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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
6B_459/2011 
 
Sentenza del 18 ottobre 2011 
Corte di diritto penale 
 
Composizione 
Giudici federali Mathys, Presidente, 
Eusebio, Denys, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Yasar Ravi, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
opponente. 
 
Oggetto 
Infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti; arbitrio; commisurazione della pena, 
 
ricorso in materia penale contro la sentenza emanata 
il 25 maggio 2011 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
Il 23 dicembre 2010 la Corte delle assise criminali ha riconosciuto A.________ autore colpevole di infrazione aggravata alla LStup (RS 812.121), per avere, senza essere autorizzato, a Bellinzona, Lugano e in altre città svizzere ed estere, fatto preparativi, negoziato, trafficato, intermediato, finanziato, acquistato, nonché fatto importare, vendere, trasportare e spacciare in Ticino, nel corso del 2008, del 2009 e sino al 17 giugno 2010, almeno complessivi 2'430 grammi di cocaina, realizzando una cifra d'affari superiore a fr. 100'000.--. Lo ha per contro prosciolto dall'imputazione di riciclaggio di denaro. A.________ è stato quindi condannato alla pena detentiva di quattro anni e sei mesi, da dedursi il carcere preventivo sofferto, e al pagamento della tassa di giustizia e delle spese processuali. La Corte delle assise criminali ha inoltre ordinato la confisca di quanto sotto sequestro e mantenuto il sequestro conservativo sull'importo di fr. 1'600.-- a garanzia del pagamento di tasse e spese di giustizia. 
 
B. 
Con sentenza del 25 maggio 2011, la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP), sedente giusta l'art. 453 CPP quale Corte di cassazione e di revisione penale, ha respinto nella misura in cui era ammissibile il ricorso del condannato contro la decisione di prima istanza. 
 
C. 
A.________ insorge al Tribunale federale con un ricorso in materia penale. Postula, in via principale, il suo proscioglimento dall'accusa di infrazione aggravata alla LStup. Subordinatamente chiede di essere ritenuto colpevole unicamente di un traffico di complessivi 900 grammi di stupefacenti fra il 2008 e il giugno 2010 e di essere condannato a una pena detentiva massima di 24 mesi sospesi condizionalmente. In via ancor più subordinata domanda la riduzione della pena a un massimo di 36 mesi, parzialmente sospesi in ragione di 18 mesi. Formula infine domanda di assistenza giudiziaria e di gratuito patrocinio. 
Non sono state chieste osservazioni sul merito del gravame. 
 
Diritto: 
 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF) e l'ammissibilità del ricorso esperito (DTF 137 III 261 consid. 1). 
 
1.1 Presentato dall'imputato che ha partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza e le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv. 1 lett. a e b n. 1 LTF) avverso una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80 cpv. 1 LTF), il gravame, tempestivo (art. 100 cpv. 1 LTF), è di massima ammissibile quale ricorso in materia penale. 
 
1.2 D'acchito inammissibile risulta invece lo scritto datato 30 giugno 2011, ma spedito unicamente il 4 luglio 2011 (data del timbro postale), della moglie del ricorrente, nonché i documenti allegati. Oltre a essere tardivo (art. 100 cpv. 1 LTF) e ad addurre inammissibili fatti e mezzi di prova nuovi (art. 99 cpv. 1 LTF), lo scritto emana da una persona che non ha, né pretende di avere, un interesse giuridicamente protetto all'annullamento o alla modifica della decisione impugnata (art. 81 cpv. 1 LTF). 
 
2. 
Il ricorrente si duole di arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove (sulla cui definizione v. DTF 137 I 58 consid. 4.1.2). Contesta in primo luogo l'accertamento secondo cui egli avrebbe fatto giungere in Ticino, tramite tre distinti viaggi di una corriera, complessivi 400 grammi di cocaina. 
 
2.1 Tale accertamento è stato contestato anche dinanzi alla CARP, che ha però dichiarato le critiche irricevibili, perché l'insorgente non si era confrontato con il ragionamento e tutti gli accertamenti eseguiti dalla Corte di merito, né aveva indicato per quale motivo le valutazioni da questa effettuate risultavano insostenibili. 
 
2.2 Secondo costante giurisprudenza, quando, come nella fattispecie, l'ultima autorità cantonale dichiara un gravame inammissibile per ragioni formali e non procede all'esame di merito, il ricorrente deve addurre perché essa avrebbe accertato in modo arbitrario l'assenza dei presupposti formali e si sarebbe quindi a torto rifiutata di procedere all'esame di merito (art. 42 cpv. 2 LTF, DTF 133 IV 119 consid. 6; 118 Ib 26 consid. 2b). Censure che si limitano a riproporre le argomentazioni di merito addotte in sede cantonale sono inammissibili (DTF 136 I 49 consid. 1.4.1; 134 II 244 consid. 2.1 e 2.2). 
 
2.3 In questa sede il ricorrente si limita a contestare "fermamente" l'irricevibilità delle censure formulate davanti alla CARP. Contrariamente al giudizio dell'ultima autorità cantonale, egli avrebbe partitamente impugnato le conclusioni della Corte di prime cure. Sostiene che sarebbe invece la stessa CARP a non essersi chinata sulle censure sollevate. L'insorgente le ripropone quindi con il ricorso in materia penale, completandole e ribadendone la congruità. 
Tale generico assunto non dimostra un qualsiasi arbitrio da parte della CARP nell'accertare l'assenza dei presupposti formali delle censure ricorsuali e nel rifiutare di esaminarle nel merito. Come visto, per sostanziare un eventuale arbitrio, né basta infatti affermare apoditticamente di contestare fermamente l'irricevibilità delle critiche né giova riproporre davanti al Tribunale federale le censure già sollevate in sede cantonale, opportunamente completate sugli aspetti per i quali la CARP aveva evidenziato omissioni argomentative. 
 
3. 
In merito al traffico di 630 grammi di cocaina trasportati in Ticino nel periodo gennaio-giugno 2010, il ricorrente rileva che la sua condanna si fonderebbe esclusivamente sulle intercettazioni telefoniche di cui ne contesta l'utilizzazione a fini probatori. Da un lato non sarebbe provato che la voce registrata sia effettivamente la sua, dall'altro le formalità di assunzione di questa prova non sarebbero state minimamente rispettate. Agli atti non figurerebbe la fedele trascrizione delle conversazioni telefoniche, bensì unicamente la loro sintesi, fonte dell'interpretazione da parte del redattore/ascoltatore delle stesse. Non risulterebbe inoltre chi le avrebbe tradotte, né le relative delazioni di giuramento/promessa. Peraltro, le intercettazioni telefoniche sarebbero state oggetto di una doppia traduzione: in un primo tempo dall'igbo e dall'inglese in tedesco e poi dal tedesco all'italiano. Ciò rischierebbe di stravolgere completamente il contenuto delle conversazioni originali. Richiamandosi a una giurisprudenza ticinese, il ricorrente ritiene che in assenza di una trascrizione fedele all'originale delle conversazioni telefoniche intercettate non sarebbe possibile utilizzarle. 
 
3.1 Circa le modalità di assunzione agli atti di queste intercettazioni, con particolare riguardo al mancato rispetto di una formale procedura di nomina dei traduttori, la CARP ha rilevato come l'insorgente in realtà si prevalesse di un vizio di procedura. Orbene, giusta l'art. 288 lett. b CPP/TI, le irregolarità di natura procedurale andavano eccepite "non appena possibile". Il ricorrente tuttavia non aveva agito né in sede di inchiesta né al dibattimento, sicché la critica sollevata risultava tardiva e dunque irricevibile. 
Il ricorrente obietta di essersi lamentato delle modalità di assunzione della prova tosto che ne è venuto a conoscenza. Solo in aula sarebbe infatti emerso che le traduzioni erano state effettuate da interpreti della polizia tedesca e poi ulteriormente tradotte in italiano da altri interpreti operanti per la polizia ticinese. Tale modo di procedere sarebbe stato contestato già durante il dibattimento e non, come sostenuto dalla CARP, solo in arringa. 
La censura, oltre a porre seri dubbi di ammissibilità, è infondata. L'insorgente, peraltro patrocinato, non si prevale infatti di nessuna violazione del diritto, in particolare non adduce un'applicazione arbitraria dell'art. 288 lett. b CPP/TI. Comunque sia, malgrado l'insorgente sostenga il contrario, dal verbale del dibattimento (pag. 10) e pure dalla sentenza di primo grado (pag. 5 e 37 in basso) risulta che egli si è lamentato delle modalità di assunzione della prova in questione solo nell'ambito dell'arringa. Di conseguenza, la Corte cantonale poteva ritenere, senza arbitrio, che il ricorrente non avesse eccepito l'irregolarità non appena possibile, in urto con quanto esatto dall'art. 288 lett. b CPP/TI, e poteva pertanto dichiarare la sua censura inammissibile. 
 
3.2 La CARP ha dichiarato irricevibili anche le critiche relative all'assenza di trascrizioni integrali delle telefonate intercettate, perché sollevate unicamente in sede di ricorso cantonale sebbene durante l'inchiesta il ricorrente sia stato più volte confrontato con questi atti. Inoltre, egli non aveva spiegato per quale ragione non avesse chiesto in precedenza l'ascolto delle telefonate integrali intercettate, in modo da poter eccepire errori di traduzione o richiederne una più fedele. Non avendo esercitato il suo diritto all'ascolto delle conversazioni integrali, l'insorgente non poteva dolersene in cassazione. La CARP non ha poi ritenuto pertinente il richiamo a un precedente giurisprudenziale. Il caso si differenziava infatti da quello citato, in quanto le intercettazioni telefoniche erano agli atti e l'accusato aveva avuto ampie possibilità di chiederne sia l'ascolto sia la traduzione integrale. 
Il ricorso non si confronta con queste considerazioni. L'insorgente non spiega perché la sentenza impugnata violi il diritto nel dichiarare le censure ricorsuali irricevibili, ma ripropone semplicemente le sue critiche, riprendendo, seppur con qualche aggiunta, quasi testualmente il ricorso per cassazione. Su questo punto dunque il gravame non adempie le esigenze di motivazione poste dagli art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 2 LTF e non può essere esaminato nel merito (sulle esigenze di motivazione v. DTF 136 I 49 consid. 1.4.1; 134 II 244 consid. 2.1 e 2.2). 
 
3.3 Pure le obiezioni ricorsuali sul mancato riconoscimento della propria voce nelle telefonate registrate sono state ritenute irricevibili dalla CARP. Il ricorrente aveva omesso di confrontarsi con le argomentazioni della prima Corte e non aveva illustrato i motivi per i quali l'accertamento sull'appartenenza della voce - fondato tra l'altro sul fatto che l'insorgente aveva inizialmente riconosciuto la propria voce ammettendo di essere uno degli interlocutori delle telefonate intercettate, ritrattando poi senza spiegazioni - fosse viziato di arbitrio. 
In questa sede il ricorrente non contesta la pronuncia di irricevibilità della CARP, ma riformula semplicemente la sua contestazione, seppur in modo più articolato, ciò che, come visto, non basta (v. supra consid. 2.2). 
 
3.4 Infine, la CARP ha dichiarato irricevibili anche le censure relative all'accertamento del traffico di 630 grammi di cocaina nel periodo gennaio-giugno 2010. Con il ricorso l'insorgente infatti non aveva spiegato perché le deduzioni fatte dai giudici di prime cure dalle intercettazioni fossero arbitrarie e aveva pure omesso di confrontarsi in modo puntuale con i relativi contenuti e senso, nonché con i meticolosi e coerenti ragionamenti svolti sul susseguirsi cronologico delle telefonate e sul loro incrociarsi. 
Al riguardo, l'insorgente si limita ad affermare che, avendo contestato l'utilizzabilità delle intercettazioni, nonché il fatto di essere uno degli interlocutori delle relative conversazioni, se si fosse confrontato sul loro contenuto si sarebbe comportato in modo contraddittorio. L'obiezione è speciosa. Nulla infatti gli impediva, senza incorrere in contraddizione, di opporsi all'utilizzo delle intercettazioni quale elemento probatorio e di contestare, perlomeno a titolo abbondanziale, la loro valutazione da parte della Corte di merito. 
 
4. 
Il ricorrente si duole di arbitrio anche per l'accertamento, fondato sia sulle intercettazioni telefoniche sia sulla chiamata di correo della corriera, secondo cui egli avrebbe organizzato, nel periodo 19-29 maggio 2010, il trasporto di 400 grammi di cocaina. Ribadita l'inutilizzabilità delle intercettazioni, sostiene che la corriera si sarebbe limitata a riferire di una persona con cui conversava al telefono che le sembrava essere il capo. Ella non avrebbe proceduto ad alcun riconoscimento formale dell'insorgente: l'effettiva mancanza di una prova avrebbe imposto il proscioglimento del ricorrente. 
Già si è detto dell'inammissibilità delle censure relative alle intercettazioni telefoniche. Quanto alla valutazione della chiamata di correo, già dichiarata irricevibile dalla CARP, l'insorgente ripropone in modo appellatorio le sue argomentazioni, senza spiegare perché la Corte ticinese si sia a torto rifiutata di esaminarle. Ne segue l'inammissibilità del ricorso anche su questo punto. 
 
5. 
A mente del ricorrente, sarebbe viziato di arbitrio anche l'accertamento relativo al traffico di stupefacenti nel biennio 2008-2009, quantificato in 500 grammi di cocaina all'anno. Si tratterebbe di una deduzione fatta dall'analisi del traffico di pagamenti con l'Africa nel periodo in questione e dal raffronto fra gli importi inviati, lo stipendio e le sue spese correnti. Poiché le spese computategli sarebbero risultate pressoché equivalenti alle sue entrate, i giudici ne avrebbero concluso che i soldi che inviava all'estero non costituivano risparmi sullo stipendio, bensì versamenti riconducibili ad affari di droga. 
Il ricorrente contesta tale conclusione e sostiene che le sue spese, segnatamente il suo minimo vitale, sarebbero state calcolate in modo errato, senza in particolare tener conto del contributo di sua moglie agli oneri della coppia. Il denaro che inviava per aiutare la famiglia rimasta in Africa, e non per acquistare stupefacenti, rappresenterebbe un'eccedenza derivante dalla sua attività lavorativa, nonché dai proventi di quella di compravendita di autoveicoli. Rilevato poi che nei documenti relativi ad alcuni versamenti figura una data di nascita sbagliata, sarebbe possibile che sia stata una terza persona ad averli effettuati. Infine l'insorgente precisa che sovente spediva in Africa denaro anche per conto di suoi connazionali richiedenti l'asilo, ciò che spiegherebbe l'entità dei versamenti. 
 
5.1 La CARP ha ritenuto la censura di arbitrio in parte infondata e in parte irricevibile. Ha rilevato che i primi giudici hanno effettuato il calcolo delle spese mensili del ricorrente sulla base delle dichiarazioni sue e di sua moglie. Quanto alle ulteriori contestazioni, non le ha esaminate nel merito, in quanto costituenti mere proposizioni di ragionamenti alternativi e non puntuali censure di arbitrio. 
 
5.2 Rimarcando che non risulterebbe che la moglie abbia dichiarato essere lui a sostenere l'intero onere dell'affitto, l'insorgente rileva che appare logico e normale che l'affitto dell'appartamento della coppia fosse diviso a metà. Simile modo di argomentare non sostanzia arbitrio: a un preciso accertamento egli oppone infatti una considerazione a suo avviso logica, senza tuttavia dimostrare che l'accertamento sia in aperto contrasto con gli atti di causa o insostenibile. Peraltro il ricorrente dimentica che le spese correnti a suo carico sono state stabilite anche sulla base del suo verbale di interrogatorio. Orbene egli nulla eccepisce in merito (sulle relative conseguenze v. DTF 133 IV 119 consid. 6.3). 
In relazione poi agli ulteriori elementi invocati, si tratta dell'esposizione di meri "ragionamenti alternativi", così definiti dalla CARP, che oltre a non trovare alcun riscontro negli atti (quale ad esempio il riferimento al preteso utile di fr. 10'000.-- dalla vendita di autoveicoli o al versamento di denaro per conto di suoi connazionali), non dimostrano arbitrio, che, si ribadisce, non può ridursi nell'addurre una diversa soluzione sostenibile o persino migliore rispetto a quella contestata (v. DTF 137 I 1 consid. 2.4; 134 I 140 consid. 5.4). 
 
6. 
Il ricorrente, infine, critica l'entità della pena. Nel commisurarla, i giudici avrebbero abusato del loro potere di apprezzamento. La pubblica accusa avrebbe imputato all'insorgente un traffico di stupefacenti di oltre sette chili e richiesto la condanna a una pena detentiva di cinque anni e dieci mesi. Pur riconoscendo il ricorrente colpevole di solo 1/3 dei quantitativi indicati dall'accusa, la Corte delle assise criminali gli avrebbe inflitto una pena di quattro anni e sei mesi, riducendo in misura insufficiente la richiesta di pena. Inoltre, alcuni fattori attenuanti non sarebbero stati considerati o lo sarebbero stati solo in modo inappropriato. Il ricorrente rileva di essere una persona semplice, cresciuta confrontata con grandi difficoltà e che non avrebbe beneficiato di un'istruzione. Sebbene avesse sempre vissuto con poco, sino in tempi recenti sarebbe sempre rimasto nella legalità: questo sarebbe infatti il suo primo reato e la sua sensibilità alla condanna sarebbe quindi massima. L'insorgente rileva anche le gravi conseguenze di una sua eventuale condanna, il rischio di perdere il permesso di dimora, di dover lasciare la Svizzera e separarsi dalla moglie. Egli ritiene infine che la sua mancanza di collaborazione sarebbe stata valutata in modo troppo severo, chiedendo un ampio ridimensionamento della pena. 
 
6.1 Giusta l'art. 47 CP, il giudice commisura la pena alla colpa dell'autore. Tiene conto della vita anteriore e delle condizioni personali dell'autore, nonché dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita (cpv. 1); la colpa è determinata secondo il grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, secondo la riprensibilità dell'offesa, i moventi e gli obiettivi perseguiti, nonché, tenuto conto delle circostanze interne ed esterne, secondo la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione (cpv. 2). 
La norma conferisce al giudice un ampio potere di apprezzamento. Il Tribunale federale interviene solo quando il giudice cantonale cade nell'eccesso o nell'abuso del potere di apprezzamento, ossia laddove la pena esca dal quadro edittale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 47 CP o appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 135 IV 130 consid. 5.3.1; 134 IV 17 consid. 2.1 e rinvii). 
 
6.2 Il ricorrente è stato condannato a una pena detentiva di quattro anni e sei mesi. La sua colpa, oggettiva e soggettiva, è stata considerata grave. Si è reso colpevole di fatti di un'estrema gravità: sull'arco di due anni e mezzo ha trafficato, con reiterazione non comune, 2'430 grammi di cocaina, attività stroncata solo grazie all'intervento degli inquirenti. Ha saputo organizzare e gestire un importante traffico di cocaina, muoversi a livello internazionale facendo capo a un'efficace rete di contatti, dando prova di una notevole iniziativa delinquenziale. Non si è limitato ad agire in prima persona, ma ha coinvolto molte persone in un'attività illecita in espansione. Il suo agire denoterebbe una grande pericolosità, di gran lunga superiore a quella degli spacciatori di strada, poiché è lui a rifornirli o a rifornire coloro che gestiscono questi ultimi, situandosi nelle gerarchie del traffico di cocaina uno o due scalini più in alto. Sotto il profilo soggettivo, nulla poteva essere riconosciuto in suo favore in ragione dell'età, avendo cominciato a delinquere poco dopo aver compiuto 27 anni. Ciò che poi è stato considerato particolarmente grave è che ha iniziato la sua attività illecita pochi mesi dopo aver ottenuto un permesso di dimora e concrete prospettive lavorative, quando dunque doveva essere in grado di condurre una vita onesta e dignitosa. A favore del ricorrente è comunque stato tenuto conto della formale incensuratezza, che non andava sopravvalutata sia per la sua età sia perché, già poche settimane dopo l'arrivo in Svizzera, ha potuto inviare a terzi somme di denaro incompatibili con le disponibilità finanziarie di un richiedente l'asilo. Questo getterebbe pesanti ombre sulla provenienza del denaro e sulle ragioni che lo hanno condotto nel nostro paese. Nemmeno per il suo comportamento processuale si giustificava uno sconto di pena, l'insorgente negando persino l'evidenza. Il solo merito del ricorrente consisterebbe nell'essersi attivato per inserirsi nel mondo del lavoro appena ne ha avuto la possibilità, senza cadere nell'ozio o farsi mantenere dalla moglie. 
 
6.3 La commisurazione della pena non presta il fianco a critiche di sorta. Anche se il quantitativo trafficato di cocaina ritenuto dai primi giudici è stato sensibilmente ridimensionato rispetto a quello indicato nell'atto di accusa, esso non giustifica particolari riduzioni di pena da parte della Corte giudicante, che non è vincolata da tale richiesta. Inoltre, se il quantitativo di stupefacente oggetto dell'infrazione è un elemento da prendere in considerazione, secondo la giurisprudenza più la quantità di droga si allontana dal limite a partire dal quale si è in presenza di un'infrazione aggravata alla LStup (in casu 18 grammi di cocaina, v. DTF 109 IV 144), più tale fattore perde importanza per la commisurazione della pena. Ciò vale anche quando, come nella fattispecie, sono realizzate più circostanze aggravanti ai sensi della LStup (v. sentenza 6P.48/2004 del 17 maggio 2004 consid. 8.3), atteso che il ricorrente, oltre ad aver trafficato un ingente quantitativo di cocaina, ha agito per mestiere. 
Quanto al rischio di revoca del permesso di dimora, il Tribunale federale ha già avuto modo di rilevare che non si tratta di un fattore da tenere imperativamente in considerazione nella commisurazione della pena, né di un elemento che aumenta la sensibilità alla stessa (v. sentenza 6B_892/2010 del 22 dicembre 2010 consid. 3.3). 
Neppure il riferimento di essere una persona semplice, che non ha beneficiato di un'istruzione e che ha sempre vissuto con poco può in concreto avere un influsso attenuante sulla pena. In proposito, la CARP ha rettamente rilevato che la sua situazione non gli ha impedito di organizzare un traffico di stupefacenti, non banale, assumendo un ruolo dirigenziale e agendo per puro fine di lucro, non per necessità. 
Erra poi il ricorrente quando afferma che la sua mancanza di collaborazione sarebbe stata valutata in modo troppo severo. I giudici hanno infatti attribuito a questo atteggiamento un valore neutro, perché, se è legittimo che l'imputato neghi persino l'evidenza, ciò non giustifica sconti di pena. 
Infine, non si scorge, e l'insorgente neanche lo spiega, perché la sua sensibilità alla pena sarebbe massima. Il fatto di essere al suo primo reato è stato preso in considerazione già in relazione alla sua incensuratezza. 
 
6.4 In conclusione, la pena si situa nell'ampio quadro edittale previsto per infrazione aggravata alla LStup (art. 19 LStup unitamente all'art. 40 CP). Non sussistono elementi per ridurre la pena e, considerata la sua entità, neppure le condizioni per pronunciare una sospensione condizionale totale o anche solo parziale, come postulato nel ricorso (v. art. 42 seg. CP). 
 
7. 
Ne segue che, nella misura in cui è ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio deve essere respinta, essendo il gravame fin dall'inizio privo di possibilità di successo (art. 64 cpv. 1 LTF). Le spese giudiziarie sono pertanto poste a carico del ricorrente, in considerazione della sua soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Vista la sua situazione finanziaria, si giustifica tuttavia di prelevare una tassa di giustizia ridotta (art. 65 cpv. 2 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
 
3. 
Le spese giudiziarie di fr. 1'600.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
4. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Ministero pubblico e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 18 ottobre 2011 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Mathys 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy