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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_952/2013  
   
   
 
 
 
Sentenza del 20 dicembre 2013  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Zünd, Presidente, 
Donzallaz, Stadelmann, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Rossano Pinna, 
ricorrente, 
 
contro  
 
Ufficio federale della migrazione,  
Quellenweg 6, 3003 Berna, 
opponente. 
 
Oggetto 
Divieto d'entrata, 
 
Ricorso in materia di diritto pubblico contro 
la sentenza emanata il 5 settembre 2013 dal 
Tribunale amministrativo federale, Corte III. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A.________, cittadino italiano nato nel 1962, è entrato in Svizzera nel gennaio 2008 ed ha ottenuto un permesso di dimora valido fino al 1° gennaio 2013. 
Con sentenza del 21 settembre 2009, resa secondo il rito del patteggiamento, il Tribunale di Milano lo ha condannato, per associazione per delinquere e furto, alla pena di 3 anni di reclusione e alla multa di euro 400, nonché alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. 
In riforma del giudizio emesso in primo grado dalla Corte delle assise criminali di Lugano, con sentenza del 18 aprile 2011 la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino lo ha in seguito condannato, per riciclaggio di denaro e ripetuta falsità in documenti, a una pena detentiva di 2 anni e 6 mesi, sospesa condizionalmente in ragione di 17 mesi, con un periodo di prova di 2 anni. 
 
B.   
Viste le condanne subite sia in Italia che in Svizzera, il 5 novembre 2012 l'Ufficio federale della migrazione ha pronunciato nei confronti di A.________ un divieto d'entrata valido fino al 4 novembre 2019 (7 anni), revocando l'effetto sospensivo ad un eventuale ricorso. 
Con sentenza del 5 settembre 2013, spedita il 12 settembre successivo, il Tribunale amministrativo federale ha parzialmente accolto un ricorso da lui interposto, riducendo la durata del divieto d'entrata al 4 novembre 2017 (5 anni). 
 
C.   
A.________ ha impugnato anche quest'ultimo giudizio, con ricorso in materia di diritto pubblico del 14 ottobre 2013 dinanzi al Tribunale federale. Con tale atto, postula l'annullamento del p.to 2 del dispositivo della sentenza querelata, nel quale il Tribunale amministrativo federale conferma il divieto d'entrata fino al 4 novembre 2017; domanda inoltre l'annullamento della parte del p.to 3 del dispositivo, con cui il Tribunale amministrativo federale lo condanna al pagamento delle spese processuali di fr. 500.--; chiede infine la riforma del p.to 4 del dispositivo, "nel senso che l'autorità inferiore verserà al ricorrente complessivi fr. 2'000.-- a titolo di spese ripetibili". 
In corso di procedura, il Tribunale amministrativo federale ha rinunciato a presentare osservazioni, mentre l'Ufficio federale della migrazione ha chiesto che il ricorso sia respinto. 
 
 
Diritto:  
 
1.   
L'impugnativa è stata presentata contro una decisione del Tribunale amministrativo federale in una causa di diritto pubblico; va quindi esaminato se la stessa sia ricevibile quale ricorso in materia di diritto pubblico. La facoltà di interporre ricorso sussidiario in materia costituzionale è invece a priori esclusa (art. 113 LTF). 
Giusta l'art. 83 lett. c cifra 1 LTF, il ricorso in materia di diritto pubblico è inammissibile contro le decisioni in materia di diritto degli stranieri concernenti l'entrata in Svizzera. Il motivo d'esclusione non si applica però nel caso un gravame sia stato inoltrato da uno straniero che può prevalersi dell'Accordo del 21 giugno 1999 sulla libera circolazione delle persone (ALC; RS 0.142.112.681), quindi del diritto alla doppia istanza di ricorso garantito dall'art. 11 cpv. 1 e 3 ALC (DTF 131 II 352 consid. 1. 2 pag. 354 seg.; sentenza 2C_110/2012 del 26 aprile 2012 consid. 1.1). In ragione della cittadinanza italiana del ricorrente, l'art. 83 lett. c cifra 1 LTF non trova applicazione nemmeno alla fattispecie. 
Tempestiva (art. 100 cpv. 1 LTF) e presentata da una persona legittimata a ricorrere (art. 89 cpv. 1 LTF), l'impugnativa è quindi di massima ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico. 
 
2.  
 
2.1. Il Tribunale federale applica il diritto federale d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF); nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dalla legge (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), si confronta di regola solo con le censure sollevate. Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso, riferendosi all'oggetto del litigio, in cosa consiste la lesione del diritto e su quali punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II 244 consid. 2.1 pag. 245 seg.). Esigenze più severe valgono poi in relazione alla violazione di diritti fondamentali; il Tribunale federale tratta infatti simili critiche unicamente se sono state motivate in modo chiaro, circostanziato ed esaustivo (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 II 249 consid. 1.4.2 pag. 254).  
 
Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene solo se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario, profilo sotto il quale viene esaminato anche l'apprezzamento delle prove addotte (DTF 136 III 552 consid. 4.2 pag. 560; sentenza 2C_959/2010 del 24 maggio 2011 consid. 2.2). L'eliminazione del vizio deve inoltre poter influire in maniera determinante sull'esito della causa, aspetto che, insieme a quello dell'eventuale arbitrio, compete al ricorrente sostanziare (art. 97 cpv. 1 LTF). 
 
2.2. L'impugnativa adempie ai requisiti di motivazione esposti solo in parte. Come ancora verrà precisato nel seguito, nella misura in cui non li rispetta, essa è pertanto inammissibile.  
I fatti che emergono dal giudizio impugnato vincolano inoltre il Tribunale federale anche nel caso concreto. 
Il ricorrente contesta la constatazione secondo cui i fatti all'origine del patteggiamento deciso con le autorità italiane erano solo in parte identici a quelli alla base del procedimento elvetico. Già solo poiché non si confronta con le precise e circostanziate motivazioni contenute al riguardo nel giudizio impugnato, la sua critica non ne sostanzia tuttavia né l'arbitrarietà (DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; 133 Il 249 consid. 1.2.2 pag. 252) né un'ulteriore contrarietà al diritto, segnatamente al principio del "ne bis in idem". Occorre poi rilevare che l'insorgente nemmeno dimostra che la correzione dell'accertamento da lui denunciato siccome errato avrebbe un rilievo determinante sull'esito della causa. 
 
3.  
 
3.1. Giusta l'art. 67 cpv. 2 lett. a della legge federale del 16 dicembre 2005 sugli stranieri (LStr; RS 142.20) l'Ufficio federale della migrazione può vietare l'entrata in Svizzera allo straniero che ha violato o espone a pericolo l'ordine e la sicurezza pubblici in Svizzera o all'estero. Come rilevato nel giudizio querelato, il divieto d'entrata viene oggi pronunciato per una durata massima di cinque anni; può essere pronunciato per una durata più lunga se l'interessato costituisce un grave pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblici (art. 67 cpv. 3 LStr). Sempre nell'ottica del diritto interno, l'art. 96 cpv. 1 LStr prescrive d'altra parte che, nell'esercizio del loro potere discrezionale, le autorità competenti tengano conto degli interessi pubblici e della situazione personale, nonché del grado d'integrazione dello straniero.  
 
3.2. Per i cittadini dell'Unione europea determinante è inoltre il citato Accordo sulla libera circolazione delle persone (art. 2. cpv. 2 LStr). In base all'ALC, le parti contraenti ammettono nel rispettivo territorio i cittadini dell'altra parte contraente (art. 1 cpv. 1 Allegato I ALC); tale diritto può essere limitato solo da misure giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità (art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC).  
Secondo la giurisprudenza, che si orienta alla direttiva CEE 64/221 del 25 febbraio 1964 ed alla prassi della Corte di giustizia dell'Unione europea ad essa relativa (art. 5 cpv. 2 Allegato I ALC), l'adozione di misure d'allontanamento presuppone la sussistenza di una minaccia effettiva e sufficientemente grave dell'ordine pubblico da parte della persona che ne è toccata. Una condanna può venir presa in considerazione a giustificazione di un simile provvedimento soltanto se dalle circostanze che l'hanno determinata emerga un comportamento personale che comporta una minaccia attuale per l'ordine pubblico; escluso è quindi che lo stesso possa essere preso unicamente a titolo preventivo o dissuasivo. A dipendenza delle circostanze, già la sola condotta tenuta in passato può comunque adempiere i requisiti di una simile messa in pericolo dell'ordine pubblico. Per valutare l'attualità della minaccia, non occorre prevedere quasi con certezza che lo straniero commetterà altre infrazioni in futuro; d'altro lato, per rinunciare a misure di ordine pubblico, non si deve esigere che il rischio di recidiva sia praticamente nullo. La misura dell'apprezzamento dipende in sostanza dalla gravità della potenziale infrazione: tanto più questa appare importante, quanto minori sono le esigenze in merito al rischio di recidiva (DTF 139 II 121 consid. 5.3 pag. 125 seg.; 137 II 233 consid. 4.3.2 pag. 30; 136 II 5 consid. 4.2 pag. 20; 131 II 352 consid. 3.2 pag. 357 seg.; sentenza 2C_903/2010 del 6 giugno 2011 consid. 4.3 non pubblicato in DTF 137 II 233; sentenze 2C_110/2012 del 26 aprile 2012 consid. 2.2 e 2C_1045/2011 del 18 aprile 2012 consid. 2.1). 
 
4.  
 
4.1. Come già ricordato, il 18 aprile 2011 il ricorrente è stato condannato dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino a una pena detentiva di 2 anni e 6 mesi, sospesa condizionalmente in ragione di 17 mesi, con un periodo di prova di 2 anni per riciclaggio di denaro e ripetuta falsità in documenti. In precedenza, il 21 settembre 2009, egli era stato condannato dal Tribunale di Milano a una pena di 3 anni di reclusione e alla multa di euro 400, nonché alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni per associazione per delinquere e furto.  
Già solo relativamente alla condanna subita in Svizzera, dalla sentenza impugnata risulta tra l'altro: (1) che l'insorgente ha dovuto rispondere di riciclaggio, limitato certo al gennaio 2009, ma in relazione ad importi ingenti, pari ad un totale di almeno 19 milioni di euro; (2) che per l'importo complessivo in gioco, l'autorità penale ha considerato la sua colpa come molto grave, anche perché egli era un uomo d'affari di lunga esperienza e non un giovane alle prime armi; (3) che, allo scopo di comprovare la provenienza "pulita" di parte dei fondi, egli ha inoltre sottoposto falsa documentazione ad un istituto bancario; (4) che alla sua attività criminale è stato posto infine termine unicamente grazie al tempestivo intervento degli inquirenti. 
 
4.2. A differenza di quanto ritenuto dal ricorrente, motivi di ordine e sicurezza pubblici atti a giustificare una limitazione della libera circolazione delle persone possono sussistere anche nel caso del compimento di reati di natura economica (sentenze 2C_110/2012 del 26 aprile 2012, consid. 3.3.1 e 2C_447/2008 del 17 marzo 2009). Come lecitamente concluso dal Tribunale amministrativo federale - sulla base degli elementi di fatto indicati, cui questa Corte è vincolata (art. 105 cpv. 1 LTF) - simili motivi erano ravvisabili proprio anche nella fattispecie che ci occupa.  
Le circostanze ricordate nel considerando precedente, in particolare il fatto che il ricorrente, uomo d'affari d'esperienza, sia stato pesantemente condannato per reati oggettivamente gravi - compiuti durante un periodo limitato, ma ancora vicino nel tempo (gennaio 2009) e inoltre con implicazioni economiche milionarie (come detto, almeno pari a 19 milioni di euro) - permettevano infatti di considerare lo stesso come una minaccia attuale, effettiva e sufficientemente grave per l'ordine pubblico, quindi di negare una prognosi più positiva nei suoi confronti (art. 5 cpv. 1 Allegato I ALC; sentenza 2C_110/2012 del 26 aprile 2012 consid. 3, nella quale il Tribunale federale si è espresso su un divieto d'entrata di cinque anni pronunciato nei confronti di una persona, che era stata ritenuta colpevole di una serie di truffe compiute in Svizzera, per un ammontare complessivo di fr. 3'966'000.--, nonché per reati di carattere analogo compiuti in Italia, per un ammontare di euro 3'285'000). 
Per quanto precede, la censura con la quale viene messo a priori in discussione il diritto di pronunciare un divieto d'entrata nei confronti del ricorrente risulta infondata. 
 
 
4.3. A miglior fortuna non sono però destinate nemmeno le ulteriori critiche sollevate, invero solo a titolo abbondanziale, nel ricorso.  
 
4.3.1. L'insorgente sostiene che la sentenza impugnata non sarebbe stata "debitamente motivata", in quanto non spiegherebbe perché il divieto d'entrata debba essere fissato a cinque anni invece che a quattro o a tre.  
Formulata in questi succinti termini, senza aggiungere spiegazione alcuna, la sua critica appare difficilmente ammissibile; indipendentemente da ciò, non può essere in ogni caso condivisa. Questo perché nel ricorso davanti all'istanza inferiore egli si limitava a concludere di non vedere "sulla base di quali considerazioni la decisione impugnata estenda il divieto d'entrata oltre la durata massima di principio prevista di cinque anni" e quindi nemmeno chiedeva rispettivamente faceva valere ragioni concrete e pertinenti per un'ulteriore diminuzione dei suoi effetti nel tempo. 
 
4.3.2. In base agli accertamenti di fatto contenuti nel giudizio impugnato, che il ricorrente non mette validamente in discussione e che vincolano pertanto anche il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF), simili ragioni non sono per altro in concreto ravvisabili.  
Alla colpa del ricorrente - che, per quanto già rilevato in relazione al riconoscimento del requisito della minaccia effettiva e sufficientemente grave per l'ordine pubblico ai sensi dell'art. 5 Allegato I ALC, dev'essere valutata siccome grave (precedente consid. 4.2) - egli non ha infatti contrapposto nessun comprovato motivo o inconveniente di carattere personale rispettivamente nessun particolare legame con la Svizzera, ai sensi della giurisprudenza (DTF 139 II 121 consid. 6.5.1 pag. 132; DTF 135 II 377 consid. 4.3 pag. 381; sentenza 2C_1045/2011 del 18 aprile 2012 consid. 2.4). Al contrario; dal giudizio impugnato emerge in effetti piuttosto che l'interessato ha fatto rientro in Italia e non intrattiene con la Svizzera più rapporto alcuno. 
Benché sarebbe stato auspicabile che il Tribunale amministrativo federale svolgesse in proposito un discorso più esplicito e strutturato, tenendo inoltre ben distinta la questione del sussistere degli estremi per la pronuncia di un divieto d'entrata di durata superiore a cinque anni da quella della proporzionalità (al riguardo, cfr. il già citato DTF 139 II 121 consid. 6 pag. 129 seg.), anche la conclusione secondo cui il divieto d'entrata poteva essere lecitamente pronunciato per una durata di cinque anni risulta quindi condivisibile. 
 
5.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso - con cui veniva richiesto l'annullamento rispettivamente la riforma dei p.ti 2, 3 e 4 del dispositivo del giudizio del Tribunale amministrativo federale - è di conseguenza integralmente respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF); non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
3.   
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, all'Ufficio federale della migrazione e al Tribunale amministrativo federale, Corte III.  
 
 
Losanna, 20 dicembre 2013 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Zünd 
 
Il Cancelliere: Savoldelli