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Urteilskopf

104 Ia 201


35. Estratto della sentenza 7 giugno 1978 nella causa eredi fu Silvio Cattori c. Tribunale amministrativo del Cantone Ticino

Regeste

Staatsrechtliche Beschwerde; anfechtbare Verfügung.
Die Prüfungsbefugnis eines kantonalen Verwaltungsgerichts ist eine beschränkte, wenn es den Entscheid der untern Instanz nur auf Ermessensmissbrauch oder -überschreitung hin prüfen kann. In einem solchen Fall kann der Beschwerdeführer zusammen mit dem Entscheid der letzten kantonalen Instanz hinsichtlich der Ermessensbetätigung auch jenen der untern Instanz anfechten, welcher unbeschränkte Kognition zustand (Präzisierung der Rechtsprechung; E. 1).
Art. 31ter und Art. 32quater BV; Bedürfnisklausel.
1. Voraussetzungen, unter denen nach Art. 31ter und Art. 32quater BV einschränkende Massnahmen zulässig sind; Rechtslage im Kanton Tessin gemäss dem Gesetz über die Gaststätten vom 11. Oktober 1967 (E. 5a-c).
2. Muss dann, wenn die Verweigerung eines Wirtschaftspatents aus wirtschaftspolitischen Gründen in Frage steht, zweierlei geprüft werden, nämlich einmal, ob die Eröffnung der neuen Gaststätte eine Gefahr für die Existenz der bestehenden Betriebe schafft und, bejahendenfalls, zweitens, ob die Eröffnung einem Bedürfnis, d.h. einem überwiegenden öffentlichen Interesse, entspricht? Frage offen gelassen (E. 5d), da eine Gesetzgebung wie jene des Kantons Tessin, die eine solche doppelte Prüfung vorsieht, auf jeden Fall nicht verfassungswidrig ist (E. 5e und f).
Anforderungen an die Begründung eines Urteils, das weitgehend vom Ermessen der Behörde abhängt.
Wenn bei Anwendung einer Norm das Ermessen ausgeübt wird, so sind unter dem Gesichtspunkt des Art. 4 BV an die Begründung des Entscheids umso höhere Anforderungen zu stellen, je grösser der Spielraum des Ermessens ist und je zahlreicher die tatsächlichen Elemente sind, auf welche sich die Ermessensbetätigung bezieht (E. 5g).

Sachverhalt ab Seite 203

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Gli eredi fu Silvio Cattori hanno richiesto la patente per aprire nel centro di Tenero un ristorante con mescita d'alcool e senza alloggio. Con risoluzione 27 novembre 1974, il competente Dipartimento cantonale di polizia l'ha loro rifiutata. La decisione è fondata sugli art. 6 e 7 della legge cantonale sugli esercizi pubblici, dell'11 ottobre 1967 (LEP): queste disposizioni sottopongono l'apertura di esercizi pubblici, con talune eccezioni, alla clausola del bisogno secondo gli art. 31ter e 32quater Cost. La risoluzione del Dipartimento è poi stata confermata, su ricorso, anche dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, con sentenza del 30 luglio 1975. I giudici cantonali hanno nondimeno rilevato che, contrariamente all'assunto dipartimentale, il rifiuto della patente non poteva esser fondato su motivazioni di polizia (art. 32quater Cost.), ma si giustificava nel concreto caso poiché, dall'insieme delle circostanze, si doveva dedurre che la postulata apertura avrebbe determinato un eccesso di concorrenza dannoso per l'interesse
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pubblico ed una seria minaccia per l'esistenza economica di esercizi dello stesso genere (art. 31ter Cost.).
Con tempestivo ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione degli art. 4 e 31 Cost., gli eredi Cattori hanno chiesto al Tribunale federale di annullare la decisione del Tribunale amministrativo e di invitare il Dipartimento di polizia a rilasciar loro il permesso postulato.
Il Tribunale federale ha accolto il gravame ed ha annullato tanto la sentenza del Tribunale cantonale, quanto la decisione del Dipartimento di polizia.

Erwägungen

Dai considerandi:

1. Secondo la legge ticinese di procedura per le cause amministrative del 19 aprile 1966 (LPAmm), il ricorso al Tribunale amministrativo è ammissibile per la violazione del diritto (art. 61 cpv. 1 LPAmm) e, come specificato nel cpv. 2 di tale disposto, sono considerati violazione del diritto l'eccesso e l'abuso di potere. L'ultima istanza cantonale non può quindi sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'istanza inferiore, ma può intervenire soltanto se questa ne abbia abusato o l'abbia ecceduto.
a) Allorquando è prescritto - come in casu - l'esaurimento delle istanze cantonali, il ricorso di diritto pubblico può esser rivolto solo contro la decisione dell'ultima istanza cantonale, se questa fruiva di libero esame e la sua decisione ha pertanto "sostituito" quella dell'istanza precedente (v. DTF 80 I 308 consid. 1; DTF 85 I 2 consid. 1; DTF 88 I 3 consid. 4 a; DTF 90 I 20 consid. 1, 107 consid. 1; DTF 91 I 166 consid. 1, 281 consid. 1; DTF 94 I 196 consid. 2, 220 consid. 1a, 462 consid. 2a).
b) Allorquando, invece, il potere d'esame dell'ultima istanza cantonale è limitato, il ricorrente può impugnare, insieme con la decisione di quest'ultima, anche la pronunzia dell'istanza inferiore a potere cognitivo pieno, che l'ha preceduta. Sino alla sentenza Bourgeoisie de Dorénaz (DTF 94 I 459 e segg.), il Tribunale federale distingueva, a tal proposito, fra le censure che potevano esser sollevate davanti all'istanza cantonale di ricorso e quelle che, invece, non le potevano esser sottoposte. Per quest'ultima categoria, il ricorrente doveva impugnare immediatamente la decisione dell'istanza inferiore col ricorso di diritto pubblico; per le prime, invece, egli doveva adire preventivamente le vie di ricorso del diritto cantonale, salvo poi impugnare,
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in caso d'insuccesso, con nuovo gravame di diritto pubblico, la decisione presa dall'istanza di ricorso a potere cognitivo limitato ed eventualmente, insieme ad essa, la decisione dell'istanza inferiore (v. DTF 94 I 462 consid. 2b, aa; DTF 87 I 64; DTF 84 I 235; DTF 81 I 148; FAVRE, Droit constitutionnel suisse, II ediz., pag. 478; BIRCHMEIER, Bundesrechtspflege, ad art. 86 OG, pagg. 347/348). Questa esigenza di cumulare due ricorsi di diritto pubblico è stata abbandonata per ragioni di chiarezza, semplificazione ed economia processuale, con la citata sentenza Bourgeoisie de Dorénaz. Al ricorrente è ora permesso di impugnare con un solo gravame la decisione dell'ultima istanza cantonale a potere cognitivo limitato e, insieme con questa, la pronunzia dell'istanza cantonale inferiore munita di piena cognizione, tanto sui punti che potevano esser sottoposti all'autorità cantonale di ricorso, quanto sui punti che, invece, non le potevano esser sottoposti. Dal ricorso di diritto pubblico deve tuttavia emergere che il ricorrente postula l'annullamento di entrambe le decisioni; inoltre, il Tribunale federale - riservate le eccezioni relative alla ricevibilità di nuove impugnative - non entra in materia su quelle censure che il ricorrente, violando l'obbligo di esaurimento delle istanze cantonali, avesse omesso di presentare all'autorità cantonale di ricorso, pur avendone avuto la possibilità (v. DTF 94 I 463 in fine; DTF 84 I 235). Da questa giurisprudenza, confermata in DTF 95 I 114 /115, DTF 97 I 119 /120, DTF 98 Ia 156 consid. 3, DTF 100 Ia 192 consid. 1, 267 consid. 2, non v'è ragione di scostarsi.
c) Circa le decisioni di tribunali amministrativi cantonali, che fruiscono di un libero esame del fatto e del diritto, il Tribunale federale ha in parecchie sentenze genericamente considerato che esse sostituiscono la decisione dell'istanza amministrativa precedente e che pertanto esse soltanto possono esser impugnate con ricorso di diritto pubblico (v. DTF 94 I 220; DTF 98 Ia 156; 99 Ia 148; DTF 100 Ia 192). In altre sentenze, il Tribunale federale ha però più esattamente distinto fra le questioni di fatto e di diritto che il tribunale amministrativo può esaminare liberamente, da un lato, e quelle - in casu il controllo dell'esercizio dell'apprezzamento - in cui il tribunale amministrativo dispone di un potere limitato, dall'altro. In queste sentenze è stato precisato che, sulle questioni giudicate dal tribunale amministrativo con pieno esame, il ricorso di diritto pubblico può dirigersi esclusivamente contro la decisione del tribunale cantonale,
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mentre circa le altre, il ricorrente può impugnare nel contempo anche la precedente decisione dell'autorità amministrativa (v. DTF 94 I 462 consid. 2b; DTF 97 I 119; DTF 100 Ia 267).
In DTF 99 Ia 484 consid. 2a in fine, il Tribunale federale, senza peraltro motivare, ha però dichiarato che la circostanza per cui un tribunale amministrativo possa esaminare le questioni d'apprezzamento ("Ermessen") unicamente sotto il profilo dell'eccesso e dell'abuso, non costituisce una restrizione del suo potere d'esame ai sensi della citata giurisprudenza. Già posta in dubbio nella recente sentenza del 26 aprile 1978 in re Einwohnergemeinde Tägerig (DTF 104 Ia 136 consid. 2a), questa opinione appare inesatta. Se il tribunale amministrativo non può controllare l'esercizio del potere d'apprezzamento dell'istanza amministrativa inferiore che sotto il profilo dell'eccesso e dell'abuso, ciò significa che su tal punto la sua cognizione è ristretta all'arbitrio; infatti, l'abuso e l'eccesso d'apprezzamento costituiscono in pratica una categoria dell'arbitrio (v. IMBODEN/RHINOW, Schweizerische Verwaltungsrechtsprechung, V ediz., vol. I, n. 67, pagg. 417/418; cfr. anche DTF 93 I 160, 433). Certo, l'equiparazione pura e semplice dell'abuso e soprattutto dell'eccesso di potere all'arbitrio (e quindi alla violazione dell'art. 4 Cost.) è oggi posta da taluni in dubbio quantomeno dal profilo teorico. La questione può rimanere del resto aperta: ai fini dell'impugnabilità della decisione dell'istanza inferiore occorre e basta, infatti, che il potere d'esame dell'istanza superiore sia limitato, ossia, in altre parole, che detta autorità non possa sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'istanza precedente.
Non dare in questi casi al ricorrente la possibilità di censurare anche la decisione dell'autorità inferiore significherebbe sminuire i diritti del cittadino ed introdurre una disparità palese di trattamento rimpetto a quei casi in cui, trattandosi di questioni di mero diritto, la cognizione dell'ultima istanza cantonale è ristretta, o il suo potere decisionale ha altro oggetto (cfr. ancora il tipico caso di Dorénaz, ove l'istanza inferiore aveva, per una particolarità del diritto vallesano, il potere di modificare la nuova ripartizione particellare, l'ultima istanza, invece, solo quello d'accordare indennità pecuniarie). L'introduzione di una giurisdizione amministrativa da parte di un cantone, se è provvida per alleggerire il carico eccessivo del Tribunale federale, non deve comunque tradursi - per il cittadino
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che ha patito un torto nei suoi diritti costituzionali - in una diminuzione della tutela che il Tribunale federale è tenuto costituzionalmente ad assicurargli; il che accadrebbe se fosse impedito al Tribunale federale di esaminare direttamente - e non solo attraverso il "filtro" della decisione del Tribunale cantonale amministrativo - se l'autorità inferiore è caduta in un abuso o in un eccesso di potere.

5. Giusta l'art. 31ter Cost., i cantoni hanno il diritto di subordinare, in via legislativa, la gestione di caffè e ristoranti a requisiti di capacità personale ed il numero degli esercizi ("Betriebe", "établissements" e non "esercenti" come erroneamente stampato nella nuova Raccolta sistematica del diritto federale: cfr. RU 1947, pag. 1048) dello stesso genere al bisogno, se questo ramo dell'economia è minacciato nella sua esistenza da una concorrenza eccessiva. La disposizione costituzionale stessa precisa inoltre che le disposizioni dovranno adeguatamente tener conto dell'importanza dei diversi generi di esercizio per il benessere pubblico.
a) Tanto le restrizioni derivanti dall'art. 31ter Cost., quanto quelle fondate sull'art. 32quater debbono esser introdotte "in via legislativa", cioè fondarsi su una legge in senso materiale, emanata da un organo competente secondo le regole del diritto pubblico: se tale organo non è il costituente stesso o il legislatore, ma un'autorità esecutiva, occorre che questa possa a sua volta fondarsi su una delegazione del potere legislativo conforme alle esigenze costituzionali (v. DTF 98 Ia 52 consid. 2, 285/286 consid. 5, 591 consid. 3b; v. inoltre sul problema della riserva della legge in via generale DTF 103 Ia 381 384, in particolare consid. 6b). Per il caso dell'art. 31ter, inoltre, è rilevante che la Costituzione stessa stabilisce delle direttive, cui i Cantoni nella loro legislazione debbono attenersi (DTF 78 I 212 consid. 4 in fine e 214).
b) Della facoltà accordatagli dall'art. 31ter Cost., il Cantone Ticino ha fatto uso solo con l'adozione della legge sugli esercizi pubblici dell'11 ottobre 1967 (LEP), che ha abrogato il "Testo unico" della precedente legge del 12 novembre 1931. L'art. 6 cpv. 1 LEP dispone che alla clausola del bisogno secondo gli art. 31ter e 32quater Cost. sottostanno gli esercizi pubblici, fatta eccezione (art. 6 cpv. 2) degli alberghi, dei ristoranti analcoolici, degli spacci di bevande alcooliche da trasportare e degli spacci di cibi e bevande connessi con le imprese pubbliche di
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trasporto. L'art. 7 soggiunge che il bisogno dev'esser accertato considerando il numero, l'importanza e la distribuzione degli esercizi pubblici dello stesso genere, comune per comune, nonché le esigenze locali e turistiche del comune interessato ed eventualmente dei comuni circostanti; e ciò non soltanto per ogni apertura, ma anche in caso di riapertura o di ampliamento, escluso il caso del trasferimento previsto dall'art. 19 della legge.
c) La circostanza per cui in una sola ed unica disposizione (art. 6 cpv. 1 LEP) vengano istituite tanto le restrizioni fondate sull'art. 31ter, quanto quelle fondate sull'art. 32quater, e che nella stessa disposizione (art. 6 cpv. 2) vengano stabilite identiche eccezioni all'assoggettamento può apparire criticabile sotto il profilo costituzionale. Infatti, premesse, ambito d'applicazione, scopi dell'uno e dell'altro disposto costituzionale sono essenzialmente diversi, e parrebbero di conseguenza esigere regolamentazioni diverse (su questi disposti, v. DTF 79 I 155 segg. e AUBERT, Traité de droit constitutionnel suisse, vol. I, n. 644 e vol. II, n. 1933). Non sollevata dai ricorrenti, la questione non ha tuttavia da esser esaminata ulteriormente. Analoga critica può muoversi all'art. 7 LEP, il quale nella sua lettera istituisce identiche direttive circa la determinazione del "bisogno", tanto nel caso delle limitazioni di polizia, quanto per le restrizioni di politica economica. Ma, come si vedrà in appresso, tanto dagli inequivoci lavori legislativi, quanto dalla pratica amministrativa e dalla giurisprudenza cantonale, si evince che - almeno per principio - i criteri unitariamente stabiliti dal testo legale dell'art. 7 LEP assumono, pur nell'univocità dei termini, un significato diverso a seconda che siano riferiti alle restrizioni fondate sull'art. 32quater, oppure a quelle fondate sull'art. 31ter Cost. Una differenziata interpretazione del testo dell'art. 7 LEP a seconda che le direttive in esso contenute siano riferite alle restrizioni di polizia (art. 32quater Cost.) oppure alle misure di politica economica (art. 31ter Cost.) risponde indubbiamente ai dettati costituzionali delle norme citate e, lungi dall'apparire contraddittoria, soddisfa il postulato dell'interpretazione costituzionale delle leggi. Sotto questo profilo, una questione di principio merita tuttavia accenno qui di seguito.
d) Tanto nella decisione del Dipartimento, quanto in quella del Tribunale amministrativo viene esposto - almeno in linea
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di principio - che il rifiuto della patente fondato sull'art. 6 LEP, nella misura in cui tale disposto si riferisce all'art. 31ter Cost., deve esser preceduto da due distinte indagini. La prima, intesa ad accertare se l'apertura del previsto esercizio sia suscettibile di costituire concretamente un pericolo a seguito di concorrenza eccessiva per l'esistenza economica degli esercizi siti nel comprensorio entrante in linea di conto; la seconda indagine, da esperire soltanto se la prima ha avuto esito positivo, intesa ad accertare se, ciononostante, l'apertura del postulato esercizio risponda ad un bisogno, cioè ad un prevalente interesse pubblico. La delicata questione, intesa a sapere se l'autorità cantonale che intende avvalersi delle disposizioni legali emanate in virtù dell'art. 31ter, sia tenuta a tale doppio esame, e se il postulante lo possa richiedere, oppure se l'autorità possa, rispettivamente debba limitarsi ad accertare se l'apertura del nuovo esercizio risponda ad un bisogno, e quindi sia autorizzata a negare il permesso anche quando non è dimostrata concretamente alcuna messa in pericolo dell'esistenza economica dei concorrenti, non è ancora stata chiaramente risolta nella giurisprudenza e nella dottrina.
Questa seconda soluzione è adottata in decisioni cantonali pubblicate in ZBl 52/1951, pag. 239/240, 60/ 1959, pag. 513 segg., e 61/1960, pag. 333 segg., tutte relative al Cantone di Basilea Città. La sussistenza della premessa per l'introduzione della clausola del bisogno fondata sull'art. 31ter Cost. (minaccia per l'esistenza economica) sarebbe accertata una volta per tutte e definitivamente ("endgültig und abschliessend") dal legislatore cantonale, allorquando emana la legge. Chiamata ad applicare codesta legge, l'autorità amministrativa non sarebbe tenuta ad esaminare né se la minaccia per l'esistenza economica ancora sussista in genere, né se essa sussista nel caso concreto. L'inesistenza di una minaccia effettiva per l'esistenza economica dei concorrenti non escluderebbe pertanto il ricorso alla clausola del bisogno ed il rifiuto della patente in caso di risposta negativa circa il bisogno. Beninteso, e per converso, la constatata esistenza di una concreta messa in pericolo di concorrenti, non osterebbe al rilascio della richiesta patente, se un bisogno fosse riconosciuto (v. ZBl 60/1959, pag. 514 consid. 2 e riferimenti). Questa soluzione giurisprudenziale sembra esser accolta da MARTI (Die Wirtschaftsfreiheit der schweizerischen Bundesverfassung, Basilea 1976, pag. 161, n. 297 e nota 16), che
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la registra senza commento critico. Essa è invece combattuta da NEF/HUNZIKER (Handels- und Gewerbefreiheit, VI, Wirtschaftsgewerbe, SJK n. 621, B/II, con riferimento a Handels- und Gewerbefreiheit, V, Wirtschaftspolitische Massnahmen, SJK n. 620, C/II/1 e a DTF 82 I 152 consid. 2, DTF 93 I 127 consid. 2 e 224 consid. 1) e da L. SCHÜRMANN (Die rechtliche Tragweite der neuen Wirtschaftsartikel der Bundesverfassung, in ZBl 49/1948, pagg. 33 segg., 57 segg., 89 segg., in part. 65/66). A favore del doppio esame, potrebbe addursi che il costituente federale ha considerato la messa in pericolo quale premessa indispensabile della deroga alla libertà di industria e commercio, e che la necessità di mantenere una situazione economica sana nel ramo degli esercizi pubblici è considerata dalla Costituzione stessa come un interesse pubblico sufficiente, ma anche necessario, alla limitazione della libertà di cui qui è discorso. In presenza della minaccia per l'esistenza del ramo economico, il permesso di apertura deve in linea di principio esser negato: per contro, esso dovrà esser rilasciato soltanto se altri interessi pubblici prevalenti (essenzialmente i bisogni dei consumatori) lo giustificano, e ciò nonostante che l'apertura del nuovo esercizio possa ledere i concorrenti. Rifiutare al postulante la possibilità di contestare in linea di massima la sussistenza di una minaccia per l'esistenza economica della categoria, equivarrebbe ad impedirgli di far valere che il legislatore cantonale si è posto in contrasto con la Costituzione e, rispettivamente, di addurre che alla normativa cantonale - costituzionalmente ineccepibile al momento dell'adozione - è venuto in seguito a mancare il supporto costituzionale per mutamento della situazione economica.
Ai fini del giudizio, questa delicata questione può tuttavia rimanere aperta per due motivi ben precisi: il primo, di carattere generale, è che un cantone il quale permette il citato doppio esame non viola affatto la Costituzione, poiché manifestamente non esorbita dal quadro fissatogli dal costituente con istruzioni impegnative per il legislatore (a codesta soluzione non può infatti ostare la sentenza 1o luglio 1977 in re Landwirtschaftliche Konsumgenossenschaft Wehntal - DTF 103 Ib 227 segg., 231 consid. 6 - essendo in gioco in quel caso misure di polizia, ancorate in una legge di polizia). Il secondo motivo, più specifico, è che la situazione del Cantone Ticino è particolare ed ha indotto il legislatore ad istituire un esame pregiudiziale
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della messa in pericolo, seguito dall'accertamento concreto del bisogno, ovvero dell'interesse pubblico all'apertura di un nuovo esercizio.
e) Non solo nel Cantone Ticino l'autorità chiamata ad applicare la legge ammette - quantomeno in linea di principio - la necessità dell'accennato duplice esame, ma conclusione identica si deve trarre dai lavori legislativi, cui i ricorrenti ampiamente si riferiscono e che su tal punto sono perfettamente chiari ed univoci.
Il legislatore ticinese si è risolto a far uso della facoltà accordatagli dall'art. 31ter Cost. solo nel 1967, vent'anni dopo l'adozione della norma. E ciò non tanto perché avesse constatato che, in linea generale, l'esistenza economica degli esercizi pubblici fosse nell'intero Cantone minacciata da fenomeni di concorrenza eccessiva, quanto piuttosto per porsi in grado di intervenire, sulla scorta della base legale indispensabile, laddove simili distorsioni concorrenziali fossero accertate. Nel Messaggio del Consiglio di Stato del 25 febbraio 1966 accompagnante il disegno della LEP (pag. 10), si legge infatti "che le previste limitazioni vogliono costituire semplicemente quella necessaria base legale che permetta al Cantone di intervenire quando e là dove - e soltanto quando e là dove - ricorrano gli estremi che giustificano il ricorso all'una o all'altra restrizione". Pur essendo conscio che "il ramo dell'economia rappresentato dai caffè e ristoranti ai sensi dell'art. 31ter C.F., se preso nel suo assieme e se visto sul piano cantonale, non è ancora oggetto di quella concorrenza così eccessiva da minacciarlo nella sua esistenza", il Governo cantonale ha nondimeno rilevato che "le condizioni di fatto che si verificano e si riscontrano in alcuni Comuni... sono già oggi tali da rendere opportuno il ricorso alla limitazione di natura economica (art. 31ter), o quanto meno da consigliare la creazione di quella base legale che dispensi il Cantone dal rispetto, altrimenti assoluto e integrale, del principio della libertà di industria e di commercio...". E la Commissione della legislazione (si veda il Rapporto del 1o settembre 1967, pagg. 2 e 3) finì col fare adesione al Messaggio per il motivo che "una liberazione completa potrebbe significare un elemento di squilibrio in tutto il ramo economico in questione", perché non era da sottovalutare la possibilità di veder sorgere catene di ristoranti creati da grandi complessi finanziari, e perché, in determinati quartieri di città, il numero
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degli esercizi appariva eccessivo: il tutto con richiamo all'esplicita e solenne dichiarazione del Consiglio di Stato, testualmente riprodotta dal Messaggio nel Rapporto stesso.
Coerentemente con questa impostazione, né nella legge né nell'ordinanza sono stabiliti coefficienti concernenti il numero degli esercizi o delle varie categorie di esercizi per rapporto alla popolazione di un determinato comprensorio, superati i quali una saturazione è presunta ed il permesso deve per principio esser negato, salvo si dimostri un bisogno dettato da altri pubblici interessi.
f) Ne viene che le autorità ticinesi, chiamate al cennato doppio esame, godono di una libertà particolarmente grande nella valutazione delle circostanze di fatto, dalle quali deve dedursi dapprima la constatazione di una messa in pericolo per gli esercizi esistenti, poi, eventualmente, affermarsi o negarsi un bisogno. Trattandosi precipuamente della valutazione di circostanze di fatto e locali, meglio note all'autorità cantonale, il Tribunale federale - per costante giurisprudenza - interviene soltanto, nella sua veste di giudice costituzionale, se di codesto apprezzamento l'autorità ha abusato o l'ha ecceduto (v. DTF 51 I 26 relativa al vecchio art. 31c Cost., ora 32quater; 54 I 90/91 consid. 3; DTF 95 I 209; ZBl 66/1965, pag. 269c; cfr., tuttavia, DTF 98 Ib 229, dove la questione di sapere se "i bisogni" dell'esercizio e del traffico ferroviario giustificano l'apertura di una farmacia in una stazione è stata considerata questione di mero diritto, questione d'apprezzamento, invece, quella di decidere se, affermato il bisogno, la farmacia debba aprirsi o meno; si veda inoltre la critica di IMBODEN/RHINOW, op.cit., vol. I, n. 66, pag. 406 lett. d e pag. 411 lett. b).
g) L'esercizio del potere di apprezzamento non si confonde tuttavia col beneplacito dell'autorità amministrativa. Questa è legata ai criteri che scaturiscono dal senso e dagli scopi della normativa applicabile, così com'è legata ai principi generali del diritto. Essa deve accertare tutti gli elementi di fatto suscettibili di determinare o concorrere a determinare la decisione, e comparare accuratamente gli opposti interessi che si affrontano (v. DTF 98 Ia 463 464 e riferimenti; 99 Ia 41; 99 Ib 136; GRISEL, Droit administratif suisse, pag. 171; IMBODEN/RHINOW, op.cit., vol. I, n. 67, pagg. 416/417). Tra i principi cardinali che l'esercizio del potere di apprezzamento deve ossequiare rientrano il divieto dell'arbitrio e della disparità di trattamento, le
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regole della buona fede e quella della proporzionalità (v. DTF 90 I 343).
Anche sotto il profilo formale, l'autorità è tenuta a maggior rigore e disciplina, quanto più largo è lo spazio di apprezzamento che le è lasciato. Ciò concerne in modo speciale l'obbligo di motivazione. Mentre la giurisprudenza anteriore rifiutava di considerare, almeno in linea generale, la mancanza di motivazione come un diniego di giustizia formale, se l'obbligo di motivazione non era ancorato espressamente nella legislazione cantonale (cfr. DTF 28 I 11; DTF 43 I 28; DTF 53 I 111; DTF 62 I 146; DTF 93 I 120 consid. 2 e riferimenti), la giurisprudenza più recente ha evoluto. In DTF 96 I 723 /724, il Tribunale federale ha riconosciuto che i principi generali dello Stato di diritto esigono sì di massima che i motivi della decisione siano resi noti all'interessato al fine di consentirgli di far uso con efficacia delle impugnazioni previste dalla legge; ma ha soggiunto che, sotto il risvolto del diritto d'esser sentito, non devono esser poste a codesto obbligo esigenze troppo severe e che dall'art. 4 Cost. non si deduce immediatamente in quale forma il destinatario della decisione debba esser posto al corrente dei motivi. In ogni caso, una violazione dell'art. 4 Cost. è esclusa quando, non prevedendo il diritto cantonale una motivazione scritta, la decisione non la contiene, ma le parti hanno appreso per altra via i motivi, o comunque sono in grado, per la manifesta concludenza delle risultanze dibattimentali o probatorie, di individuare chiaramente perché la decisione sia stata presa in un senso piuttosto che nell'altro. Questa giurisprudenza è stata confermata, ma nello stesso tempo affinata e precisata in DTF 98 Ia 464 /465 (consid. 5). In particolare, si è ivi riconosciuto che, allorquando la decisione deve esser presa dall'autorità in applicazione di norme che non le lasciano alcuna latitudine di giudizio o d'apprezzamento, il semplice riferimento alle norme applicate può apparire sufficiente a soddisfare il precetto della motivazione (v. anche sentenza inedita 28 ottobre 1977 in re Schneider, consid. 6a).
Da ciò deve dedursi a contrario che, allorquando l'applicazione della normativa implica esercizio d'apprezzamento, le esigenze che in virtù dell'art. 4 Cost. si pongono alla motivazione aumentano, e tanto più esse diventano rigorose, quanto maggiore è l'apprezzamento riservato all'autorità, e quanto più numerose sono le premesse fattuali su cui tale apprezzamento
BGE 104 Ia 201 S. 214
deve esercitarsi (v. MEYLAN, La motivation des actes administratifs en droit suisse, in Recueil de travaux suisses présentés au VIIIe Congrès international de droit comparé, Basilea 1970, pag. 313 segg., in part. 334/335, lett. c; MEYLAN, La motivation des actes administratifs à la lumière de la jurisprudence récente du Tribunal fédéral, in RDAF 1973, pag. 369 e segg., in part. 374/375; IMBODEN/RHINOW, op.cit., vol. I, n. 85, pagg. 534/536, in part. III/e; v. anche, nella giurisprudenza più remota relativa alla libertà di commercio e d'industria, DTF 51 I 26 ove l'assenza di indicazione dei motivi che avevano indotto l'autorità cantonale a negare l'esistenza di un bisogno non fu ritenuta come vizio della decisione unicamente perché questa decisione era stata preceduta da altre, concernenti lo stesso oggetto, rimaste incontestate e fondate su un esame minuzioso ed oggettivo delle circostanze, cui pertanto l'autorità poteva semplicemente riferirsi).
Se ne deve concludere che ambito, limiti, forma di una motivazione rispettosa dei postulati di uno Stato di diritto e conforme alle esigenze del diritto d'esser sentito garantito dall'art. 4 Cost. sono variabili. Il contenuto della motivazione può esser determinato - nel quadro dei principi generali - solo per riguardo alle particolarità del caso concreto, tenendo conto, da un lato, dell'insopprimibile esigenza di assicurare al cittadino un minimo di mezzi efficaci di difesa e, dall'altro, della necessità di garantire all'autorità chiamata ad esercitare un sindacato di costituzionalità la possibilità effettiva e non solo nominale di effettuarlo. Se codeste regole risultano nel caso concreto violate, il vizio formale comporta di norma l'annullamento della decisione, senza che il ricorrente debba dimostrare un interesse (cfr. DTF 98 Ib 196); tuttavia, il Tribunale federale ha fatto eccezione a questa regola rigida, allorquando, nonostante il vizio, il ricorrente ha potuto di fatto difendere pienamente i propri diritti in sede di ricorso (v. DTF 99 Ib 99 consid. 2a; 135 consid. 2a in fine, e la critica di MEYLAN, op.cit., RDAF 1973, pag. 379, e IMBODEN/RHINOW, op.cit., vol. I, n. 85, pagg. 536/537, V). Per questa attenuazione del principio, il Tribunale federale procede con un ragionamento analogo a quello concernente la riparazione del diritto d'esser sentito davanti all'autorità di ricorso (v. DTF 98 Ib 171 consid. 3 e riferimenti).