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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 0/2} 
 
2C_810/2015,  
 
2C_811/2015  
   
   
 
 
 
Sentenza del 25 gennaio 2017  
 
II Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Seiler, Presidente, 
Zünd, Stadelmann, 
Cancelliere Savoldelli. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino, 
viale S. Franscini 6, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
Imposta cantonale e imposta federale diretta 2008, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 13 luglio 2015 dalla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
A.________, residente nel Canton Ticino, e B.________, residente a X.________ (I) si sono uniti in matrimonio nel corso del 2008. 
Con decisione del 27 gennaio 2010, l'ufficio circondariale di tassazione competente ha commisurato il reddito imponibile 2008 di A.________ in fr. 124'600.-- e quello determinante per l'aliquota in fr. 268'300.--, per l'imposta cantonale; rispettivamente in fr. 128'300.-- e quello determinante per l'aliquota in fr. 257'400.--, per l'imposta federale diretta. Per la determinazione dell'aliquota, l'autorità di tassazione ha infatti preso in considerazione anche il reddito del lavoro del marito, che vive in Italia. 
 
B.   
Denunciando un chiaro aumento dell'imposta sul reddito per il semplice fatto di essersi sposata, il 16 febbraio 2010 A.________ ha interposto reclamo contro la tassazione, facendo valere una violazione degli art. 8, 14 e 35 Cost. nonché degli art. 8, 9, 12 e 14 CEDU. 
Nel contempo, ha contestato la ripartizione proporzionale con il coniuge residente all'estero delle deduzioni delle spese professionali e chiesto che il reddito del lavoro di quest'ultimo fosse considerato al netto di imposte e oneri sociali. 
 
C.   
A conclusione di un'audizione tenutasi il 26 marzo 2012, il fisco e la contribuente hanno sottoscritto il seguente verbale: 
 
"II reddito del lavoro del marito all'estero anziché fr. 150'245.-- ammonta a fr. 121'000.--. 
Per quanto attiene alI'IFD: 
 
- l'importo di fr. 11'365.-- (premi 2° e 3° pilastro) è interamente deducibile in Svizzera. 
- Le spese professionali della contribuente, deducibili in Svizzera ammontano a fr. 8'500.--; la differenza di fr. 3'800.-- sarà dedotta dal reddito del marito (conteggiato solo per il calcolo delle aliquote). La comparente riconferma le sue posizioni indicate nel reclamo datato 16 febbraio 2010. L'Ufficio emetterà la propria decisione senza ulteriori convocazioni" 
 
 
D.   
Con decisione del 27 giugno 2012, l'Ufficio di tassazione ha accolto parzialmente il reclamo di A.________, riducendo il reddito del lavoro del marito a fr. 121'000.-- e modificando la ripartizione delle spese professionali e dei premi alla previdenza professionale come stabilito durante l'audizione. Per quanto attiene alla questione di principio da lei sollevata, ha per contro respinto il gravame rilevando che: 
 
"Quando i coniugi sono domiciliati l'uno in Svizzera e l'altro all'estero, solo il primo è assoggettato illimitatamente in Svizzera. Fintanto che continuano ad avere una vita in comune, il coniuge domiciliato in Svizzera sarà imposto sul proprio reddito all'aliquota corrispondente alla totalità dei redditi, applicando la scala delle aliquote riservata ai coniugi viventi in comunione domestica. Anche la Camera di diritto tributario ha confermato il principio per cui, nel caso in cui uno solo dei coniugi sia - limitatamente o illimitatamente - imponibile in Svizzera, l'aliquota in base alla quale devono essere tassati i suoi redditi si commisura ai fattori imponibili di entrambi i coniugi. Visto quanto sopra il reddito del marito deve essere conteggiato per il calcolo dell'aliquota." 
 
E.   
E sprimendosi con sentenza del 13 luglio 2015, la Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha a sua volta parzialmente accolto il ricorso interposto da A.________ contro la decisione su reclamo. 
Preso atto del fatto che la contribuente riteneva che le disposizioni delle leggi federale e cantonale che prevedono il cumulo dei fattori imponibili dei coniugi non separati legalmente o di fatto, siano in contrasto con la Costituzione federale e con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), i Giudici cantonali hanno dapprima ammesso una verosimile lesione della Costituzione, che però non osta all'applicazione di queste disposizioni, e negato una violazione della CEDU. In merito alla ripartizione delle deduzioni per oneri assicurativi e per liberalità, pure contestata, hanno quindi provveduto ad alcune correzioni a favore dell'insorgente. Riguardo alla ripartizione delle deduzioni per doppio reddito, avvenuta in proporzione tra i coniugi, hanno infine rilevato che la decisione del fisco andava confermata. 
 
F.   
Con ricorso in materia di diritto pubblico del 14 settembre 2015, A.________ ha impugnato la sentenza resa il 13 luglio 2015 dai Giudici ticinesi davanti al Tribunale federale, chiedendo: in via principale, di venire tassata in maniera "individuale"; in via subordinata, che la ripartizione della deduzione per doppio reddito le venga imputata interamente e che non venga concessa in maniera proporzionale. 
La Camera di diritto tributario e la Divisione delle contribuzioni del Cantone Ticino hanno rinunciato a formulare osservazioni, postulando la conferma del giudizio impugnato. Stessa richiesta è giunta dall'Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC). 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. La Corte cantonale si è lecitamente pronunciata in un solo giudizio sia sulle imposte cantonali che sull'imposta federale diretta; in queste circostanze, anche la ricorrente poteva formulare critiche e conclusioni valide per le due categorie di imposte, senza ulteriori distinzioni (DTF 135 II 260 consid. 1.3 pag. 262 seg.). Siccome vi sono Cantoni che emanano in ogni caso decisioni indipendenti per ogni tipo d'imposta, il Tribunale federale ha comunque aperto due incarti distinti, uno per le imposte cantonali (2C_810/2015) e uno per l'imposta federale diretta (2C_811/2015), che si giustifica nel seguito di congiungere (sentenza 2C_415/2012 del 2 novembre 2012 consid. 1.1).  
 
1.2. L'impugnativa è stata presentata nei termini (art. 46 cpv. 1 lett. b in relazione con l'art. 100 cpv. 1 LTF) dalla destinataria del giudizio contestato (art. 89 cpv. 1 lett. a LTF), ed è pertanto di principio ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico giusta l'art. 82 segg. LTF (al riguardo, cfr. anche l'art. 146 LIFD e l'art. 73 della legge federale sull'armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni del 14 dicembre 1990 [LAID; RS 642.14]).  
 
2.  
 
2.1. Il Tribunale federale applica d'ufficio il diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF); nondimeno, tenuto conto dell'onere di allegazione e motivazione posto dalla legge (art. 42 cpv. 1 e 2 LTF), si confronta di regola solo con le censure sollevate. Nell'atto di ricorso occorre pertanto spiegare in modo conciso in cosa consiste la lesione del diritto e su quali punti il giudizio contestato viene impugnato (DTF 134 II 244 consid. 2.1 pag. 245 seg.).  
Esigenze più severe valgono poi in relazione alla denuncia della violazione di diritti fondamentali, inclusi quelli ancorati direttamente nel diritto internazionale. Il Tribunale federale esamina infatti simili censure solo se l'insorgente le ha sollevate in modo chiaro, circostanziato ed esaustivo (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; sentenza 2C_788/2013 del 25 gennaio 2014 consid. 2.1). 
 
2.2. Per quanto riguarda i fatti, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF). Esso può scostarsene soltanto se è stato eseguito in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto, ovvero arbitrario (DTF 133 II 249 consid. 1.2.2 pag. 252).  
L'eliminazione del vizio indicato deve inoltre poter influire in maniera determinante sull'esito della causa, aspetto che compete al ricorrente sostanziare (art. 97 cpv. 1 LTF). 
 
3.  
 
3.1. Come già ricordato, preso atto del fatto che la contribuente riteneva che le disposizioni delle leggi federale e cantonale che prevedono il cumulo dei fattori imponibili dei coniugi non separati legalmente o di fatto, siano in contrasto con la Costituzione federale e con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), i Giudici cantonali hanno dapprima ammesso una verosimile lesione della Costituzione, che però non osta all'applicazione di queste disposizioni (art. 190 Cost.), e negato una violazione della CEDU.  
In merito alla ripartizione delle deduzioni per oneri assicurativi e per liberalità, pure contestata, hanno quindi provveduto ad alcune correzioni in favore della contribuente. Riguardo alla ripartizione delle deduzioni per doppio reddito, avvenuta in proporzione tra i coniugi, hanno infine rilevato che la decisione del fisco andava confermata. 
 
3.2. Contrariamente a quanto fatto davanti alla Corte cantonale, in relazione alla sua imposizione da parte del fisco ticinese la ricorrente non lamenta più nessuna violazione della Costituzione federale. Tale aspetto esula quindi dal presente contendere e non verrà ulteriormente tematizzato. Tuttavia, la contribuente ribadisce che la tassazione "congiunta", "basata sul cumulo dei redditi", lede l'art. 8, 9, 12 e 14 CEDU e, di conseguenza, chiede di essere tassata in maniera "individuale", intendendo con ciò esattamente come prima del matrimonio.  
Per il caso in cui alla sua domanda di essere tassata in maniera "individuale" non dovesse essere dato seguito, postula invece che la ripartizione della deduzione per doppio reddito le venga imputata interamente e non solo in proporzione. 
 
I.       Imposta federale diretta  
 
4.  
La fattispecie concerne il caso di una contribuente residente in Svizzera, il cui marito risiede all'estero. 
 
4.1. Giusta l'art. 9 cpv. 1 LIFD, il reddito dei coniugi non separati legalmente o di fatto viene cumulato, qualunque sia il regime dei beni. La tassazione congiunta dei coniugi riguarda sia la base di calcolo che l'assoggettamento (DTF 141 II 318 consid. 2.2.1 pag. 320; 128 I 317 consid. 2.2.4 pag. 324; DANIEL DE VRIES REILINGH, La double imposition intercantonale, 2a ed., 2013, pag. 78; MARKUS REICH, Steuerrecht, 2a ed. 2012, § 12 n. 6 seg.). Il fatto che, secondo il diritto matrimoniale vigente, i coniugi possano ciascuno costituire un domicilio fiscale principale non significa che essi non vivano insieme. Un'imposizione separata presuppone in effetti che i coniugi non intendano più costituire una comunità coniugale, ovvero che rinuncino alla comunione domestica giusta gli art. 137 vCC e 175 CC e vivano separati in modo duraturo (sentenza 2C_627/2011 del 7 marzo 2012 consid. 4.4.1 con ulteriori rinvii; AFC, circolare n. 30 del 21 dicembre 2010 relativa all'imposizione dei coniugi e della famiglia secondo la legge federale sull'imposta federale diretta (LIFD), cifra 1).  
Il cumulo dei redditi trova la sua giustificazione nel principio dell'imposizione secondo la capacità economica (complessiva) dei coniugi (art. 127 cpv. 2 Cost.; DTF 141 II 318 consid. 2.2.1 pag. 320; XAVIER OBERSON, Droit fiscal suisse, 4a ed., 2012, § 6 n. 33; ERNST HÖHN/ ROBERT WALDBURGER, Steuerrecht, vol. I, 9a ed., 2001, § 13 n. 16). Sia dal punto di vista civilistico che da quello economico, i coniugi costituiscono quindi una certa unità; la capacità economica di un coniuge è definita anche dal reddito (e dalla sostanza) dell'altro; la situazione economica di un coniuge senza redditi non è dunque paragonabile con quella di una persona senza redditi che non è sposata (DTF 141 II 318 consid. 2.2.1 pag. 320; 128 I 317 consid. 2.1 pag. 320; DE VRIES REILINGH, op. cit., pag. 79; MARKUS REICH/MICHAEL BEUSCH, Entwicklungen im Steuerrecht, SJZ 2003, pag. 277; HUGO CASANOVA, Rechtsprechung im 2002, ASA 73, pag. 77 seg.). 
 
4.2. Diversa è invece la situazione quando solo uno dei coniugi risiede in Svizzera mentre l'altro ha il suo domicilio fiscale principale all'estero. In un simile caso, i redditi non vengono infatti addizionati, in quanto il cumulo ai sensi dell'art. 9 cpv. 1 LIFD presuppone che entrambi i coniugi sottostiano alla sovranità fiscale elvetica, e il coniuge che risiede in Svizzera è assoggettato in maniera indipendente (DTF 141 II 318 consid. 2.2.3 pag. 321).  
In base a una consolidata giurisprudenza, giustificata sempre dalla volontà di tenere in considerazione l'effettiva capacità contributiva della persona con domicilio fiscale in Svizzera (DTF 75 I 385 consid. 3 in fine pag. 389), per tutto il tempo in cui sussiste una comunione domestica il coniuge imposto individualmente in Svizzera va però tassato con la tariffa per i coniugi, che è determinata tenendo conto dei proventi del coniuge che risiede all'estero (DTF 141 II 318 consid. 2.2.3 pag. 321; 138 II 300 consid. 2.3 pag. 303; sentenze 2C_452/2012 del 7 novembre 2012 consid. 3.2 e 2C_523/2007 del 5 febbraio 2008 consid. 2.2, StR 63/2008 pag. 364; AFC, citata circolare n. 30, cifra 2.1; CHRISTINE JAQUES, in: Yersin/Noël [curatori], Commentaire romand de l'impôt fédéral direct, 2008, n. 15 ad art. 9 LIFD; PETER LOCHER, Kommentar zum DBG, 2001, n. 22 seg. ad art. 9 LIFD). 
 
5.   
Così come davanti all'ultima istanza cantonale, la ricorrente considera che l'applicazione della tariffa per i coniugi ai fini della sua tassazione violi l'art. 8 CEDU, da solo e in relazione con l'art. 14 CEDU
 
5.1. Facendo riferimento alla sentenza della Corte EDU n. 13 444/04 in re  Glor contro Svizzera ( Recueil CourEDH 2009-III pag. 1), concernente il prelievo della tassa d'esenzione dall'obbligo militare, la contribuente indica che la nozione di vita privata dev'essere interpretata in modo ampio, che non può essere definita in maniera esaustiva, e che a suo avviso l'art. 8 CEDU contempla anche il diritto di potersi unire in matrimonio senza per questo dover pagare maggiori imposte.  
Dopo avere sostenuto di essere nel campo di applicazione dell'art. 8 CEDU, si richiama quindi all'art. 14 CEDU, per denunciare una duplice discriminazione, ovvero: 
(a) una disparità di trattamento tra coniugi che vivono separatamente con i propri mezzi finanziari ma che sono felicemente sposati rispetto a coniugi che pur rimanendo sposati hanno interrotto i loro legami affettivi; 
(b) una disparità di trattamento tra coniugi che vivono separatamente con i propri mezzi finanziari ma che sono felicemente sposati e concubini che, indipendentemente da come vivono, sono tassati in maniera individuale. 
 
5.2. Giusta l'art. 8 CEDU, ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza (cpv. 1); non può esservi ingerenza della pubblica autorità nell'esercizio di tale diritto se non in quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui.  
A norma dell'art. 14 CEDU, il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella Convenzione deve essere assicurato, senza distinzione di alcuna specie, come di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Il divieto di discriminazione che è previsto dall'art. 14 CEDU non ha portata propria poiché vale solo in relazione al "godimento dei diritti e delle libertà" riconosciuti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli. Ciò nondimeno, la sua applicazione non presuppone necessariamente la violazione di uno dei diritti materiali garantiti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli; è sufficiente che i fatti della causa ricadano nel campo di applicazione di uno di essi (sentenze della Corte EDU in re  Taddeucci e McCall contro Italia del 30 giugno 2016, n. 51362/09, § 53 e in re  Burden contro Regno Unito del 29 aprile 2008, n. 13378/05, Recueil CourEDH 2008-III pag. 89 § 58, con rinvii; CHRISTOPH GRABENWARTER/KATHARINA PABEL, Europäische Menschenrechtskonvention, 6a ed. 2016, pag. 627 segg.). Per determinare se e in quale misura eventuali disparità di trattamento ai sensi dell'art. 14 CEDU sono giustificate, gli Stati contraenti godono di un certo margine di apprezzamento; quando in discussione sono misure di ordine generale in materia economica o sociale, tale margine è normalmente ampio (sentenze della Corte EDU in re  Guberina contro Croazia del 22 marzo 2016, n. 23682/13, § 72 seg.; in re  Serife Yigit contro Turchia del 2 novembre 2010, n. 3976/05, § 70 e in re  Burden contro Regno Unito del 29 aprile 2008, n. 13378/05, Recueil CourEDH 2008-III pag. 89 § 65, tutte con riferimento a misure di politica fiscale).  
 
5.3. Per le ragioni che seguono, le argomentazioni della ricorrente, volte a denunciare una violazione dell'art. 8 CEDU da solo e in relazione con l'art. 14 CEDU, non possono essere tuttavia condivise.  
 
5.3.1. L'imposizione fiscale costituisce in principio un'ingerenza al diritto garantito dal primo capoverso dell'art. 1 del Protocollo n. 1, siccome priva il cittadino d'un bene, ovvero della somma che è tenuto a pagare; in generale, questa ingerenza si giustifica in base al secondo capoverso del medesimo disposto, che prevede un'espressa eccezione per quanto riguarda il pagamento di imposte o di altri tributi. Una simile questione non sfugge comunque al controllo della Corte EDU, la quale è chiamata: da un lato, a controllare se l'art. 1 del Protocollo n. 1 è stato applicato correttamente; all'altro, a verificare eventuali disparità di trattamento ai sensi dell'art. 14 CEDU (sentenza della Corte EDU in re  Burden contro Regno Unito del 29 aprile 2008, n. 13378/05, Recueil CourEDH 2008-III pag. 89 § 59 seg.; sentenze della Commissione europea dei diritti dell'uomo in re  Hubaux contro Belgio del 9 maggio 1988, n. 11088/84, § 1 in diritto e in re  Lindsay contro Regno Unito dell'11 novembre 1986, n. 11089/84, § 1 in diritto; LARS HENDRIK HAVERKAMP, Familienbesteuerung aus verfassungsrechtlicher und rechtsvergleichender Sicht, 2010, pag. 203 segg.; DANIEL FEHLING, Die Einkommensbesteuerung von Ehe und Familie in Deutschland und Grossbritanien im Rechtsvergleich, 2006, pag. 76 segg.; GEHRARD LAULE, Die Europäische Menschenrechtskonvention und das deutsche Steurrecht, EuGRZ 1996, 357 segg., p.to 3.5). Considerato che la Svizzera non ha ratificato il Protocollo n. 1, essa non è tuttavia legata alla giurisprudenza in materia (sentenze 9C_474/2015 del 19 agosto 2015 consid. 3 e 1C_251/2013 del 12 luglio 2013 consid. 3) e nell'impugnativa ciò non viene del resto preteso.  
 
5.3.2. Come già rilevato, la ricorrente ritiene però di potersi riferire alla sentenza della Corte EDU in re  Glor contro Svizzera, in cui i Giudici di Strasburgo hanno considerato che una controversia di carattere tributario si trovasse nel campo di applicazione dell'art. 8 CEDU (§ 54).  
A differenza di quanto indicato nel gravame, il richiamo alla citata sentenza non appare però pertinente. 
Il diritto alla vita privata garantito dall'art. 8 CEDU comprende la tutela dell'integrità fisica e psichica, della sfera privata (dati, comunicazione, ecc.) e del diritto del singolo a organizzare rispettivamente a vivere la propria esistenza secondo le sue convinzioni (GRABENWARTER/PABEL, op. cit. pag. 281 segg.; riguardo all'ultimo aspetto menzionato cfr. inoltre la sentenza 6P.25/2006 del 27 aprile 2006 consid. 3.2, da cui risulta che il Tribunale federale considera che esso tutela aspetti elementari dello sviluppo della personalità, non però una libertà di agire generale). Ora, nel caso  Glor la Corte EDU è giunta ad ammettere l'applicabilità dell'art. 8 CEDU osservando che il tributo in questione trovava la sua origine  "dans l'incapacité de servir à l'armée en raison d'une maladie, donc d'un état de fait qui échappe à la volonté du justiciable"e richiamandosi quindi espressamente al diritto del ricorrente alla tutela della sua integrità fisica (§ 52). Nella fattispecie in esame, tale aspetto del diritto alla vita privata garantito dall'art. 8 CEDU non è tuttavia in nessun modo toccato. Inoltre, come emerge dalla citata sentenza in re  Lindsay contro Regno Unito dell'11 novembre 1986, che esaminava anch'essa la fattispecie innanzitutto nell'ottica dell'art. 1 del Protocollo n. 1, l'ingerenza nella vita privata (e familiare) in relazione alla maggiore imposizione della coppia è già stata negata anche dall'allora Commissione EDU.  
 
5.3.3. Detto ciò, occorre d'altra parte ricordare che la Corte EDU e segnatamente in sentenze della Grande Camera - pronunciate sia prima che dopo il giudizio in re  Glor - ha a più riprese posto esplicitamente l'accento sulla necessità di leggere le disposizioni della Convenzione prendendo in considerazione l'insieme del sistema convenzionale, comprese le disposizioni contenute nei protocolli addizionali (sentenze della Grande Camera in re  Austin e altri contro Regno Unito del 15 marzo 2012, n. 39692/09, n. 40713/09 e 41008/09, Recueil CourEDH 2012-II pag. 463 § 54; in re  Maaouia contro Francia del 5 ottobre 2000, n. 39652/98, Recueil CourEDH 2000-X pag. 273 § 36 e in re S  ahin contro Germania dell'8 luglio 2003, n. 30943/96, Recueil CourEDH 2003-VIII pag. 31 § 85).  
 
5.3.4. Proprio nell'appena citata sentenza in re  Austin e altri contro Regno Unito, prolata il 15 marzo 2012 e nella quale occorreva rispondere alla questione a sapere se una misura di confinamento comportasse una limitazione della libertà ai sensi dell'art. 5 CEDU o soltanto una restrizione della libertà giusta l'art. 2 del Protocollo n. 4, non ratificato dal Regno Unito, la Grande Camera ha infatti osservato (§ 55) :  
 
"... certes, les requérants n'ont pas invoqué cette disposition, le Royaume-Uni n'ayant pas ratifié le Protocole n° 4 et n'étant donc pas tenu par cet instrument. La Cour juge cependant utile, eu égard à l'importance et à la signification des dispositions distinctes de l'article 5 de la Convention d'une part et de l'article 2 du Protocole no 4 d'autre part, de formuler les observations suivantes. Tout d'abord, l'article 5 de la Convention ne saurait s'interpréter de manière à intégrer les exigences de cette disposition et à les rendre ainsi applicables aux États qui, comme le Royaume-Uni, n'ont pas ratifié ce Protocole".  
 
5.4. Ritenuto che la questione sollevata dalla ricorrente - esclusivamente di natura fiscale e pecuniaria - rientra semmai nel campo di applicazione dell'art. 1 del protocollo n. 1 CEDU, le critiche da essa formulate in relazione all'art. 8 CEDU devono essere pertanto respinte.  
 
6.   
L'insorgente sostiene inoltre che l'applicazione della tariffa per i coniugi ai fini della sua tassazione comporti una lesione dell'art. 9 CEDU
 
6.1. Giusta l'art. 9 CEDU, ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.  
Tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo e la libertà di manifestare la propria religione o credo individualmente o collettivamente, sia in pubblico che in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti (cpv. 1). La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere oggetto di quelle sole restrizioni che, stabilite per legge, costituiscono misure necessarie in una società democratica, per la protezione dell'ordine pubblico, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui (cpv. 2). 
 
6.2. La ricorrente rileva che, il proprio credo religioso cattolico non le permette di avere figli fuori dal matrimonio e che per sposarsi religiosamente è necessario sposarsi dapprima civilmente (art. 97 cpv. 3 CC), con tutte le conseguenze fiscali che ciò comporta.  
Considerando che se uno Stato adottasse una legge in cui si decidesse d'imporre tutti i cattolici con una tassa di fr. 1'000.-- all'anno per il solo fatto di praticare la religione cattolica nessun tribunale avrebbe dei dubbi nel ritenere tale misura un ostacolo o un aggravio al diritto di praticare una religione liberamente, sostiene quindi che il maggior aggravio dovuto al matrimonio debba essere sanzionato anche nel caso in esame. 
 
6.3. Il diritto alla libertà di religione garantito dall'art. 9 CEDU implica il diritto di professare la propria religione attraverso il culto, l'insegnamento, le pratiche religiose ed il compimento dei riti (sentenze della Corte EDU in re  Sessa contro Italia del 3 aprile 2012, n. 28790/08, § 34; in re  Schiavone contro Italia del 13 novembre 2007, n. 65039/01).  
L'argomentazione addotta più sopra non porta tuttavia ad ammettere una limitazione di tale diritto. La ricorrente è infatti confrontata con una regolamentazione di carattere indipendente da ogni appartenenza o convinzione religiosa, che non mira in nessun modo a contenere o ridurre i diritti garantiti dall'art. 9 CEDU, e che non può quindi nemmeno essere paragonata al prelievo di una tassa di fr. 1'000.-- all'anno "per il solo fatto di praticare la religione cattolica" (sentenza della Corte EDU in re  Bayatyan contro Armenia del 7 luglio 2011, n. 23459/03, Recueil CourEDH 2011-IV pag. 49 § 111 con un ulteriore rinvio; ANTJE VON UNGERN-STERNBERG, Religionsfreiheit in Europa, 2008, pag. 57 e pag. 322 seg.; FROWEIN/PEUKERT, EMRK-Kommentar, 3a ed. 2009, n. 22 ad art. 9 CEDU).  
 
6.4. In aggiunta alla critica di cui si è appena detto, la ricorrente denuncia poi una violazione dell'art. 9 in relazione con l'art. 14 CEDU. In proposito, ribadisce infatti che in qualità di cattolica praticante non può avere figli senza sposarsi e considera quindi di essere discriminata rispetto a persone atee che possono "avere una famiglia" anche fuori dal matrimonio, evitando così il maggior onere che il matrimonio civile - necessario per procedere al matrimonio religioso (art. 97 cpv. 3 CC) - comporta. Il paragone proposto non è però pertinente.  
Come rilevato anche dalla Corte cantonale, il regime fiscale previsto per le coppie coniugate dipende dal matrimonio civile, a prescindere dal fatto che esso venga o no seguito da una cerimonia religiosa. D'altra parte, la situazione giuridica complessiva di una coppia non sposata, sia pure con figli in comune, non è per nulla la medesima di quella dei coniugi. 
La Corte EDU ha in effetti già più volte concluso che, pur considerando i mutamenti d'abitudine in atto nei diversi Stati membri, il matrimonio così come il partenariato registrato continuano a conferire alle coppie uno statuto particolare - sancito da un impegno di carattere pubblico, che porta con sé un insieme di diritti e obblighi di ordine contrattuale - e quindi escluso che si possa procedere a un paragone della situazione di coppie che hanno un simile statuto con quella di coppie non sposate che coabitano, a maggior ragione se detto confronto si focalizza soltanto sugli aspetti fiscali (sentenze della Corte EDU in re  Burden contro Regno Unito del 29 aprile 2008, n. 13378/05, Recueil CourEDH 2008-III pag. 89 § 63 segg. e  in re Shackell contro Regno Unito del 27 aprile 2000, n. 45851/99, § 1 in diritto; sentenze della Commissione europea dei diritti dell'uomo in re  Hubaux contro Belgio del 9 maggio 1988, n. 11088/84, § 1 e 3 in diritto; in re  Lindsay contro Regno Unito dell'11 novembre 1986, n. 11089/8, § 1 in diritto). Per quanto precede, e in assenza di due situazioni comparabili, le condizioni per l'applicazione dell'art. 14 CEDU non risultano così date.  
 
 
7.   
Come davanti all'ultima istanza cantonale, la ricorrente considera altresì che l'applicazione della tariffa per i coniugi ai fini della sua tassazione violi l'art. 12 CEDU
 
7.1. L'art. 12 CEDU, intitolato diritto al matrimonio, prevede che uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti l'esercizio di tale diritto.  
Come spiegato nell'impugnativa, questa norma sarebbe stata in concreto lesa siccome il "sistema del cumulo dei redditi" disincentiva molte coppie a sposarsi e, pur non costituendo un divieto al matrimonio, ne comporta un illecito ostacolo. 
 
7.2. Anche l'argomentazione che è stata qui appena riassunta non può essere tuttavia accolta.  
Secondo la giurisprudenza, l'art. 12 CEDU può essere infatti invocato soltanto in presenza di limitazioni al diritto al matrimonio di carattere diretto (sentenze della Corte EDU in re  V.K. contro Croazia del 27 novembre 2012, n. 38380/08, § 98; in re  O'Donogue e altri contro Regno Unito del 14 dicembre 2010, n. 34848/07, Recueil CourEDH 2010-VI pag. 433 § 82 segg. e in re  Mu ñ  oz Diaz contro Spagna dell'8 dicembre 2009, n. 49151/07, Recueil CourEDH 2009-VI pag. 95 § 78 segg. tutte con ulteriori rinvii).  
Ciò non è però il caso nella fattispecie che ci occupa: dove in discussione non sono i disposti che regolano la possibilità di contrarre matrimonio in un singolo Paese, bensì una normativa fiscale, che non limita la libera scelta di un adulto di sposarsi, e che tocca semmai la questione del matrimonio solo per via indiretta (sentenze della Commissione europea dei diritti dell'uomo in re  Hubaux contro Belgio del 9 maggio 1988, n. 11088/84, § 2 in diritto; in re  Lindsay contro Regno Unito dell'11 novembre 1986, n. 11089/8, § 3 in diritto e in re  F.P.J.M. Kleine Staarman  contro Paesi Bassi del 16 maggio 1985, n. 10503/83, § 2 in diritto; STEPHAN BREITENMOSER, Art. 8 EMRK als Auffanggrundrecht gegenüber Art. 12 EMRK, in: Hafner/Matscher/Schmalenbach (curatori), Völkerrecht und die Dynamik der Menschenrechte: Liber Amicorum Wolfram Karl, Wien 2012, pag. 94 segg.; LARS HENDRIK HAVERKAMP, op. cit., pag. 205 seg.; DANIEL FEHLING, op. cit., pag. 79 seg.; MARC E. VILLIGER, Handbuch der Europäischen Menschenrechtskonvention (EMRK), 2a ed., 1999, n. 643 segg.).  
 
8.   
Respinte tutte le critiche formulate nell'impugnativa in relazione alla CEDU, sulle quali il Tribunale federale si era per altro almeno in parte già espresso anche in passato (sentenza 2A.651/2004 del 19 novembre 2004 consid. 4 con ulteriore rinvio ad ASA 59 485), e respinta quindi anche la conclusione presentata in via principale dalla ricorrente di essere tassata in maniera "individuale", resta ora da esaminare la domanda da lei presentata in via subordinata - che non è oggetto di nessuna conclusione formale, ma che risulta comunque dall'argomentazione del ricorso - che la deduzione per doppio reddito sia imputata interamente sul suo reddito e che non venga suddivisa in maniera proporzionale: in parte sul reddito della moglie (imposta in Svizzera) in parte sul reddito del marito (imposto in Italia). 
 
8.1. Giusta l'art. 212 cpv. 2 LIFD, nella versione entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e valida per il periodo fiscale in discussione (RU 2007 615), se i coniugi vivono in comunione domestica e ambedue esercitano un'attività lucrativa, dal reddito lavorativo più basso è dedotto il 50 per cento, ma almeno 7'600 e al massimo 12'500 franchi. Sono considerati reddito lavorativo i proventi imponibili da attività lucrativa dipendente o indipendente, dopo le deduzioni di cui agli articoli 26-31 e le deduzioni generali di cui all'articolo 33 capoverso 1 lettere d-f. Se uno dei coniugi collabora in modo determinante alla professione, al commercio o all'impresa dell'altro o in caso di attività lucrativa indipendente comune, a ogni coniuge viene attribuita la metà del reddito lavorativo comune. Una diversa ripartizione dev'essere dimostrata dai coniugi.  
 
8.2. La Corte cantonale è giunta alla conclusione che la deduzione in questione andasse ripartita in proporzione ai redditi conseguiti in Svizzera rispettivamente in Italia, come deciso dal fisco, rilevando che:  
(a) sebbene la deduzione sia fondata sul fatto che entrambi i coniugi conseguono un reddito dell'attività lucrativa, essa non dipende dalla misura dei redditi, poiché il legislatore l'ha voluta per tener conto delle spese provocate dalla doppia attività dei coniugi, che comportano una diminuzione della capacità contributiva; 
(b) non concernendo il reddito dell'attività lucrativa dei coniugi, bensì il loro reddito complessivo, la stessa si configura come una deduzione di carattere generale; 
(c) trattandosi di una deduzione che è stabilita in modo forfettario per l'insieme dei redditi dei coniugi, nei rapporti internazionali è giustificata una sua ripartizione in proporzione ai redditi imponibili. 
 
8.3. A differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, che basa in sostanza la sua richiesta di vedersi riconosciuta l'intera deduzione in Svizzera sul fatto che in Italia la deduzione per doppio reddito non esiste, anche questa conclusione della Corte cantonale non presta il fianco a critica alcuna.  
 
8.3.1. L'obiettivo perseguito dall'introduzione della deduzione in questione è quello di compensare (almeno in parte) le spese provocate dalla doppia attività dei coniugi, come ad esempio le spese dovute alla necessità di assumere una terza persona per svolgere delle mansioni domestiche oppure per occuparsi dei figli (sentenza 2C_272/2010 del 15 novembre 2010 consid. 3.2).  
Quella per doppio reddito, che rientra tra le deduzioni generali riconosciute dal diritto federale, non si pone quindi in rapporto con un reddito da attività lucrativa specifico, ma costituisce piuttosto una deduzione di carattere sociopolitico, che si riferisce al reddito conseguito dai coniugi nel loro complesso (sentenza 2C_272/2010 del 15 novembre 2010 consid. 3.2; PHILIPP BETSCHART, in MARTIN ZWEIFEL/MICHAEL BEUSCH/PETER MÄUSLI-ALLENSPACH (curatori), Interkantonales Steuerrecht, 2011, § 24 n. 46 segg.; RAINER ZIGERLIG/GUIDO JUD, in Martin Zweifel/Peter Athanas (curatori), Kommentar zum Schweizerischen Steuerrecht, parte I/2a, 2a ed., 2008 ad art. 33 LIFD n. 38b). 
 
8.3.2. Proprio tenuto conto delle caratteristiche appena indicate, e in assenza di norme che regolino tale specifico aspetto, si giustifica però che, anche nei rapporti internazionali, la deduzione in questione venga suddivisa in proporzione ai redditi netti imponibili.  
In effetti, deduzioni di carattere generale che non stanno in nessuna relazione diretta con un determinato reddito vanno ripartite in modo proporzionale ai redditi netti imponibili e ragioni per procedere altrimenti non sono date nemmeno a causa del fatto che l'ordinamento giuridico italiano, in base al quale è imposto il marito della ricorrente, non conosce la deduzione in questione (in senso conforme cfr. la sentenza 2C_1154/2013 del 26 giugno 2015 consid. 3.3 in fine e 3.6; MADELEINE SIMONEK, in Martin Zweifel/Michael Beusch/René Matteotti (curatori), Internationales Steuerrecht, 2015, ad art. 23 A, B n. 91 segg.; RAINER ZIGERLIG/GUIDO JUD, in Martin Zweifel/Peter Athanas (curatori), op. cit., ad art. 33 LIFD n. 38b). 
 
8.4. Anche la conclusione formulata in via subordinata dalla ricorrente dev'essere pertanto respinta.  
 
II.       Imposte cantonali  
 
9.  
 
9.1. Il quadro legale delineato dall'art. 9 cpv. 1 LIFD corrisponde a quello previsto dall'art. 3 cpv. 3 LAID e dall'art. 8 cpv. 1 della legge tributaria ticinese del 21 giugno 1994 (LT; RL/TI 10.2.1.1). La presa in considerazione dei redditi del coniuge residente all'estero per definire l'aliquota determinante per l'imposizione dei redditi del coniuge residente in Svizzera trova d'altra parte applicazione anche in ambito di imposta cantonale (DTF 141 II 318 consid. 2.2.3 pag. 321; sentenza 2C_523/2007 del 5 febbraio 2008 consid. 3.2). La competenza dei Cantoni in materia di deduzione per l'attività lucrativa dei coniugi è infine limitata alla fissazione del suo ammontare (art. 9 cpv. 2 lett. k LAID; sentenze 2C_272/2010 del 15 novembre 2010 consid. 2 e 3; 2C_850/2008 del 29 agosto 2009 consid. 6).  
 
9.2. Per le stesse ragioni esposte in relazione all'imposta federale diretta, il ricorso interposto - con cui vengono in ogni caso formulate critiche e conclusioni valide sia per l'imposta federale diretta che per le imposte cantonali, senza procedere a ulteriori distinzioni - dev'essere di conseguenza respinto anche con riferimento alle imposte cantonali.  
 
III.       Spese e ripetibili  
 
10.   
Per quanto precede, il ricorso è respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF); non si assegnano ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Le cause 2C_810/2015 e 2C_811/2015 sono congiunte. 
 
2.   
In riferimento all'imposta federale diretta (incarto 2C_811/2015) il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto. 
 
3.   
In riferimento all'imposta cantonale (incarto 2C_810/2015) il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto. 
 
4.   
Le spese giudiziarie di fr. 2'000.-- sono poste a carico della ricorrente. 
 
5.   
Comunicazione alla ricorrente, alla Divisione delle contribuzioni e alla Camera di diritto tributario del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, nonché all'AFC.  
 
 
Losanna, 25 gennaio 2017 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Seiler 
 
Il Cancelliere: Savoldelli