Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
6S.426/2002 /viz 
 
Sentenza del 18 febbraio 2003 
Corte di cassazione penale 
 
Giudici federali Schneider, presidente, 
Schubarth e Kolly. 
cancelliere Ponti. 
 
Comunione Ereditaria fu A.________ composta da 
B.________, C.________, D.________ e E.________, 
ricorrente, patrocinata dallo Studio legale Jelmini, 
via Lambertenghi 1, casella postale 2755, 6901 Lugano, 
 
contro 
 
F.________, G.________, H.________, 
opponenti, 
tutti e tre patrocinati dall'avv. Luca Pagani, piazza Col. C. Bernasconi 5, casella postale 1546, 6830 Chiasso, 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, via Pretorio 16, 
6901 Lugano. 
 
Decreto di non luogo (omicidio colposo, art. 117 CPS), 
 
(ricorso per cassazione contro la sentenza del 
26 settembre 2002 della Camera dei ricorsi penali 
del Tribunale d'appello del Cantone Ticino). 
 
Fatti: 
A. 
Il 14 marzo 2001 A.________ decedeva all'ospedale di Mendrisio in seguito ad un incidente verificatosi il 27 febbraio precedente all'interno della ditta X.________ SA, dove lavorava come operaio. Il referto autoptico degli esami effettuati sulla vittima accertava che il decesso era da attribuire ai gravi danni polmonari e tracheali causati dall'inalazione di gas tossici avvenuta durante una manipolazione di un impianto nell'azienda. In particolare, l'inchiesta ha potuto accertare che il serbatoio di rilancio della soda caustica situato nel reparto raffineria si era svuotato e che le spie luminose di segnalazione di livello minimo non erano entrate in funzione a causa di un guasto ad un relais collocato sul quadro di comando dislocato in prossimità delle vasche, che aveva i contatti ossidati, ed anche per il malfunzionamento di due galleggianti delle vasche aventi anch'essi contatti ossidati. Dopo la sostituzione di detti apparecchi da parte dell'elettronico dell'azienda, l'impianto è tornato a funzionare regolarmente. 
B. 
Esaminati i fatti e assunte le prove ritenute necessarie, il 4 aprile 2002 il Procuratore pubblico del Cantone Ticino decretava il non luogo a procedere, giudicando che le cause dell'infortunio erano da ascrivere al comportamento imprevidente della vittima e non a negligenza da parte dei responsabili della ditta. 
C. 
Adita dai membri della comunione ereditaria fu A.________, il 26 settembre 2002 la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CRP) ne respingeva l'istanza di promozione dell'accusa per titolo di omicidio colposo nei confronti di F.________, G.________ e H.________, responsabili della X.________ SA. Delle argomentazioni ritenute dalla Corte cantonale si dirà, per quanto necessario, nei considerandi. 
D. 
Con tempestivo ricorso per cassazione B.________, C.________, D.________ e E.________ sono insorti dinanzi al Tribunale federale contro la sentenza della CRP, postulandone l'annullamento. A mente dei ricorrenti il decesso di A.________ sarebbe infatti dovuto alla negligente omissione di fondamentali misure di sicurezza da parte dei responsabili della ditta; la Corte cantonale avrebbe quindi a torto negato l'applicazione al caso concreto degli art. 18 cpv. 3 e 117 CP
E. 
Non sono state chieste osservazioni ai ricorsi. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con libero potere d'esame l'ammissibilità del rimedio esperito, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 128 II 46 consid. 2a; 127 III 41 consid. 2a; 126 I 81 consid. 1). 
2. 
Secondo dottrina e giurisprudenza, la legittimazione a ricorrere per cassazione in merito all'azione penale è regolata in modo esaustivo dall'art. 270 PP
2.1 In virtù dell'art. 270 lett. e n. 1 PP, in vigore dal 1° gennaio 2001, può ricorrere per cassazione la vittima di un'infrazione se già parte nella procedura penale ma - conformemente all'art. 8 cpv. 1 lett. c della legge federale del 4 ottobre 1991 concernente l'aiuto alle vittime di reati (LAV; RS 312.5) - solo nella misura in cui la decisione impugnata concerna le sue pretese civili o possa influenzare il giudizio in merito a queste ultime. La legittimazione presuppone che il ricorrente sia stato leso direttamente nell'integrità fisica, sessuale o psichica (art. 2 cpv. 1 LAV), questione che il Tribunale federale esamina liberamente (DTF 122 IV 71 consid. 3a; 120 Ia 101 consid. 2a, 157 consid. 2b). 
2.2 Nella fattispecie però, la parte direttamente lesa è deceduta a seguito dell'incidente e l'azione penale è stata promossa dai suoi eredi diretti, ossia la moglie e i tre figli. Ora, di per sé, la qualità di eredi di una vittima non da diritto di proporre ricorso per cassazione contro una decisione penale (DTF 126 IV 42 consid. 2, 150 consid. 4). Le persone elencate all'art. 2 cpv. 2 LAV - ossia il coniuge, i figli e i genitori della vittima, nonché altre persone unite alla vittima da legami analoghi - sono tuttavia legittimate a proporre ricorso per cassazione nei due casi seguenti: da un lato, se fanno valere in via adesiva pretese civili proprie contro l'autore del reato, e, dall'altro, se hanno ereditato le pretese civili che la stessa vittima, ancora in vita, aveva fatto valere costituendosi parte civile nel procedimento penale e la decisione impugnata possa avere delle conseguenze negative sul giudizio relativo a tali pretese (DTF 126 IV 42 consid. 3). 
2.3 Occorre dunque esaminare se le condizioni sopra descritte sono adempiute nella fattispecie. È indubbio, anzitutto, che la persona deceduta a seguito dell'incidente in esame è vittima ai sensi dell'art. 2 cpv. 1 LAV e che la moglie e i figli del defunto qui ricorrenti vanno parificate - potendo far valere pretese civili contro l'autore del reato (art. 45 cpv. 3 e 47 CO) - alla vittima stessa per ciò che concerne l'esercizio dei diritti processuali previsti all'art. 8 LAV (Bernard Corboz, Les droits procéduraux découlant de la LAVI, in: SJ 1996 pag. 59 seg.). Pure pacifico è che, per aver provocato la decisione impugnata, gli interessati avevano veste di parte nel quadro della procedura penale cantonale (DTF 121 IV 207 consid. 1a). Non risulta invece che essi abbiano fatto valere in quell'ambito le loro pretese civili; sennonché, tale omissione non conduce a negare ai ricorrenti la legittimazione ricorsuale, avendo il Tribunale federale già statuito che, qualora venga impugnata la decisione giudiziaria che conferma un decreto di non luogo a procedere, non è necessario che l'interessato abbia già presentato delle conclusioni civili (DTF 120 IV 44 consid. 4a). 
 
Gli insorgenti erano però tenuti, in principio, a spiegare in questa sede quali pretese civili intendono far valere e i motivi per i quali il giudizio impugnato sarebbe suscettibile di influire negativamente su tali pretese. Tuttavia, nella misura in cui è possibile dedurre direttamente e senza ambiguità, tenuto conto della natura dell'infrazione, quali pretese civili la vittima potrebbe avanzare nei confronti dei denunciati ed è evidente che la decisione impugnata è atta ad influenzare il giudizio sulle pretese civili derivanti dall'infrazione invocata, il fatto che il ricorso non contenga formalmente delle indicazioni in proposito non comporta la sua irricevibilità, considerato inoltre che il presente procedimento - risoltosi in un decreto di abbandono - non è avanzato sino a uno stadio in cui sia già possibile formulare delle pretese civili circostanziate (DTF 127 IV 185 consid. 1a e riferimenti). Gli eredi della vittima sono pertanto legittimati ad impugnare il giudizio cantonale con ricorso per cassazione. 
3. 
Il ricorso per cassazione può essere fondato unicamente sulla violazione del diritto federale (art. 269 PP). La Corte di cassazione penale del Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e terza proposizione PP). Essa deve fondare il suo giudizio sui fatti quali accertati dall'ultima istanza cantonale ed eventualmente su quelli considerati dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in cui essi siano ripresi, per lo meno in modo implicito, nella decisione impugnata (art. 273 cpv. 1 lett. b PP; DTF 118 IV 122 consid. 1; Bernard Corboz, Le pourvoi en nullité, SJ 1991, pagg. 92 e 93). La motivazione del ricorso non deve criticare accertamenti di fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b PP). 
 
Malgrado qualche enunciazione di principio, il gravame in oggetto è poco rispettoso di queste esigenze di forma; i ricorrenti, pretendendo di censurare la violazione del diritto federale, ridiscutono in realtà l'accertamento dei fatti e la valutazione delle prove eseguiti dai giudici cantonali, e applicano sovente il diritto ad uno stato di fatto che non risulta dalla sentenza impugnata. 
4. 
I ricorrenti lamentano una violazione degli art. 18 cpv. 3 e 117 CP nonché delle nozioni di diritto federale di causalità adeguata e di interruzione del nesso causale. Essi sostengono infatti che, contrariamente a quanto ritenuto dalle autorità cantonali, il decesso del loro genitore e marito è dovuto ad una negligente omissione di fondamentali misure di sicurezza da parte dei responsabili dell'azienda, e segnatamente per quanto concerne la scarsa sicurezza degli impianti e la carente istruzione data agli operai per lo svolgimento del proprio lavoro. 
4.1 L'art. 117 CP punisce chi, per negligenza, cagiona la morte di una persona con la detenzione o con la multa. Commette un crimine o un delitto per negligenza colui che, per un'imprevidenza colpevole, non ha scorto le conseguenze della sua azione (art. 18 cpv. 3 primo periodo CP). Affinché siano adempiute le condizioni dell'imprevidenza colpevole (art. 18 cpv. 3 secondo periodo), l'agente deve aver in primo luogo infranto le regole di elementare prudenza imposte dalle circostanze affinché non vengano oltrepassati i limiti oltre i quali il rischio non è più accettabile (DTF 122 IV 17 consid. 2b e rinvii; Bernard Corboz, Les infractions en droit suisse, Vol. I, Berna 2002, n. 11 e 12 ad art. 117 CP). Tali regole si determinano in primo luogo riferendosi alle norme in vigore, aventi lo scopo di garantire la sicurezza e di evitare gli incidenti. Se queste norme non dovessero esistere, delle regole analoghe emanate da associazioni private o semi-pubbliche, se generalmente riconosciute, possono essere determinanti. Nella fattispecie, ci si può senz'altro riferire alle regole in vigore nello specifico campo industriale nel quale opera la ditta X.________ SA, quali le direttive SUVA/INSAI Form. 1792 - concernenti la galvanotecnica - e quelle della Commissione federale di coordinamento per la sicurezza sul lavoro (CFSL) no. 6501, valide per la manipolazione di acidi e liscive. La violazione del dovere di diligenza può altresì essere dedotta dai principi generali (DTF 127 IV 62 consid. 2c e d; 126 IV 13 consid. 7a/bb; 122 IV 145 consid. 3b/aa). Trattandosi di impianti tecnici nei quali è insita una certa pericolosità (fabbriche, ferrovie, funivie...), i responsabili sono tenuti ad organizzare un adeguato dispositivo di sicurezza che permetta di diminuire il più possibile i rischi di incidenti (DTF 126 IV 13 consid. 7b/aa; 125 IV 9 consid. 2a e riferimenti). Il giudice può anche ordinare una perizia per identificare i precetti di prudenza che si imponevano in una data situazione (DTF 106 IV 264 consid. 1). 
 
Un comportamento viola un dovere di prudenza allorquando l'agente al momento dei fatti avrebbe, tenuto conto della sua formazione e della sua capacità, potuto rendersi conto del rischio ma, ciò nonostante, ne ha oltrepassato i limiti. Un'omissione è punibile solamente se l'agente aveva un dovere giuridico di agire come garante. La violazione deve essere colpevole, ossia l'agente deve avere dimostrato un'assenza di sforzi degna di biasimo (DTF 122 IV 17 consid. 2b/ee,145 consid. 3b/aa; 121 IV 207 consid. 2). 
4.2 Stabilire l'esistenza di un comportamento colpevole contrario a un dovere di prudenza e il decesso di una persona non basta. Il comportamento e la morte della vittima devono trovarsi in rapporto di causalità naturale e adeguato (DTF 122 IV 17 consid. 2c). 
 
Esiste un rapporto di causalità naturale tra un evento e un comportamento colpevole, se quest'ultimo ne costituisce la "conditio sine qua non", ossia se non può essere tralasciato senza che l'evento verificatosi venga meno; non è tuttavia necessario che esso appaia come la causa unica dell'evento (DTF 115 IV 199 consid. 5b e rinvii). Il rapporto di causalità così delimitato non può essere provato con certezza, un alto grado di verosimiglianza è sufficiente (DTF 122 IV 17 consid. 2c/aa; 121 IV 207 consid. 2a; 118 IV 130 consid. 6a). L'accertamento della causalità naturale è una questione che concerne i fatti e come tale sottratta al potere di esame della Corte di cassazione. Tuttavia, il diritto federale è violato se l'autorità cantonale misconosce il concetto stesso della causalità naturale (DTF 122 IV 17 consid. 2c/aa; 121 IV 207 consid. 2a e rinvii). 
 
Data la causalità naturale, è necessario ancora esaminare se è adeguata. Per costante giurisprudenza, il nesso di causalità è adeguato quando il comportamento contrario ai doveri di prudenza è idoneo, secondo l'andamento ordinario delle cose nonché l'esperienza generale della vita, a produrre o a favorire un evento simile a quello in concreto realizzatosi. Tuttavia, la causalità adeguata viene meno, il concatenamento dei fatti perdendo in tal modo la sua rilevanza giuridica, allorché un'altra causa concomitante, quale ad esempio l'atteggiamento della vittima, costituisca una circostanza del tutto eccezionale oppure dipenda da un comportamento talmente straordinario, insensato o stravagante che non potevano essere previsti. L'imprevedibilità dell'atto concomitante non è sufficiente per interrompere il nesso di causalità adeguata. Occorre bensì che quest'atto sia di una gravità tale da imporsi come la causa più probabile ed immediata dell'evento considerato, relegando in secondo piano tutti gli altri fattori, segnatamente il comportamento dell'agente, che hanno contribuito a provocarlo; per comportamento dell'agente, dottrina e giurisprudenza intendono sia la commissione sia l'omissione colpevole (Bernard Corboz, op. cit., n. 50 e 51 ad art. 117 CP, con i riferimenti giurisprudenziali citati). 
5. 
Nella fattispecie, la CRP ha in primo luogo ritenuto che dagli atti non emerge alcun elemento che lasci supporre che i denunciati abbiano omesso la manutenzione dei macchinari della X.________ SA e/o violato precise norme relative alla sicurezza degli impianti, e nemmeno che vi siano gravi lacune nel modo in cui è stato istruito il personale addetto al settore ecologico. La Corte cantonale ne ha dedotto che non poteva essere loro imputata alcuna infrazione dal profilo penale (v. decisione impugnata, consid. 4.4, pag. 12 in fondo). 
5.1 Invocando gli art. 33 e 44 OPI (Ordinanza sulla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali; RS 832.30), gli insorgenti rimproverano ai responsabili della X.________ SA di non aver valutato i rischi inerenti le attività svolte e le sostanze utilizzate nel reparto ecologico e di essere quindi venuti meno al loro dovere di prudenza. 
 
Ora, a questo proposito è sufficiente rinviare (art. 36a cpv. 3 OG) alle pertinenti considerazioni contenute nella sentenza impugnata (consid. 4.1, pagg. 9-10). In questa sede basta rilevare che nell'ambito della valutazione operata dalla Corte cantonale è risultato determinante il fatto che sia il perito giudiziario sia la SUVA hanno ritenuto che, in base all'allora vigente letteratura e alla conoscenze dei denunciati, nel reparto ecologico non era prevedibile una reazione chimica come quella constatata in occasione dell'incidente del 27 febbraio 2001, per cui non può essere imputata ai responsabili dell'azienda negligenza alcuna in relazione alle misure di sicurezza vigenti in quel determinato settore, segnatamente per quanto riguarda l'assenza di un impianto di ventilazione posto direttamente sopra il decantatore all'origine dell'incidente. Inoltre, se è pur vero che episodi di fughe di vapori dall'impianto in questione si erano già sporadicamente verificati in passato, la loro entità era apparsa trascurabile e senza conseguenze sulla salute degli addetti, tali da non richiedere l'adozione di misure di sicurezza accresciute. Sulla scorta delle vincolanti constatazioni di fatto delle autorità cantonali (art. 277bis cpv. 1 seconda e terza proposizione PP), non risulta pertanto che i denunciati abbiano violato le accennate disposizioni (art. 44 OPI, direttive SUVA e CSFL), aventi quale scopo di garantire la sicurezza e di evitare gli incidenti, né i doveri generali di precedenza dedotti dall'art. 18 cpv. 3 CP. Le censure ricorsuali su questo punto - peraltro in gran parte inammissibili poiché inerenti la valutazione delle prove eseguita dalle autorità cantonali - devono essere respinte. 
5.2 Le considerazioni espresse al considerando precedente valgono anche per quanto attiene alla manutenzione degli impianti dell'azienda, giudicata carente dagli insorgenti. Le circostanze evocate nella sentenza impugnata, frutto di una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, permettono infatti di negare un nesso di causalità naturale e adeguato tra il difetto riscontrato al livello del serbatoio di rilancio della soda caustica e l'avvenuta intossicazione della vittima; il perito ha ritenuto che - a prescindere da come può essere stata pianificata la manutenzione del reparto ecologico - l'incidente sarebbe con molta probabilità ugualmente occorso, sia a dipendenza di un'errata manipolazione dell'addetto sia di circostanze tanto fortuite quanto imprevedibili, e che anche l'arrivo della soda caustica non avrebbe verosimilmente potuto scongiurare la fatale inalazione di gas tossici da parte della vittima (v. pag. 18 della perizia in relazione con il verbale di interrogatorio 11.1.2002 del perito giudiziario). 
5.3 I ricorrenti ritengono inoltre che, a causa di una carente e inadeguata istruzione, la vittima non sarebbe stata assolutamente in grado di valutare i rischi delle operazioni di cui era stata incaricata, né di prevedere gli effetti letali dell'inalazione dei fumi sprigionati dalla reazione avvenuta la mattina del 27 febbraio 2001. 
 
Questo assunto non può essere condiviso, essendo contraddetto dalle risultanze istruttorie. Giova anzitutto osservare che la vittima non era una persona inesperta o alle prime armi, bensì un collaboratore di lunga data e, a detta di tutti, tra i più competenti, affidabili e preparati della ditta. Egli aveva seguito - è vero - una formazione empirica per quel che attiene alle mansioni del reparto ecologico; tale istruzione, come confermato dal perito giudiziario, corrisponde però alla prassi usuale per le persone addette ad un reparto come quello ecologico, non essendovi delle scuole o corsi particolari che devono essere seguiti. Del resto, un collega della vittima impiegato nel medesimo reparto ha ammesso che i suoi superiori lo avevano reso edotto delle possibili conseguenze e della pericolosità degli acidi e delle sostanze usate nella fabbrica. 
Appare inoltre assodato che tra le istruzioni ricevute da tutti i dipendenti dell'azienda, figuri quella relativa alle situazioni di emergenza, per le quali vigeva l'obbligo di abbandonare immediatamente il luogo dell'incidente e di comporre un numero telefonico interno, collegato con una centrale di sicurezza attiva ininterrottamente 24 ore al giorno; disposizioni queste alle quali la vittima non si è purtroppo attenuta in occasione dell'incidente. A torto gli insorgenti pretendono che la vittima non era consapevole della procedura di emergenza, dato che questa era affissa in tutti i reparti dell'azienda; come appurato dall'istruttoria, in ogni locale vi era inoltre a disposizione anche una maschera con filtro antigas da usare in caso di incidenti chimici, della quale però A.________ non si è servito nemmeno dopo aver notato il fumo marrone-rossastro formatosi sopra il decantatore conico. Infine, non può essere ritenuta decisiva nemmeno la circostanza che un collega della vittima, una volta giunto sul posto, invece di allontanarsi immediatamente come previsto dal piano di emergenza, lo abbia aiutato ad aggiungere la soda incurante della situazione venutasi a creare in seguito all'incidente: dalla decisione impugnata (v. riassunto dei fatti a pag. 2) traspare infatti che a quel momento la reazione chimica era già quasi del tutto passata e che, tutt'al più, nel locale "[...] aleggiavano ancora delle tracce di fumi di colore rosso-marrone". 
6. 
Da tutto quanto esposto, se ne deduce che ai denunciati non può essere imputata alcuna negligenza, né per quanto concerne la manutenzione e la sicurezza degli impianti dell'azienda né per l'istruzione del personale addetto al reparto ecologico. 
 
Visto quanto precede, può rimanere indecisa la questione a sapere se - pur nella denegata ipotesi dell'esistenza di negligenze da parte dei denunciati e del nesso di causalità adeguata tra queste negligenze e la morte della vittima - il comportamento tenuto dalla vittima in occasione del sinistro deve essere considerato tale da comportare l'interruzione del nesso di causalità adeguata (v. sentenza impugnata, pag. 13, secondo paragrafo). Con la decisione impugnata la CRP non ha ad ogni modo violato gli art. 18 e 117 CP; il ricorso per cassazione, nella misura in cui è ammissibile, va pertanto disatteso. 
7. 
Visto l'esito del gravame, le spese processuali sono poste a carico dei ricorrenti soccombenti, con vincolo di solidarietà (art. 156 cpv. 1 e 7 OG e 278 cpv. 1 PP). 
 
Per questi motivi, visto l'art. 36a OG, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico dei ricorrenti in solido. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 18 febbraio 2003 
In nome della Corte di cassazione penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il presidente: Il cancelliere: