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{T 0/2} 
6S.500/2001 MDE 
 
CORTE DI CASSAZIONE PENALE 
*************************************************** 
 
Seduta del 26 febbraio 2002 
 
Composizione della Corte: giudici federali Schubarth, pre- 
sidente della Corte, Wiprächtiger, Kolly, Karlen e Ramelli, 
supplente. 
Cancelliera: Bino. 
 
_______ 
 
Visto il ricorso per cassazione proposto il 22 luglio 2001 
da A.________, patrocinato dall'avv. Filippo Gianoni, Bel- 
linzona, contro la sentenza del 3 luglio 2001 emanata dalla 
Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale 
d'appello del Cantone Ticino nell'ambito del procedimento 
penale aperto nei suoi confronti per violenza carnale, 
sequestro di persona e rapimento; 
R i t e n u t o i n f a t t o : 
 
A.- Il 26 settembre 2000 A.________, veniva posto 
in stato di accusa per violenza carnale, sequestro di per- 
sona e rapimento. Era accusato di avere costretto, la notte 
tra il 28 e 29 marzo 2000, la cittadina brasiliana 
B.________ a subire con minaccia, violenza e pressioni psi- 
cologiche la congiunzione carnale nel di lui appartamento, 
tenendola sotto chiave e sotto tiro di una pistola giocat- 
tolo fino a quando, alle ore 9.45 dell'indomani, si calava 
da un balconcino e trovava rifugio nell'appartamento sotto- 
stante. 
 
B.- Il 30 novembre 2000 la Corte delle assise cri- 
minali, riunita a Bellinzona, riconosceva A.________ colpe- 
vole di sequestro di persona per avere tenuto rinchiusa nel 
proprio appartamento, sotto la minaccia di una pistola 
giocattolo, B.________ dalle ore 7.00 alle ore 9.45 di 
mercoledì 29 marzo 2000; lo proscioglieva dell'accusa di 
violenza carnale e rapimento per i fatti che precedevano le 
ore 7.00 di quel giorno, e lo condannava, computato il 
carcere preventivo sofferto, a 18 mesi di reclusione nonché 
all'espulsione dal territorio svizzero per una durata di 5 
anni, sospesa con un periodo di prova di 2 anni, nonché al 
versamento a B.________ di fr. 5'000.-- per torto morale, 
di fr. 184.-- per danni materiali - con rinvio dell'inte- 
ressata al foro civile per la quantificazione di ulteriori 
pretese civili - e di fr. 6'000.-- per ripetibili. 
 
C.- Il 3 luglio 2001 la Corte di cassazione e di 
revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino 
(CCRP) accoglieva parzialmente il ricorso di A.________ e 
riformava la sentenza impugnata nel senso che la pena 
inflittagli veniva ridotta a 6 mesi di detenzione. 
 
D.- Con tempestivo ricorso per cassazione, 
A.________ è insorto dinanzi al Tribunale federale contro 
la sentenza della CCRP e ne postula l'annullamento, con 
protesta di tasse e ripetibili. 
 
E.- Non sono state chieste osservazioni sul ricor- 
so. 
 
Considerando in diritto : 
 
1.- a) Il Tribunale federale esamina d'ufficio e 
con libero potere l'ammissibilità del rimedio esperito, 
senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti 
delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 127 III 41 con- 
sid. 2a; 126 I 81 consid. 1; 125 I 253 consid. 1a e rinvii, 
458 consid. 1). 
 
b) Il ricorso per cassazione può essere fondato 
unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269 
cpv. 1 della legge federale del 15 giugno 1934 sulla proce- 
dura penale [PP; RS 312.0]; v. anche Martin Schubarth, 
Nichtigkeitbeschwerde 2001 [Nichtigkeitbeschwerde], Berna 
2001, n. 149 e segg.). La Corte di cassazione penale del 
Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti di fatto 
dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e terza 
proposizione PP). La motivazione del ricorso non deve cri- 
ticare tali accertamenti né proporre eccezioni e impugna- 
zioni nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b PP). 
 
Il gravame, presentato dall'accusato, la cui legit- 
timazione è pacifica (art. 270 cpv. 1 lett. a PP; Schubarth 
[Nichtigkeitbeschwerde], op. cit., n. 81 e segg.), nel pie- 
no rispetto dei requisiti formali (art. 272 PP), è ammissi- 
bile. 
 
2.- a) In virtù dell'art. 183 cpv. 1 CP, è puni- 
bile per reato di sequestro di persona chi indebitamente 
arresta o tiene sequestrata una persona o la priva in altro 
modo della sua libertà personale. Il bene giuridico protet- 
to è la libertà di movimento. I presupposti sono adempiuti 
se la persona è privata della libertà di andare, di venire 
e di scegliere il luogo dove vuole stare. Non è necessario 
che la privazione di libertà sia di lunga durata, qualche 
minuto è sufficiente (Stefan Trechsel, Schweizerisches 
Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo 1997, ad 
art. 183, n. 7). Poco importa il modo in cui l'agente trat- 
tiene la sua vittima (Martin Schubarth, Kommentar zum 
schweizerischen Strafrecht [Kommentar], Vol. 3, Berna 1994, 
ad art. 183, n. 14-20); una persona può essere sequestrata 
ricorrendo alla minaccia, alla violenza, oppure sottraendo- 
le ciò di cui ha bisogno per partire o ponendola in condi- 
zioni tali da impedirle comprensibilmente di andarsene 
(Bernard Corboz, Les principales infractions, Berna 1999, 
Vol. II, ad art. 183, n. 5-9/14-15 e rinvii; Günter Stra- 
tenwerth, Straftaten gegen Individualinteressen, BT I, 
Berna 1995, 5a ed., n. 26, pag. 117). 
 
b) È accertato in modo insindacabile (art. 277bis 
cpv. 1 e 273 cpv. 1 lett. b PP) che verso le ore 7.00 del 
mattino del 29 novembre 2000, dopo aver avuto rapporti 
sessuali con il ricorrente, la resistente, dicendo di vole- 
re prendere dal portafoglio di quest'ultimo fr. 20.-- per 
pagare un taxi e rientrare a casa, prelevava in realtà fr. 
230.--, ossia tutto il denaro ivi contenuto. Resosene con- 
to, il ricorrente ne pretendeva la restituzione immediata. 
Nasceva così un'accesa discussione. Egli chiudeva a chiave 
la porta dell'appartamento per obbligare l'interessata a 
restituire il maltolto, impedendole di partire. La minac- 
ciava poi con una pistola giocattolo, che sembrava vera, e 
ricuperava il denaro sottratto. Dopodiché, tratteneva la 
vittima nell'appartamento, temporeggiando, tergiversando e 
comportandosi in modo tale da gettarla in uno stato di 
terrore e di angoscia così profondo da indurla a gettarsi 
dal terrazzino dell'appartamento. 
 
c) La CCRP ha ritenuto che il ricorrente, una 
volta accortosi della somma sottratta e in virtù del suo 
diritto di ottenerne senza indugio la restituzione (art. 
926 cpv. 2 CC e 32 CP), poteva trattenere la resistente il 
tempo necessario - una ventina di minuti al massimo - alla 
polizia locale per giungere sul posto. Avendola costretta a 
rimanere nell'appartamento senza motivo apparente, egli si 
è reso colpevole di sequestro di persona per tutto il tempo 
che ha ecceduto quanto sarebbe occorso al normale interven- 
to delle forze dell'ordine, ossia per più di 2 ore. 
 
d) È d'uopo premettere che, di regola, il fermo di 
una persona sospettata di aver perpetrato un reato è legit- 
timo solo se si fonda su un ordine di arresto pronunciato 
dalle autorità competenti. Ma non sempre è possibile emana- 
re l'ordine di arresto in tempo; ragion per cui, 
eccezionalmente e di fronte all'urgenza, le forze 
dell'ordine ed anche i singoli cittadini possono arrestare 
un indiziato (Schubarth [Kommentar], op. cit., ad art. 183, 
n. 33-34). L'art. 99 del Codice di procedura penale 
ticinese (CPP/TI), applicato a ragione dalla CCRP, prevede 
che l'autore colto in flagrante o quasi flagrante reato può 
essere arrestato da "chiunque". Il fermo da parte di un 
singolo cittadino deve 
avere per scopo di ovviare al pericolo di fuga del malfat- 
tore per poi consegnarlo alla polizia (Schubarth [Kommen- 
tar], op. cit., ad art. 183, n. 36). Nello stesso ordine di 
idee s'inserisce l'incontestabile diritto dell'offeso di 
trattenere l'offensore per ricuperare una cosa sottratta in 
modo illecito ai sensi dei combinati disposti degli art. 
926 cpv. 2 CC e 32 CP. L'esercizio di tale diritto deve 
durare il meno possibile; ogni costrizione non necessaria 
costituisce una privazione di libertà arbitraria anche se 
giustificata all'origine (Schubarth [Kommentar], op. cit., 
ad art. 183, n. 37). Essendo accertato in modo insindaca- 
bile (art. 277bis cpv. 1 e 273 cpv. 1 lett. b PP) che circa 
20 minuti sarebbero occorsi alla polizia locale per giunge- 
re all'appartamento e che la resistente poteva ragionevol- 
mente essere presunta l'autrice del furto, il ricorrente 
aveva il diritto di trattenerla solo durante quei pochi mi- 
nuti; dopodiché - il denaro essendo per di più stato resti- 
tuito - il sequestro litigioso non aveva più alcun fonda- 
mento e, pertanto, era illecito. 
 
e) Il ricorrente sostiene che la sua condanna per 
sequestro di persona viola l'art. 183 n. 1 CP poiché, rien- 
trato in possesso dell'ammanco in modo legittimo, egli non 
ha più compiuto alcun atto suscettibile di ostacolare la 
libertà di movimento della resistente. 
 
f) L'argomentazione del ricorrente è manifestamen- 
te contraddetta dagli accertamenti operati in sede cantona- 
le da cui risulta, in modo insindacabile (art. 277bis cpv. 
1 e 273 cpv. 1 lett. b PP), che egli aveva ammesso davanti 
agli inquirenti di aver trattenuto la resistente anche dopo 
la restituzione dell'ammanco, in particolare temporeggiando 
e mettendosi a guardare la televisione. Inoltre, benché a 
suo dire avesse avuto l'intenzione di riaccompagnarla a 
casa verso le ore 9.30, alle ore 9.45 non lo aveva ancora 
fatto. Non risulta altresì che, dopo aver riottenuto il 
denaro, il ricorrente avesse aperto la porta del suo appar- 
tamento o dato la chiave alla sua vittima. Contrariamente a 
quanto sostenuto nell'impugnativa, la resistente non era 
libera di andarsene quando e come meglio credeva: era rin- 
chiusa nell'appartamento, in un palese stato di eccitazione 
e di angoscia esacerbato dal comportamento ostinato del suo 
carceriere, insensibile alle sue implorazioni al punto da 
proporle di avere altri rapporti sessuali. Il suo sequestro 
è durato fino a quando, esasperata e non potendo credere, 
vista anche la presenza dell'arma, di poter partire senza 
pericolo (Corboz, op. cit., n. 15 e Schubarth [Kommentar], 
op. cit., ad art. 183, n. 20 e 21), si è calata dal terraz- 
zino sottraendosi così, dopo più di 2 ore di prigionia, 
all'imperio del ricorrente (DTF 119 IV 216 consid. 2f). 
Pertanto, condannando quest'ultimo per sequestro di persona 
per il lasso di tempo che andava oltre il necessario per la 
chiamata e l'arrivo della polizia locale, la CCRP non ha 
violato il diritto federale. 
 
3.- a) In via subordinata, il ricorrente contesta 
la pena inflittagli che considera eccessiva e lesiva dell' 
art. 63 CP
 
b) Secondo l'art. 63 CP, il giudice commisura la 
pena essenzialmente alla colpa del reo. Questa disposizione 
non elenca in modo dettagliato ed esauriente gli elementi 
pertinenti per la commisurazione. La giurisprudenza, a cui 
si rinvia, li ha interpretati in modo diffuso (v. da ultimo 
DTF 127 IV 101 consid. 2). In questa sede è sufficiente ri- 
levare che il giudice di merito, più vicino ai fatti, frui- 
sce di un'ampia autonomia. Il Tribunale federale interviene 
solo quando egli cade nell'eccesso o nell'abuso del suo 
potere di apprezzamento, ossia laddove la pena fuoriesca 
dal quadro legale, sia valutata in base a elementi estranei 
all'art. 63 CP o appaia eccessivamente severa o clemente 
(DTF 127 IV 101 consid. 2c; 123 IV 49 consid. 2a; 122 IV 
299 consid. 2a, 241 consid. 1a, 156 consid. 3b; 121 IV 193 
consid. 2a, 3 consid. 1a; 120 IV 136 consid. 3a). 
 
c) La CCRP ha ridotto, in quanto eccessivamente 
severa, la pena pronunciata dai primi giudici da 1 anno e 6 
mesi di reclusione a 6 mesi di detenzione. Essa ha negato 
che il sequestro fosse qualificato poiché il ricorrente 
aveva impugnato la pistola giocattolo solo per riavere il 
denaro ed evitare che la donna "spaccasse tutto" o "facesse 
casino". Ha comunque precisato che la colpa di quest'ultimo 
era tutt'altro che leggera: egli aveva agito in modo tale 
da profondere nella resistente, per 2 ore abbondanti, ango- 
scia e terrore, fino a spingerla, a rischio della sua vita, 
a calarsi dal terrazzino. A favore del reo ha ribadito che 
all'origine della vicenda vi era un furto, che il fermo 
della donna all'inizio era legittimo e che il sequestro di 
persona non era il frutto di una fredda premeditazione ben- 
sì di una situazione degenerata in un acceso diverbio. Ha 
ricordato poi i precedenti penali dell'interessato, senza 
tuttavia conferire loro un peso particolare, ossia la con- 
danna del 5 giugno 1991 a 15 giorni di detenzione e a una 
multa fr. 150.-- per furto d'uso, nonché la condanna dell' 
11 febbraio 1994 a una multa di fr. 900.-- per infrazione 
grave alla circolazione stradale. Ha constatato in seguito 
la recidiva dovuta a una precedente condanna pronunciata il 
9 ottobre 1997 a 3 anni di reclusione per ripetuta infra- 
zione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti, 
condanna sospesa per dare luogo al collocamento del ricor- 
rente in un istituto per tossicomani in applicazione dell' 
art. 44 CP; ha ritenuto poi che l'aggravante della recidi- 
va, benché non andasse sopravvalutata, giustificava per lo 
meno l'aumento della pena di base di un mese. Ha infine te- 
nuto conto che il ricorrente è padre di una figlia e che, 
da quando è stato liberato condizionalmente il 14 marzo 
1998 dall'istituto per tossicomani, non ha più commesso de- 
litti sotto l'influsso di droghe ed ha sempre lavorato. 
 
d) Il ricorrente si duole del peso eccessivo ac- 
cordato alla recidiva e di un ingiustificabile duplice 
computo di quest'ultima: dapprima nell'apprezzamento dei 
suoi precedenti penali e in seguito come recidiva. 
 
e) La CCRP ha considerato il carattere problemati- 
co dell'aggravante della recidiva quando, come nella fatti- 
specie, si riferisce ad un illecito senza relazione alcuna 
con il reato successivo. Nel gravame non vengono addotte 
valide ragioni per cui l'aumento della pena di base di un 
mese debba essere considerato come eccessivo al punto da 
costituire un abuso del potere di apprezzamento. Per quanto 
concerne infine il preteso duplice computo, la critica 
appare infondata poiché, come testé visto (v. supra, con- 
sid. 3c in fine), la CCRP ha ponderato la condanna del 9 
ottobre 1997 esclusivamente nell'ambito della recidiva. 
 
f) Il ricorrente considera altresì la pena inflit- 
tagli come manifestamente eccessiva se paragonata a quelle 
irrogate in casi simili. A sostegno della sua tesi egli 
cita la DTF 101 IV 402 in cui l'agente colpevole di avere 
sequestrato una persona per 8 ore era stato sanzionato con 
una pena di 3 mesi di detenzione, e la DTF 104 IV 170 in 
cui per aver trattenuto una persona per 2 ore e mezza con 
la forza, l'agente era stato condannato alla pena di 3 mesi 
e 20 giorni di detenzione. 
 
g) Secondo giurisprudenza costante, non spetta 
alla Corte di cassazione del Tribunale federale vegliare 
affinché le singole pene corrispondano tra di loro scrupo- 
losamente; tale controllo sarebbe contrario al principio 
dell'individualizzazione della pena voluta dal legislatore 
(DTF 124 IV 44 consid. 2c). Quanto precede vale anche quan- 
do, per dimostrare un preteso insostenibile rigore della 
pena irrogata, il ricorrente invochi condanne pronunciate 
in situazioni da lui ritenute analoghe alla sua (DTF 116 IV 
292 consid. 2). Considerati gli innumerevoli fattori che 
intervengono nella commisurazione della pena, i paragoni 
con altre cause relative a circostanze di fatto diverse si 
rivela per lo più infruttuoso. Non è inoltre sufficiente, 
come fa il ricorrente, richiamare uno o due casi dove in 
apparenza sono state pronunciate pene meno severe per dimo- 
strare che la sanzione sia così severa da costituire un 
abuso del potere di apprezzamento (v. DTF 120 IV 136 con- 
sid. 3a). La Corte cantonale ha comunque ponderato con ri- 
gore gli elementi determinanti per la commisurazione della 
pena impugnata. Ma non solo. Per motivare la riduzione 
dell'eccessiva sanzione pronunciata dai primi giudici si è 
riferita lei stessa a precedenti giurisprudenziali. In 
siffatte circostante la censura è infondata. 
 
h) Il ricorrente sostiene infine che la CCRP non 
ha tenuto sufficientemente conto delle conseguenze giuridi- 
che della pena inflittagli. 
 
i) La Corte cantonale ha esaminato in modo diffuso 
l'inevitabile applicazione dell'art. 45 n. 3 cpv. 1 che 
prevede il ripristino del collocamento in istituto o l'ese- 
cuzione delle pene sospese per il liberato che è condannato 
a una pena privativa di libertà superiore a 3 mesi per un 
crimine o un delitto commessi durante il periodo di prova. 
Ha espresso il suo scetticismo a proposito delle conseguen- 
ze sulla risocializzazione dell'espiazione della pena resi- 
dua di 32 mesi di reclusione a cui dovrà verosimilmente 
sottomettersi il ricorrente; ha concluso tuttavia che la 
pena litigiosa non poteva essere dimezzata per questo solo 
motivo. 
 
l) Il ragionamento della CCRP non da adito a cri- 
tica. È doveroso, nell'ambito della commisurazione della 
pena, evitare nella misura del possibile sanzioni che osta- 
colino il reinserimento del condannato, tenendo conto tra 
l'altro degli effetti della condanna sulla sua vita (DTF 
127 IV 97 consid. 3; 118 IV 342 consid. 2; 119 IV 125 con- 
sid. 3b). In particolare, il giudice può ridurre una pena 
apparentemente adeguata alla colpa del reo se le conseguen- 
ze sull'esistenza futura del condannato appaiono eccessiva- 
mente severe (Matthias Härri, Folgenberücksichtigung bei 
der Strafzumessung, in: RPS 116/1998, pagg. 212-214 e in 
particolare il rinvio all'art. 49 cpv. 1 dell'avamprogetto 
della Commissione peritale sulla revisione delle disposi- 
zioni generali del Codice penale svizzero il quale prevede 
esplicitamente che, commisurando la pena, il giudice deve 
ponderarne l'effetto prevedibile sull'esistenza futura 
dell'agente; Hans Wiprächtiger, Strafzumessung und beding- 
ter Strafvollzug - eine Herausforderung für die Strafbehör- 
den, in: RPS 114/1996, pag. 440; v. anche sulla pratica dei 
tribunali tedeschi Eckhard Horn, Systematischer Kommentar 
zum Strafgesetzbuch, Allgemeiner Teil, 7a ed., 2001, § 46, 
n. 137 e segg.). Ciò non toglie che l'elemento determinante 
resta comunque la proporzione con la colpa del reo (DTF 127 
IV 97 consid. 3). La CCRP - senza violare il diritto 
federale - ha ritenuto che una pena di 6 mesi, per quanto 
severa, è adeguata alla colpa del ricorrente. Non vi è 
ragione di ridurla della metà per evitare l'espiazione 
della pena sospesa al momento della condanna del 9 ottobre 
1997. La soluzione potrebbe essere diversa se la sanzione 
impugnata fosse vicina al limite legale di 3 mesi al di 
sotto del quale non vi è luogo d'applicare l'art. 45 n. 3 
cpv. 1 CP. Tale era il caso nella DTF 119 IV 125, richia- 
mata a ragione dalla Corte cantonale, ove al condannato, 
che si era emendato notevolmente, era stata inflitta una 
sanzione di 4 mesi di detenzione (v. anche la giurispruden- 
za costante che impone di commisurare la pena tenendo con- 
to, tra l'altro, del limite di 18 mesi a cui soggiace la 
sospensione condizionale in virtù dell'art. 41 n. 1 CP
ultima in data DTF 127 IV 97 consid. 3). È inoltre accerta- 
to che il ricorrente era stato formalmente avvertito delle 
conseguenze di un'eventuale recidiva e, pertanto, perfetta- 
mente cosciente delle conseguenze a cui si sarebbe esposto 
se avesse deluso la fiducia in lui riposta. Di poco rilievo 
appaiono sotto questo profilo la sua buona condotta dopo la 
liberazione condizionale e il fatto che sia divenuto padre 
di una bambina. Riguardo alla sua recente paternità, e con- 
trariamente alla fattispecie oggetto della giurisprudenza 
citata nel gravame (sentenza 6S.596/2000 del 22 febbraio 
2001, consid. 3b), non sono stati accertati elementi di 
fatto atti a fare temere che la separazione da sua figlia 
lo colpirebbe in modo così grave e particolare da dover 
influire sulla commisurazione della pena (DTF 102 IV 231 
consid. 3ab inizio). 
 
m) Un'eventuale sospensione condizionale della pe- 
na - che permetterebbe di eludere le conseguenze dell'art. 
45 n. 3 cpv. 1 CP - è infine esclusa poiché mancano i pre- 
supposti oggettivi. In virtù dell'art. 41 n. 1 cpv. 2 CP la 
sospensione non è ammissibile se, nei 5 anni precedenti il 
reato commesso, il condannato ha scontato una pena di re- 
clusione o di detenzione superiore a 3 mesi per un crimine 
o un delitto intenzionale. Una privazione di libertà subita 
in esecuzione di una misura ai sensi degli art. 43, 44, 91 
o 100bis CP non costituisce una ragione obiettiva per nega- 
re la sospensione condizionale (DTF 113 IV 10 consid. 1c). 
Pertanto, il periodo che il ricorrente ha trascorso in uno 
stabilimento per tossicomani prima della sua liberazione 
non è determinante. Tuttavia, secondo giurisprudenza co- 
stante, nell'ambito dell'art. 41 CP il carcere preventivo è 
assimilato alla pena privativa di libertà sulla quale esso 
è computato (DTF 110 IV 65 consid. 3, 109 IV 8; v. anche 
Trechsel, op. cit., ad. art. 41, n. 24, 25 e 27). Nella 
fattispecie è accertato che il ricorrente ha parzialmente 
scontato la pena di 3 anni di reclusione pronunciata il 9 
ottobre 1997 in carcere preventivo dal 13 settembre 1995 al 
22 aprile 1996, ossia per più di 4 mesi. Tale durata è sta- 
ta computata sulla pena prima che la sua esecuzione fosse 
sospesa a favore del collocamento in un istituto per tossi- 
comani. Pertanto, la sospensione condizionale è oggettiva- 
mente esclusa. 
 
n) La pena litigiosa appare dura, come lo rivela 
la stessa Corte cantonale, ma non eccessiva al punto da 
costituire un abuso del potere di apprezzamento del giudice 
di merito. Al riguardo, come testé visto, il ricorrente non 
cita alcun elemento determinante. Pertanto, il diritto 
federale non è stato violato. 
 
4.- Il gravame è circoscritto all'azione penale; 
essendo quest'ultimo infondato, non vi è ragione di esami- 
nare nel merito la condanna per quanto concerne le pretese 
civili (Schubarth [Nichtigkeitbeschwerde], op. cit., n. 276 
e rinvii). Le spese seguono la soccombenza (art. 278 PP). 
 
Per questi motivi 
 
i l T r i b u n a l e f e d e r a l e 
 
p r o n u n c i a : 
 
1. Il ricorso è respinto. 
 
2. La tassa di giustizia di fr. 2000.-- è posta a 
carico del ricorrente. 
 
3. Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, 
alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribuna- 
le d'appello e al Ministero pubblico del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 26 febbraio 2002 
 
In nome della Corte di cassazione penale 
del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: 
Il Presidente, 
 
La Cancelliera,