Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
Urteilskopf

113 II 513


89. Estratto della sentenza 15 settembre 1987 della I Corte civile nella causa diretta Minatra S.A. contro Confederazione Svizzera

Regeste

Art. 86 und 87 der SIA-Norm 118 (Ausgabe 1977), Art. 373 Abs. 2 und 374 OR: Erhöhung des in einem Werkvertrag vereinbarten Einheitspreises.
1. Notwendigkeit, auf Art. 373 Abs. 2 und 374 OR zurückzugreifen, wenn die vertraglich vereinbarten Art. 86 und 87 der SIA-Norm 118 sich als unanwendbar erweisen (E. 2 u. 3).
2. Umstände, die im konkreten Fall eine Erhöhung des Einheitspreises nach Art. 373 Abs. 2 oder 374 OR rechtfertigen (E. 4).
3. Richterliches Ermessen mit Bezug auf die Erhöhung des Einheitspreises, wenn die Voraussetzungen der Art. 373 Abs. 2 oder 374 OR erfüllt sind, aber es nicht möglich ist, die Berechnungsfaktoren, auf die der Unternehmer seine Forderung stützt, völlig nachzuprüfen (E. 5).

Sachverhalt ab Seite 514

BGE 113 II 513 S. 514

A.- Il 28 novembre 1979 la Confederazione Svizzera ha affidato al Consorzio Imprese Piero Ferrari (Locarno), Pagani S.A. (Osogna) e Italo Genetelli (Castione) i lavori di scavo generale e i trasporti per la costruzione del nuovo centro postale a Bellinzona. Il Consorzio ha subappaltato l'11 marzo 1980 alla ditta Minatra S.A. la perforazione e il brillamento della roccia, come pure la rimozione dei trovanti e la formazione degli ancoraggi per lo scavo generale. Prevista in 8'000 m3, la roccia da sbancare è risultata di quasi 17'000 m3 e la ditta ha fatto valere - oltre alla mercede complessiva calcolata secondo il prezzo unitario pattuito - una pretesa per il maggior costo dell'opera. Sull'ammontare di quest'ultima è insorta una lite. Nel corso del 1984 il Consorzio ha ceduto alla società anonima Minatra i diritti derivantigli dal contratto di appalto stipulato con la Confederazione.

B.- La ditta Minatra S.A. ha promosso il 3 settembre 1985 davanti al Tribunale federale una causa per ottenere dalla Confederazione il versamento della somma litigiosa. Ha specificato che l'importo si ricollega a misure di sicurezza aggiuntive, all'abbassamento del piano di scavo, come pure al supplemento di lavoro e di materiale dovuto alla necessità di rispettare il termine di esecuzione, di rimuovere una quantità di roccia più che doppia, di far brillare un sottosuolo difficilmente fendibile e di sparare mine presso muri di sostegno appena costruiti. La convenuta ha proposto di respingere l'azione.

Erwägungen

Dai considerandi:

2. Il contratto di appalto stipulato il 28 novembre 1979 si compone di un'"offerta" (capitolato dei prezzi unitari preceduto da complementi e deroghe alla norma SIA 118, da piani e da prescrizioni tecniche) e di un'"ordinazione" nella quale figurano particolarità inerenti alle opere di scavo e di trasporto. Per il brillamento e l'abbattimento della roccia è stato pattuito nell'offerta un prezzo unitario. (...) La maggior pretesa dell'attrice è fondata su un'analisi comparativa dei prezzi unitari esposti nell'offerta e dei prezzi unitari aumentati in seguito alle misure di sicurezza aggiuntive, all'abbassamento del piano di scavo e alla maggior mole di lavoro. La documentazione prodotta non consente però di verificare i parametri di calcolo. La carenza di giustificativi, già sottolineata dalla delegazione del Tribunale federale nel corso del dibattimento preparatorio, è la ragione del resto per cui l'attrice
BGE 113 II 513 S. 515
ha rinunciato a postulare una perizia e insta per un giudizio sulla base degli atti.

3. La possibilità di fatturare una maggior spesa oltre al prezzo unitario esposto nel capitolato non figura esplicitamente nel contratto di appalto, che si limita a richiamare in modo generico la norma SIA 118 (edizione 1977). Il primo punto da chiarire è quindi il contenuto della regola adottata convenzionalmente dalle parti.
a) L'art. 86 cpv. 2 della norma SIA 118 ("conseguenze della modifica di ordinazione su prestazioni a prezzi unitari") stabilisce che "se la quantità finale supera il 120% o è inferiore all'80% della quantità prevista, su richiesta di una delle parti contraenti viene fissato un nuovo prezzo unitario rispetto alla base di calcolo dei costi originaria (art. 62 cpv. 2) sia per la parte che supera il 120% sia per quella inferiore all'80% della quantità prevista". L'art. 86 cpv. 3 prima frase permette di "fissare un limite di tolleranza diverso dal 20%, in particolare quando il capitolato prevede posizioni speciali per le installazioni di cantiere" (art. 123 della norma). Il contratto precisa al riguardo che "la tolleranza viene depennata" se le installazioni di cantiere "possono essere utilizzate senza dover modificare termini e materiale" (punto 3.3 dell'offerta). Tale riserva non ha importanza pratica, non potendosi seriamente affermare che nel caso in oggetto "termini e materiale" siano rimasti invariati rispetto all'ordinazione (si pensi alla maggior durata dello scavo e ai carrelli di perforazione supplementari occorsi per rimuovere un volume più che doppio di roccia). Ciò non significa per altro che l'attrice possa giovarsi dell'art. 86 cpv. 2: certo, esso conferisce all'impresa che esegue una prestazione superiore del 120% a quella originalmente prevista la facoltà di esigere una modifica del prezzo unitario. Detta facoltà presuppone nondimeno che, sulla scorta dei prezzi iniziali (salari, costi del materiale, dei trasporti ecc.), sia possibile determinare un nuovo prezzo unitario tenendo conto delle modifiche intervenute. Nel caso specifico, come si è accennato, mancano i giustificativi per un calcolo di raffronto secondo le modalità della norma SIA 118 (art. 62 cpv. 2). Questa carenza esclude anche la possibilità di far capo all'art. 87 della norma stessa, che regola il computo di un nuovo prezzo unitario ove - indipendentemente da differenze di quantità - si modifichino le "condizioni di esecuzione" dell'opera. La disciplina della norma SIA 118 dimostrandosi inapplicabile per mancanza di prove sulle basi di calcolo, rimane da esaminare se il diritto ordinario permetta ugualmente all'attrice di rivendicare un'indennità
BGE 113 II 513 S. 516
per il maggior costo dell'opera.
b) In tema di appalto a prezzo unitario la legge dispone che l'imprenditore è tenuto a compiere l'opera per la somma preventivamente determinata e non può esigere alcun aumento nemmeno se ha avuto maggior lavoro o maggiori spese (art. 373 cpv. 1 CO). Solo qualora "circostanze straordinarie che non potevano essere prevedute o che erano escluse dalle previsioni ammesse da ambedue le parti al momento della stipulazione del contratto, impedissero o rendessero oltremodo difficile il compimento dell'opera, è in facoltà del giudice di concedere secondo il suo prudente criterio un aumento di prezzo o la risoluzione del contratto" (art. 373 cpv. 2 CO). Non imputabili al comportamento dell'appaltatore, le "circostanze straordinarie" devono esplicare effetti tali sul contratto da non potersi pretendere in buona fede il rispetto dei prezzi offerti (DTF 104 II 315; cfr. anche DTF 109 II 335). Le possibili differenze di quantità o di misura che dovessero risultare da un confronto tra il capitolato e l'opera effettiva sono rimunerate unicamente a queste premesse (GAUCH, Der Werkvertrag, 3a edizione, pag. 216, n. 764 con rinvii). La questione dev'essere risolta diversamente se vi è modifica vera e propria del contratto: il maggior costo dell'opera dev'essere indennizzato allora - salvo pattuizione contraria - in conformità all'art. 374 CO, cioè secondo il valore del lavoro e le spese dell'appaltatore (GAUCH, op.cit., pag. 159, n. 549). Occorre verificare se nel caso in rassegna sussistano i presupposti per applicare l'art. 373 cpv. 2 o 374 CO.

4. a) L'attrice sostiene che uno scavo di quasi 17'000 m3 comporta, già dal profilo organizzativo e soprattutto in circostanze come quelle concrete, oneri più gravosi rispetto a uno scavo di 8'000 m3 (cifra 115.31 dell'offerta). Nella fattispecie, ove il volume previsto fosse stato esatto, un solo carrello di perforazione e quattro volate di spari al giorno sarebbero bastati. Invece sono occorsi due, tre, quattro e per finire cinque carrelli, mentre le autorità ferroviarie hanno ridotto a una le volate di spari inizialmente permesse. La tesi è - in linea di principio - verosimile. D'altro lato è pacifico che, come emerge dall'istruttoria, i carrelli di perforazione erano spesso fuori uso e che i 5'000 m3 di trovanti preventivati (cifra 115.23 dell'offerta) non si sono rinvenuti. Quest'ultimo rilievo, in ogni modo, non può essere valutato solo per la sua entità numerica: anzitutto la rimozione dei trovanti sarebbe risultata molto meno costosa della roccia da mina: inoltre
BGE 113 II 513 S. 517
la convenuta non spiega in che misura codesta agevolazione avrebbe effettivamente sgravato l'impresa dal profilo economico. L'attrice ricorda a ragione, di converso, che la necessità di uno scavo molto più ampio si è rivelata progressivamente e non ha consentito una previsione iniziale attendibile. È vero che già prima di cominciare le opere di brillamento, il 21 febbraio 1980, la direzione dei lavori prospettava un volume roccioso di circa 15'000 m3, ma l'istruttoria non ha permesso di appurare se da tale cubatura fossero esclusi i 5'000 m3 di trovanti; per di più il volume era del tutto approssimativo. Indiscusso è che il 2 luglio 1980 si stimava ancora il volume in circa 5'000 m3, il 23 luglio 1980 (nonostante il procedere dei lavori) in circa 7'000 m3, l'8 agosto 1980 in 5'700 m3, il 2 settembre circa 5'000 m3 e che lo scavo totale di quasi 17'000 m3 non è sicuramente apparso definitivo prima del giugno o luglio 1980.
b) Il termine per l'esecuzione dell'opera ha subito a sua volta cambiamenti. Che l'attrice non possa lamentare l'interruzione dei lavori con gli esplosivi dall'8 maggio al 12 giugno 1980 è manifesto, l'incidente essendo stato causato da un suo minatore. Né essa può dolersi della circostanza che il termine di esecuzione, fissato dal 3 marzo al 30 novembre 1980 nell'offerta, è stato anticipato dal 21 gennaio all'8 agosto 1980 nell'ordinazione, poiché qualora non fosse stata d'accordo avrebbe dovuto reagire immediatamente. La convenuta fa notare a ragione, dipoi, che lo sparo delle mine in un cantiere di tale grandezza situato nel centro di una città non può cominciare già il primo giorno: l'inizio dei tiri il 25 febbraio 1980 non deve perciò aver pregiudicato l'attrice. Diversa è la situazione per quanto riguarda la fine dei lavori, avvenuta il 20 ottobre 1980. Questa data non era prevista alla firma del contratto. I responsabili dell'impresa potevano quindi partire dall'idea che avrebbero avuto a disposizione il tempo necessario a un appaltatore capace e competente per eseguire la stessa opera iniziando con tempestività e svolgendo un lavoro sollecito con l'ordinario dispendio di manodopera e materiale (GAUCH, op.cit., pag. 132, n. 462 e riferimenti). Se si considera, nel caso in esame, che per sbancare circa 8'000 m3 di roccia l'attrice aveva tempo dal 25 febbraio all'8 agosto 1980 (cinque mesi e mezzo), per rimuovere un volume maggiore di oltre il 110% essa avrebbe potuto legittimamente supporre di ottenere una dilazione di almeno sei mesi. In effetti le si sono concessi solo due mesi e mezzo supplementari. Un periodo così breve conforta l'indizio di una notevole accelerazione dei tempi rispetto ai ritmi di lavoro stipulati per contratto. A ciò si
BGE 113 II 513 S. 518
che il termine del 20 ottobre 1980 non è stato definito sin dall'inizio e si è concretato poco per volta, parallelamente al dissolversi delle incertezze che regnavano sul volume totale dello scavo in roccia. È comprensibile che la convenuta si prefiggesse l'ultimazione dei lavori prima dell'inverno; la mancata fissazione di un termine preciso suffraga l'ipotesi tuttavia che essa abbia sollecitato l'attrice ad avanzare il più celermente possibile non solo dopo l'incidente dell'8 maggio 1980, ma fino alla conclusione dei lavori. L'attrice all'epoca si trovava già in difficoltà: con le autorità ferroviarie, che avevano impedito lo sparo di quattro volate giornaliere autorizzandone una sola, con la ditta Kibag Sprengtechnik [incaricata di sorvegliare le opere di sparo dopo l'incidente dell'8 maggio 1980], che aveva disposto nuove misure di sicurezza, con la polizia cittadina, che esigeva garanzie di incolumità per le persone e i fondi prossimi. In circostanze del genere è plausibile che un'accelerazione dei lavori abbia causato alla ditta costi più elevati.
c) Oltre che con l'imprevedibile e doppio volume dello scavo, l'attrice giustifica la propria rivendicazione con la qualità della roccia, e in specie con il fatto di aver dovuto rimuovere - dal 18 agosto al 20 ottobre 1980 - una gran massa di pegmatite. Se non che, per questo titolo, la committente ha già versato una maggiorazione del 50% su una cubatura di circa 3'000 m. L'attrice non dimostra che tale maggiorazione sia insufficiente né in concreto, all'appoggio di prove formali, né secondo valori statistici o empirici. Del resto essa non pretende nemmeno che il volume di pegmatite abbia ecceduto i 3'000 m. Una somma maggiore di quella già corrisposta non può quindi essere riconosciuta.
d) L'obbligo, secondo l'attrice, di procedere a perforazioni anticipate e sistematiche avrebbe comportato ulteriori spese poiché, nonostante l'uso di cartucce in plastica e altri accorgimenti, gli spari successivi e le opere di sterro avrebbero colmato un buon numero di perforazioni già pronte. Ora, l'istruttoria non ha permesso di accertare che simili perforazioni siano state eseguite per ordine e volontà della committente. Pacifico è che esse risalgono al periodo in cui l'autorità ha vietato l'impiego degli esplosivi, dopo l'incidente dell'8 maggio 1980. Che l'attrice a quell'epoca abbia fatto il possibile per limitare i disagi dell'interruzione non può essere addebitato alla committente, il sinistro essendo stato provocato da un suo minatore. Era anzi nell'interesse della ditta guadagnar tempo ricorrendo alle maestranze sul cantiere e utilizzando i macchinari a disposizione. Una maggior spesa per questo solo
BGE 113 II 513 S. 519
motivo non si legittima.
e) L'abbassamento del piano di scavo avrebbe provocato, a parere dell'attrice, un notevole costo supplementare. La convenuta ricorda che i 2'700 m3 rimossi sono stati pagati al prezzo unitario pattuito nel contratto; l'attrice non avrebbe sopportato alcun pregiudizio economico poiché sapeva di dover scendere un metro di più con lo scavo ancor prima di cominciare le opere di brillamento. V'è da domandarsi se l'opinione sia provvista di buon diritto: dall'istruttoria, invero, non è emerso con chiarezza quando all'attrice (o al Consorzio) sarebbe stata comunicata la necessità di abbassare il piano di scavo; certo è invece ch'essa ha dovuto eseguire perforazioni più profonde. Comunque sia, nessun elemento utile figura agli atti per la verifica della asserita maggior spesa. Ciò impedisce di valutare, sia pure in via approssimativa, l'importo richiesto. Nulla può dunque essere riconosciuto in proposito.
f) Gli spari presso i muri di sostegno appena costruiti hanno implicato senza dubbio molta accortezza. Il preteso maggior costo del lavoro tuttavia non è stato lontanamente reso verosimile. Per di più l'istruttoria ha confermato che l'attrice era in grado di prevedere sin dall'inizio tale difficoltà. L'aggravio economico ch'essa fa valere (ma non quantifica) doveva quindi essere considerato già nell'offerta.
g) Le misure di sicurezza aggiuntive ordinate dalla ditta Kibag Sprengtechnik sono sicuramente all'origine di un maggior costo. La loro causa è da ricercarsi nondimeno nell'incidente dell'8 maggio 1980, imputabile all'attrice. Quest'ultima sostiene che, in ogni modo, il dispositivo di protezione supplementare si è dimostrato inutile, se non dannoso (...). Essa scorda però che in difetto di assicurazioni precise l'autorità non avrebbe autorizzato la continuazione degli spari. Inoltre dimentica che il 14 maggio 1980 si era detta "assolutamente d'accordo" con una serie di proposte avanzate dal Consorzio assuntore delle opere; essa non spiega entro quali limiti tali proposte sarebbero state disattese. Infine non fornisce le prove per controllare l'attendibilità dell'importo fatturato. La somma esposta sfugge così a qualsiasi ragionevole apprezzamento non solo sulle basi di calcolo, ma anche sulla sua composizione. Desumere un credito dell'attrice in tali circostanze non è possibile.

5. Da quanto sopra risulta che l'applicazione dell'art. 373 cpv. 2 o 374 CO può riferirsi unicamente a due fattispecie: il doppio volume dello
BGE 113 II 513 S. 520
scavo che non ha consentito una previsione iniziale attendibile e il termine di esecuzione abbreviato nella fase dei lavori successiva all'incidente dell'8 maggio 1980.
a) Il progressivo raddoppio dello scavo non si riconduce a una modifica del contratto, ma a una circostanza - non prevista dalla committente né dall'appaltatore - che ha dato luogo a un divario di quantità. La maggior cubatura da sola non giustifica tuttavia l'applicazione dell'art. 373 cpv. 2 CO, ossia la modifica del prezzo unitario. È vero che nel caso in oggetto la necessità di rimuovere un doppio volume di roccia si è rivelata a poco a poco e che tale inconveniente ha richiesto all'attrice esigenze organizzative presumibilmente maggiori. Se non che, per altro verso, uno scavo più grande dovrebbe aver implicato una riduzione del prezzo unitario. Il graduale raddoppio del volume in sé non basta pertanto a confortare una circostanza straordinaria che ha reso "oltremodo difficile il compimento dell'opera". Fatti ulteriori che potrebbero legittimare un'indennità giusta l'art. 373 cpv. 2 CO no sono emersi con la necessaria chiarezza e definizione dall'istruttoria. Nelle contingenze descritte il "prudente criterio" cui deve far capo il giudice applicando l'art. 373 cpv. 2 CO non consente di scorgere i requisiti per un aumento di prezzo.
b) L'anticipazione del termine per finire lo scavo dopo il noto incidente (due mesi e mezzo invece di sei) può interpretarsi, da parte sua, tanto sotto il profilo dell'art. 373 cpv. 2 CO quanto sotto il profilo dell'art. 374 CO. Le "circostanze straordinarie" dell'art. 373 cpv. 2 CO sono ravvisabili invero, per l'attrice, nella notevole accelerazione dei tempi e, per la convenuta, nella necessità di ultimare uno scavo di ampiezza inaspettata prima dell'inverno; entrambe le parti possono definirsi, in altre parole, sorprese nella loro buona fede dalla natura del terreno (cfr. DTF 104 II 316 consid. b; GAUCH, op.cit., pag. 223, n. 785). Ma l'anticipazione del termine può interpretarsi anche come una modifica vera e propria del contratto, non più eseguibile così com'era stato stipulato. Comunque si risolva la questione, è pacifico che lo sveltimento del ritmo ha obbligato l'attrice a procurarsi carrelli di perforazione supplementari e a dirigere più squadre di operai simultaneamente, con tutti i relativi problemi di coordinazione e di sicurezza. Poco importa che, salvo il parco macchine, per lo scavo non siano occorse nuove istallazioni di cantiere. La convenuta stessa ha già riconosciuto il principio di un maggior costo versando un'indennità per l'aumento della capacità produttiva destinato al rispetto dei termini. Né avrebbe potuto fare
BGE 113 II 513 S. 521
altrimenti, ove si ricordi che la ragguardevole accelerazione dei tempi non può essere un'iniziativa della sola attrice: ogni settimana si tenevano riunioni di cantiere con il direttore del circondario postale o il suo sostituto, ogni settimana un responsabile della direzione lavori si trovava sul cantiere per due o tre giorni, ogni giorno un architetto sorvegliava i lavori per circa quattro ore. La commitente deve assumere la responsabilità per le decisioni di questi organi. Che l'attrice abbia accettato di ultimare l'opera con la massima celerità non significa che essa non abbia diritto alla rifusione del maggior costo. La convenuta eccepisce che la ditta ha rivendicato le sue pretese tardivamente e che tale remora equivale a una rinuncia tacita. A torto. Dagli atti si deduce che già il 18 giugno 1980 (subito dopo la ripresa dei lavori) l'attrice ha notificato un sovrapprezzo; del resto la convenuta non ha mai rimproverato alla ditta di aver fatto valere in ritardo eventuali maggiorazioni.
Rimane da appurare se l'importo chiesto dall'attrice per il supplemento di lavoro e di materiale dovuto alla necessità di rispettare il termine di esecuzione si giustifichi nella prospettiva dell'art. 373 cpv. 2 o 374 CO. (...) La ditta non è stata in grado di addurre le prove per una verifica della somma litigiosa. Incombe al giudice, ciò posto, di valutare la situazione secondo il suo prudente criterio; non v'è motivo infatti perché il margine di apprezzamento stabilito dall'art. 373 cpv. 2 CO per contratti a prezzo fisso non debba valere, a maggior ragione, per una vera e propria modifica dell'appalto (art. 374 CO). Ora, un accoglimento dell'azione anche solo nei limiti fatti valere dall'attrice per il supplemento di lavoro e di materiale dovuto alla necessità di rispettare il noto termine è escluso ove si consideri che tale ammontare comprende la maggior spesa (non provata) per lo sparo delle mine presso i muri di sostegno; inoltre la generale carenza di prove torna manifestamente a scapito dell'attrice (art. 8 CC). (...) Il prudente criterio su cui deve fondarsi il giudizio induce a ritenere che nel caso precipuo l'indennità per maggior costo debba situarsi attorno ai due terzi della pretesa [relativa a quest'ultimo titolo].

Inhalt

Ganzes Dokument
Regeste: deutsch französisch italienisch

Sachverhalt

Erwägungen 2 3 4 5

Referenzen

BGE: 104 II 315, 109 II 335, 104 II 316

Artikel: Art. 373 Abs. 2 und 374 OR, art. 373 cpv. 2 CO, art. 373 cpv. 1 CO, art. 8 CC