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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
1C_237/2025  
 
 
Sentenza del 29 agosto 2025  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Haag, Presidente, 
Chaix, Müller, Merz, Pont Veuthey, Giudice supplente, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
patrocinato dall'avv. Marco Broggini, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Consiglio della Magistratura della Repubblica e Cantone Ticino, 
via Pretorio 16, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
Procedura amministrativa, decisione di destituzione di un giudice, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 25 marzo 2025 dalla Commissione di ricorso sulla magistratura della Repubblica e Cantone Ticino (05/2024). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
A.________ è stato nominato Pretore del Distretto di Vallemaggia nel giugno 2006 (art. 37 della legge sull'organizzazione giudiziaria ticinese del 10 maggio 2006, LOG; RL 177.100). In tale veste egli ha ricoperto anche il ruolo di giudice della Pretura penale, che giudica principalmente le contravvenzioni e i delitti e i crimini per il quali il procuratore pubblico propone la pena detentiva fino a tre mesi (art. 41 LOG). Il 19 ottobre 2020 il Gran Consiglio lo ha eletto quale quinto giudice del Tribunale penale cantonale (TPC, una Sezione del Tribunale di appello; art. 42 cpv. 1 lett. c e art. 50 LOG), carica che ha assunto a fine gennaio 2021. Da allora il TPC ha avuto la seguente composizione: giudici B.________ (presidente), C.________ (vicepresidente), D.________, E.________ e A.________. 
 
B.  
Con segnalazione del 12 aprile 2024, il presidente B.________ e i giudici C.________ e D.________ hanno segnalato al Consiglio della magistratura (in seguito: CdM) i loro colleghi A.________ e E.________ per una pretesa difficile situazione venutasi a creare in seno al TPC a causa di comportamenti asseritamente imputabili ai predetti, che avrebbero compromesso il buon funzionamento del Tribunale. Con decisione del 23 aprile 2024 il CdM ha disposto l'apertura di un procedimento disciplinare nei confronti dei due citati giudici (inc. 49.2024.19 per A.________). Il 24 maggio 2024 si è tenuta un'udienza tra il plenum del CdM e i cinque giudici del TPC per tentare una conciliazione tra le parti. 
 
C.  
Il 26 giugno 2024 una segretaria del TPC ha inviato al CdM, nell'ambito di un procedimento disciplinare pendente a carico del presidente B.________ aperto a seguito di una segnalazione della segretaria, una fotografia raffigurante una signora seduta su una panchina in mezzo a due grandi statue di forma fallica recante la scritta "Ufficio penale" (riprodotta a pag. 7 della decisione del 10 dicembre 2024 di destituzione del CdM, della quale si dirà in seguito), che quest'ultimo le aveva inviato nel febbraio dell'anno precedente via WhatsApp. 
 
D.  
Il 20/22 luglio 2024 A.________ e E.________ hanno segnalato/querelato penalmente i loro tre colleghi del TPC per i reati di diffamazione e calunnia ripetuta e, nei confronti del presidente B.________, di pornografia (art. 197 CP) per aver inviato alla segretaria la citata fotografia, costituendosi accusatori privati. La notizia è stata largamente ripresa dai mass media ticinesi. A fine estate 2024, a seguito della difficile situazione interpersonale venutasi a creare all'interno del TPC, la Commissione amministrativa del Tribunale di appello ha diviso le due fazioni con lo spostamento interno di quella composta da A.________ e E.________. 
 
E.  
Il 4 settembre 2024 il Procuratore Pubblico straordinario nominato dal Consiglio di Stato ha emanato un decreto di non luogo a procedere per il reato di pornografia, decisione cresciuta in giudicato. Il 1° ottobre 2024 ha poi emanato un decreto di non luogo a procedere anche per i prospettati reati di diffamazione e calunnia ripetuta, decreto confermato dalla Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello. Il ricorso presentato da A.________ contro questa decisione è stato respinto in quanto ammissibile dal Tribunale federale con sentenza 7B_124/2025 dell'8 aprile 2025. 
 
F.  
Il 9 settembre 2024 è stato aperto un ulteriore procedimento disciplinare nei confronti di A.________ (inc. no. 49.2024.45) e di E.________ (inc. no. 49.2024.44) per aver denunciato, senza fondamento, il presidente per il reato infamante di pornografia. I due magistrati hanno inoltrato istanze di ricusa nei confronti dell'intero CdM, che le ha evase direttamente, ritenendole inammissibili. I ricorsi da loro presentati contro la conferma di queste sentenze da parte della Commissione di ricorso sulla magistratura sono stati respinti in quanto ammissibili dal Tribunale federale (sentenze 1C_38/2025 e 1C_40/2025 del 20 febbraio 2025). 
Il 9 ottobre 2024 i procedimenti disciplinari a carico di A.________ e E.________ sono stati estesi anche al fatto d'aver querelato i loro tre colleghi per i reati contro l'onore da loro asseritamente commessi con la citata segnalazione del 12 aprile 2024. 
 
G.  
Il 27 novembre 2024 il CdM ha inflitto a A.________ una multa disciplinare di fr. 5'000.-- per violazione dell'art. 19 LOG, fondata in particolare sul divieto per un magistrato di esercitare l'avvocatura. Questa decisione non è ancora cresciuta in giudicato, essendo oggetto di un ricorso presso la Commissione di ricorso sulla magistratura. 
 
H.  
Il 19 dicembre 2024 A.________ ha riproposto la richiesta, già avanzata dinanzi al CdM, di acquisire agli atti del procedimento disciplinare nei suoi confronti l'incarto presso il CdM relativo al procedimento disciplinare a carico del presidente B.________ come pure, presso la Commissione amministrativa del Tribunale di appello, quello concernente una segretaria del TPC che si riteneva vittima di mobbing da parte di una collega, comprensivo del rapporto del 25 settembre 2024 stilato da un'esperta esterna. Con decisione del 27 febbraio 2025 la Commissione di ricorso sulla magistratura ha respinto l'istanza di assumere le citate prove. 
 
I.  
Il 10 dicembre 2024 il CdM ha pronunciato la destituzione con effetto immediato di A.________ dalla carica di giudice del Tribunale d'appello (inc. n. 49.2024.45), e con separata sentenza di stessa data anche di E.________. Una richiesta di concessione dell'effetto sospensivo è stata respinta con decisione 14 gennaio 2025 dalla Commissione di ricorso sulla magistratura. A.________ ha impugnato la sentenza di destituzione dinanzi alla Commissione di ricorso sulla magistratura, chiedendone l'annullamento nonché la sua reintegrazione in via definitiva alla carica di giudice. Con decisione del 25 marzo 2025 quest'ultima ne ha respinto il ricorso. 
 
J.  
Avverso questa sentenza il 9 maggio 2025 A.________ presenta al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico, subordinatamente un ricorso sussidiario in materia costituzionale. Chiede di annullare la decisione sulle prove del 27 febbraio 2025 e la sentenza del 25 marzo 2025, entrambe della Commissione di ricorso sulla magistratura. 
 
K.  
Il CdM, rinviando alla decisione del 10 dicembre 2024, propone la reiezione del gravame. La Commissione di ricorso non formula osservazioni e si rimette al giudizio del Tribunale federale chiedendo la conferma della decisione impugnata. Con scritto del 2 giugno 2025 il ricorrente comunica di rinunciare a una replica. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale vaglia d'ufficio e con piena cognizione se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 151 II 68 consid. 1; 150 II 346 consid. 1.1).  
 
1.2. Presentato tempestivamente contro una decisione dell'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF in relazione con l'art. 85a cpv. 4 LOG, secondo cui la decisione della Commissione di ricorso sulla magistratura è inappellabile e immediatamente esecutiva), il ricorso, sotto questo profilo, è di massima ammissibile.  
 
1.3. Giusta l'art. 82 lett. a LTF, il ricorso di diritto pubblico è ammissibile avverso le decisioni pronunciate in cause di diritto pubblico. Il diritto disciplinare rientra nell'ambito del diritto amministrativo (cfr. DTF 108 Ia 230 consid. 2b). I magistrati dell'ordine giudiziario ticinese sono eletti dal Gran Consiglio (art. 2 cpv. 1 LOG), sono retribuiti dallo Stato e sono soggetti a un potere disciplinare e di sorveglianza riservato al Consiglio della magistratura (art. 74 LOG). Si tratta di elementi tipici di un rapporto di lavoro fondato sul diritto pubblico (sentenze 1C_38/2025, citata, consid. 1.3 e 1C_577/2023 del 4 aprile 2024 consid. 1). La procedura disciplinare avviata nei confronti del ricorrente si è conclusa con la sua destituzione, la quale implica la perdita del suo salario. Essa concerne quindi una contestazione patrimoniale e il valore litigioso, sebbene l'istanza precedente non l'abbia indicato nella sentenza impugnata (art. 112 cpv. 1 lett. d LTF), supera chiaramente la soglia di fr. 15'000.00 stabilita dall'art. 85 cpv. 1 lett. b LTF. È quindi dato il ricorso in materia di diritto pubblico, motivo per cui quello sussidiario in materia costituzionale è inammissibile (cfr. art. 113 LTF).  
 
1.4. In materia di diritto pubblico si può far valere in particolare la violazione del diritto federale, che il Tribunale federale applica d'ufficio ed esamina liberamente (art. 106 cpv. 1 LTF; DTF 150 II 346 consid. 1.5.1; 150 I 154 consid. 2.1), e che comprende i diritti di natura costituzionale, il diritto internazionale come pure i diritti costituzionali cantonali (art. 95 lett. a-c LTF). Tranne i casi espressamente menzionati all'art. 95 LTF, questo rimedio non può tuttavia essere proposto per la violazione del diritto cantonale in quanto tale. È nondimeno possibile far valere che l'applicazione del diritto cantonale costituisce una violazione del diritto federale, in particolare ch'essa è arbitraria ai sensi dell'art. 9 Cost., o contraria a un altro diritto costituzionale (DTF 150 I 154 consid. 2.1; 145 I 108 consid. 4.4.1).  
Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il ricorso dev'essere tuttavia motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché e in che misura le diverse argomentazioni della decisione dell'autorità cantonale di ultima istanza violano il diritto (DTF 148 IV 205 consid. 2.6). Il Tribunale federale, che non è un'istanza di appello, esamina in linea di principio solo le censure sollevate (DTF 150 I 50 consid. 3.3.1; 150 IV 360 consid. 3.2.1). Quando il ricorrente invoca la violazione di diritti costituzionali, il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, vaglia le censure solo se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 150 V 340 consid. 2; 150 I 80 consid. 2.1). Come ancora si vedrà, l'atto di ricorso adempie solo parzialmente queste esigenze di motivazione. 
 
1.5. L'interpretazione e l'applicazione del diritto cantonale, sul quale si fonda la decisione impugnata (art. 80 LOG), sono esaminate dal Tribunale federale soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 150 I 80 consid. 2.1; 150 V 340 consid. 2). Per motivare l'arbitrio non basta tuttavia criticare semplicemente la decisione impugnata contrapponendole, come in concreto, un'interpretazione propria, ma occorre dimostrare per quale motivo l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove sono manifestamente insostenibili, in contraddizione palese con la situazione effettiva, gravemente lesivi di una norma o di un chiaro principio giuridico, o in contrasto intollerabile con il sentimento di giustizia e di equità (DTF 150 II 537 consid. 3.1; 150 IV 360 consid. 3.2.1). Non basta quindi ch'essa sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel risultato (DTF 147 II 454 consid. 4.4), ciò che spetta al ricorrente dimostrare (DTF 144 III 145 consid. 2). Non risulta per contro arbitrio dal fatto che anche un'altra soluzione potrebbe entrare in linea di conto o sarebbe addirittura preferibile (DTF 148 II 121 consid. 5.2).  
 
2.  
 
2.1. La Commissione di ricorso sulla magistratura ha statuito sulla base degli atti, senza istruttoria. Non ha quindi assunto altra documentazione, né sentito testimoni, richiamando al riguardo l'ordinanza sulle prove del 27 febbraio 2025. Il ricorrente critica anche questa decisione, con la quale la Commissione ha rifiutato di acquisire agli atti l'incarto presso il CdM relativo al procedimento disciplinare nei confronti del presidente B.________ nonché quello della Commissione amministrativa del Tribunale di appello inerente alla segretaria ritenutasi vittima di mobbing, comprensivo del rapporto di consulenza affidato dal Consiglio di Stato a un'avvocata (sull'accesso a questo rapporto vedi sentenza 1C_102/2025 del 7 luglio 2025). Nella sua richiesta del 25 febbraio 2025 il ricorrente riteneva indispensabile l'assunzione di queste prove per dimostrare che il clima venutosi a creare al TPC non sarebbe da imputare ai due giudici destituiti, nonché per contestualizzare al meglio la sua segnalazione al Ministero pubblico per l'ipotesi di reato di cui all'art. 197 CP.  
 
2.2. Secondo l'art. 93 cpv. 3 LTF, se il ricorso in virtù dei capoversi 1 e 2 non è ammissibile o non è stato interposto, le decisioni pregiudiziali e incidentali possono essere impugnate mediante ricorso contro la decisione finale in quanto influiscano sul contenuto della stessa. In concreto, trattandosi di una decisione incidentale sull'assunzione (negata) di mezzi di prova, tale condizione è di per sé adempiuta (GRÉGORY BOVEY, in: Commentaire de la LTF, 3aed. 2022, n. 46 ad art. 93). Tuttavia, in caso di impugnazione di una decisione pregiudiziale e incidentale nell'ambito del ricorso contro la decisione finale, il gravame dev'essere motivato in maniera conforme ai requisiti dell'art. 42 cpv. 2 LTF (sentenza 2C_395/2021 del 9 maggio 2023 consid. 2.1).  
 
2.3. Con la decisione del 27 febbraio 2025 la Commissione di ricorso sulla magistratura, sulla base di un apprezzamento anticipato delle prove, ha respinto l'istanza ritenendo che l'incarto concernente il presidente B.________, procedimento al quale il ricorrente non partecipa, riguarda un terzo e che il ricorrente non dimostrava comunque che la genesi del clima venutosi a creare e ciò che ne è seguito non sarebbe ricostruibile, perlomeno nei suoi tratti essenziali, dalle e-mail e dagli scritti prodotti agli atti, senza far capo a un fascicolo esterno al procedimento in esame. Ha osservato che la stessa conclusione vale anche per l'altro incarto, contenente il rapporto di un'esperta esterna, poiché non riguarderebbe la segnalante, ma si riferirebbe a un terzo, ossia la collega da lei segnalata. Visto che la prima non era parte al procedimento, come non lo è il ricorrente, egli non avrebbe diritto di accedervi, né dimostrerebbe perché tale accesso sarebbe necessario per accertare i fatti rilevanti per la vertenza che lo concerne.  
Al riguardo il ricorrente fa valere una violazione del diritto di essere sentito (art. 34 della legge ticinese sulla procedura amministrativa del 24 settembre 2013; LPAmm; RL 165.100), in particolare di richiedere l'assunzione delle prove ch'egli reputa pertinenti. Adduce che i fatti determinanti avrebbero potuto essere accertati soltanto con l'assunzione dei due citati incarti, poiché al suo dire i comportamenti del presidente sarebbero stati l'unica causa della situazione di malessere sempre più insostenibile creatasi negli ultimi anni al TPC. 
 
2.4. L'art. 34 LPAmm recita che le parti hanno il diritto di essere sentite. L'art. 25 cpv. 1 LPAmm dispone che l'autorità amministrativa accerta d'ufficio i fatti, non è vincolata alle domande di prova delle parti e valuta le prove secondo libero convincimento. Il ricorrente non adduce che questa norma sarebbe stata violata.  
Il diritto di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.) comprende il diritto per gli interessati di consultare l'incarto, di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di esigerne l'assunzione, di partecipare alla stessa e di potersi esprimere sulle relative risultanze nella misura in cui possano influire sulla decisione (DTF 148 II 73 consid. 7.3.1; 142 I 86 consid. 2.2). Questa garanzia non impedisce tuttavia all'autorità di procedere a un apprezzamento anticipato delle prove richieste e rinunciare ad assumerle, se è convinta che non potrebbero condurla a modificare il suo giudizio. Nell'ambito di tale valutazione le spetta un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene solo in caso di arbitrio (DTF 147 IV 534 consid. 2.5.1; 146 III 73 consid. 5.2.2). 
 
2.5. Certo, il ricorrente osserva che non si potrebbe rimproverargli di non aver motivato in maniera più esauriente la sua richiesta di assumere i citati mezzi di prova, di cui egli non poteva conoscere il contenuto determinante. Sostiene che il negato accesso a tali atti gli impedirebbe di dimostrare la situazione reale all'interno del TPC, in particolare che le accuse e i rimproveri addotti dagli altri tre giudici nei suoi confronti nella segnalazione del 12 aprile 2024 non sarebbero stati accertati né confermati. Insiste sul fatto che la procedura disciplinare nei confronti del presidente non sarebbe stata aperta soltanto per la nota immagine trasmessa alla segretaria, ma al suo dire per tutta une serie di affermazioni e atteggiamenti inaccettabili da lui tenuti per anni verso segretarie e magistrate. Sostiene che il comportamento del presidente sarebbe stata l'unica causa della situazione di malessere sempre più insostenibile creatasi negli ultimi anni al TPC. Adduce che occorrerebbe quindi acclarare tali fatti, antecedenti alla denuncia rimproveratagli, e che nulla hanno a vedere con la stessa.  
 
2.6. Con queste critiche egli parrebbe misconoscere che la fondatezza o meno dei rimproveri mossigli in altre situazioni, in particolare quelli indicati nella segnalazione dei suoi colleghi del 12 aprile 2024, non parrebbe essere stata esaminata né essi sono ritenuti nella decisione di destituzione. Ne segue che la mancata acquisizione dei richiesti mezzi di prova, rettamente non considerati rilevanti per il giudizio, è avvenuta sulla base di un apprezzamento anticipato non arbitrario delle prove e non viola pertanto l'art. 34 cpv. 1 LPAmm, né gli art. 9 e 29 cpv. 2 Cost. Nelle descritte circostanze, il ricorrente non dimostra inoltre in che misura la criticata decisione incidentale avrebbe influito sul contenuto di quella finale (art. 93 cpv. 3 LTF). Con le sue critiche egli disattende infatti che, secondo la decisione finale, l'unico motivo posto a fondamento della sua destituzione è l'inoltro della denuncia penale per pornografia, e non altri fatti avvenuti precedentemente all'interno del TPC, oggetto di procedure differenti e che esulano dal presente giudizio.  
 
2.7. Al riguardo il ricorrente accenna a un accertamento dei fatti incompleto. Ora, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Secondo l'art. 97 cpv. 1 LTF, egli può censurarlo soltanto se è stato svolto in modo manifestamente inesatto, vale a dire arbitrario (DTF 150 II 537 consid. 3.1; 150 II 346 consid. 1.6), o in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF e l'eliminazione del vizio può essere determinante per l'esito del procedimento. Egli deve tuttavia motivare la censura in modo chiaro e preciso, conformemente alle esigenze poste dall'art. 106 cpv. 2 LTF (DTF 150 V 340 consid. 2; 150 I 80 consid. 2.1). Come visto, il ricorrente insiste tuttavia a torto nel voler pretendere ulteriori accertamenti fattuali, che non sono tuttavia rilevanti né decisivi per statuire sul caso in esame.  
Ne segue che le censure ricorsuali contro la decisione incidentale, in larga misura peraltro meramente appellatorie e quindi inammissibili (DTF 150 I 50 consid. 3.3.1 in fine; 148 IV 205 consid. 2.6), sono infondate nel merito. Decisivo è in effetti il fatto che, secondo la decisione impugnata, la denuncia per pornografia non poteva comunque essere motivata o giustificata con gli antefatti realizzatesi precedentemente al TPC, conclusione risolutiva e determinante per l'esito della causa, della quale il ricorrente non dimostra l'arbitrarietà, né ciò è ravvisabile nelle descritte circostanze. Egli incentra in effetti il gravame sulla tesi, non decisiva, secondo cui gli antecedenti che avrebbero comportato la situazione di malessere creatasi al TPC sarebbero riconducibili soltanto all'agire del presidente, questione che esula dall'oggetto del litigio. 
 
3.  
 
3.1. Il ricorrente non fa valere che la disciplina istituita nel Cantone Ticino relativa alle misure disciplinari nei confronti dei magistrati non rispetterebbe le garanzie inerenti alla necessaria base legale, alla protezione giuridica e all'indipendenza garantite dagli art. 29a (DTF 150 I 191 consid. 2.1) e 30 Cost. o semmai dall'art. 6 n. 1 CEDU (cfr. DTF 147 I 219 consid. 2.2.1 e 2.3.3; MICHELLE ANGELA GROSJEAN, Justizräte in der Schweiz, 2025, sul Ticino pag. 423 e segg., in particolare n. 1030 pag. 438, n. 1035 pag. 439, n. 1049 segg. pag. 444; sul tema vedi YVES DONZALLAZ, La protection judiciaire des juges contre la non-élection, la non-réélection ou la révocation, in: 150 anni Tribunale federale, 2025, pag. 189 segg., pag. 193 seg., 207 seg., 213 seg.).  
 
3.2. Nel Cantone Ticino il potere disciplinare e di sorveglianza sui magistrati è infatti riservato al CdM (art. 74 cpv. 1 LOG). Il procedimento disciplinare può essere avviato d'ufficio o su segnalazione motivata di un'autorità o di un terzo (art. 81 cpv. 1 LOG). Al magistrato inquisito dev'essere assicurata la facoltà di essere sentito, di consultare gli atti e di addurre prove (art. 81 cpv. 3 LOG). Contro le decisioni del CdM è dato il ricorso alla Commissione di ricorso sulla magistratura (art. 85a LOG).  
Secondo l'art. 80 cpv. 1 LOG, nei confronti del magistrato inadempiente nell'esercizio delle sue funzioni o che, con il suo comportamento, offende la dignità della magistratura, il Consiglio della magistratura può infliggere, anche cumulativamente, le seguenti sanzioni disciplinari: 
a) l'ammonimento; 
b) la multa sino a tre stipendi mensili lordi, ritenuto un minimo di fr. 10'000.--; c) la sospensione sino a 12 mesi con decadenza del diritto di percepire l'onorario; 
d) la destituzione dalla carica di presidente o vicepresidente o il divieto di assumerla per un periodo fino a dieci anni; 
e) il trasferimento del magistrato ad altro ufficio giudiziario o ad altra funzione nello stesso ufficio giudiziario; 
f) il divieto di svolgere altre attività (art. 19 cpv. 4); 
g) la destituzione. 
2 Nella commisurazione della sanzione disciplinare devono essere considerati la rilevanza del fatto, il grado di colpa e il comportamento anteriore del magistrato. 
3 Il magistrato destituito diventa ineleggibile a qualsiasi carica giudiziaria. 
4 Al magistrato destituito viene versata unicamente la prestazione di libero passaggio (...). 
 
3.3. Il ricorrente accenna dapprima a una presunta violazione dell'art. 32 cpv. 1 Cost., secondo cui, nell'ambito della procedura penale, ognuno è presunto innocente fintanto che non sia condannato con sentenza passata in giudicato (al riguardo cfr. DTF 147 I 386 consid. 1.2; 147 I 57 consid. 5.1; 144 IV 345 consid. 2.2.3.1-2.2.3.3). Ciò perché, al suo dire, le autorità cantonali avrebbero dato per scontato ch'egli avrebbe commesso il reato di denuncia mendace ai sensi dell'art. 303 CP, denunciando all'autorità come colpevole di un crimine o di un delitto una persona che egli sapeva innocente, per provocare contro di essa un procedimento penale.  
L'assunto non regge, ritenuto che, come da lui stesso sottolineato, nei suoi confronti non è mai stato aperto un simile procedimento e ancor meno emessa una condanna penale per tale reato. Determinante è infatti solo la circostanza che le autorità cantonali, come ancora si vedrà, hanno ritenuto che la presentazione della sua denuncia penale era priva di fondamento e superflua perché i fatti rimproverati al presidente erano già oggetto di un procedimento disciplinare. Le autorità cantonali non hanno accusato o sospettato (implicitamente) il ricorrente d'aver commesso un reato penale, limitandosi a considerare, unicamente sotto il profilo del diritto disciplinare, gravemente incompatibile con la carica da lui ricoperta il suo comportamento in relazione all'inoltro della denuncia penale. Esse non hanno espresso alcun giudizio in merito a un'eventuale rilevanza penale di questo atto, motivo per cui la presunzione di innocenza non è stata violata. Ciò a maggior ragione considerati gli scopi, differenti, perseguiti dalla procedura disciplinare (cfr. sentenza 2P.270/2000 del 26 gennaio 2001 consid. 4c parzialmente pubblicata in: RDAT II-2001 n. 9 pag. 35 sulla destituzione per motivi disciplinari di un giudice cantonale) e che, in linea di principio, le misure disciplinari non costituiscono pene in senso giuridico (DTF 150 I 39 consid. 5.3; JACQUES DUBEY/JEAN-BAPTISTE ZUFFEREY, Droit aministratif général, 2025, n. 2871 seg. pag. 1231). 
 
3.4. L'insorgente fa valere una lesione dell'art. 30 cpv. 1 Cost. in relazione alle domande di ricusa, poi respinte, da lui proposte nei confronti del CdM. Al riguardo giova rilevare che queste questioni, incidentali, sono state decise definitivamente con la sentenza 1C_38/2025, citata, ed esulano quindi dall'oggetto del presente litigio.  
 
4.  
 
4.1. Con sentenza del 10 dicembre 2024 il CdM ha destituito con effetto immediato il ricorrente, ritenendo ch'egli ha sporto la nota denuncia penale nei confronti del presidente del TPC per un reato infamante come quello di pornografia, pur sapendo che non ve ne fosse il minimo fondamento. Ciò con l'intento di screditarlo di fronte all'opinione pubblica, all'autorità politica e ai colleghi per essere entrato in contrasto con il medesimo, nella piena consapevolezza che ciò avrebbe intaccato l'immagine intera della magistratura e messo in difficoltà il TPC. Ha quindi ritenuto ch'egli ha agito in spregio ai doveri fondamentali di ogni magistrato e in violazione del rapporto di fiducia con le autorità e il pubblico, denotando in tal modo una mentalità incompatibile con la professione di magistrato, conclusione condivisa nella decisione impugnata.  
Come già dinanzi alla Commissione di ricorso, anche nella sede federale il ricorrente incentra il suo gravame adducendo di avere avuto l'obbligo ex art. 27a LOG di denunciare il presidente, il quale aveva inviato, in modo non richiesto, una fotografia asseritamente dal carattere pornografico a una segretaria che si riteneva vittima di mobbing da parte di una collega. La prima gli aveva confidato, come pure alla giudice E.________, di aver ricevuto immagini oscene e indesiderate da parte del presidente e di non aver ottenuto alcun supporto da quest'ultimo con riferimento al mobbing subito. Non sarebbe quindi lui ad aver leso l'immagine del TPC, bensì gli invii osceni del presidente alla segretaria, ciò che risulterebbe anche dalla lettura dei numerosi articoli di stampa citati nella decisione del CdM. Non vi sarebbe d'altra parte alcuna malafede nell'avere sporto la menzionata denuncia e qualora fosse ravvisabile un qualsiasi rimprovero disciplinare, la sanzione della destituzione sarebbe comunque sproporzionata, non essendo mai stato sanzionato in precedenza, visto che la decisione disciplinare del 27 novembre 2024 nei suoi confronti non è cresciuta in giudicato. 
 
4.2. Secondo l'art. 27a LOG, il magistrato è tenuto a denunciare alle autorità di perseguimento penale i crimini e i delitti perseguibili d'ufficio che constata o gli sono segnalati nell'esercizio della sua funzione (cpv. 1), fatti salvi gli obblighi di denuncia previsti da altre leggi (cpv. 2). La Commissione di ricorso ha osservato, rettamente, che nella denuncia litigiosa non vi è alcun riferimento all'art. 27a LOG e neppure all'art. 302 CPP relativo all'obbligo di denuncia, norme invocate in seguito dal ricorrente. Con la querela egli, assistito da un avvocato, chiedeva che fosse aperto un procedimento per il reato di pornografia ai sensi dell'art. 197 cpv. 2 CP nei confronti del presidente, adducendo che la citata fotografia da lui inviata alla segretaria costituiva un chiaro caso di esposizione di rappresentazioni pornografiche. Sosteneva che il presidente avrebbe violato anche un'altra non meglio specificata norma penale avendo mostrato e reso accessibile "rappresentazioni di sesso" senza che il destinatario le avesse richieste. Si è costituito inoltre quale accusatore privato per i due reati.  
L'autorità precedente ha ritenuto che il reato di pornografia disciplinato dall'art. 197 CP, dopo la modifica del 27 settembre 2013, non concerne più un "reato contro il buon costume" (cfr. DTF 128 IV 260 consid. 2.1), trattandosi ora di una fattispecie volta a proteggere l'autodeterminazione in ambito sessuale degli adulti e dei fanciulli minori di 16 anni. Ha ritenuto che il ricorrente, quale magistrato attivo in ambito penale, non poteva ignorare che l'immagine litigiosa, oltre a non costituire ovviamente "pornografia dura" ai sensi dell'art. 197 cpv. 4 e 5 CP, non adempiva neppure gli estremi di "pornografia leggera" giusta l'art. 197 cpv. 1 e 2 CP. Essa non rientrerebbe infatti palesemente nella casistica di detti reati, ciò che era deducibile già dalla semplice lettura del testo di detta norma e ciò che il ricorrente nemmeno ha sostenuto nella sua denuncia. Ne ha concluso ch'egli non poteva non sapere che l'immagine in questione non adempiva il prospettato reato e non poteva non essere cosciente che con la sua denuncia non faceva altro che "gettare benzina sul fuoco" in un ambiente di lavoro già surriscaldato da gravi conflitti interpersonali. 
 
4.3. Il ricorrente non critica di per sé queste conclusioni, limitandosi a ribadire il suo asserito obbligo di denuncia ai sensi degli art. 27a LOG e 302 CPP. Adduce che al riguardo sarebbe sufficiente la sussistenza di un sospetto minimo iniziale, non essendo necessario che la denuncia sfoci poi in una condanna definitiva. Osserva che la segretaria gli avrebbe confidato d'essere rimasta scossa dall'immagine ricevuta mesi prima dal presidente e ch'egli, non dando seguito all'obbligo legale di cui all'art. 302 CPP, avrebbe potuto essere perseguito per favoreggiamento (art. 305 CP) commesso per omissione, richiamando al riguardo la sentenza 7B_853/2023 del 21 febbraio 2024 (consid. 2.1.2-2.1.3). Ne deduce che la sua destituzione per aver adempiuto il preteso obbligo impostogli dall'art. 302 CPP violerebbe clamorosamente tale norma.  
 
4.4. L'assunto non regge. L'istanza precedente ha sottolineato infatti che al momento dell'inoltro della denuncia penale per pornografia la segretaria, patrocinata da un legale, aveva da tempo segnalato la sua collega nonché il presidente B.________ e aveva già trasmesso la nota fotografia al CdM nell'ambito del procedimento disciplinare aperto nei confronti del presidente. Le autorità preposte, come noto al ricorrente, stavano quindi già trattando ciò che la segretaria gli aveva confidato, motivo per cui egli non aveva alcuna ragione di interferire in procedimenti nei quali non era parte. Ha ritenuto ch'egli, invece di dare prova del riserbo e della cautela cui sono tenuti i magistrati rispettando le procedure in corso, ha provocato invece un palese inasprimento del conflitto, inoltrando una denuncia penale di manifesta inconsistenza giuridica, destinata ad avere un forte impatto mediatico. Ha aggiunto che non vi era alcuna ragione di ritenere che le autorità adite, nell'ambito delle loro competenze, non stessero già esaminando tali fatti. Ne ha concluso che l'aver scelto, nelle specifiche descritte circostanze, la via penale rispetto agli altri strumenti a disposizione e già messi in atto dalle autorità competenti per disciplinare eventuali scorrettezze commesse dal presidente costituisce una condotta ingiustificabile e gravemente lesiva dei doveri di un magistrato.  
 
4.5. Il ricorrente, assistito da un legale, non critica queste conclusioni, decisive per il giudizio, e non tenta di dimostrarne l'insostenibilità e quindi l'arbitrarietà, in particolare riguardo all'intempestività e all'infondatezza della denuncia. Ora, quando la decisione impugnata, come in concreto, si fonda su diverse motivazioni indipendenti e di per sé sufficienti per definire l'esito della causa, il ricorrente è tenuto, pena l'inammissibilità, a dimostrare che ognuna di esse viola il diritto (DTF 142 III 364 consid. 2.4 in fine; 138 I 97 consid. 4.1.4). D'altra parte le citate conclusioni sono condivisibili.  
 
5.  
 
5.1. La Commissione di ricorso sulla magistratura ha osservato che alla sua entrata in carica il magistrato rilascia una dichiarazione di fedeltà alla Costituzione e alle leggi (art. 22 LOG). Ha rilevato ch'egli deve svolgere la sua funzione mantenendo il rispetto per l'istituzione giudiziaria e per il ruolo con un comportamento integro e corretto, atto a promuovere la fiducia del pubblico nei confronti suoi e della giustizia. Ha richiamato poi i cosiddetti "Bangalore Principles of Judicial Conduct", elaborati nel 2000 su iniziativa dell'ONU da un gruppo di lavoro composto da magistrati appartenenti alle più alte istanze giudiziarie nazionali e formalmente adottati dal Consiglio economico e sociale mediante risoluzione 2006/23. Negli stessi, al punto 3 si ribadisce che l'integrità in quanto tale costituisce un tratto essenziale della carica giudiziaria. Ha ricordato poi che la Commissione etica dell'Associazione svizzera dei magistrati ha recepito questi principi in un documento del 9 novembre 2016, consultabile sul sito dell'associazione, e già enunciati nella sostanza in un contributo dottrinale (PHILIPPE ABRAVANEL, La déontologie du Juge, in: AJP/PJA 1995, pag. 421 e segg.).  
 
5.1.1. L'istanza precedente, richiamando la prassi (DTF 108 Ia 230 consid. 2b), ha rilevato che scopo del procedimento disciplinare è in primo luogo di garantire il mantenimento dell'ordine e di un corretto esercizio dell'attività in questione e preservare la fiducia dei cittadini nei riguardi delle persone che la esercitano. Ha osservato che per poter essere sanzionata, la violazione del dovere professionale o di funzione dev'essere imputabile a una colpa, intenzionale o per negligenza (DUBEY/ZUFFEREY, op. cit., n. 2875 pag. 1231). Ha aggiunto che la sanzione non è destinata essenzialmente a punire l'autore per la colpa commessa, ma ad assicurare il buon funzionamento dell'istituzione cui egli appartiene (cfr. sentenza 2C_985/2021 del 16 novembre 2022 consid. 4.6 e 4.7).  
 
5.1.2. La Commissione di ricorso ha rilevato che l'inoltro della denuncia penale è stato ampiamente commentato nei mass media, pregiudicando in tal modo gravemente la stima della popolazione nella magistratura ticinese. Ha ritenuto poi pacifico che l'invio da parte del presidente B.________ della fotografia in questione, indubbiamente inaccettabile e di cattivo gusto, ha contribuito in maniera non trascurabile a questa incresciosa situazione. Ha sottolineato che nessuna autorità ha potuto esprimersi sul suo agire perché la sua partenza per motivi di salute ha poi reso senza oggetto la procedura disciplinare avviata nei suoi confronti. Al momento dell'inoltro della denuncia penale i suoi comportamenti erano tuttavia già oggetto di una procedura disciplinare, come la fattispecie inerente al presunto caso di mobbing di una segretaria, motivazione posta a fondamento della denuncia penale. Ha sottolineato inoltre che in ambito disciplinare, come del resto in ambito penale, non vi è una compensazione delle colpe. Ne ha concluso che, all'epoca dell'inoltro della denuncia, non vi era quindi nessun elemento per ritenere che gli organi competenti all'interno della magistratura non stessero già facendo il loro dovere per affrontare queste incresciose situazioni nel rispetto delle procedure previste a tale scopo. Ha aggiunto che, ciò nonostante, il ricorrente ha deliberatamente deciso di esacerbare il conflitto con un grado di conflittualità ancora più elevato, optando per una denuncia penale per pornografia, che sapeva essere completamente infondata e infamante.  
 
5.2. Riguardo alla criticata destituzione il ricorrente invoca una lesione del principio di proporzionalità (art. 5 cpv. 2 Cost.) e fa valere un'applicazione arbitraria dell'art. 80 cpv. 2 LOG relativo alla commisurazione della sanzione disciplinare. Sottolinea che nel Cantone Ticino egli non potrà mai più rivestire una qualsiasi carica giudiziaria, che tale grave misura costituirebbe una vera e propria pena di carattere più o meno infamante, ch'essa lederebbe il suo onore, la sua integrità morale, la sua dignità umana ai sensi dell'art. 7 Cost. nonché la sua considerazione sociale. Sostiene che la destituzione sarebbe sproporzionata, adducendo che nella fattispecie sarebbe stato adeguato un suo trasferimento a un altro ufficio giudiziario conformemente all'art. 80 cpv. 1 lett. e LOG.  
 
5.2.1. A questo proposito egli si limita tuttavia a ribadire le censure proposte dinanzi al CdM, senza confrontarsi con gli ulteriori argomenti posti poi a fondamento della decisione impugnata. Ribadisce che sarebbero stati infatti gli asseriti atteggiamenti negligenti e inaccettabili del presidente del TPC, incapace di gestire il personale del tribunale, in particolare riguardo alla situazione di mobbing tra due segretarie, e l'inoltro di una segnalazione al CdM da parte di una di loro nei confronti del presidente, ad avere causato una situazione di malessere al TPC. Sottolinea che l'autorità adita non ha emesso alcuna decisione al riguardo, poiché le dimissioni del presidente adducendo motivi di salute a fine dicembre 2024/inizio 2025 hanno comportato per legge l'abbandono della procedura disciplinare pendente nei suoi confronti; nel frattempo, in data 16 maggio 2025, B.________ si è iscritto al Registro ticinese degli avvocati. Certo, mal si comprende perché questa procedura disciplinare non è stata coordinata e decisa contemporaneamente con quelle, strettamente connesse, avviate contro gli altri due magistrati, poi destituiti. Ciò nulla muta al fatto che oggetto del caso in esame non è l'agire del presidente, ma l'inoltro della denuncia penale da parte del ricorrente.  
 
5.2.2. L'insorgente, disattendendo il notorio obbligo di motivazione (art. 42 cpv. 2 e 106 cpv. 1 LTF), non si confronta con queste diverse motivazioni indipendenti, determinanti per l'esito della lite, peraltro condivisibili viste le specificità del caso in esame. In effetti, egli si limita a ribadire la tesi, ininfluente, della violazione degli art. 27a LOG e 302 CPP, senza contestare tuttavia i citati argomenti, plausibili e quindi non arbitrari, addotti dall'istanza precedente riguardo all'intempestività e all'infondatezza della denuncia penale quali motivi per la sua destituzione, come pure a richiamare, come visto a torto, la presunzione di innocenza.  
Anche al riguardo egli incentra il gravame sul fatto, irrilevante, che gli sarebbe stato impedito di dimostrare la reale situazione sussistente all'interno del TPC prima dell'inoltro della sua denuncia, impedendogli di dimostrare che sarebbe stato soltanto il comportamento del presidente la causa dei problemi creatisi al TPC. Aggiunge che lo sconcerto nell'opinione pubblica e la perdita di credibilità nella magistratura da parte dei cittadini sarebbero state causate dall'immagine inviata dal presidente alla segretaria. Come visto, questi argomenti esulano tuttavia dalla presente procedura. 
 
5.3. D'altra parte, un procedimento disciplinare e le relative misure non costituiscono di massima delle pene in senso giuridico, ma perseguono innanzitutto lo scopo di garantire, nell'interesse pubblico, l'esercizio corretto dell'attività dei soggetti sottoposti a vigilanza, l'integrità dell'istituzione alla quale appartengono e a preservare la fiducia dei cittadini nei confronti delle autorità e dei membri delle professioni interessate; esso non serve a tutelare interessi privati individuali (DTF 151 I 19 consid. 8.4.2; 150 I 39 consid. 5.3; sentenza 1C_102/2025, citata, consid. 4.4.2; DUBEY/ZUFFEREY, op. cit., n. 2871 seg. pag. 1231; HÄFELIN/MÜLLER/UHLMANN, Allgemeines Verwaltungsrecht, 8aed. 2020, n. 1506 pag. 345; DONZALLAZ, loc. cit., pag. 194 in alto; cfr. anche "Avis n° 27 (2024) sur la responsabilité disciplinaire des juges" du Conseil consultatif de juges européens, in particolare n. 10 e n. 39 a 41).  
 
5.4. Certo, nella decisione impugnata è stato rettamente sottolineato che sarebbe stato chiaramente preferibile che il CdM emanasse tutte le sue decisioni, compresa quella riguardante il presidente B.________, contemporaneamente, allo scopo di evitare speculazioni su una presunta, ma indimostrata giustizia a geometria variabile, con due pesi e due misure. In effetti, mal si comprende perché la procedura disciplinare nei suoi confronti, che con l'invio improvvido della nota fotografia ha largamente contribuito a provocare lo sconcerto nell'opinione pubblica, procedimento strettamente connesso con quelli avviati in seguito nei confronti dei due magistrati destituiti, non sia stata decisa in maniera altrettanto celere e simultaneamente a quella in esame. L'istanza precedente ha nondimeno ritenuto, a ragione, che oggetto del presente litigio è soltanto il comportamento del ricorrente e l'ingiustificabile inoltro della sua denuncia penale e non l'agire del presidente, sul quale è imperniato a torto il gravame.  
 
6.  
 
6.1. La Commissione di ricorso, esprimendosi poi sulla commisurazione della pena, ha ricordato che in tale ambito l'autorità deve considerare la rilevanza del fatto, il grado di colpa e il comportamento anteriore del magistrato (art. 80 cpv. 2 LOG), rispettando il principio di proporzionalità. La sanzione dev'essere adeguata e idonea a conseguire il risultato auspicato, evitando nel contempo di incidere senza ragionevole necessità sulla situazione personale e professionale dell'interessato. Ha osservato che contrariamente all'azione penale, quella disciplinare è retta dal principio dell'opportunità, che riserva all'autorità un ampio margine d'apprezzamento riguardo alla scelta dei provvedimenti da adottare. Essa mira infatti principalmente a salvaguardare il buon funzionamento degli organi dello Stato e la loro immagine nell'opinione pubblica, motivo per cui occorre tener conto di questi fini anche nella commisurazione della misura che dev'essere adottata, la quale dovrà prioritariamente considerare ch'essa dovrà principalmente permettere di ripristinare l'ordine e l'efficienza nel settore pubblico coinvolto. Ne ha dedotto, richiamando la dottrina, che i vari aspetti della personalità del colpevole non devono pertanto essere considerati in maniera approfondita, come è invece il caso nel diritto penale (GUIDO CORTI, Costituzione e cessazione del rapporto di pubblico impiego tra fattori di flessibilità, stabilità e instabilità, in: Diritto senza devianza, 2006, pag. 343 segg., n. 12 pag. 353).  
 
6.1.1. Ha poi osservato che la destituzione è la più grave delle sanzioni disciplinari, e quindi l'ultima ratio, che può essere pronunciata unicamente qualora il magistrato abbia commesso un'infrazione disciplinare particolarmente grave o quando ne commette, ripetutamente, una nel qual caso la gravità è dovuta proprio alla ripetizione dell'infrazione (NICOLAS PELLATON, Le droit disciplinaire des magistrats du siége, 2016, n. 577 pag. 203; ALFIO RUSSO, Les modes de désignation des juges, 2021, n. 1260 pag. 541). Ha ritenuto che la destituzione presuppone che il magistrato abbia violato i doveri della sua carica, intenzionalmente o per negligenza, e che la gravità della sua colpa giustifica la misura, a causa del pregiudizio arrecato al funzionamento o all'immagine dello Stato (sentenza 8C_866/2010 del 12 marzo 2012 consid. 4.2.2); precedenti avvertimenti o sanzioni non costituiscono una condizione necessaria per una sua pronuncia, in particolare quando l'infrazione è così grave che il mantenimento in carica del magistrato non è più ipotizzabile. Ha poi richiamato il parere del 2 febbraio 2024 del prof. Thierry Tanquerel (pag. 43 lett. d) all'attenzione delle Commissioni della Gestione delle Camere federali sulla sorveglianza esercitata dal Tribunale federale sui tribunali federali di prima istanza e sulla necessità di legiferare, secondo cui quando la credibilità di un magistrato è colpita in maniera importante la continuazione dell'esercizio della sua funzione diventa praticamente impossibile e in buona sostanza entra in considerazione unicamente la misura della destituzione, sanzioni meno incisive non avendo molto senso. L'istanza precedente ha sottolineato che l'autorità, nella scelta della sanzione che ritiene idonea, dispone di un ampio potere discrezionale, soggetto comunque al rispetto del principio di proporzionalità. La sua scelta non dipende soltanto dalle circostanze soggettive della violazione o dalla prevenzione generale, ma anche dall'interesse oggettivo a ristabilire, nei confronti del pubblico, il rapporto di fiducia compromesso dalla lesione del dovere d'ufficio (sentenza 8D_10/2020 del 7 aprile 2021, consid. 4.1 e 4.2).  
 
6.1.2. L'istanza precedente, accertata la notevole importanza del fatto rimproverato al ricorrente e il suo grave grado di colpa nonché la considerevole offesa alla dignità della magistratura, si è poi espressa compiutamente sulla proporzionalità della sanzione inflittagli. Ha ricordato che anche il CdM ha indicato che l'unico fatto per il quale deve rispondere il ricorrente è l'aver sporto la nota denuncia penale. Nella valutazione della colpa non sono stati considerati infatti i suoi comportamenti oggetto della segnalazione da parte dei tre giudici del 12 aprile 2024, ma soltanto quanto avvenuto contestualmente o dopo la denuncia penale: in particolare il citato contesto nel quale essa è stata sporta; il fatto d'aver coinvolto buona parte del personale del TPC nelle sue diatribe contribuendo a creare dei fronti opposti con conseguente degenerazione irrimediabile del clima interno al TPC; il non essersi fatto scrupolo di mettere a repentaglio la stabilità e l'immagine di tutto il Tribunale per apparentemente sostenere la segreteria asseritamente vittima di mobbing. Con questi comportamenti egli ha denotato inoltre un'inaccettabile mancanza di fiducia nelle autorità competenti che stavano già esaminando tali fatti. Ha stabilito ch'egli non si è fatto scrupolo di denunciare penalmente il presidente del tribunale in cui era attivo, per un reato infamante che sapeva essere del tutto infondato, esasperando il conflitto suo e di altri allo scopo di attaccare il suo avversario, in una fase in cui le istituzioni erano già attive per risolvere quei conflitti. Egli non ha quindi avuto alcun riguardo per lo sconcerto provocato nell'opinione pubblica dal proprio agire a fini egoistici e personali, né della perdita di fiducia nella magistratura.  
 
6.1.3. Ha ritenuto non tollerabile che, all'interno del più alto tribunale cantonale, un magistrato sfrutti scorrettamente un mezzo legale per "fare la guerra" a un collega, ambito dove occorre collaborare collegialmente per una corretta esecuzione dei compiti loro affidati, rispettando per primi quei principi che sono chiamati ad applicare nell'attività giudiziaria. Per mesi in Ticino, prima e dopo la sentenza di destituzione, si è scritto e discusso del cosiddetto "caos al TPC", ricondotto dapprima al preteso mobbing di cui sarebbe stata vittima una segretaria e poi alla sconcertante fotografia inviata dal presidente B.________. L'istanza precedente ho sottolineato che, tuttavia, entrambe le circostanze erano da tempo oggetto di accertamenti e valutazioni ad opera delle autorità preposte per legge al loro esame, ciò che era noto al ricorrente. Ciò nonostante egli ha messo in atto tutta una serie di iniziative, comportamenti e atteggiamenti volti ad esasperare ulteriormente la situazione all'interno del TPC, fino ad arrivare ad un irreparabile punto di rottura. Il tutto quando invece sarebbe bastato affrontare la situazione, all'insorgere delle prime incomprensioni e difficoltà, ispirandosi a quei principi, in primo luogo del buon senso, che chiunque confrontato con una controversia sul posto di lavoro avrebbe applicato per risolverle. Il ricorrente ha preferito invece inasprire il conflitto, non rispettando le varie competenze esistenti all'interno dell'autorità giudiziaria di cui faceva parte e interferendo in questioni che non erano di sua competenza.  
Ne ha concluso che, agendo in tal modo, egli ha denotato una mentalità incompatibile con la funzione di magistrato. Ha stabilito quindi che nelle descritte circostanze una misura diversa dalla destituzione, quale ad esempio la sospensione per un anno e/o il trasferimento ad altro ufficio, non avrebbe senso, la destituzione essendo l'unica misura in grado di ristabilire un clima di fiducia all'interno del tribunale. 
 
6.2. Il principio della proporzionalità esige che il provvedimento sia idoneo e necessario a raggiungere lo scopo prefisso e che sussista un rapporto ragionevole tra questo scopo e i mezzi impiegati, rispettivamente gli interessi compromessi (art. 36 cpv. 3 Cost.; DTF 151 I 3 consid. 7.7; 150 I 154 consid. 7.5.1). Esso richiede inoltre che la misura sia in grado di produrre i risultati previsti (regola dell'idoneità) e ch'essi non possano essere raggiunti con una misura meno incisiva (regola di necessità); detto principio vieta inoltre ogni tipo di limitazione che va oltre lo scopo perseguito e richiede una relazione ragionevole tra quest'ultimo e gli interessi pubblici o privati interessati (principio di proporzionalità in senso stretto), che implica una ponderazione degli interessi (DTF 150 I 106 consid. 7.1). In concreto il rispetto di questo principio nell'applicazione del diritto cantonale che non pregiudica un diritto fondamentale è esaminato soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio (DTF 143 I 37 consid. 7.5 in fine; 141 I 1 consid. 5.3.2; sentenza 8D_10/2020, citata, consid. 4.3).  
 
6.2.1. Il ricorrente non dimostra come e perché le predette condizioni sarebbero state violate. Egli, senza confrontarsi con i numerosi argomenti posti a fondamento della decisione impugnata, si limita ad addurre, in maniera appellatoria e senza contestare in particolare l'evidente intempestività della sua denuncia né la ritenuta inconsistenza della stessa, che il suo inoltro non costituirebbe una grave infrazione disciplinare che potrebbe giustificare la sua destituzione. Insiste poi nel ribadire, ciò che non è decisivo, che i problemi interni al TPC sarebbero stati causati principalmente dall'agire del presidente.  
 
6.2.2. L'insorgente non dimostra neppure che l'istanza precedente avrebbe commesso un eccesso o un abuso del vasto potere d'apprezzamento che le compete nell'ambito della commisurazione della criticata sanzione disciplinare. D'altra parte anche al riguardo la decisione impugnata è motivata in maniera sufficiente (DTF 149 V 156 consid. 6.1). Inoltre, sebbene la sanzione disciplinare debba rispettare il principio della proporzionalità e del divieto dell'arbitrio, di massima il Tribunale federale s'impone un certo riserbo quando si tratta di valutare la sua adeguatezza (DTF 148 I 1 consid. 12.2 e rinvii).  
 
6.2.3. Ne segue che l'istanza precedente poteva ritenere, rettamente, che invece di affidarsi alle autorità competenti che stavano già esaminando le differenti segnalazioni, con l'inoltro di una denuncia penale intempestiva e infondata nei confronti dei suoi colleghi la ricorrente ha gravemente leso la dignità e l'integrità della magistratura. Ha deciso quindi che la destituzione è l'unica misura per ristabilire la fiducia nella magistratura, per preservarne la reputazione e l'affidabilità e, inoltre anche idonea a evitare la realizzazione futura di tali comportamenti (DTF 148 I 1 consid. 12.2). Queste conclusioni non sono arbitrarie né nella motivazione né nel risultato.  
 
7.  
In quanto ammissibile, il ricorso dev'essere quindi respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso sussidiario in materia costituzionale è inammissibile. 
 
2.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto. 
 
3.  
Le spese giudiziarie di fr. 3'000.-- sono poste a carico del ricorrente. 
 
 
4.  
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Consiglio della Magistratura, alla Commissione di ricorso sulla magistratura della Repubblica e Cantone Ticino, e, per conoscenza, al Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 29 agosto 2025 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Haag 
 
Il Cancelliere: Crameri