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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_848/2015  
   
   
 
 
 
Sentenza del 20 novembre 2015  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Donzallaz, Stadelmann, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Carlo Edy Pedrolini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Autorità di vigilanza sull'esercizio 
delle professioni di fiduciario, 
6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Revoca dell'autorizzazione all'esercizio della professione di fiduciario commercialista, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 18 agosto 2015 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Il ..., A.________ ha ottenuto l'autorizzazione ad esercitare la professione di fiduciario commercialista. II 23 dicembre 2013 l'autorità di protezione competente ha istituito a suo favore una curatela di rappresentanza con amministrazione dei beni, ai sensi degli art. 394 e 395 del Codice civile svizzero del 10 dicembre 1907 (CC; RS 220), con gli obbiettivi che seguono: 
 
"1.1 rappresentare il signor A.________ nell'ambito di tutte le sue questioni amministrative, in particolare rappresentare i suoi interessi presso le autorità, i servizi amministrativi, gli istituti bancari, le borse, postfinance, la cassa malattia, le assicurazioni personali e sociali e, all'occorrenza, altri enti e persone private; 
1.2 rappresentare il signor A.________ per qualsiasi versamento o prelevamento relativo alle società da lui amministrate e/o gestite; 
1.3 rappresentare il signor A.________ presso dottori, enti, servizi medici o altri servizi specialistici che si occupano della sua salute; 
1.4 gestire con la massima diligenza tutte le entrate dell'interessato, i suoi redditi e la sua sostanza ed effettuare tutti i pagamenti correnti (art. 408 ss CC)." 
Richiamato l'art. 395 cpv. 3 CC, l'Autorità di protezione ha quindi privato A.________ dell'esercizio dei diritti civili per quanto riguarda l'amministrazione e l'uso dei suoi redditi, della sua sostanza mobiliare e immobiliare, delle sue entrate e delle sue uscite, come pure per quanto attiene al prelevamento e al versamento di somme a nome delle società da lui amministrate e/o gestite. 
Un'istanza, presentata da A.________ al fine di ottenere la revoca della curatela di rappresentanza con amministrazione di beni, è stata respinta con decisione del 20 ottobre 2014. 
 
B.   
Dopo avere preso atto delle menzionate pronunce dell'Autorità di protezione e avere consultato l'interessato, il 13 gennaio 2015 l'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario ha revocato a A.________ l'autorizzazione ad esercitare la professione di fiduciario commercialista, ordinandogli nel contempo di cessare immediatamente ogni attività di questo genere. 
 
A giustificazione della revoca, ha infatti rilevato che egli non adempiva più ai requisiti posti dalla legge per poter esercitare tale professione. In particolare, non era più in possesso dell'esercizio dei diritti civili (art. 8 cpv. 1 lett. a della legge sull'esercizio delle professioni di fiduciario del 1° dicembre 2009; LFid; RL/TI 11.1.4.1), non godeva più di ottima reputazione, né era in grado di garantire un'attività irreprensibile (art. 8 cpv. 1 lett. b LFid). 
Nel seguito, la decisione dell'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario è stata confermata anche dal Tribunale cantonale amministrativo, che si è espresso in merito con sentenza del 18 agosto 2015. 
 
C.   
Il 16 settembre 2015, A.________ ha inoltrato un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale con cui chiede che, in riforma del giudizio reso dall'istanza inferiore, la decisione di revoca venga annullata rispettivamente che detto giudizio venga annullato e l'incarto retrocesso all'istanza inferiore o all'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario, affinché si pronunci nuovamente sulla fattispecie. 
In corso di procedura, il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e nelle conclusioni del proprio giudizio, mentre l'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario ha proposto la reiezione del gravame con argomentazioni che verranno riprese, per quanto necessario, più oltre. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Secondo l'art. 83 lett. t LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro decisioni concernenti l'esito di esami e di altre valutazioni della capacità, segnatamente nei settori della scuola, del perfezionamento e dell'esercizio della professione.  
Nella fattispecie, le autorità cantonali hanno proceduto alla revoca dell'autorizzazione detenuta dal ricorrente, poiché egli non era più in possesso dell'esercizio dei diritti civili, non godeva più di ottima reputazione e non era in grado di garantire un'attività irreprensibile. Non vertendo la decisione impugnata sulla valutazione delle capacità fisiche o intellettive dell'insorgente nell'ambito in questione, l'art. 83 lett. t LTF non trova pertanto applicazione (sentenze 2C_430/2013 del 22 luglio 2013 consid. 1.1; 2C_955/2010 del 6 aprile 2011 consid. 1.1 e 2C_729/2010 del 10 febbraio 2011 consid. 1.1 ). 
 
1.2. Diretto contro una decisione finale di un tribunale superiore (art. 86 cpv. 2 e art. 90 LTF), il ricorso è stato presentato tempestivamente (art. 100 cpv. 1 LTF) dal destinatario della pronuncia contestata. Confermando quest'ultima la revoca dell'autorizzazione da lui detenuta, dato è anche l'interesse a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF).  
L'impugnativa è quindi ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico. 
 
2.  
 
2.1. Con il ricorso in materia di diritto pubblico può tra l'altro venir censurata la violazione del diritto federale (art. 95 lett. a LTF), nozione che comprende i diritti costituzionali dei cittadini (DTF 133 III 446 consid. 3.1 pag. 447 seg.). Salvo che per i casi citati espressamente dall'art. 95 LTF, con questo rimedio non può invece essere criticata la violazione del diritto cantonale in quanto tale, di cui può semmai venire denunciata un'applicazione lesiva del diritto federale e, segnatamente, del divieto d'arbitrio o di altri diritti costituzionali (DTF 133 III 462 consid. 2.3 pag. 466).  
Di principio, il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF); la violazione di diritti fondamentali è tuttavia esaminata solo se il ricorrente ha sollevato e motivato una critica in tal senso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; 134 I 83 consid. 3.2 pag. 88). 
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene quando è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove agli atti (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560; sentenza 2C_959/2010 del 24 maggio 2011 consid. 2.2).  
A meno che non ne dia motivo la decisione impugnata, il Tribunale federale non tiene neppure conto di fatti o mezzi di prova nuovi, i quali non possono in ogni caso essere posteriori al giudizio impugnato (art. 99 cpv. 1 LTF; DTF 133 IV 343 consid. 2.1 pag. 343 seg.). 
 
2.3. In relazione all'apprezzamento delle prove e all'accertamento dei fatti, il Tribunale federale riconosce al Giudice del merito un ampio potere. Ammette cioè una violazione dell'art. 9 Cost. solo qualora l'istanza inferiore non abbia manifestamente compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, abbia omesso di considerare un mezzo di prova pertinente senza un serio motivo, oppure se, sulla base dei fatti constatati, abbia tratto deduzioni insostenibili (sentenza 2C_892/2010 del 26 aprile 2011 consid. 1.4).  
Anche in questo contesto spetta al ricorrente dimostrare, con precisione e per ogni accertamento censurato, in che modo le prove avrebbero dovuto essere valutate, perché l'apprezzamento dell'autorità adita sia insostenibile e in che misura la violazione invocata sarebbe suscettibile d'avere un'influenza sull'esito del litigio (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 IV 286 consid. 1.4 pag. 287; 128 I 295 consid. 7a pag. 312). 
 
2.4. Come precisato nel seguito, l'impugnativa adempie solo in parte alle condizioni di motivazione esposte. Nella misura in cui non le rispetta essa è pertanto inammissibile.  
Già poiché portano una data successiva al giudizio impugnato, nemmeno possono essere presi in considerazione la copia dell'istanza di revoca di curatela e il certificato medico che sono stati acclusi alle osservazioni del 6 novembre 2015 del ricorrente (art. 99 cpv. 1 LTF; sentenza 2C_685/2010 del 30 maggio 2011 consid. 1.4). 
 
3.  
 
3.1. L'art. 1 cpv. 1 LFid prescrive che le attività di fiduciario commercialista, immobiliare e finanziario svolte per conto terzi a titolo professionale nel Cantone Ticino sono soggette ad autorizzazione.  
Tra i requisiti necessari per il suo rilascio - di competenza dell'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario - l'art. 8 cpv. 1 LFid prevede l'esercizio dei diritti civili (lett. a), nonché l'ottima reputazione e la garanzia di un'attività irreprensibile (lett. b). 
Secondo l'art. 20 cpv. 1 e 4 LFid, quando il fiduciario non adempie più alle condizioni poste dalla legge per il rilascio dell'autorizzazione, il diritto di esercitare la professione viene revocato; venuto a cadere il motivo di revoca, l'Autorità di vigilanza può rilasciare una nuova autorizzazione se sono adempiuti tutti gli altri requisiti. 
 
 
3.2. Chiamato a esprimersi sulla fattispecie, il Tribunale cantonale amministrativo ha dapprima osservato di potere emanare il proprio giudizio sulla base degli atti, senza procedere all'assunzione di ulteriori prove. Respinta la critica secondo cui la decisione di revoca non era sufficientemente motivata, ha quindi confermato il provvedimento preso dall'Autorità di vigilanza anche nel merito.  
Constatato che l'Autorità di protezione ha privato il ricorrente dell'esercizio dei diritti civili - sia in ambito privato, sia per quanto attiene al prelevamento e al versamento di somme a nome delle società da lui amministrate e/o gestite - e che tale decisione non era stata nel frattempo revocata ha infatti rilevato come, a prescindere dai progressi registrati dall'insorgente sul piano clinico e personale, fosse assolutamente certo che egli non adempiva al requisito previsto dall'art. 8 cpv. 1 lett. a LFid (esercizio dei diritti civili). 
Preso atto della situazione di importante dipendenza dall'alcool in cui versava il ricorrente, così grave da rendere necessario l'intervento dell'Autorità di protezione, in via abbondanziale ha poi aggiunto che anche la constatazione dell'assenza del requisito di cui all'art. 8 cpv. 1 lett. b LFid (ottima reputazione e garanzia di un'attività irreprensibile) risultava sostenibile. In questo contesto, ha in effetti indicato che per negare il rispetto del criterio previsto da tale norma non è necessaria l'esistenza di precedenti sul piano penale o disciplinare, ma è sufficiente che da un esame complessivo delle circostanze emergano elementi suscettibili di fare apparire elevato e concreto il rischio che il professionista in questione non sia più in grado di adempiere correttamente ai mandati affidatigli, agendo con diligenza e nell'interesse dei suoi clienti. 
 
3.3. Da parte sua, l'insorgente contesta entrambe le conclusioni appena riassunte.  
In relazione alla prima, ovvero alla conferma dell'assenza del requisito dell'esercizio dei diritti civili, fa infatti valere un accertamento manifestamente inesatto dei fatti (art. 9 Cost.) ed una violazione della libertà economica (art. 27 e 36 Cost.). 
In relazione alla seconda, ovvero alla conferma dell'assenza dei requisiti dell'ottima reputazione e della garanzia di un'attività irreprensibile, lamenta invece un accertamento manifestamente inesatto dei fatti così come un'applicazione arbitraria del diritto cantonale (art. 9 Cost.). 
 
4.  
Riferendosi alla conferma dell'assenza del requisito dell'esercizio dei diritti civili, il ricorrente si duole come detto di un accertamento manifestamente inesatto dei fatti; a suo avviso, la Corte cantonale ha omesso di considerare il senso e la portata di alcune prove atte a modificare l'esito della lite. 
 
4.1. Critiche fondate sulla violazione dell'art. 9 Cost. - come quelle all'accertamento dei fatti e all'apprezzamento (anticipato) delle prove - necessitano di una motivazione da cui emerga in che misura i giudici cantonali non abbiano compreso il senso e la portata di un mezzo di prova, abbiano omesso senza seria ragione di tenere conto di un mezzo di prova importante o abbiano proceduto a deduzioni insostenibili (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560; 134 V 53 consid. 4.3 pag. 62; 134 I 140 consid. 5.3 pag. 148; 130 II 425 consid. 2.1 pag. 429).  
 
4.2. Ritenuto che l'insorgente si limita a fare valere una differente lettura di taluni documenti prodotti rispettivamente a considerare che la decisione del Tribunale cantonale amministrativo di rinunciare ad assumere altre prove sia sbagliata, una simile, qualificata, motivazione non è stata tuttavia formulata (sentenze 2C_539/2014 del 23 ottobre 2014 consid. 6.2 e 2C_826/2013 del 3 aprile 2014 consid. 6.1).  
 
4.3. Ad ogni modo, l'arbitrio non è dato. In effetti, constatato che l'Autorità competente in materia di protezione dell'adulto ha privato l'insorgente dell'esercizio dei diritti civili - sia in ambito privato, sia per quanto attiene al prelevamento e al versamento di somme a nome delle società da lui amministrate e/o gestite - e che tale provvedimento era ancora in vigore, la decisione di rinunciare a svolgere ulteriori accertamenti in merito ai progressi da lui registrati sul piano clinico e personale così come la mancata presa in considerazione di documenti da cui si evince la semplice volontà dello stesso di richiedere la revoca della curatela appare tutt'altro che insostenibile e va sostanzialmente con-divisa.  
 
5.   
Sempre riferendosi alla conferma dell'assenza del requisito dell'esercizio dei diritti civili, il ricorrente lamenta poi una violazione della libertà economica. 
 
5.1. La libertà economica garantita dall'art. 27 Cost. include in particolare la scelta della professione, il libero accesso a un'attività economica privata e il suo esercizio. Anche chi esercita la professione di fiduciario - nel senso inteso dalla legge qui applicabile - può quindi richiamarsi, in linea di principio, alla citata garanzia costituzionale (sentenza 2C_720/2014 del 12 maggio 2015 consid. 3). Quale diritto fondamentale, la garanzia della libertà economica non è tuttavia assoluta e può essere soggetta a limitazioni, secondo le condizioni previste dall'art. 36 Cost. Ogni sua restrizione deve di conseguenza fondarsi su una base legale sufficiente, essere giustificata da un interesse pubblico o dalla protezione di diritti fondamentali altrui ed essere proporzionata allo scopo perseguito.  
 
5.2. Richiamandosi all'art. 27 Cost. il ricorrente prende atto del fatto che, davanti all'inadempimento di una delle condizioni personali statuite dall'art. 8 LFid, l'attuale legislazione non prevede la possibilità di operare una ponderazione degli interessi in gioco, né conferisce all'autorità un margine d'apprezzamento delle circostanze. Fatte queste premesse sostiene poi che, nel caso che ci occupa, questa situazione conduce a dei risultati insostenibili dal profilo della proporzionalità, in quanto: (a) gli viene tolta l'autorizzazione ad esercitare sine die; (b) la revoca ha come gravissima e pesante conseguenza il blocco totale dell'attività da lui svolta, siccome non solo non potrà più esercitare l'attività fiduciaria a beneficio di terzi (nella sua qualità di amministratore di loro società), ma neanche di se stesso, in veste di amministratore di società proprie.  
 
5.3. Pure queste ulteriori critiche, concernenti gli effetti dell'applicazione dell'art. 8 in relazione con l'art. 20 LFid nel caso concreto, non possono però essere condivise.  
 
5.3.1. Constatato che, contrariamente a quanto richiesto dall'art. 8 cpv. 1 lett. a LFid, il ricorrente non ha l'esercizio dei diritti civili, la revoca viene certo pronunciata a tempo indeterminato; come previsto dall'art. 20 cpv. 4 LFid, non appena il motivo di revoca sarà decaduto, egli potrà tuttavia sollecitare il rilascio di una nuova autorizzazione. A differenza di quanto sostenuto nell'impugnativa, agli effetti di una simile misura vengono perciò posti dei termini ben precisi; indefinito resta semmai il momento in cui l'Autorità di protezione riterrà a sua volta di revocare la misura decisa il 23 dicembre 2013 e l'esercizio dei diritti civili sarà di nuovo dato.  
 
5.3.2. D'altra parte, come risulta dall'art. 1 cpv. 1 LFid e come rilevato dall'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario nella risposta al ricorso, il legislatore ticinese assoggetta alla LFid unicamente le attività di fiduciario svolte per conto terzi a titolo professionale, ragione per la quale una violazione del principio della proporzionalità non può essere ammessa nemmeno per il secondo motivo indicato nel considerando 5.2, ovvero per il fatto che, oltre che per terzi, il ricorrente non potrà esercitare la professione nemmeno a beneficio di se stesso, "in veste di amministratore di società proprie".  
 
6.   
Riferendosi alla conferma dell'assenza dei requisiti dell'ottima reputazione e della garanzia di un'attività irreprensibile, l'insorgente si duole di nuovo di un accertamento manifestamente inesatto dei fatti così come un'applicazione arbitraria del diritto cantonale (art. 9 Cost.). 
 
6.1. La conferma dell'assenza dei due requisiti citati da parte della Corte cantonale ha carattere abbondanziale. Tutelato il diniego del rispetto della condizione prevista dall'art. 8 cpv. 1 lett. a LFid, un esame delle censure relative a quelle richieste dall'art. 8 cpv. 1 lett. b non può quindi modificare l'esito della vertenza.  
 
6.2. Anche se la risposta alle critiche formulate riguardo ai requisiti dell'ottima reputazione e della garanzia di un'attività irreprensibile non è determinante, può comunque essere aggiunto che l'asserito arbitrio non è dimostrato.  
 
6.2.1. Come ben emerge dall'art. 8 cpv. 2 LFid e segnatamente dall'uso dell'espressione "in particolare", eventuali condanne non paiono per nulla costituire l'unico motivo per negare il sussistere delle condizioni richieste dall'art. 8 cpv. 1 lett. b LFid.  
 
6.2.2. Come a ragione sottolineato nella risposta al ricorso, occorre inoltre rilevare che le autorità cantonali hanno negato il sussistere delle condizioni previste dall'art. 8 cpv. 1 lett. b LFid facendo non da ultimo rinvio anche all'art. 13 lett. a LFid, con cui l'insorgente di fatto non si confronta, e che indica come il fiduciario debba operare in modo coscienzioso e dimostrarsi degno della considerazione che la sua professione e la sua funzione esigono.  
 
6.2.3. Va infine aggiunto che - anche se in un altro contesto, ovvero in un caso in cui trovava applicazione la legge federale sulla libera circolazione degli avvocati del 23 giugno 2000 (LLCA, RS 935.61) - questa Corte ha già osservato come, in presenza di un professionista che non ha capacità di negoziazione in merito ai propri affari, un'autorità può concludere - senza commettere arbitrio - che questa persona non sia nemmeno in grado di rappresentare coscienziosamente e in modo accurato i propri clienti (2C_430/2013 del 22 luglio 2013 consid. 4.3).  
 
7.   
Per quanto ammissibile, il ricorso dev'essere pertanto integralmente respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). Non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, all'Autorità di vigilanza sull'esercizio delle professioni di fiduciario e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino.  
 
 
Losanna, 20 novembre 2015 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Zünd 
 
Il Cancelliere: Savoldelli