. Quest'ultima concernerebbe un'attività commerciale da lui svolta nel settore dell'abbigliamento, totalmente estranea ai fatti oggetto d'inchiesta. 
2.2 Contrariamente all'assunto ricorsuale, la domanda estera adempie le esigenze formali degli art. 14 CEAG e 28 AIMP. Tali disposizioni esigono segnatamente ch'essa indichi il suo oggetto e il motivo, come pure la qualificazione giuridica dei reati e presenti un breve esposto dei fatti essenziali, al fine di permettere alla parte richiesta di esaminare se non sussista una fattispecie per la quale l'assistenza dovrebbe essere negata (DTF 118 Ib 111 consid. 5b pag. 121, 547 consid. 3a). Queste norme, contrariamente a quanto parrebbe assumere il ricorrente, non implicano per la parte richiedente l'obbligo di provare la commissione del reato, ma solo quello di esporre in modo sufficiente le circostanze sulle quali fonda i propri sospetti, per permettere alla parte richiesta di distinguere la domanda da un'inammissibile ricerca indiscriminata di prove (v. su questo tema DTF 129 II 97 consid. 3.1; 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73; 122 II 367 consid. 2c; 118 Ib 547 consid. 3a). Quest'ultima fattispecie non è, come si vedrà, realizzata in concreto. 
2.3 Nella decisione impugnata si rileva che l'indagato G.________ ha riferito in particolare di ingenti distrazioni operate in favore del ricorrente (componente del consiglio di amministrazione e membro del comitato esecutivo del citato gruppo), corrispondenti a un "bonus" di USD 2'080'000, che non appariva giustificato, versato sul suo conto presso la banca F.________ SA per l'attività da lui svolta in seno al gruppo X.________. L'autorità richiedente, rilevato che il ricorrente era inoltre persona di fiducia dell'indagato B.________, ritiene ch'egli, a conoscenza delle falsificazioni contabili reiterate nel tempo, avrebbe ricevuto ulteriori ingenti somme di denaro oltre a quella appena indicata: ha quindi chiesto di sequestrare gli averi depositati sui conti intestati o comunque nella disponibilità del ricorrente, indagato nel procedimento penale estero. 
2.4 Da quest'ultima richiesta risulta che, contrariamente all'assunto ricorsuale, l'UFG non è andato oltre i provvedimenti postulati dall'autorità italiana (cosiddetto "Uebermassverbot", DTF 115 Ib 186 consid. 4 pag. 192 in fine, 375 consid. 7; 116 Ib 96 consid. 5c). La giurisprudenza ha d'altra parte sostanzialmente attenuato la portata di questo principio, ritenendo che l'autorità richiesta può interpretare in maniera estensiva la domanda, qualora sia accertato, come nella fattispecie, che tutte le condizioni per concedere l'assistenza sono adempiute; tale modo di procedere può evitare in effetti la presentazione di un'eventuale richiesta complementare (DTF 121 II 241 consid. 3; Paolo Bernasconi, Rogatorie penali italo-svizzere, Milano 1997, pag. 186 seg.). 
2.5 Il ricorrente rileva d'aver spontaneamente riferito all'autorità estera, in occasione dell'interrogatorio del 2 marzo 2004, prima ancora di essere a conoscenza della rogatoria, circa il menzionato "bonus" e di aver già effettuato il condono per quanto attiene all'illecito fiscale. Queste circostanze sono tuttavia ininfluenti ai fini del giudizio. 
Il ricorrente sostiene che l'accredito di USD 1'499'985, avvenuto il 3 agosto 1998 sul conto litigioso, deriverebbe dalla cessione della sua metà del capitale azionario della società Y.________ SA, attiva anche nel campo tessile. Detta operazione sarebbe quindi lecita, a maggior ragione visto che l'autorità estera non avrebbe presentato, al suo dire, alcuna rogatoria nei confronti di questa società. Egli contesta poi l'esistenza di una qualsiasi relazione fra detta società e la K.________ SA, indicata nel complemento del 17 gennaio 2005; relazione che si fonderebbe semplicemente sull'identica ubicazione territoriale e costituirebbe quindi una semplice congettura. Aggiunge che i quattro accrediti effettuati sulla relazione bancaria in esame sono avvenuti tra il 1995 e il 1998 e ne deduce che non sussisterebbe alcuna ragione per trasmettere il formulario "profilo persona fisica", allestito dalla banca nel 2004. Egli non vi aveva menzionato le precedenti attività commerciali svolte nel campo tessile e dell'abbigliamento siccome cessate da tempo. 
2.6 Nel complemento del 23 luglio 2004, l'autorità richiedente ha tuttavia precisato che il coinvolgimento del ricorrente nella sospettata attività criminosa risalirebbe a un'epoca precedente al 2001, ritenuto che fin dal 1980 egli aveva svolto un ruolo importante all'estero. Dagli accertamenti effettuati sarebbe emerso che in tale area geografica l'amministrazione avveniva fuori dalle regole, essendo effettuate operazioni a favore di soggetti sconosciuti, prive di documentazione giustificativa, nonché acquisizioni non sorrette da preventive valutazioni: circostanze delle quali il ricorrente nella sua qualità di direttore generale e commerciale doveva avere conoscenza. Secondo l'autorità estera appare probabile che anch'egli, almeno in parte, sarebbe un destinatario delle somme distratte. È stato poi precisato che un provvedimento della Sezione civile del Tribunale di Z.________, da lui richiamato, non riveste alcuna rilevanza in sede penale, visto che la rogatoria concerne distrazioni in danno del menzionato gruppo e non il contesto civilistico connesso ad azioni di responsabilità promosse nei confronti di amministratori, sindaci o dipendenti. In siffatte circostanze, tenuto conto altresì delle ulteriori precisazioni fornite dall'autorità estera nell'ambito della cernita, una relazione oggettiva tra il conto litigioso e i prospettati reati non può essere esclusa. 
La contestata consegna rispetta quindi il principio della proporzionalità, essendo in relazione con i fatti perseguiti (DTF 129 II 462 consid. 5.3; 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73) e poiché le informazioni richieste sono idonee a far progredire le indagini (DTF 122 II 134 consid. 7b; 121 II 241 consid. 3a). Per di più, la rilevanza dei documenti litigiosi è stata ribadita dall'autorità estera al momento della loro cernita. L'utilità potenziale di queste informazioni è quindi data (DTF 126 II 258 consid. 9c; 122 II 367 consid. 2). Inoltre l'assistenza è già stata concessa nell'ambito del procedimento penale estero posto a fondamento della rogatoria in esame (cause 1A.135/2004 del 25 gennaio 2005 e 1A.269/2005 del 2 dicembre 2005). 
2.7 Nella decisione impugnata si rileva che dall'analisi della documentazione bancaria di una terza persona, in possesso dell'UFG, risulterebbe che i bonifici del 24 maggio 2005 (recte: 1995) di USD 2'040'548.38 e altri due del 1996 e 1997 sono stati effettuati da un terzo (E.________) implicato nel procedimento estero, persona in seguito indicata al ricorrente. Il ricorrente fa valere di non aver potuto consultare questa documentazione, ciò che sarebbe lesivo del diritto di essere sentito. Ora, l'assunto dell'UFG secondo cui la provenienza di versamenti per circa tre milioni di USD sul suo conto non gli poteva essere sconosciuta, non appare priva di ogni fondamento. Decisiva è comunque la circostanza che nel ricorso di diritto amministrativo il ricorrente non ha chiesto di poter consultare detti atti, sanando in tal modo l'asserita lesione del suo diritto di essere sentito (DTF 124 II 132 consid. 2b e 2d con rinvii). Il quarto bonifico, di circa 1.5 milioni di USD, è stato effettuato dalla Y.________ SA, la cui ragione sociale, come precisato nella risposta dell'UFG, era già nota all'autorità estera. 
2.8 Il ricorrente, insistendo sull'asserita estraneità del conto in esame ai fatti oggetto della domanda e sostenendo che nel quadro del procedimento estero i magistrati non disporrebbero di indizi sufficienti, misconosce poi che l'autorità richiedente non deve provare la commissione del reato prospettato, ma soltanto esporre in modo sufficiente le circostanze e gli indizi sui quali fonda i propri sospetti. Spetterà al giudice straniero del merito, e non a quello svizzero dell'assistenza, esaminare se l'accusa potrà esibire le prove dell'asserito reato (DTF 122 II 367 consid. 2c; 118 Ib 111 consid. 5b pag. 122 in alto, 547 consid. 3a). D'altra parte, l'assistenza dev'essere accordata anche per acclarare se il reato fondatamente sospettato sia effettivamente stato commesso e non soltanto per scoprirne l'autore o raccogliere prove a suo carico (DTF 118 Ib 547 consid. 3a pag. 552), ricordato comunque che il ricorrente è indagato nel procedimento penale estero. La contestata trasmissione è quindi giustificata, anche allo scopo di permettere all'autorità estera di poter verificare l'asserita estraneità della relazione litigiosa e valutare se, sulla base di queste nuove risultanze, si è in presenza di semplici congetture, come addotto dal ricorrente, o se l'ipotesi accusatoria sul trasferimento in Svizzera dei fondi illeciti è fondata. 
2.9 Sempre con riguardo alla contestata perpetrazione dei sospettati reati, occorre rilevare che spetterà ancora all'autorità italiana verificare l'attendibilità delle dichiarazioni rilasciate dall'indagato G.________, contestate dal ricorrente. In effetti non spetta all'autorità di esecuzione né al giudice svizzero dell'assistenza, nel quadro di una valutazione sommaria e «prima facie» dei mezzi di prova, eseguire o far eseguire indagini sulla credibilità di testimoni o di indagati per quanto concerne l'attendibilità delle loro dichiarazioni o, in generale, di altri mezzi di prova (DTF 117 Ib 64 consid. 5c pag. 88; 112 Ib 347 consid. 4; cfr. anche DTF 122 II 373 consid. 1c pag. 376). 
2.10 L'accenno ricorsuale alla prescrizione dell'azione penale è ininfluente, ritenuto che, nel quadro dell'assistenza giudiziaria internazionale regolata dalla CEAG, non occorre esaminare tale questione, qualora si tratti, come in concreto, della trasmissione di mezzi di prova (cfr. art. 3 n. 1 CEAG; DTF 117 Ib 53 consid. 2; 118 Ib 266 consid. 4b/bb pag. 268). 
3. 
3.1 Il ricorrente sostiene che un colloquio informale avvenuto in Italia tra il suo difensore italiano e la Procura estera dimostrerebbe che l'autorità italiana avrebbe già fatto uso delle informazioni di cui ha avuto conoscenza durante la cernita dei documenti litigiosi. La tesi è infondata. 
Dallo scritto 7 ottobre 2005 del difensore estero del ricorrente risulta che l'accennato incontro del 17 maggio 2005 tendeva a verificare l'eventuale consenso della Procura italiana a chiedere al giudice un cosiddetto "patteggiamento" (applicazione della pena su richiesta delle parti secondo l'art. 444 CPP italiano), anche allo scopo di comporre i profili civilistici del caso. Il magistrato estero avrebbe precisato che un eventuale accordo risarcitorio avrebbe dovuto tener conto anche delle somme riconducibili al ricorrente depositate in Svizzera. Nella lettera 14 marzo 2005 della Procura estera all'UFG, nota al ricorrente, si sottolinea che durante detto colloquio informale la proposta di patteggiamento è stata avanzata dal ricorrente: si smentisce inoltre d'aver ipotizzato le asserite "iniziative cautelari" in mancanza di "chiarimenti esaurienti". Ora, è palese che in una siffatta situazione l'autorità inquirente estera, come lei stessa sottolinea, non poteva, prima della conclusione della procedura di assistenza, acconsentire a un eventuale patteggiamento e al calcolo della pena senza tener conto della verosimile esistenza di ulteriori averi del ricorrente in Svizzera. Questo modo di agire non costituisce quindi un utilizzo prematuro e inammissibile di mezzi di prova assunti durante la cernita. 
3.2 Anche il generico accenno ricorsuale, secondo cui l'autorità estera avrebbe utilizzato in maniera prematura le informazioni di cui era venuta a conoscenza durante la cernita, poiché vi avrebbe fatto riferimento nel complemento rogatoriale del 17 gennaio 2005, non regge. Questa integrazione, nella quale l'autorità estera ha ribadito di non utilizzare le informazioni di cui è venuta a conoscenza in quell'occasione prima della conclusione della procedura di assistenza, è stata verosimilmente richiesta dall'UFG e non era peraltro necessaria, visto che già l'esposto dei fatti contenuto nella rogatoria e nei complementi era sufficiente. D'altra parte, nella stessa si riprende, ma in maniera più dettagliata, il ruolo svolto dal ricorrente riguardo alle sospettate falsificazioni dei bilanci e all'agire del suo uomo di fiducia, E.________, in relazione anche alle società K.________ e Y.________ SA; informazioni già precisate dall'autorità estera durante l'udienza tenutasi a Berna il 14 gennaio 2005, di cui ancora si dirà. 
Giova nondimeno ricordare, che se i partecipanti al processo estero possono proporre determinati atti istruttori suppletivi nell'ambito della loro partecipazione alla cernita, essi non possono utilizzare, prima dell'emanazione di una decisione di chiusura, dette informazioni per inoltrare una domanda integrativa. Ciò poiché queste informazioni potrebbero figurare nell'incarto del procedimento penale estero (sentenze 1A.225/2006 del 6 marzo 2007 consid. 1.5.4 e 1A.207/2006 del 7 novembre 2006 consid. 3; cfr. DTF 132 II 1 consid. 3.3). 
3.3 Il ricorrente critica il fatto che, in occasione dell'udienza del 14 gennaio 2005 tenutasi a Berna, i magistrati esteri hanno potuto consultare i documenti litigiosi prima dell'inizio dell'udienza alla presenza dei funzionari federali, ma in assenza del suo patrocinatore. In occasione della cernita, gli inquirenti italiani avrebbero utilizzato anticipatamente, in maniera prematura e quindi lesiva dell'art. IX cpv. 3 dell'Accordo, le informazioni così acquisite. Egli precisa che al termine di detta seduta, nel faldone della documentazione dell'autorità estera è stato rinvenuto un "post-it" giallo con l'indicazione "Y.________ SA banca W.________": il riferimento a questa banca non sarebbe stato noto all'autorità richiedente prima della cernita. Il "post-it" è poi stato preso in consegna da un funzionario dell'UFG. 
3.3.1 Secondo l'invocata norma, il cui rispetto è stato riconfermato dagli inquirenti esteri prima e poi ancora in occasione della cernita, i rappresentanti dell'autorità estera non possono utilizzare nello Stato richiedente, per indagini o come mezzi di prova, le informazioni inerenti a una sfera protetta da segreto portate a loro conoscenza, prima che l'autorità competente abbia deciso definitivamente sulla concessione e sull'estensione dell'assistenza. Come noto alle parti, la presenza dei magistrati esteri era stata autorizzata: essa doveva nondimeno mantenere il carattere di passività che le è proprio (sentenza del 29 novembre 2004, citata; DTF 131 II 132 consid. 2.2; sentenza 1A.217/2004 del 18 ottobre 2004, consid. 2.5-2.10, apparsa in RtiD I-2005, n. 42 pag. 162). A tale scopo l'autorità svizzera doveva pertanto adottare, come ricordato dal Tribunale federale, tutte le misure necessarie atte a impedire un'utilizzazione anticipata e prematura delle informazioni nell'ambito del procedimento estero, ad esempio impedendo che i funzionari stranieri potessero prendere con sè appunti su fatti inerenti alla sfera segreta e differendo la consegna di copie di atti fino al passaggio in giudicato della decisione di chiusura. 
3.3.2 Dal verbale, sottoscritto dalle parti, si evince che la criticata consultazione ha avuto luogo alla costante presenza dei funzionari federali, che avrebbero preso le necessarie precauzioni per evitare l'asportazione di documenti o di note inerenti ai documenti bancari in occasione della cernita, avvenuta alla presenza degli inquirenti esteri e del legale del ricorrente (DTF 130 II 14 consid. 4.4 pag. 18; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2a ed., Berna 2004, n. 271, 479-1, 479-2). Il suo diritto di essere sentito non è quindi stato disatteso, ritenuto ch'egli ha potuto esprimersi compiutamente su tutti i fatti rilevanti in quella sede. Nella dottrina si rileva che la cernita può essere effettuata in più fasi. La prima concerne l'ordine di sequestro degli atti, mentre la seconda tende a un esame preliminare e al rispetto del principio della proporzionalità sotto il profilo dell'utilità potenziale dei documenti raccolti: l'autorità di esecuzione vi procede alla presenza del titolare del conto. Dopo la cernita preliminare, se sono presenti magistrati esteri, l'autorità di esecuzione può permettere loro di consultare l'insieme degli atti raccolti, selezionando quelli utili all'inchiesta. Nel quadro di una fase ulteriore, essa procede alla cernita propriamente detta, in presenza del titolare dei documenti e del magistrato estero. La scelta è infine sottoposta al titolare del conto, in vista di una consegna semplificata secondo l'art. 80c AIMP (Robert Zimmermann, Communication d'informations et de renseignements pour les besoins de l'entraide judiciaire internationale en matière pénale: un paradigme perdu? in: AJP 2007 pag. 62 segg., 64 e seg., il quale adduce che è escluso che il magistrato estero possa estrarre personalmente fotocopie o prendere "note troppo precise"; Pascal De Preux/Christophe Wilhelm, La présence du magistrat étranger en Suisse dans la procédure d'entraide internationale en matière pénale: le cas particulier du triage de pièces, in SJZ 102/2006 pag. 93 e segg., pag. 96). 
3.3.3 Nel verbale della cernita si osserva che al termine dell'udienza il legale del ricorrente aveva notato che sopra il faldone dei documenti dell'autorità estera era apposto il citato post-it giallo, poi ritrovato all'interno del faldone. L'UFG rileva che da un documento prodotto dall'autorità italiana risulta ch'essa conosceva già la società Y.________ SA. Il magistrato estero ha precisato che non si pensava di trafugare il post-it, considerato altresì il suo contenuto facilmente memorizzabile. A ragione l'UFG definisce nondimeno "deprecabile" questo episodio, che non avrebbe dovuto avere luogo, visto che, come da esso rettamente sottolineato, può far sorgere dubbi circa il rispetto dell'obbligo previsto dall'art. IX cpv. 3 dell'Accordo da parte dell'autorità richiedente. Ciò vale a maggior ragione poiché all'inizio della seduta l'UFG aveva sottolineato che eventuali appunti dovevano rimanere nel suo incarto. 
3.3.4 Decisiva è comunque la circostanza che l'UFG, dopo aver preso in consegna il post-it, ha ribadito che il nome della banca W.________ non poteva essere utilizzato nel procedimento italiano in relazione al conto litigioso fino al termine della procedura di assistenza. L'intervento dell'UFG, seppure avvenuto soltanto su istanza del legale della ricorrente, ha quindi impedito una trasmissione e un'utilizzazione prematura di informazioni inerenti alla sfera segreta (vedi al riguardo DTF 129 II 544 consid. 3.6; 127 II 198 consid. 2b pag. 204 in fondo: Zimmermann, op. cit., n. 170). Nella fattispecie la censurata irregolarità non conduce quindi all'annullamento della decisione impugnata e al rifiuto dell'assistenza, né si impone un intervento formale dell'UFG presso le competenti autorità italiane. In siffatte circostanze anche la richiesta ricorsuale di sospendere la procedura di ricorso allo scopo di eseguire ulteriori accertamenti riguardo a questo episodio dev'essere respinta. 
È nondimeno evidente che l'UFG dovrà vigilare maggiormente sul rispetto del divieto istituito dall'art. IX cpv. 3 dell'Accordo, affinchè la presenza di persone straniere ad atti di esecuzione mantenga il carattere di passività che le è proprio, impedendo in particolare ch'esse possano prendere con sé, prima dell'emanazione di una decisione di chiusura, appunti su fatti inerenti alla sfera segreta (al riguardo vedi DTF 128 II 211 consid. 2.1; 127 II 198 consid. 2b pag. 204; 118 Ib 547 consid. 6c pag. 562; sentenza 1A.217/2004 del 18 ottobre 2004, consid. 2.5-2.8; Zimmermann, op. cit., n. 231-233, 296 e 296-1; Laurent Moreillon (editore), Entraide internationale en matière pénale, Basilea 2004, n. 2-4, 13 e 16 all'art. 65a AIMP). Il rispetto della citata norma dev'essere infatti scrupolosamente osservato (sui rimproveri mossi all'autorità italiana per la violazione del principio della specialità nel quadro di procedimenti di natura fiscale vedi DTF 124 II 184 consid. 5 e 6). 
4. 
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. La tassa di giustizia, ridotta visto che il ricorrente, riguardo all'episodio del "post-it", poteva ritenersi spinto in buona fede a piatire, seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 3 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 2'500.-- è posta a carico del ricorrente. 
3. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, all'Ufficio federale di giustizia, Divisione assistenza giudiziaria internazionale (B 147 265) e, per conoscenza, al Ministero pubblico della Confederazione. 
Losanna, 15 maggio 2007 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: