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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2A.282/2002 /mde 
 
Sentenza del 12 giugno 2002 
II Corte di diritto pubblico 
 
Giudici federali Wurzburger, presidente, 
Hungerbühler e Müller, 
cancelliere Cassina. 
 
A.A.________, 
B.A.________, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano. 
 
permesso di domicilio risp. autorizzazione di dimora 
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione del Tribunale amministrativo del Cantone Ticino del 23 maggio 2002 
 
Fatti: 
A. 
Il 25 novembre 1996, A.A.________ (1926) e sua moglie B.A.________ (1935), cittadini italiani, hanno chiesto alla Sezione degli stranieri del Cantone Ticino (ora divenuta Sezione dei permessi e dell'immigrazione) il rilascio di un permesso di dimora. Alla domanda è stata allegata una dichiarazione delle loro due figlie, residenti in Ticino, con la quale esse garantivano il mantenimento dei genitori e assicuravano che in nessun caso quest'ultimi avrebbero dovuto far capo ad aiuti assistenziali. Preso atto di ciò, l'autorità cantonale ha quindi rilasciato agli istanti il permesso richiesto, in seguito regolarmente rinnovato, l'ultima volta con scadenza al 22 novembre 2001. 
B. 
Il 18 dicembre 2001 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione ha respinto la domanda dei coniugi A.________ per il rilascio di un permesso di domicilio; nel contempo la medesima autorità ha risolto di non rinnovare loro il permesso di dimora, visto che dal dicembre 1997 essi erano a carico dell'assistenza pubblica, con la quale avevano contratto un debito di fr. 50'798.55. La decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato ed in seguito, con sentenza del 23 maggio 2002, dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
C. 
Il 4 giugno 2002 A.A.________ e B.A.________ hanno inoltrato davanti al Tribunale federale un ricorso con il quale chiedono l'annullamento del predetto giudizio cantonale e il rilascio di un permesso di domicilio. Domandano inoltre di essere messi al beneficio dell'assistenza giudiziaria. Nessuna presa di posizione in merito al gravame è stata chiesta alle autorità cantonali. 
 
Diritto: 
1. 
In materia di polizia degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è esperibile contro il rilascio o il rifiuto di permessi al cui ottenimento la legislazione federale non conferisce un diritto (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG). 
1.1 Nel caso concreto, è pacifico che i ricorrenti non possono prevalersi di nessuna disposizione del diritto federale interno, per invocare un simile diritto. Occorre dunque valutare la situazione dal punto di vista del diritto internazionale. 
1.2 Nel loro gravame i ricorrenti sostengono che un simile diritto deriverebbe loro dal Trattato di domicilio e consolare sottoscritto tra la Svizzera e l'Italia il 22 luglio 1868 (RS 0.142.114.541), dalla Dichiarazione del 5 maggio 1934 concernente l'applicazione del suddetto trattato (RS 0.142.114.541.3) e dall'Accordo tra la Svizzera e l'Italia relativo all'emigrazione dei lavoratori italiani in Svizzera del 10 agosto 1964 (RS 0.142.114.548). Sennonché, secondo costante giurisprudenza, il predetto Trattato del 1868 e la relativa Dichiarazione del 1934 si applicano solo ai cittadini già al beneficio di un permesso di domicilio (cfr. DTF 119 IV 65 consid. 1a, 106 Ib 125 consid. 2b; sentenza del Tribunale federale del 17 maggio 1995 nella causa 2A.48/1995, consid. 1d), per cui non sono di nessuna rilevanza nel caso di specie. Per quanto concerne invece l'Accordo del 10 agosto 1964, esso regola unicamente la posizione dei lavoratori italiani nel nostro Paese (art. 1 dell'Accordo). Ora, secondo quanto emerge dalle tavole processuali, i ricorrenti non esercitano nessuna attività lavorativa in Svizzera, essendo entrambi pensionati, e quindi non rientrano chiaramente nel campo di applicazione di questo contratto internazionale. 
1.3 Neppure i recenti trattati bilaterali conclusi con la Comunità europea conferiscono agli insorgenti il diritto di risiedere in Svizzera. In effetti, a prescindere dalla questione di sapere se tali contratti siano già applicabili alla fattispecie in esame, si deve considerare che, in base all'art. 6 dell'Accordo del 21 giugno 1999 tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione Svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, e all'art. 24 cpv. 1 e 2 del relativo Allegato I (cfr. FF 1999 VI 5978 e segg.), le persone che, alla stessa stregua dei coniugi A.________, non esercitano un'attività economica nello Stato in cui risiedono hanno il diritto ad ottenere un'autorizzazione di soggiorno se dispongono, oltre che di un'assicurazione malattia, di mezzi finanziari sufficienti per non dover ricorrere all'assistenza sociale durante il soggiorno. Condizione questa che, in base ai fatti accertati in maniera vincolante dalla Corte cantonale (art. 105 cpv. 2 OG), i ricorrenti manifestamente non adempiono. 
1.4 Resta quindi da esaminare se quest'ultimi possano appellarsi al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950 (CEDU; RS 0.101). Detta norma tende in primo luogo a tutelare le relazioni familiari tra coniugi e quelle tra genitori e figli minorenni che vivono in comunione domestica. Come correttamente rilevato dai giudici cantonali, trattandosi di persone che non fanno parte del nucleo familiare vero e proprio e con le quali non sussiste (più), di regola, una comunione domestica, vi è una relazione familiare protetta quando lo straniero che domanda un permesso di soggiorno si trova nei confronti del familiare che risiede in Svizzera in un rapporto di stretta dipendenza. Per prassi, una tale relazione può risultare dalla necessità di specifiche cure o da un bisogno di assistenza come, ad esempio, in caso di handicap fisico o psichico oppure in caso di grave malattia (DTF 120 Ib 257 consid. 1e pag. 261). Ora, nel caso in esame, al di là di quanto asserito nel gravame, non risulta affatto che i ricorrenti dipendano strettamente dalle figlie residenti in Svizzera. Per il che, non appaiono date le condizioni affinché questi possano dedurre dalla norma in questione il diritto a soggiornare nel nostro Paese. Ma quand'anche si volesse ammettere il contrario, l'impugnativa dovrebbe comunque essere respinta nel merito. I ricorrenti sono infatti caduti in modo continuo e rilevante a carico dell'assistenza pubblica, ciò che costituisce un motivo di espulsione dalla Svizzera, ai sensi dell'art. 10 cpv. 1 lett. d della legge federale concernente la dimora e il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; RS 142.20). Inoltre essi avevano ottenuto il loro primo permesso di dimora fornendo determinate garanzie che sono ben presto rilevate inconsistenti; per il che, come giustamente rilevato nella sentenza impugnata alla quale può essere fatto rinvio (art. 36 cpv. 3 OG), sussisterebbero in concreto gli estremi anche per una revoca della loro autorizzazione di soggiorno (art. 9 cpv. 2 lett. a e b LDDS). In simili circostanze, il provvedimento litigioso risulta in ogni caso giustificato da preminenti interessi pubblici e in quanto tale rispettoso dell'art. 8 n. 2 CEDU
1.5 Stante tutto quanto precede, nella misura in cui è ammissibile, il gravame, trattato come un ricorso di diritto amministrativo, dev'essere respinto. 
2. 
Vagliando poi se l'impugnativa sia ricevibile quale ricorso di diritto pubblico, va detto che, vista la mancanza per i ricorrenti di un diritto sia al rilascio di un permesso di domicilio che al rinnovo del permesso di dimora, questi non sono toccati dalla decisione litigiosa nei loro interessi giuridicamente protetti (art. 88 OG), per cui difettano della legittimazione a proporre il citato rimedio (cfr. DTF 126 I 81 consid. 3 e 126 II 377 consid. 4 con rispettivi rinvii). Essi potrebbero nondimeno far valere la disattenzione dei diritti di parte, riconosciuti loro dall'ordinamento cantonale o direttamente dalla Costituzione federale, la cui violazione costituisce un diniego di giustizia formale. Sennonché, con il ricorso in esame non sono state sollevate censure di questo genere, motivo per cui il medesimo si rivela, anche da questo punto di vista, inammissibile. 
3. 
Manifestamente infondato, il ricorso può essere deciso secondo la procedura semplificata di cui all'art. 36a OG. Visto che lo stesso era sin dall'inizio privo di possibilità di esito favorevole, l'istanza di assistenza giudiziaria è respinta (art. 152 OG). La tassa di giustizia va dunque posta in parti uguali a carico dei ricorrenti, con vincolo di solidarietà (art. 156 cpv. 1 e 7, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG). Con l'emanazione del presente giudizio, la domanda di conferimento dell'effetto sospensivo è divenuta priva d'oggetto. 
 
Per questi motivi, visto l'art. 36a OG, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile il ricorso è respinto. 
2. 
La domanda di assistenza giudiziaria è respinta. 
3. 
La tassa di giustizia di fr. 1000.-- è posta a carico dei ricorrenti, in parti uguali e con vincolo di solidarietà. 
4. 
Comunicazione ai ricorrenti, al Consiglio di Stato del Cantone Ticino e al Tribunale cantonale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale degli stranieri. 
Losanna, 12 giugno 2002 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il presidente: Il cancelliere: