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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1A.31/2004 /viz 
 
Sentenza del 23 dicembre 2004 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale, 
Reeb, Eusebio, 
cancelliere Crameri. 
 
Parti 
F.________, 
ricorrente, patrocinata dall'avv. Paolo Bernasconi, 
contro 
 
Ministero pubblico della Confederazione, Taubenstrasse 16, 3003 Berna. 
 
Oggetto 
assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia, 
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione 
del 13 gennaio 2004 del Ministero pubblico della Confederazione. 
 
Fatti: 
A. 
Il 14 marzo e il 9 agosto 1996, l'allora Ufficio federale di polizia, ora Ufficio federale di giustizia (UFG), delegava al Ministero pubblico della Confederazione (MPC) l'esecuzione di una domanda di assistenza giudiziaria in materia penale del 14 marzo 1996, e in seguito di numerose domande complementari, presentate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano. L'autorità estera procedeva, in particolare, a indagini contro B.________, C.________ e D.________, per concorso in reati continuati di corruzione legati ad atti contrari ai doveri d'ufficio, addebitando al primo di essersi fatto corrompere, agli altri due di aver corrotto. In parziale esecuzione della domanda di assistenza, dopo l'evasione di numerosi ricorsi presentati al Tribunale federale (cfr. causa 1A.115/1996 del 16 gennaio 1997), l'autorità svizzera aveva trasmesso all'Italia documenti bancari inerenti a diversi conti, in particolare al conto X.________ presso la banca V.________, di cui è titolare A.________ e dal quale era stato versato denaro, di sospetto provento da corruzione, sul conto Y.________, intestato all'indagato C.________ (sentenza 1A.109/1999 del 14 luglio 1999). 
B. 
La citata Procura, in data 19 settembre 2003, dopo aver esaminato i documenti trasmessigli e vista la necessità di esperire ulteriori accertamenti nell'ambito di un procedimento penale avviato contro A.________, ha chiesto di acquisire la documentazione di un conto presso la banca W.________ e del conto Z.________ presso la banca V.________, conti interessati da due transazioni di 793'650 e di 200'000 dollari americani inerenti al conto X.________, nel frattempo estinto. Con ordinanza di entrata in materia del 3 ottobre 2003 il MPC ha ammesso la richiesta. Mediante decisioni di chiusura parziale del 9gennaio, rispettivamente del 13 gennaio 2004, ha ordinato la trasmissione all'Italia della documentazione del conto Z.________, intestata al citato indagato (causa 1A.23/2004) e del conto K.________ presso la banca W.________, intestato a F.________, dal quale era stato disposto il bonifico di 793'650 dollari americani. 
C. 
F.________ impugna la decisione del 13 gennaio 2004 con un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiede, in via processuale, di richiamare dal MPC l'incarto relativo alle precedenti rogatorie e, in via principale, di annullare la decisione impugnata e di rifiutare la richiesta italiana; in via subordinata, postula di modificare la contestata decisione nel senso di trasmettere all'autorità richiedente soltanto i memoriali, o un loro riassunto, del 5 e del 6 febbraio 2004; in via ancor più subordinata, chiede di consegnare unicamente la documentazione di apertura e l'avviso di addebito del bonifico di 793'650 dollari americani, come pure i due citati memoriali. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi. 
Con decisione del 13 febbraio 2004 il MPC ha respinto un'istanza di riesame della ricorrente. 
D. 
L'UFG propone di respingere il ricorso, il MPC di respingerlo in quanto ammissibile. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 Italia e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS 0.351.1) e dell'Accordo concluso il 10 settembre 1998 che la completa e ne agevola l'applicazione, entrato in vigore il 1° giugno 2003 (in seguito: l'Accordo, RS 0.351.945.41). La legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1) e l'ordinanza di applicazione (OAIMP; RS 351.11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione internazionale e l'Accordo non regolano espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I cpv. 2 dell'Accordo; DTF 130 II 337 consid. 1, 124 II 180 consid. 1a, 123 II 134 consid. 1a), fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595 consid. 7c). 
1.2 Secondo la norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale federale non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (DTF 123 II 134 consid. 1d, 118 Ib 269 consid. 2e). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 123 II 134 consid. 1d, 119 Ib 56 consid. 1d; cfr. anche DTF 130 II 337 consid. 1.4). Le conclusioni che vanno oltre la richiesta di annullamento della decisione impugnata sono, di massima, ammissibili (art. 25 cpv. 6 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1c e rinvii). 
1.3 Interposto tempestivamente contro una decisione del MPC di trasmissione di documenti acquisiti in esecuzione di una domanda di assistenza, il ricorso di diritto amministrativo è ricevibile dal profilo dell'art. 80g cpv. 1 e 2 in relazione con l'art. 25 cpv. 1 AIMP. La legittimazione della ricorrente, titolare del conto oggetto della contestata misura, è pacifica (art. 80h lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. a OAIMP). 
2. 
2.1 La ricorrente, adducendo una violazione del diritto di essere sentito, rileva di non avere avuto conoscenza della decisione incidentale di entrata in materia del 3 ottobre 2003, notificata soltanto alla banca: per contro, quest'ultima le ha comunicato (presso la banca medesima), la decisione di chiusura, visto che con la stessa l'istituto di credito è stato espressamente invitato dal MPC a trasmettergliela. La ricorrente, richiamando la DTF 130 II 14 (consid. 4.3 e 5 inedito), fa valere che la giurisprudenza concernente il cosiddetto "fermo banca" non sarebbe applicabile, poiché l'autorità di esecuzione deve concedere agli aventi diritto la possibilità effettiva di determinarsi sulla trasmissione degli atti. L'assunto non regge. La ricorrente confonde infatti, mischiandole, due fattispecie diverse, segnatamente quella relativa alla notificazione di decisioni e al termine per impugnarle in presenza di una convenzione "fermo banca", da una parte, e la facoltà che dev'essere offerta al titolare del conto di partecipare concretamente ed effettivamente alla cernita dei documenti, dall'altra. 
Nelle osservazioni al ricorso il MPC sostiene che dai documenti di apertura del conto risulta che la ricorrente, residente in Italia, ha sottoscritto una convenzione secondo cui tutta la corrispondenza dev'essere trattenuta presso la banca. In applicazione degli art. 80m AIMP e 9 OAIMP, le decisioni sono state pertanto notificate alla banca. 
2.2 Secondo l'art. 80m cpv. 1 AIMP l'autorità di esecuzione notifica le sue decisioni all'avente diritto abitante in Svizzera (lett. a) e a quello residente all'estero, se ha eletto domicilio in Svizzera (lett. b). Riguardo a quest'ultima fattispecie, l'art. 9 OAIMP precisa che, in caso contrario, le notificazioni potranno essere omesse. Infine, l'art. 80n dispone che il detentore di documenti, come in concreto la banca, ha il diritto di informare il suo mandante dell'esistenza di una domanda e di tutti i fatti connessi, se l'autorità competente non l'ha esplicitamente vietato a titolo eccezionale (cpv. 1). Circostanza, questa, non realizzata in concreto. 
2.2.1 Quando il titolare di un conto oggetto di una domanda di assistenza ha concluso, come nella fattispecie, una convenzione "fermo banca", il termine di ricorso o di opposizione decorre a partire dal momento in cui la decisione viene depositata nell'incarto "fermo banca" (DTF 124 II 124 consid. 2 con riferimenti anche alla dottrina). Dopo la chiusura del conto, fattispecie non invocata dalla ricorrente, una siffatta convenzione non è più opponibile al cliente (sentenza 1A.221/2002 del 25 novembre 2002 consid. 2). 
2.2.2 Certo, l'intimazione di una decisione a un istituto bancario non equivale, di per sé, alla comunicazione al titolare del conto, poiché la banca non appare nei confronti dell'autorità quale rappresentante dei suoi clienti. Pertanto, il termine non inizia a decorrere che dal momento in cui la banca informa il cliente dell'inchiesta condotta dall'autorità o delle misure prese nei suoi confronti (DTF 124 II 124 consid. 2d/aa, 120 Ib 183 consid. 3a pag. 186-187). Dal canto suo, la banca, in virtù dei rapporti contrattuali che la legano al cliente e in particolare dell'obbligo di diligenza che scaturisce dai suoi doveri di mandataria, deve informare immediatamente il titolare della relazione posta sotto sequestro, affinché questi possa determinarsi tempestivamente sul da farsi (DTF 130 IV 43 consid. 1.3, 124 II 124 consid. 2d/aa e 2d/bb; 125 II 65 consid. 2a, con riferimento al Messaggio 29 marzo 1995 del Consiglio federale sulla AIMP, FF 1995 III 33-34 all'art. 80n AIMP; DTF 113 Ib 157 consid. 6 pag. 168; Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière pénale, 2a ed., Berna 2004, n. 174; Paolo Bernasconi, Rogatorie penali italo-svizzere, Milano 1997, pag. 301-303). Tale soluzione non si applica se il cliente ha istruito la banca di non trasmettergli comunicazioni, ma di trattenerle a sua disposizione (cosiddette convenzioni di "fermo banca"; DTF 124 II 124 consid. 2d/aa): in tal caso, ogni comunicazione pervenuta alla banca è opponibile al cliente come se egli l'avesse effettivamente ricevuta di persona e il termine per l'inoltro del rimedio di diritto inizia a decorrere dal momento in cui il cliente avrebbe ricevuto l'informazione dalla banca, se quest'ultima l'avesse comunicata senza ritardo (DTF 130 IV 43 consid. 1.3, 124 II 124 consid. 2d/aa; sentenza 1A.212/2003 del 30 agosto 2004, consid. I/7). 
Ora, dalla lettera della banca W.________ del 9 febbraio 2004 al legale della ricorrente, allegata al ricorso, risulta che la banca le ha comunicato la decisione di entrata in materia: la circostanza, addotta nel gravame, ch'ella non si sarebbe presentata presso l'istituto di credito, che non l'avrebbe avvisata telefonicamente, non è quindi decisiva. Come si è visto, tale comunicazione le è infatti, di massima, opponibile. 
2.2.3 In fine del gravame la ricorrente, senza tuttavia fornire indicazioni più precise, accenna al fatto che nell'ambito di una non meglio precisata rogatoria del 13 agosto 1997 nel contesto del medesimo procedimento, gli aventi diritto del conto litigioso avrebbero comunicato al MPC di eleggere domicilio presso lo studio legale del loro patrocinatore. Le contestate decisioni avrebbero pertanto dovuto essere notificate al loro legale. 
2.2.4 Tenuto conto del generico accenno formulato dalla ricorrente nell'impugnativa, delle numerose rogatorie e domande integrative inoltrate nel quadro della cosiddetta controversia civile E.________/ H.________ (al riguardo cfr. la sentenza iniziale 1A.115/1996 del 16 gennaio 1997), non si giustifica richiamare dal MPC i relativi incarti, come richiesto dalla ricorrente. In effetti, spetta di massima alla ricorrente addurre e indicare precisamente i mezzi di prova sui quali fonda le sue pretese e conclusioni: in assenza di indicazioni più precise da parte sua, non spetta manifestamente al Tribunale federale rimediare d'ufficio a queste carenze del ricorso e richiamare allo scopo di compulsare i numerosi e diversi incarti concernenti la predetta complessa controversia, per rintracciare, se del caso, l'eventuale asserita comunicazione di elezione di domicilio (cfr. DTF 123 II 161 consid. 1d/bb pag. 165, 126 II 258 consid. 9c in fine, 130 IV 43 consid. 1.4). Si può quindi ritenere che la ricorrente ha avuto conoscenza della decisione di entrata in materia. 
2.2.5 In via abbondanziale si può nondimeno rilevare che nella risposta al ricorso, il MPC si è limitato a sostenere che nella rogatoria del 19 settembre 2003 non figurano elementi che lasciassero supporre che i fatti indicati sarebbero già stati oggetto di una precedente domanda. La tesi, sbrigativa, è imprecisa e inesatta. Nella domanda si sottolinea espressamente, infatti, che il procedimento penale nei confronti di A.________ si inserisce nel quadro dei procedimenti, iniziati nel 1996, contro D.________, C.________ e B.________. 
Ora, dai documenti allegati al gravame, ma non illustrati nell'atto di ricorso, figura una lettera del 15 gennaio 1999 del MPC - inviata al patrocinatore della ricorrente - concernente proprio la relazione bancaria della ricorrente qui in discussione; ciò con riferimento a operazioni effettuate sul conto Q.________, appartenente all'indagato D.________, oggetto di numerose rogatorie sfociate in varie decisioni del Tribunale federale (cfr. ad esempio cause 1A.45/1997 del 24 marzo 1997 e 1A.227/1997 del 14 aprile 1998). Il 2 febbraio 1999, il MPC consegnava poi all'Ufficio federale di polizia un memoriale, firmato da un architetto, prodotto dalla ricorrente allo scopo di trasmetterlo all'Italia mediante esecuzione semplificata (art. 80c AIMP). Nello stesso si spiegavano i motivi delle transazioni sul conto dell'indagato. Nella citata corrispondenza il MPC si riservava nondimeno la facoltà di trasmettere anche i documenti bancari, qualora l'autorità richiedente avesse ritenuto insufficienti le informazioni contenute nel memoriale. La ricorrente non poteva pertanto escludere l'adozione di ulteriori misure d'assistenza concernenti il suo conto e doveva pertanto dimostrare una particolare diligenza, indicando anche alla banca questa circostanza. 
2.3 Decisiva comunque è la circostanza che la ricorrente ha potuto impugnare tempestivamente la decisione di chiusura. 
Certo, implicitamente, la ricorrente fa valere che, non avendo avuto conoscenza della decisione di entrata in materia, non avrebbe potuto esprimersi, anche perché non espressamente invitata, sulla cernita dei documenti prima che il MPC ne ordinasse la trasmissione all'Italia. Ora, ella non sostiene che la banca, la quale aveva il diritto di informarla dell'esistenza della domanda estera e di tutti i fatti ad essa connessi (art. 80n cpv. 1 AIMP), non le avrebbe comunicato, via "fermo banca", la decisione di entrata in materia e di sequestro, come risulta dalla citata lettera del 9 febbraio 2004. L'eventuale, mancato ritiro della stessa da parte della ricorrente, che, come si è detto, poteva aspettarsi l'adozione di una siffatta misura, non è imputabile al MPC. Si può quindi ritenere ch'ella ha avuto una conoscenza sufficiente di questa decisione (DTF 120 Ib 183 consid. 3a, 124 II 124 consid. 2d/aa-cc; Zimmermann, op. cit., n. 174) e poteva informarne tempestivamente il suo legale. 
D'altra parte, mal si comprendono i motivi per i quali la banca, dopo aver ricevuto l'ordine di sequestro, in considerazione dei rapporti contrattuali che la legano alla cliente e in particolare dell'obbligo di diligenza che scaturisce dai suoi doveri di mandataria, visto che poteva farlo e che non si trattava semplicemente dell'usuale deposito di estratti conti, ma di una misura di assistenza assai incisiva, non avrebbe informato immediatamente, in altro modo, la titolare della relazione posta sotto sequestro, affinché questa si potesse determinare tempestivamente sul da farsi (DTF 130 IV 43 consid. 1.3 pag. 46). Ciò a maggior ragione, visto che nella dottrina si rileva che "anche nel caso in cui il cliente abbia sottoscritto la convenzione "fermo banca", che legittima quest'ultima a non trasmettere corrispondenza al cliente, bensì a tenerla in deposito presso la banca stessa, le comunicazioni riguardanti una procedura rogatoriale non possono semplicemente essere depositate in banca: anche in questi casi, il cliente ha diritto di essere informato immediatamente da parte della banca, ossia telefonicamente o per il tramite di persone di fiducia o di riferimento da lui indicate, allo scopo di garantirgli la miglior salvaguardia possibile dei suoi diritti nell'ambito della procedura d'assistenza" (Bernasconi, op. cit., pag. 302; Zimmermann, op. cit., n. 174 pag. 187). 
3. 
3.1 Nella decisione impugnata il MPC, ritenendo implicitamente che la ricorrente aveva ricevuto la decisione di entrata in materia, ha rilevato ch'essa né ha formulato osservazioni né ha segnalato il proprio consenso a un'eventuale esecuzione semplificata della domanda, per cui, dopo un esame "prima facie" dei documenti bancari, ha emanato la contestata decisione finale. 
 
Questo modo di procedere non è corretto. Infatti, secondo la costante giurisprudenza, l'autorità di esecuzione, per garantire il diritto di essere sentito e il rispetto del principio della proporzionalità nonché per evitare eventuali ricorsi, in assenza di un eventuale consenso all'esecuzione semplificata (art. 80c AIMP), deve concedere agli aventi diritto la possibilità, concreta ed effettiva, di consultare la documentazione acquisita: essa deve quindi offrire agli interessati, affinché possano adempiere al loro dovere di cooperazione, un termine per addurre, riguardo a ogni singolo documento, gli argomenti che secondo loro si opporrebbero alla consegna, emanando in seguito una decisione di chiusura accuratamente motivata (DTF 130 II 14 consid. 4.3 in fine e 4.4, 126 II 258 consid. 9b/aa pag. 262; cfr. anche DTF 127 II 151 consid. 4c/aa; Zimmermann, op. cit., n. 479-1, 479-2). 
 
3.2 Ciò nonostante, viste le particolarità della fattispecie, questa omissione, che comporterebbe semmai l'annullabilità, ma non la nullità della decisione impugnata, non implica l'accoglimento del ricorso. Ineffetti, eccezionalmente, ritenuto che il conto della ricorrente era già stato oggetto di una precedente domanda di assistenza, ch'ella è stata informata da parte della banca di quella litigiosa ed era a conoscenza del contenuto dei documenti del suo conto, spettava a lei indicare, se del caso per iscritto e spontaneamente, quali documenti e per quali motivi non avrebbero dovuto essere trasmessi (sentenza 1A.16/2001 del 21 marzo 2001, consid. 4c), oppure inviare spontaneamente i suoi memoriali. 
 
Per di più, eccezionalmente la ricorrente avrebbe ancora potuto farlo con il ricorso di diritto amministrativo e sanare quindi l'invocato vizio: nel gravame essa non ha tuttavia addotto, come le incombeva (DTF 130 II 14 consid. 4.3 e rinvii), riguardo a ogni singolo documento, perché la loro trasmissione violerebbe il principio della proporzionalità (DTF 122 II 367 consid. 2d). In effetti, un'eventuale violazione del diritto di essere sentito, derivante per esempio dal mancato accesso agli atti o dalla mancata partecipazione alla procedura (art. 80b AIMP), può essere sanata, di massima, anche nell'ambito della procedura di ricorso (DTF 124 II 132 consid. 2d, 117 Ib 64 consid. 4 pag. 87; cfr. anche DTF 126 I 68 consid. 2 pag. 72; Zimmermann, op. cit., n. 265, 268 e 271). 
 
L'esito del gravame non muta, infine, nemmeno con riferimento al richiamo da parte della ricorrente della DTF 130 II 14. Ella disattende, infatti, che in quella causa il ricorso non era stato accolto per la mancata partecipazione dell'interessato alla cernita, quanto perché era stata ordinata soltanto la trasmissione di alcuni giustificativi delle operazioni effettuate, ma non dei documenti di apertura del conto, degli avvisi di versamento e di eventuali note interne della banca; ciò comportava pertanto un'esecuzione incompleta della domanda (consid. 4.1). 
 
4. 
4.1 Nel merito, la ricorrente adduce che, presa conoscenza della rogatoria, dopo l'emanazione della decisione di chiusura, ha inoltrato al MPC il memoriale del 5 febbraio 2004, una dichiarazione sottoscritta da lei medesima e da una terza persona che avrebbe partecipato ad alcune trattative e alla transazione finale di cui si dirà. Secondo la ricorrente, questa dichiarazione dimostrerebbe l'inutilità della contestata consegna dei documenti bancari. L'autorità estera ha chiesto di identificare il titolare e i beneficiari del conto presso la banca W.________ dal quale è stato disposto il bonifico di 793'650 dollari americani, accreditato il 14 maggio 1992 sul conto X.________ dell'indagato A.________. Dal menzionato memoriale risulterebbe la causale del versamento litigioso, ossia il pagamento di un prezioso dipinto che sarebbe stato acquistato da uno zio della ricorrente con la somma ricavata dalla vendita di azioni di una determinata società. L'importo sarebbe stato versato sul conto del citato inquisito, commercialista, come indicato dal mediatore, su ordine della venditrice del quadro. Sulla contabile bancaria relativa all'accredito figura la dicitura "vendita casa Londra", per casa dovendosi intendere, al dire della ricorrente, una casa d'aste di Londra, ritenuto che qualora si fosse trattato di un immobile sarebbe stato scritto "acquisto" e non vendita; il quadro si troverebbe ancora presso il suo acquirente, come risulterebbe dalla dichiarazione del 6 febbraio 2004, firmata dalla di lui moglie. Le informazioni riguardanti l'accredito sarebbero utili soltanto se esso fosse privo di causale o se provenisse da coaccusati. Visto che il versamento litigioso costituirebbe la controprestazione per la consegna di un prezioso dipinto, non sussisterebbe alcuna connessione con un illecito favore nei confronti dell'indagato: la transazione non costituirebbe quindi un indizio a favore della tesi accusatoria. 
4.2 La ricorrente fonda la sua argomentazione sulla sua estraneità ai reati indicati nella domanda, di cui contesta inoltre la sussistenza. L'argomento non è tuttavia decisivo, visto che la concessione dell'assistenza non presuppone affatto che l'interessato, nei cui confronti la domanda è rivolta, coincida con l'inquisito o l'accusato nella procedura aperta nello Stato richiedente. In effetti, l'assistenza dev'essere prestata anche per acclarare se il reato fondatamente sospettato sia effettivamente stato commesso e non soltanto per scoprirne l'autore o raccogliere prove a suo carico (DTF 118 Ib 547 consid. 3a pag. 552). L'eventuale qualità di persona, fisica o giuridica, non implicata nell'inchiesta all'estero non consente a priori di opporsi alle misure di assistenza, a maggior ragione dopo l'abrogazione dell'art. 10 cpv. 1 AIMP. Basta infatti che sussista una relazione diretta e oggettiva tra la persona o la società e il reato per il quale si indaga e ciò senza che siano necessarie un'implicazione nell'operazione criminosa e ancor meno una colpevolezza soggettiva ai sensi del diritto penale (DTF 120 Ib 251 consid. 5a e b, 118 Ib 547 consid. 3a in fine). Contrariamente all'assunto ricorsuale, la connessione tra il conto della ricorrente, dal quale è stato ordinato un bonifico sospetto sul conto di un indagato, e l'inchiesta estera è manifesta e la trasmissione dei documenti litigiosi, espressamente richiesta dall'autorità italiana, è idonea a far progredire le indagini (DTF 122 II 367 consid. 2). La contestata trasmissione è quindi giustificata, se del caso, anche allo scopo di permettere all'autorità estera di poter verificare l'asserita estraneità del citato importo e valutare se, sulla base di queste nuove risultanze, l'ipotesi accusatoria è o meno fondata: l'utilità potenziale di queste informazioni è quindi data (DTF 126 II 258 consid. 9c, 122 II 367 consid. 2c). 
Contrariamente all'implicito assunto ricorsuale, non spetta inoltre al giudice svizzero dell'assistenza esaminare il quesito della colpevolezza o procedere a una valutazione dei (contestati) mezzi di prova, della fondatezza della tesi accusatoria e dell'attendibilità delle dichiarazioni contenute nei citati memoriali (DTF 122 II 367 consid. 2c, 373 consid. 1c, 118 Ib 111 consid. 5b pag. 122 in alto, 547 consid. 3a, 107 Ib 264 consid. 3a) o, in generale, di altri mezzi di prova (DTF 117 Ib 64 consid. 5c pag. 88, 112 Ib 347 consid. 4). Trattandosi di una questione relativa alla valutazione delle prove, spetterà all'autorità italiana risolverla (DTF 121 II 241 consid. 2b pag. 244), atteso che non emergono elementi atti a far ritenere che la rogatoria sia addirittura abusiva (cfr. DTF 122 II 134 consid. 7b). Quella autorità, contrariamente all'autorità svizzera, dispone di tutte le risultanze processuali e potrà quindi valutare compiutamente se il bonifico litigioso sia o no collegato ai sospettati reati. 
La ricorrente misconosce inoltre che l'autorità estera non deve provare la commissione del reato prospettato, ma soltanto esporre in modo sufficiente le circostanze e gli indizi sui quali fonda i propri sospetti. Come già ritenuto, spetterà al giudice straniero del merito, e non a quello svizzero dell'assistenza, esaminare se l'accusa potrà esibire o no le prove dell'asserito reato (DTF 122 II 367 consid. 2c). 
4.3 Del resto, le spiegazioni addotte nel memoriale del 5 febbraio 2004 sono tutt'altro che chiare e possono dare adito a più interpretazioni; d'altra parte, la ricorrente non spiega perché suo zio avrebbe effettuato il pagamento litigioso non da un proprio conto, ma da quello della nipote. Spetta quindi all'autorità estera valutare siffatte dichiarazioni di parte. 
4.4 Infatti, la questione di sapere se le informazioni richieste nell'ambito di una domanda di assistenza siano necessarie o utili per il procedimento estero dev'essere lasciata, di massima, all'apprezzamento delle autorità richiedenti. Lo Stato richiesto non dispone infatti dei mezzi per pronunciarsi sull'opportunità di assumere determinate prove e non può sostituire il proprio potere di apprezzamento a quello dell'autorità estera che conduce le indagini: la richiesta di assunzione di prove può essere rifiutata solo se l'invocato principio, nella limitata misura in cui può esser applicato in procedure rette dalla CEAG (DTF 112 Ib 576 consid. 13d pag. 603, 113 Ib 157 consid. 5a pag. 165, 121 II 241 consid. 3c; Zimmermann, op. cit., n. 476), sia manifestamente disatteso (DTF 120 Ib 251 consid. 5c) o se la domanda appaia abusiva, le informazioni richieste essendo del tutto inidonee a far progredire le indagini (DTF 122 II 134 consid. 7b, 121 II 241 consid. 3a). Ciò, come si è visto, non si verifica in concreto. 
4.5 Inoltre, adducendo in maniera del tutto generica che l'autorità estera sarebbe interessata soltanto ai documenti relativi alla transazione litigiosa, la ricorrente si limita a sostenere che gli altri, al suo dire estranei all'oggetto dell'inchiesta, sarebbero irrilevanti. Ora, secondo la prassi quando le autorità estere chiedono informazioni su conti bancari nell'ambito di procedimenti per reati patrimoniali, esse necessitano di regola di tutti i documenti. Ciò perché debbono poter individuare il titolare giuridico ed economico del conto e sapere a quali persone o entità giuridiche sia pervenuto l'eventuale provento del reato (DTF 129 II 462 consid. 4.4 pag. 468, 124 II 180 consid. 3c inedito, 121 II 241 consid. 3b e c; cfr. anche DTF 130 II 14 consid. 4.1; Zimmermann, op. cit., n. 478-1). 
4.6 La ricorrente, accennando all'esecuzione delle numerose rogatorie precedentemente eseguite nel procedimento penale a carico di D.________, B.________ e C.________, rileva che il suo conto era già stato oggetto di una domanda di assistenza, per quanto riguarda versamenti effettuati da questo conto sulla relazione bancaria dell'indagato C.________: all'epoca sarebbe tuttavia stato trasmesso soltanto un memoriale contenente il riassunto della fattispecie. Ora, come ritenuto nella causa concernente l'indagato A.________ (causa 1A.23/ 2004 del 21 dicembre 2004), anche le nuove risultanze emerse in seguito alle conclusioni contenute in una sentenza del Tribunale di Milano, giustificano, oltre ai motivi appena esposti, di trasmettere i documenti bancari litigiosi. Del resto, la fattispecie oggetto della precedente rogatoria, diversa e non sottoposta al giudizio del Tribunale federale, esula manifestamente dall'oggetto del litigio; l'asserita contraddizione tra la decisione ora impugnata e i fatti concernenti la domanda precedente non deve pertanto essere esaminata oltre. 
Dalle suesposte considerazioni discende che la conclusione subordinata della ricorrente, di trasmettere all'autorità estera soltanto l'originale o un riassunto del memoriale del 5 febbraio 2004 e della dichiarazione del 6 febbraio 2004, privi dei nomi delle parti, dev'essere disattesa. Nulla impedisce tuttavia al MPC di procedere in tale senso o alla ricorrente di consegnarli direttamente alla Procura estera. 
5. 
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico della ricorrente. 
3. 
Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Ministero pubblico della Confederazione e all'Ufficio federale di giustizia, Divisione dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale (B 101 887/ 15). 
Losanna, 23 dicembre 2004 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: