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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2A.299/2003 /viz 
 
Sentenza del 18 novembre 2003 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Wurzburger, presidente, 
Betschart, Müller, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
A.A.________, 
ricorrente, patrocinato dall'avv. Sergio Sciuchetti, 
corso Pestalozzi 21b, casella postale 2381, 6901 Lugano, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
permesso di dimora, 
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione 
del 12 maggio 2003 del Tribunale amministrativo 
del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
Entrato in Svizzera il 21 giugno 1999 quale richiedente l'asilo, A.A.________ (1973), cittadino angolano, si è sposato il 15 dicembre 2000 a Lugano con la cittadina svizzera B.A.________ (1969). Per vivere assieme alla moglie, ritirata la domanda di asilo, gli è stato rilasciato un permesso di dimora annuale, valido fino al 15 dicembre 2001. 
 
Il 10 dicembre 2001 l'interessato ha chiesto il rinnovo del suddetto permesso, indicando un recapito diverso dal domicilio coniugale. Interrogati dalla polizia cantonale il 25, rispettivamente il 26 luglio 2002, i coniugi A.________ hanno affermato di vivere separati dal 1° dicembre 2001. Il marito ha precisato di vivere presso un'amica di famiglia, di vedere di tanto in tanto la moglie e di non aver intenzione di chiedere il divorzio. La consorte ha invece dichiarato di non aver più contatti con il coniuge, di non sapere dove abitasse, di voler divorziare e di aspettare un bambino da un altro uomo. 
B. 
Fondandosi sulla situazione testé esposta, il 1° ottobre 2002 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Cantone Ticino ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di dimora. L'autorità ha ritenuto che tale autorizzazione avesse perso il suo senso d'essere, dal momento che era stata concessa per consentire la vita familiare in Svizzera, e che, dopo una breve convivenza, i coniugi vivevano separati, senza possibilità di riconciliazione. 
 
La decisione è stata confermata, su ricorso, dapprima dal Consiglio di Stato ticinese, il 3 dicembre 2002, ed in seguito dal Tribunale cantonale amministrativo, il 12 maggio 2003. In sostanza, entrambe le istanze hanno considerato manifestamente abusivo da parte dell'interessato appellarsi ad un matrimonio esistente solo formalmente, allo scopo di poter continuare a risiedere in Svizzera. 
C. 
Il 18 giugno 2003 A.A.________ ha inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo, con cui chiede l'annullamento della sentenza cantonale e il rinvio degli atti all'istanza inferiore per nuovo giudizio. Domanda inoltre che sia posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria, con dispensa dal pagamento di spese e con designazione di un patrocinatore d'ufficio, e che all'impugnativa sia conferito effetto sospensivo. Censura, in sostanza, la violazione dell'art. 7 della legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS; RS 142.20), dell'art. 8 della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU; RS 0.101) e lamenta un accertamento lacunoso dei fatti rilevanti. Produce inoltre cinque dichiarazione scritte, rilasciate tra il 12 e il 16 giugno 2003, che attesterebbero l'avvenuta riconciliazione coniugale. 
 
Chiamato ad esprimersi, il Tribunale amministrativo del Canton Ticino, senza formulare osservazioni, ha chiesto la conferma del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato ticinese e l'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione hanno proposto la reiezione del gravame. 
D. 
Con decreto presidenziale del 28 luglio 2003 è stata accolta l'istanza di conferimento dell'effetto sospensivo contenuta nel gravame. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio sottopostogli (DTF 129 I 185 consid. 1; 129 II 225 consid. 1 e giurisprudenza ivi citata). 
1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG). L'art. 4 LDDS sancisce che l'autorità competente decide liberamente, nei limiti delle disposizioni della legge e dei trattati con l'estero, in merito alla concessione, tra l'altro, dei permessi di dimora. Lo straniero ha quindi un diritto all'ottenimento di un simile permesso solo laddove tale pretesa si fonda su una disposizione del diritto federale o su un trattato internazionale (DTF 128 II 145 consid. 1.1.1; 127 II 161 consid. 1a, con rinvii). 
1.2 Giusta l'art. 7 cpv. 1 LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso sollecitato dal ricorrente, sposato con una cittadina svizzera dal 15 dicembre 2000, può quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se questo diritto sussista ancora o sia invece decaduto in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 1 terza frase e cpv. 2 LDDS, nonché dall'abuso di diritto, è per contro un problema di merito, non di ammissibilità del gravame (DTF 128 II 145 consid. 1.1.2; 126 II 265 consid. 1b e giurisprudenza ivi citata). 
2. 
2.1 Con il rimedio esperito, il ricorrente può far valere la violazione del diritto federale, compreso l'eccesso o l'abuso del potere d'apprezzamento, nonché la lesione dei diritti costituzionali (art. 104 lett. a OG); in quest'ultimo caso il ricorso di diritto amministrativo assume la funzione di ricorso di diritto pubblico (DTF 126 III 431 consid. 3; 123 II 385 consid. 3, con rinvii). Quale organo della giustizia amministrativa, il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 114 cpv. 1 OG), senza essere vincolato dai considerandi della decisione impugnata o dai motivi invocati dalle parti. L'insorgente può inoltre censurare l'accertamento inesatto o incompleto dei fatti (art. 104 lett. b OG). Nei casi in cui, come in concreto, la decisione impugnata emana da un'autorità giudiziaria, l'accertamento dei fatti da essa operato vincola il Tribunale federale, salvo che questi risultino manifestamente inesatti o incompleti oppure siano stati accertati violando norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG). In simili casi, la possibilità di allegare fatti nuovi o di far valere nuovi mezzi di prova è alquanto ristretta (DTF 126 II 106 consid. 2a e rinvii). Sono in effetti ammesse soltanto quelle prove che l'autorità avrebbe dovuto prendere in considerazione d'ufficio e la cui mancata amministrazione costituisce una violazione di regole essenziali di procedura. In particolare, non è possibile tener conto, in linea di principio, di ulteriori cambiamenti dello stato di fatto né di nuovi fatti che le parti avrebbero potuto o dovuto - in virtù del loro dovere di collaborazione - far valere già dinanzi all'autorità precedente (DTF 128 III 454 consid. 1; 128 II 145 consid. 1.2.1; 125 II 217 consid. 3a; Alfred Kölz/Isabelle Häner, Verwaltungsverfahren und Verwaltungsrechtspflege des Bundes, 2a ed., Zurigo 1998, n. 943). 
2.2 Il ricorrente ha allegato alla sua impugnativa quattro dichiarazioni scritte - della suocera, del suo testimone di nozze, di un coinquilino e di una conoscente - datate 12 giugno 2003, nonché un'attestazione dell'Ufficio del tutore della Città di Lugano del 16 giugno seguente. Nelle stesse si afferma, in sostanza, che i coniugi A.________ si sono riconciliati e vivono sotto lo stesso tetto. Al riguardo non è dato di vedere - né il ricorrente fornisce spiegazioni in proposito - perché questi mezzi di prova non siano stati raccolti e prodotti nel corso del procedimento avviato dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, in ottemperanza al dovere di collaborazione che incombe alle parti. In effetti, malgrado la procedura amministrativa sia retta dalla massima inquisitoria - secondo la quale spetta di principio alle autorità accertare d'ufficio e in modo completo i fatti determinanti per la causa - laddove una parte abbia introdotto una domanda nel proprio interesse o si trovi in condizione di meglio conoscere i fatti, la medesima è tenuta a collaborare attivamente all'accertamento della fattispecie, fornendo informazioni al giudice ed indicando i mezzi di prova posti a sostegno delle proprie allegazioni (DTF 125 V 193 consid. 2; 123 III 328 consid. 3). In concreto, dinanzi alla Corte cantonale, a complemento delle risultanze del fascicolo processuale allestito dal Consiglio di Stato, l'insorgente ha prodotto unicamente uno scritto della moglie, senza allegare ulteriori dichiarazioni o sollecitare l'assunzione di altre prove. In queste condizioni, tenuto conto delle emergenze agli atti, non si può rimproverare all'istanza inferiore di non aver intrapreso d'ufficio delle indagini sulla natura delle relazioni coniugali, né di non aver richiesto d'ufficio all'insorgente di fornire delle testimonianze scritte, ritenendo gli aspetti fattuali rilevanti per il proprio giudizio sufficientemente chiari. Per gli stessi motivi, non è ravvisabile alcuna violazione del diritto di essere sentito, come invece pretende il ricorrente. Ne discende pertanto che l'accertamento dei fatti operato dal Tribunale cantonale amministrativo non può venir considerato manifestamente inesatto o incompleto, né procede da una violazione di norme essenziali di procedura (art. 105 cpv. 2 OG) e che non è quindi possibile tener conto, ai fini del presente giudizio, dei nuovi documenti prodotti in questa sede. 
3. 
Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a; 121 I 367 consid. 3b; 121 II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a). 
La prassi ha tuttavia precisato che l'esistenza di una situazione abusiva non dev'essere ammessa con leggerezza: in particolare non vi è abuso di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 128 II 145 consid. 2.2 e rinvio): è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una vita comune e rimangano legati dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni di polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a, con riferimenti). In altri termini, il fatto che i coniugi vivano separati è solo un elemento - più o meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che l'autorità di polizia deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per, se del caso, negare il rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino svizzero. 
4. 
4.1 Nel caso specifico, dalle tavole processuali risulta che la comunione domestica tra i coniugi A.________, sposati dal 15 dicembre 2000, è stata alquanto breve, avendo avuto una durata inferiore ad un anno. In effetti, già all'inizio di dicembre del 2001 essi vivevano separati; il marito risiedeva a Lugano presso un'altra donna, mentre la moglie, con problemi di tossicodipendenza e a carico dell'assistenza pubblica, soggiornava presso un garni, pure a Lugano. È vero che quest'ultima, a quell'epoca, ha dichiarato per iscritto che la separazione era dovuta al mancato rinnovo del contratto di locazione e che auspicava di trovare una sistemazione per riprendere a vivere con il marito, senza peraltro menzionare dove egli risiedesse. Tuttavia il 26 luglio 2002, interrogata dalla Polizia, B.A.________ si è espressa in maniera radicalmente differente sulla sua relazione matrimoniale. Ha infatti addotto che dal momento della separazione non aveva più avuto contatti con il marito, il quale non provvedeva in alcun modo al suo sostentamento, che era intenzionata a chiedere il divorzio e che aspettava un bambino da un altro uomo. Ha aggiunto che il coniuge aveva avuto atteggiamenti violenti, tanto da richiedere più volte l'intervento della Polizia. Ha infine affermato di ignorare dove risiedesse il consorte, supponendo comunque, in modo manifestamente errato, che abitasse nel Locarnese. L'insorgente, interpellato il giorno prima della moglie, ha per contro tentato di relativizzare la portata della disunione coniugale, affermando che la donna con cui viveva, contribuendo, tra l'altro, al pagamento della pigione, era semplicemente un'amica di famiglia e che, di tanto in tanto, rivedeva la moglie, dalla quale non era intenzionato a divorziare. Egli non ha tuttavia fornito alcuna indicazione concreta sulla situazione personale della consorte, ad esempio sul suo recapito oppure sulla gravidanza, né sulla natura dei loro asseriti rapporti; non ha neppure ipotizzato una ripresa della vita in comune. Dalle risultanze di questa inchiesta si evince pertanto in maniera eloquente che entrambi i coniugi A.________ hanno organizzato in maniera del tutto autonoma le rispettive esistenze, sia dal lato pratico che da quello relazionale. 
4.2 Dinanzi al Consiglio di Stato, dapprima, e al Tribunale amministrativo, in seguito, il ricorrente ha affermato di essersi riconciliato con la moglie e di aver ripreso la vita in comune. I modi e i tempi in cui questa pretesa e improvvisa rappacificazione sarebbe intervenuta appaiono tuttavia alquanto sospetti. In effetti, l'insorgente ha addotto di essere tornato a convivere pochi giorni dopo il mancato rinnovo del suo permesso di dimora, ponendo così fine ad una separazione che durava da oltre dieci mesi. Per di più, ciò sarebbe avvenuto all'incirca nello stesso periodo in cui la moglie dovrebbe aver dato alla luce un figlio, di cui egli non sarebbe il padre. Le dichiarazioni scritte della consorte, datate 10 novembre e 20 dicembre 2002, prodotte dinanzi al Consiglio di Stato, rispettivamente al Tribunale cantonale amministrativo, non permettono di fugare i sospetti. In tali scritti, ella conferma, tra l'altro, la ripresa della convivenza e sottolinea la ritrovata felicità familiare, senza tuttavia nemmeno accennare, significativamente, alle inevitabili ripercussioni che la sua gravidanza, rispettivamente la nascita del figlio, devono forzatamente aver avuto sulla relazione coniugale. Inoltre, nella seconda dichiarazione, la moglie si riferisce alla posizione da lei espressa un anno prima, quando aveva comunicato di vivere separata dal marito, ma di auspicare la ripresa della convivenza, mentre non menziona le ben più gravose affermazioni rilasciate successivamente alla Polizia. Infine è interessante rilevare che, nel contratto di locazione dell'appartamento in cui i coniugi affermano di essersi stabiliti, è indicata, quale conduttrice, unicamente la moglie, mentre il nome del consorte non è riportato neppure nello specifico campo del formulario contrattuale. 
4.3 Alla luce di quanto precede, va quindi condivisa la valutazione a cui è pervenuto il Tribunale amministrativo, secondo cui l'attitudine assunta dai coniugi A.________ risulta dettata non tanto dall'autentica volontà di ricomporre la loro unione coniugale, quanto piuttosto dai bisogni di causa del marito. In definitiva, ne consegue perciò che la Corte cantonale non ha violato il diritto federale nel concludere che il ricorrente, abusando dei diritti che gli derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, si richiama ad un matrimonio esistente soltanto sulla carta, al solo scopo di poter continuare a soggiornare in Svizzera. 
5. 
Nel proprio gravame, il ricorrente invoca anche l'art. 8 CEDU, che garantisce il rispetto della vita privata e familiare. Sennonché, secondo la prassi, affinché tale norma sia applicabile occorre che tra lo straniero che domanda un permesso di dimora e la persona della sua famiglia che beneficia del diritto di risiedere in Svizzera esista una relazione stretta, intatta ed effettivamente vissuta (DTF 127 II 60 consid. 1d/aa; 126 II 377 consid. 1b e riferimenti). Dal momento che, come osservato in precedenza, tali presupposti non sono in concreto adempiuti, l'insorgente non può ottenere il rinnovo del permesso di dimora nemmeno appellandosi a questo disposto. 
6. 
A titolo abbondanziale, va comunque rilevato che un'eventuale ripresa, adeguatamente comprovata, di una reale e duratura comunione domestica tra i coniugi A.________ costituirebbe, per rapporto agli elementi determinanti per il presente giudizio, una nuova situazione di fatto. Un simile cambiamento delle circostanze sarebbe quindi suscettibile, di per sé, di dar luogo ad una nuova valutazione del caso, in tutti i suoi aspetti, da parte delle competenti autorità di polizia degli stranieri. 
7. 
7.1 In esito alle considerazioni anzidette, il ricorso va pertanto respinto e il giudizio querelato confermato. 
7.2 Sulla base dei vincolanti accertamenti operati dalla Corte cantonale e tenuto conto dei limiti posti alla produzione di nuovi mezzi di prova in questa sede, l'impugnativa era sin dall'inizio priva di possibilità di esito favorevole. Di conseguenza, l'istanza volta ad ottenere il beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio deve essere respinta (art. 152 OG). Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio è respinta. 
3. 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente. 
4. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione. 
Losanna, 18 novembre 2003 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: