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Urteilskopf

113 Ib 157


28. Estratto della sentenza 15 aprile 1987 della I Corte di diritto pubblico nella causa Banca del Gottardo c. Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino e Giudice istruttore sottocenerino (ricorso di diritto amministrativo)

Regeste

Internationale Rechtshilfe in Strafsachen; EUeR, IRSG.
1. Rechtshilfe, welche die Anwendung von Zwangsmassnahmen erfordert; völkerrechtliche Immunität.
a) Verneinung der Immunität sowohl in bezug auf die Verwalter einer Körperschaft eines Drittstaates, denen in der Schweiz kein Diplomatenstatus zukommt, als auch hinsichtlich der von jenem Staat bei Schweizer Banken angelegten Gelder, welche nicht direkt für eine hoheitliche Aufgabe bestimmt sind: diese Vermögenswerte können daher Zwangsmassnahmen im Rahmen der Gewährung von Rechtshilfe an den ersuchenden Staat unterworfen werden (E. 3).
b) Ob die verfolgten Personen (Art. 11 IRSG) im ersuchenden Staat diplomatische Immunität geniessen und deshalb nicht der Gerichtsbarkeit dieses Staates unterliegen, ist nicht vom schweizerischen Rechtshilferichter, sondern vom ausländischen Sachrichter zu entscheiden (E. 3).
2. Angebliche Unzuständigkeit des ersuchenden Staates in Verfahren betreffend Gesellschaften mit Sitz in Drittstaaten.
Wenn nach dem Rechtshilfeersuchen eine Gesellschaft mit Sitz in einem Drittstaat mit einer Gesellschaft verbunden ist, welche in das Verfahren des ersuchenden Staates einbezogen ist, hat der schweizerische Rechtshilferichter in der Regel nicht abzuklären, ob die Zuständigkeit dieses Staates gegeben sei: das EUeR enthält keine Vorschriften, die denjenigen von Art. 7 Ziff. 2 EAUe entsprechen, und der Art. 64 IRSG befreit grundsätzlich die schweizerische Behörde von der Pflicht zu prüfen, ob die Strafbarkeit nach dem Recht des ersuchenden Staates gegeben sei (E. 4).
3. Art. 1 Ziff. 1, Art. 2 lit. b, Art. 3 Ziff. 1 EUeR; Art. 63 und 10 IRSG; Art. 47 BankG. Grundsatz der Verhältnismässigkeit.
Die Schweiz kann nicht unter Berufung auf das Verhältnismässigkeitsprinzip die nach dem EUeR zu leistende Rechtshilfe verweigern mit der Begründung, die ersuchende Partei könne die Auskünfte von Drittstaaten - seien diese dem Übereinkommen beigetreten oder nicht - erhalten, und sie kann es in der Regel auch nicht mit dem Argument, der ersuchende Staat verfüge bereits über genügende Beweismittel. Tragweite von Art. 10 Abs. 1 IRSG bei Wirtschaftsvergehen von aussergewöhnlicher Schwere und mit besonders komplexem Sachverhalt, sowie von Art. 2 lit. b EUeR und 10 Abs. 2 IRSG bei Nachforschungen über Bankbeziehungen eines oder mehrerer Kunden (E. 5).
4. Durchsuchung von vorsorglich beschlagnahmten Konten und Bankdokumenten. Rechte der Bank und der Konteninhaber.
Sowohl die Organe der Bank, bei der die Konten und Dokumente beschlagnahmt wurden, als auch die betroffenen Inhaber können der Durchsuchung beiwohnen (Art. 79 Abs. 3 und Art. 9 Satz 2 IRSG; Art. 6, 26 und 27 VwVG; Art. 69 BStP). Besondere Vorsicht bei der Durchsuchung ist geboten, wenn es sich beim betroffenen Bankkunden um einen Staat handelt (E. 6).
5. Zeugeneinvernahme von Bankangestellten; Art. 9, 12 Satz 2 und 79 Abs. 3 IRSG, Art. 47 BankG, Art. 75 ff. StPO/TI.
Vorbehältlich anders lautender Vorschriften der kantonalen Gesetzgebung sind die Bankangestellten gehalten, als Zeugen auszusagen; daraus ergibt sich, dass die Bank ausserdem verpflichtet ist, die erforderlichen Dokumente zur Verfügung zu stellen. Die Vernehmung der Zeugen ist auf jene Tatsachen zu beschränken, die zu den im Rechtshilfeersuchen angeführten in einer direkten oder indirekten Verbindung zu stehen scheinen (E. 7a-b).
6. Art. 4 EUeR; Art. 26 Abs. 1 IRSV.
Beamte und Polizeiorgane des ersuchenden Staates können bei der Ausführung des Rechtshilfeersuchens, insbesondere bei der Zeugenvernehmung, anwesend sein: doch müssen sie passive Beobachter bleiben. Sie sind von der Teilnahme dann auszuschliessen, wenn sich Zweifel ergeben, ob bestimmte Auskünfte an den ersuchenden Staat weitergeleitet werden dürfen (Art. 82 und 83 IRSG) (E. 7c).

Sachverhalt ab Seite 160

BGE 113 Ib 157 S. 160
L'Ufficio d'istruzione penale presso il Tribunale civile e penale di Milano procede dal 1982 contro parecchie persone a suo modo di vedere implicate nel clamoroso dissesto del Banco Ambrosiano S.p.A. con sede in Milano, dichiarato in stato d'insolvenza con sentenza del Tribunale civile di Milano del 25 agosto 1982 (cfr. DTF 109 Ib 322 segg.). Accanto a
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componenti del consiglio d'amministrazione e del collegio sindacale, a dirigenti e funzionari di detto istituto e ad altri terzi, sono oggetto dell'inchiesta anche amministratori dell'Istituto per le Opere di Religione (I.O.R.) con sede nella Città del Vaticano, tra i quali Mons. Paul Marcinkus, presidente dell'Ufficio amministrativo di tale ente. Secondo i Giudici istruttori di Milano Pizzi e Bricchetti, è configurabile nei confronti di queste persone il concorso (art. 110, 112 n. 1 e 2 CPI) in fatti di bancarotta fraudolenta pluriaggravata (art. 216 primo comma n. 1, 219 primo e secondo comma n. 1, 223 primo e secondo comma n. 1 e 2 della cosiddetta legge fallimentare - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) nonché nel reato di false comunicazioni ed illegale ripartizione di utili (art. 2621 CCI).
Il 30 aprile/6 maggio 1983 il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Milano trasmetteva al Dipartimento federale di giustizia e polizia una commissione rogatoria del 9 aprile dei dott. Pizzi e Bricchetti, contenente la descrizione dei fatti e postulante tra l'altro, nei confronti della Banca del Gottardo in Lugano, la trasmissione (in copia o fotocopia certificate conformi) dei conti del Banco Ambrosiano Andino di Lima, del Banco Ambrosiano Overseas Limited di Nassau (BAOL), dell'Ambrosiano Group Banco Comercial di Managua, facenti capo al Banco Ambrosiano Holding di Lussemburgo, come pure dei conti dello I.O.R. e di società, nominativamente designate, da esso patrocinate, ivi compresi i documenti comprovanti la provenienza del denaro accreditato e la destinazione ad esso data; inoltre la trasmissione, con le stesse modalità, delle pratiche e dei documenti relativi riguardanti le società che la Banca del Gottardo amministrava sino alla data delle lettere con le quali la direzione di tale istituto aveva trasmesso i dossier concernenti la Manic S.A. e la United Trading Corporation (UTC) all'Ambrosiano Services di Lussemburgo (18 novembre 1981). Postulava inoltre la rogatoria l'assunzione quali testimoni dei signori G., D. e B., rispettivamente presidente, ex presidente e direttore generale della Banca del Gottardo.
L'Ufficio federale di polizia (UFP) trasmetteva il 27 maggio 1983 al Giudice istruttore sottocenerino la rogatoria, pregandolo di darvi seguito, dopo averne esaminato l'ammissibilità prima facie ai sensi dell'art. 78 AIMP. Il 30 ottobre 1985 l'UFP trasmetteva al magistrato ticinese un'ulteriore rogatoria del 28 settembre 1985, stesa dal dott. Bricchetti, e contenente l'elenco delle domande da sottoporre ai testi G. e B.
BGE 113 Ib 157 S. 162
Nel frattempo, il Giudice istruttore sottocenerino si era pronunciato sulla richiesta d'assistenza italiana. Innanzitutto, con citazione 2 dicembre 1983, aveva convocato per essere sentiti i suddetti testi. In seguito, con decreto 13 dicembre 1983, egli aveva ordinato il sequestro degli atti bancari presso la Banca del Gottardo concernenti i conti del Banco Ambrosiano Andino, del BAOL, dell'Ambrosiano Group Banco Comercial Managua, i conti I.O.R. e delle società da esso patrocinate (Manic Holding S.A., Lussemburgo; Astolfine S.A., Bellatrix S.A., Belrosa S.A., Erin S.A., tutte in Panama), nonché il sequestro di tutta la documentazione e degli atti riguardanti le società collegate che la Banca del Gottardo amministrava fino alla trasmissione dei dossier completi della Manic Holding S.A. e dell'UTC all'Ambrosiano Services in Lussemburgo.
Contro il decreto di sequestro e la convocazione dei testimoni, la Banca del Gottardo interponeva reclami il 12 e 16 dicembre 1983 alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello (CRP), chiedendone l'annullamento e postulando il rifiuto dell'assistenza.
La CRP ha respinto questi reclami con decisione del 13 gennaio 1986, che la Banca del Gottardo ha tempestivamente impugnato con ricorso di diritto amministrativo: essa ha chiesto in via principale che la domanda d'assistenza italiana venga respinta e che di conseguenza vengano annullati i sequestri e le citazioni testimoniali; in via subordinata, che l'audizione dei testi sia eseguita in assenza delle autorità straniere e sulla base di una lista di precise domande sulle quali dovrà pronunciarsi il Giudice istruttore sottocenerino con decisione formale, che lo stesso Giudice istruttore precisi la documentazione da sequestrare e che, prima della trasmissione all'Italia, i documenti siano vagliati dall'UFP a tutela dei terzi.
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso, in quanto ricevibile, nel senso dei considerandi.

Erwägungen

Dai considerandi:

3. Parimenti infondata è l'obiezione secondo cui le relazioni dello I.O.R. presso banche svizzere o gli amministratori di tale istituto della Città del Vaticano non potrebbero esser oggetto in Svizzera di misure coercitive in vista della concessione di assistenza giudiziaria ad uno Stato che - come l'Italia - ha aderito alla CEAG, perché godrebbero d'immunità diplomatica e sarebbero soggetti unicamente alla giurisdizione del Sommo Pontefice. Né le persone fisiche contro le quali si
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dirige l'inchiesta italiana godono d'un qualsiasi statuto diplomatico nello Stato richiesto (cfr. SCHULTZ, Das schweizerische Auslieferungsrecht, pag. 103 e nota 114; GUGGENHEIM, Völkerrecht, in Schweizerisches Jahrbuch für internationales Recht, vol. VII [1950] pag. 153 segg.), né i beni, cioè i conti sui quali porta l'indagine presso la Banca del Gottardo - dato e non concesso che tale aspetto possa aver rilevanza in una procedura di assistenza accessoria - appaiono costituiti e destinati dallo Stato pontificio "iure imperii", per perseguire direttamente scopi rivolti all'attuazione di compiti statali (cfr. DTF 112 Ia 149 segg.): si tratta di depositi di mezzi finanziari costituiti "iure gestionis", parificabili a quelli che potrebbero avere in Svizzera uno Stato o una banca estera di Stato (cfr. DTF 111 Ia 65 /66 consid. 7b, 110 Ia 44/46, DTF 106 Ia 147 segg. consid. 3, DTF 104 Ia 368 segg. consid. 2). Di una mancanza del requisito di doppia punibilità per motivo d'immunità non si può neppur lontanamente parlare, e non fa dubbio che, si fossero i fatti verificati in Svizzera, sussisterebbe giurisdizione.
La ricorrente pare invero sostenere, senza tuttavia sostanziare le sue asserzioni, che gli amministratori dello I.O.R. non cadrebbero sotto la giurisdizione italiana in virtù di convenzioni particolari stipulate fra Italia e Santa Sede. Questa questione non ha da esser risolta dal giudice svizzero dell'assistenza. Se è vero che la Svizzera, aderendo alla CEAG, ha dichiarato - usando della possibilità offertale dagli art. 5 par. 1 lett. a e 23 par. 1 - che per il caso in cui sono richieste misure coercitive essa sottoporrà la prestazione dell'assistenza al requisito della doppia incriminazione, l'art. 64 cpv. 1, prima frase AIMP impone unicamente di controllare che i fatti esposti nella domanda denotino gli elementi obiettivi di una fattispecie punibile secondo il diritto svizzero: detto disposto attenua cioè l'obbligo d'esame della punibilità secondo il diritto straniero. Certo, ove fosse manifesto che i fatti sono impunibili secondo il diritto dello Stato richiedente, l'assistenza andrebbe ugualmente rifiutata in applicazione dell'art. 2 lett. d AIMP, in quanto essa costituirebbe un chiaro abuso (DTF 112 Ib 591 /95 consid. 11a, 11b, ba e bb): ma simile evenienza qui non ricorre. I fatti risultano chiaramente punibili in Italia e non spetta al giudice svizzero dell'assistenza di indagare se per avventura alcune fra le persone perseguite possano sottrarsi alla giurisdizione italiana in virtù di pattuizioni internazionali che legassero l'Italia allo Stato della Città del Vaticano. Non mancherà d'altronde l'occasione, per le persone
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fisiche perseguite, di sollevare le opportune eccezioni davanti al giudice italiano del merito.

4. Parimenti irrilevante ai fini dell'assistenza è l'obiezione ricorsuale secondo cui le banche affiliate al Banco Ambrosiano S.p.A. di Milano sarebbero enti autonomi, con sede in Stati terzi, alla cui esclusiva giurisdizione esse soggiacerebbero. Di analoga eccezione il Tribunale federale si è già occupato - nella stessa procedura di fallimento del Banco Ambrosiano - in relazione al caso d'estradizione Gelli (cfr. DTF 109 Ib 323 consid. 10b e 328 consid. 11e). Esso ha riconosciuto che, in base alla documentazione annessa alla domanda, che vincolava il Tribunale federale, decisioni determinanti erano state prese a Milano e che pertanto non si poneva neppure il problema di sapere se l'estradizione potesse esser rifiutata in applicazione dell'art. 7 par. 2 CEEstr. Diversa non può esser la soluzione in un caso concernente soltanto l'assistenza accessoria, quando, da un lato, la Convenzione internazionale applicabile non contiene alcuna disposizione analoga a quella dell'art. 7 par. 2 CEEstr, mentre il diritto interno, dall'altro, attenua il principio di doppia incriminazione, esonerando in linea di massima l'autorità dall'obbligo categorico di controllare la punibilità secondo il diritto della Parte richiedente (DTF 112 Ib 593 /94 consid. 11ba).

5. La ricorrente assevera poi che la concessione dell'assistenza violerebbe il principio di proporzionalità: da un lato, perché i documenti che si vorrebbero acquisire non evidenzierebbero un rapporto debitorio diretto dello I.O.R. nei confronti del Banco Ambrosiano S.p.A.; perché l'autorità italiana potrebbe chiedere l'assistenza alle autorità dei Paesi in cui i diversi istituti hanno sede; perché appare dalla domanda che gli inquirenti italiani sono già in possesso di dati rilevanti, che renderebbero inutili ulteriori acquisizioni; e, d'altro canto, perché facendo ricorso alla CEAG e all'AIMP, si tenderebbe ad eludere l'applicazione di ordinamenti di altri Stati esteri che, come la Città del Vaticano, il Peru, il Nicaragua, le Bahamas e Panama, non sono firmatari della Convenzione europea.
a) Applicabile nei rapporti italo-svizzeri è la CEAG e, per quanto ha tratto agli Stati che non sono parte della Convenzione e non posseggono altro trattato con la Svizzera, soltanto l'AIMP, che notoriamente non fonda alcuna pretesa di diritto internazionale di tali Stati verso la Svizzera (art. 1 cpv. 1 e 4 AIMP). La Convenzione astringe gli Stati contraenti a "prestarsi l'assistenza
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la più ampia possibile" (art. 1 par. 1) e l'art. 3 par. 1 prevede la trasmissione di mezzi di prova, inserti e documenti. Certo, esso sottintende che questi debbono possedere rilevanza per il procedimento penale in corso, e l'art. 63 AIMP precisa il concetto, sottolineando che le informazioni sono da trasmettere in quanto sembrino necessarie all' estero per un procedimento in materia penale o servano a reperire il corpo del reato (cpv. 1). È vero che, quando sono in gioco interessi legittimi di terzi non implicati ai sensi dell'art. 10 AIMP, le informazioni debbono essere trasmesse solo se esse sono indispensabili per l'accertamento dei fatti e solo se l'importanza del reato lo giustifichi, onde la prestazione d'assistenza nel contrario caso sarebbe lesiva del principio di proporzionalità (cfr. DTF 112 Ib 462 consid. 2b; sentenza 7 novembre 1984 in re Schulte, consid. 7; FF 1976 II pagg. 464/65; DE CAPITANI, Internationale Rechtshilfe. Eine Standortbestimmung, RDS 100/1981 II pag. 417). Sennonché, per tacere del fatto che il principio costituzionale della proporzionalità dev'essere applicato con riserbo nelle procedure rette dalla Convenzione (sentenza Schulte, ibidem), basta rilevare a questo proposito che la ricorrente nemmeno afferma che ci si trovi in presenza d'un caso da porre al beneficio del trattamento particolare garantito a terzi non implicati dall'art. 10 AIMP: ed anche a volerlo ammettere, non si potrebbe comunque contestare seriamente che un enorme dissesto come quello dell'Ambrosiano di Milano legittimi il sospetto di reati gravi e non certo di poco conto, e che nel caso di delitti economici di questa natura, estremamente complessi, sono indispensabili indagini particolarmente approfondite. Il problema della tutela di eventuali diritti di terzi non ancora noti può d'altronde rimanere riservato: per il momento, infatti, il Giudice istruttore si è limitato a ordinare il sequestro ed ancora non ha avuto la possibilità di perquisire la documentazione. Fatta eccezione del caso particolare previsto dall'art. 10 AIMP, giova peraltro osservare che l'esame della rilevanza e dell'idoneità dei mezzi di prova resta circoscritto ad un giudizio "prima facie" e d'apparenza: la valutazione definitiva del materiale probatorio è riservata infatti al giudice estero del merito, come il giudizio sulla colpevolezza (DTF 112 Ib 604/5 consid. 14a; mutatis mutandis, per il caso dell'estradizione, art. 20 § 1 lett. a CEEStr e DTF 112 Ib 620 /22 consid. 7a). L'ammissibilità di principio dell'assistenza e del decretato sequestro e la proporzionalità di questo non possono quindi esser poste in dubbio, con la riserva soltanto dell'esito dell'esame del materiale sequestrato da parte del
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Giudice istruttore e di quel che ulteriormente dispone l'art. 83 AIMP. Quanto poi all'obiezione secondo cui gli inquirenti italiani già sarebbero in possesso di dati sufficienti, essa si esaurisce in una mera asserzione: in ogni caso, trattandosi di materiale probatorio, la giurisprudenza considera divenuta senza oggetto una domanda straniera solo se il processo all'estero siasi nel frattempo concluso con giudizio definitivo (sentenza S. e litisconsorti, consid. 9a non pubblicato in DTF 112 Ib 576 segg.); criteri più rigorosi andrebbero invece applicati se fosse in gioco la consegna allo Stato richiedente di prodotti del reato, che la CEAG non prevede e che è retta unicamente dall'art. 74 cpv. 2 AIMP (DTF 112 Ib 597 consid. 12a, 605 consid. 14b).
b) Che i fatti allegati non evidenzino un rapporto debitorio diretto dello I.O.R. con l'Ambrosiano S.p.A. non è determinante: come il Tribunale federale ha già avuto occasione di rilevare (DTF 109 Ib 322), la tesi degli inquirenti italiani - che non spetta al giudice svizzero di verificare - è che gli istituti bancari dominati dall'Ambrosiano Holding Lussemburgo, a sua volta di proprietà dell'istituto bancario milanese, fossero di fatto filiali del Banco Ambrosiano di Milano, e tutti insieme costituissero una sola entità, formante un unico complesso patrimoniale: le erogazioni di fondi effettuate a varie società, fra cui quelle menzionate in precedenza, per le loro modalità, la mancanza di controprestazioni effettive e l'assenza di garanzie concrete, sarebbero state ispirate secondo l'autorità italiana da un intento di mera distrazione di fondi dell'Ambrosiano S.p.A. di Milano e non potrebbero costituire espressione di lecita ed usuale attività creditizia. Certo, la domanda italiana qui trattata potrebbe forse esser considerata manchevole, presa da sola, per quanto ha tratto alla descrizione dei fatti specifici (cfr. DTF 106 Ib 263 segg. consid. 3; in materia d'estradizione, sentenza 21 maggio 1986 in re Kisacik). Tuttavia occorre considerare che, sul tema della bancarotta dell'Ambrosiano, sono pervenute alla Svizzera già numerose domande da parte delle autorità italiane, contenenti più esaurienti esposti dei fatti e del sistema messo in opera per la pretesa dilapidazione di fondi dell'istituto bancario milanese. Sussiste pertanto la possibilità per l'autorità svizzera, nel trattare la presente istanza, di tener conto di queste precedenti indicazioni fornite dallo Stato richiedente e relative alla stessa fattispecie, per ammettere la sufficienza della domanda (cfr. sentenza S. e litisconsorti, consid. 8a inedito). A questo si aggiunga che - se è vero che non sono descritti i
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fatti esattamente rimproverati a Mons. Marcinkus, come rileva la ricorrente - l'inchiesta italiana è diretta contro numerose altre persone, tra le quali i dirigenti dell'Ambrosiano e altri personaggi collegati con il defunto suo presidente Roberto Calvi, le cui azioni sono state ampiamente descritte in domande di estradizione e d'assistenza già favorevolmente evase, e che ciò basta per far riconoscere l'ammissibilità di principio dell'assistenza nel presente caso, dove l'istanza italiana configura per così dire l'estensione delle precedenti.
c) Il fatto che gli inquirenti italiani possano rivolgere domande d'assistenza ad altri Stati - siano essi o meno legati alla Parte richiedente da convenzioni o trattati - non abilita la Svizzera, riservato il caso di manifesto abuso, a rifiutare l'assistenza ch'essa è tenuta a prestare in forza di obbligazioni internazionali liberamente assunte.
Quanto al preteso pregiudizio che la prestazione dell'assistenza arrecherebbe alla Svizzera, la ricorrente non sostanzia minimamente la censura secondo cui l'esecuzione della domanda potrebbe compromettere la sovranità, la sicurezza e l'ordine pubblico o altri interessi essenziali del Paese (art. 2 lett. b CEAG, art. 10 cpv. 2, frase 2 AIMP). Il contrario è piuttosto vero, poiché la Svizzera deve evitare di divenire una piazza favorevole per la criminalità economica di carattere internazionale (cfr. sentenze 10 settembre 1986 in re A. AG e 11 gennaio 1984 in re Banca G. & Co.) e perché non si può parlare di una compromissione che vuoti di senso l'istituto stesso del segreto bancario, allorquando si tratta di lottare contro codesta criminalità economica e l'assistenza si limita a fornire informazioni sulle relazioni bancarie di uno o di taluni clienti, siano pur essi, a loro volta, delle banche (SCHULTZ, Bankgeheimnis und internationale Rechtshilfe in Strafsachen, Bankverein-Heft Nr. 22, pagg. 20, 23/24 e nota 3, ov'è combattuta l'opinione apparentemente contraria di KLEINER, Kommentar zum schweizerischen Bankengesetz, n. 62 all'art. 47, che vorrebbe estendere l'applicabilità dell'art. 10 cpv. 2 AIMP a tutti i casi in cui una banca è tenuta a fornire informazioni in un procedimento di assistenza, analogamente a DE CAPITANI, op.cit., RDS 100/1981 II pagg. 460/61). L'argomento relativo alla pretesa elusione dell'ordinamento di altri Stati - più restrittivi in materia d'assistenza - è pure privo di fondamento: nella misura in cui la CEAG e l'AIMP impongono alla Svizzera l'assistenza, essa è tenuta a prestarla senza preoccuparsi di eventuali maggiori difficoltà alle quali lo Stato richiedente si urterebbe se rivolgesse
BGE 113 Ib 157 S. 168
analoga domanda a Stati terzi.

6. La ricorrente lamenta altresì che l'ordine del Giudice istruttore è insufficientemente preciso circa la documentazione da sequestrare. Anche questa obiezione è infondata. La misura meramente cautelativa di sequestro probatorio per il momento ordinato è infatti sufficientemente circostanziata. Certo, la ricorrente ha ragione allorquando scrive che la documentazione sequestrata dev'essere vagliata dal Giudice istruttore, al fine di accertare quali documenti possano avere rilevanza come mezzi di prova per il procedimento italiano relativo al dissesto del Banco Ambrosiano TFS.p.A., rispettivamente siano eventualmente da porre al beneficio di rafforzata protezione (art. 10 AIMP). Giova sin d'ora precisare che tanto gli organi della Banca ricorrente, quanto i titolari dei conti e delle relazioni bancarie sequestrati - che la stessa ricorrente in esecuzione degli obblighi di diligenza che le incombono è tenuta in linea di principio ad avvertire (cfr. SCHULTZ, op.cit., Bankverein-Heft Nr. 22, pagg. 33/34; KLEINER, op.cit., n. 58 all'art. 47) - potranno assistere a tale perquisizione in virtù dei diritti che loro conferisce l'art. 79 cpv. 3 AIMP, disposizione che dichiara applicabili, anche nel procedimento cantonale, gli art. 6, 26 e 27 PA, nonché l'art. 9 frase 2 AIMP, che rinvia per la perquisizione ai principi sanciti nell'art. 69 PP (cfr. DTF 112 Ib 589 /90 consid. 7c, DTF 111 Ib 133 segg.). Che il Giudice istruttore dovrà procedere con particolare prudenza e meticolosità trattandosi segnatamente delle relazioni dello I.O.R., istituto bancario di uno Stato estero, non ha bisogno di essere sottolineato.

7. a) Per quanto riguarda le audizioni testimoniali dei funzionari bancari, va rilevato in linea di principio che essi sono tenuti a deporre. L'art. 9 AIMP prevede che la protezione della sfera segreta - tra cui si annoverano le relazioni bancarie - è retta dalle disposizioni sul diritto di non deporre. Ciò significa che nella procedura davanti all'autorità cantonale, per la quale è determinante il diritto di procedura in materia penale (art. 12 ultima frase AIMP, con le eccezioni di cui all'art. 79 cpv. 3 AIMP), valgono le disposizioni ivi previste sul diritto di non deporre.
D'altra parte, l'art. 47 n. 1 della legge federale sulle banche e le casse di risparmio punisce bensì con pena detentiva la rivelazione di un segreto bancario, ma il numero 4 dello stesso articolo (analogamente a quanto dispone l'art. 321 n. 3 CP per il segreto professionale delle persone ivi menzionate) riserva esplicitamente le disposizioni
BGE 113 Ib 157 S. 169
delle legislazioni federale e cantonale sull'obbligo di dare informazioni all'autorità o di testimoniare in giudizio. Ora, alla stregua della maggior parte delle procedure penali cantonali, quella ticinese libera dall'obbligo di deporre unicamente gli ecclesiastici (che possono non testimoniare anche se svincolati dal detentore del segreto) e gli avvocati, i notai, i medici, i chirurghi e le levatrici (che debbono però testimoniare se prosciolti), ma non contiene alcuna disposizione circa i banchieri o i funzionari di banca (art. 75 segg. CPP/TI): se ne deduce a contrario che essi sono tenuti a deporre e che da quest'obbligo discende per la banca anche quello di mettere a disposizione i documenti bancari.
b) Ciò premesso, va precisato che l'interrogatorio dei testimoni deve limitarsi, analogamente a quanto si è detto a proposito della consegna dei documenti, a quei fatti che sembrino in relazione - diretta o indiretta - con il dissesto del Banco Ambrosiano S.p.A. di Milano, rispettivamente con gli istituti bancari a questo collegati e non può invece estendersi indiscriminatamente ad ogni relazione bancaria dello I.O.R. e delle società da esso "patrocinate": è compito del Giudice istruttore ticinese di vegliare all'osservanza di tali misure.
c) Ancora va precisato che la presenza dei magistrati italiani - espressamente richiesta dall'Italia (art. 4 CEAG), che il Giudice istruttore ha accordato e la CRP approvato - va intesa come presenza passiva e che gli atti d'esecuzione, rispettivamente l'interrogatorio dei testimoni debbono esser svolti dal magistrato svizzero (DTF 106 Ib 261 /63 consid. 2, DTF 103 Ia 214 segg.), il quale dovrà anche evitare che i funzionari stranieri prendano conoscenza di documenti che nulla hanno a che fare con il dissesto del Banco Ambrosiano. Detto magistrato dovrà vegliare inoltre affinché non venga vanificato il diritto di decidere alla chiusura del procedimento se e quali informazioni dovranno per finire esser trasmesse allo Stato richiedente (art. 82 AIMP, art. 2 OAIMP): in particolare, ove dovesse sorgere il dubbio che, relativamente a determinati documenti o domande, esse debbano esser escluse dalla trasmissione, il magistrato ticinese dovrà provvedere a che la presenza dei magistrati e degli organi di polizia italiani venga esclusa (art. 82 e 83 AIMP). Una totale estromissione dei magistrati italiani non può invece esser ammessa - contrariamente alla tesi sostenuta dalla ricorrente - poiché è palese che, in un caso di simile importanza e complicazione, il magistrato ticinese dev'essere in grado di ottenere da essi le informazioni indispensabili per lo svolgimento del suo compito: nel
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caso concreto, gli estremi dell'art. 26 cpv. 1 OAIMP sono dunque manifestamente adempiuti.

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