Avis important:
Les versions anciennes du navigateur Netscape affichent cette page sans éléments graphiques. La page conserve cependant sa fonctionnalité. Si vous utilisez fréquemment cette page, nous vous recommandons l'installation d'un navigateur plus récent.
Retour à la page d'accueil Imprimer
Ecriture agrandie
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
1A.183/2003 /bom 
 
Sentenza del 24 febbraio 2004 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e presidente del Tribunale federale, 
Féraud, Eusebio, 
cancelliere Crameri. 
 
Parti 
X.________ SA, 
ricorrente, patrocinata dagli avv.ti Filippo Ferrari e 
Nadir Guglielmoni, studio legale Ferrari Partner, 
 
contro 
 
Direzione generale delle dogane, Monbijoustrasse 40, 3003 Berna. 
 
Oggetto 
assistenza giudiziaria internazionale in materia penale alla Germania, 
 
ricorso di diritto amministrativo contro la decisione 
dell'8 agosto 2003 della Direzione generale delle dogane. 
 
Fatti: 
A. 
Il Ministero pubblico di Augsburgo, in Germania, ha inoltrato numerose richieste di assistenza giudiziaria in materia penale all'Ufficio federale di giustizia (UFG) nell'ambito di indagini avviate per frode fiscale e violazione della legge sul commercio estero nei confronti di C.________, D.________, G.________, H.________ ed E.________. Gli inquisiti, con altre persone, avrebbero immesso sui mercati neri dell'Unione europea, dal 1994 ad oggi, notevoli quantitativi di sigarette, disattendendo l'embargo commerciale imposto all'epoca alla ex Jugoslavia. Le sigarette sarebbero state importate e depositate temporaneamente in Svizzera, per poi essere riassortite e, corredate con nuove fatture, spedite in Bulgaria, Macedonia o Slovenia, in parte anche attraverso i Paesi Bassi; la destinazione definitiva era il Montenegro, da dove venivano trasportate in Italia e in Germania. Le transazioni sarebbero state effettuate da una cinquantina di ditte create, tra l'altro, in Svizzera, Liechtenstein, Bulgaria e Montenegro, in parte menzionate dalle Autorità estere, allo scopo di occultare le operazioni. La falsificazione di documenti di spedizione, di trasporto e delle fatture induceva a credere che le sigarette fossero destinate al mercato bulgaro. In totale sarebbero state sottratte alla Comunità europea entrate fiscali per circa due miliardi di DM. 
 
In tale ambito, la Svizzera ha concesso l'assistenza giudiziaria a più riprese (cfr. segnatamente la causa 1A.247/2000, sentenza del 27 novembre 2000, concernente la richiesta iniziale del 18 settembre 1998). 
B. 
Il 12 gennaio 2001 il Ministero pubblico di Augsburgo ha presentato una richiesta complementare. Con scritto del 21 febbraio 2001 la Direzione generale delle dogane (DGD), cui era stata delegata l'esecuzione della domanda, ha chiesto all'autorità estera di completarla: quest'ultima vi ha dato seguito con lettera del 6 marzo 2001, richiamando i fatti esposti nella rogatoria iniziale. 
C. 
Con decisione di entrata in materia del 23 marzo 2001, la DGD ha ritenuto che si trattava di una truffa in materia fiscale e che si era in presenza di un'infrazione dei divieti secondo la legge federale sulle dogane; ha quindi ordinato alla Banca commerciale di Lugano di trasmettergli la documentazione concernente le società panamensi X.________ SA e Z.________, e la Y.________ SA di Nassau (Bahamas). La DGD ha poi offerto alla X.________ SA la possibilità di esprimersi sull'esecuzione semplificata della domanda estera: la società vi si è opposta. 
D. 
Mediante decisione dell'8 agosto 2003 la DGD ha ordinato la trasmissione, conformemente al verbale di sequestro del 16 settembre 2002, dei documenti bancari della citata società. 
E. 
La X.________ SA impugna questa decisione con un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiede, in via principale, di annullarla unitamente alla decisione di entrata in materia e di rinviare gli atti alla DGD per nuova decisione; in via subordinata, postula di rifiutare la consegna dei documenti sequestrati. 
 
L'UFG propone di respingere il ricorso in quanto ammissibile, la DGD di dichiararlo inammissibile. 
 
Diritto: 
1. 
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 129 II 453 consid. 2). 
1.2 L'assistenza giudiziaria tra la Germania e la Svizzera è retta dall'omonima Convenzione europea del 20 aprile 1959 (CEAG; RS 0.351.1) e dall'accordo complementare concluso il 13 novembre 1969 (RS 0.351.913.61). Il diritto interno, segnatamente la AIMP e la sua ordinanza di esecuzione del 24 febbraio 1982 (OAIMP; RS 351.11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione internazionale non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale (art. 1 cpv. 1 AIMP; DTF 129 II 462 consid. 1.1). 
1.3 La ricorrente rileva che nella decisione impugnata la DGD ha ritenuto A.________, avente diritto economico e intestatario del conto, quale suo rappresentante: sostiene che l'autorità federale avrebbe pertanto confuso la questione della legittimazione a ricorrere con quella della rappresentanza, negata al suo legale, incorrendo in tal modo in un formalismo eccessivo e in un diniego di giustizia materiale. Nella risposta al ricorso, la DGD precisa che il nome di B.________, azionista della ricorrente che ha conferito procura al legale, non figura nei documenti di apertura, per cui egli non è legittimato a ricorrere, contrariamente ad A.________, titolare del conto litigioso. 
1.3.1 Di massima, l'interessato è legittimato a far valere che l'autorità sarebbe incorsa in un diniego di giustizia (DTF 128 II 211 consid. 2.1, 124 II 180 consid. 1b) e il rifiuto di consultare l'incarto, pronunciato nei confronti del legale della ricorrente, può essere oggetto di un ricorso di diritto amministrativo (DTF 127 II 198 consid. 2b e c). 
1.3.2 Dall'incarto risulta che con lettere del 9 settembre e dell'11 ottobre 2002 l'avvocato Filippo Ferrari, richiamando un mandato di rappresentanza conferitogli il 6 settembre 2002 da B.________ per la ricorrente e la Y.________ SA (v. al riguardo causa 1A.179/2003, decisa con sentenza odierna), aveva chiesto alla DGD di poter ricevere copia degli atti rogatoriali. Il 10 settembre 2002 la Direzione di circondario delle dogane di Lugano lo informava che, non avendo ancora ricevuto la documentazione bancaria, non poteva decidere se il mandante era o no legittimato a partecipare alla procedura d'assistenza. Il 14 ottobre seguente la Direzione di circondario comunicava al legale che, secondo i documenti sequestrati, B.________ è il titolare del conto bancario della Y.________ SA, mentre non risultava alcuna relazione tra lui e la ricorrente; essa ha quindi trasmesso al patrocinatore unicamente la rogatoria concernente la Y.________ SA. Mediante scritto del 15 ottobre 2002 il legale ha precisato che B.________ era azionista di entrambe le società, aggiungendo che ciò era comunque irrilevante ai fini della legittimazione. Il 19 dicembre 2002 la DGD ha riconosciuto (confondendo tuttavia le due società) il legale soltanto quale patrocinatore della Y.________ SA, chiedendogli di comprovare i suoi diritti di rappresentanza riguardo alla ricorrente. L'8 gennaio 2003 il patrocinatore, rilevata l'avvenuta confusione tra le due società, ha chiesto una proroga per esprimersi su un'eventuale adesione alla procedura semplificata e per dimostrare i suoi poteri di rappresentanza. Il 10 giugno 2003 la DGD ha offerto ad A.________, con riferimento ai suoi poteri di rappresentanza, la possibilità di esprimersi sull'esecuzione semplificata e di consultare gli atti; di questa facoltà non è stato fatto uso. Con scritto del 12 giugno 2003 l'avvocato Ferrari, senza pronunciarsi sulla sua facoltà di rappresentanza, ha dichiarato che entrambe le società si opponevano all'esecuzione semplificata. La contestata decisione di chiusura, dell'8 agosto 2003, è stata notificata ad A.________. 
1.3.3 La ricorrente, tenuta ad addurre i fatti a sostegno della propria legittimazione (DTF 123 II 161 consid. 1d/bb pag. 165), non dimostra del tutto perché, contrariamente alla tesi della DGD, B.________ potrebbe conferire a terzi il potere di rappresentarla. In effetti, il legale della ricorrente, nella sua lettera del 15 ottobre 2002, si limitava ad addurre che B.________ è azionista della ricorrente; ciò non è manifestamente sufficiente per conferirgli, di per sé, un qualsiasi potere di rappresentanza, e tanto meno per delegarlo a terzi. L'8 gennaio 2003 il legale della ricorrente aveva chiesto una proroga per dimostrare i suoi poteri di rappresentanza, contestati dalla DGD: tuttavia, la prova non è stata prodotta. 
 
Anche con il ricorso in esame i legali della ricorrente si limitano a produrre copia del mandato di B.________ inoltrato alla DGD. Rilevano che la decisione impugnata sarebbe stata notificata irritualmente ad A.________, a loro dire ritenuto a torto rappresentante della ricorrente; aggiungono poi che la loro legittimazione a rappresentare la ricorrente si fonda sulla procura conferita loro dall'azionista B.________, rilevando che la circostanza ch'egli non sia il titolare del conto litigioso sarebbe irrilevante. Precisano inoltre che la tesi della DGD, secondo cui A.________ è il rappresentante legale della ricorrente, non sarebbe condivisibile, quest'ultimo avendo, se del caso, un diritto autonomo a ricorrere, e ad addurre ch'egli sarebbe un terzo estraneo alla procedura e comunque non legittimato a rappresentarla. Nell'ipotesi in cui si volesse ritenere, a torto, che A.________ possa rappresentare la ricorrente, hanno quindi inoltrato una procura (non datata) conferita loro dalla ricorrente ed A.________, sottoscritta da quest'ultimo. Ora, se secondo i legali, A.________, per motivi non meglio specificati, non sarebbe legittimato a rappresentare la ricorrente, nemmeno la procura da lui sottoscritta in loro favore avrebbe valore. La questione non dev'essere comunque esaminata oltre. 
1.3.4 Decisiva è infatti la circostanza che il legale dinanzi alla DGD, contrariamente a quanto annunciato, non ha dimostrato né reso verosimile che il mandato di patrocinio - contestato dall'autorità federale - emanava dagli organi competenti a rappresentare la ricorrente. La DGD poteva pertanto respingere, senza violare il diritto federale e senza abusare del suo potere di apprezzamento, la richiesta di consultare gli atti e di partecipare alla procedura formulata su mandato di un semplice azionista, non titolare del conto oggetto della criticata misura d'assistenza e non legittimato pertanto a rappresentare la ricorrente. Trattandosi di una società anonima, la giurisprudenza nega infatti la legittimazione a ricorrere al suo azionista anche se maggioritario o unico, circostanza peraltro non invocata da B.________. In effetti, chi - per evitare di apparire direttamente - utilizza determinate forme giuridiche (società anonima o rapporti fiduciari) di massima, deve accettarne le conseguenze (DTF 121 II 459 consid. 2c pag. 462, 114 Ib 156 consid. 2a). La medesima conclusione vale, in linea di principio, per chi si presenta come titolare di un conto bancario aperto sotto falso nome (DTF 129 II 268 consid. 2.3.3). 
1.3.5 Questa carenza di legittimazione implica che una persona, o il suo legale, non può pretendere di poter consultare i documenti di causa, come previsto dall'art. 80b AIMP, che regola la partecipazione al procedimento e l'esame degli atti, sostenendo semplicemente di rappresentare la società di cui è azionista. La qualità di parte nella procedura d'assistenza deve infatti allinearsi con il diritto di ricorrere previsto dall'art. 80h lett. b AIMP: ritenuto che tale diritto poteva essere negato dalla DGD all'azionista, rispettivamente a chi agiva sulla base di un mandato conferito da quest'ultimo, il criticato rifiuto non viola il diritto federale (DTF 127 II 104 consid. 4b). L'azionista non poteva quindi pretendere, invocando semplicemente tale qualità, di poter consultare l'incarto e di partecipare alla procedura quale rappresentante della ricorrente. Questa conclusione s'impone, a maggior ragione, se si considera che il quesito della rappresentanza era litigioso dal settembre 2002, che nel gennaio 2003 il legale chiedeva una proroga per fornirne la prova, che il 12 giugno 2003 si limitava ad opporsi alla procedura semplificata e che la decisione di chiusura è stata emanata nel mese di agosto successivo. Il legale disponeva quindi manifestamente di tutto il tempo necessario, tenuto conto anche dell'obbligo di celerità (art. 17a AIMP), per dimostrare il suo potere di rappresentanza e, in seguito, per consultare gli atti sequestrati, di cui la ricorrente conosceva il contenuto (cfr. DTF 126 II 258 consid. 9b/bb). 
1.3.6 Neppure il diritto di essere sentito e di consultare l'incarto (art. 29 cpv. 2 Cost.), invocato dalla ricorrente, garantisce, nell'ambito della procedura di riconoscimento della sua legittimazione, all'interessato, e a minor ragione all'azionista, la facoltà di esaminare egli stesso gli atti d'assistenza allo scopo di vagliare se sia toccato direttamente da tale procedura; questo esame compete alle autorità e ai tribunali (causa 1A.314/2000, sentenza del 5 marzo 2001, consid. 7; cfr., sulla qualità di parte nella procedura di assistenza in materia penale, DTF 127 II 104 consid. 3a-c). Ammettere, sulla base di un semplice mandato sottoscritto dall'azionista, senza alcuna conferma da parte degli organi societari competenti, che il mandatario rappresenterebbe la società interessata dalla misura di assistenza, comporterebbe infatti un'elusione delle norme concernenti la legittimazione ricorsuale (art. 80h AIMP; cfr. DTF 127 II 198 consid. 2d, 126 II 258 consid. 2d). 
1.3.7 La DGD non ha neppure leso l'art. 21 AIMP, cui accenna la ricorrente. La qualità di persona contro cui è diretto il procedimento all'estero (art. 21 cpv. 3 AIMP), implicitamente richiamata, non conferisce, di per sé, la facoltà di consultare gli atti di causa e di partecipare alla procedura. Questi diritti sono infatti riconosciuti all'accusato solo quando sia direttamente toccato dalla misura d'assistenza: l'invocata norma prevede, in effetti, le medesime condizioni dell'art. 80h lett. b AIMP, non adempiute nella fattispecie riguardo all'azionista (DTF 114 Ib 156 consid. 2a; v. 126 II 356 consid. 3b/aa-bb, 123 II 161 consid. 1d). 
1.3.8 Infine, anche secondo l'art. 29 cpv. 1 OG richiamato dalla ricorrente, peraltro non decisivo nella fattispecie, i difensori delle parti devono giustificare il loro mandato mediante procura scritta da unire agli atti. Ora, contrariamente a quanto preannunciato alla DGD, il legale non ha provveduto, nonostante la questione fosse litigiosa, a fornire all'autorità di esecuzione sia le indicazioni e la documentazione atte a identificare compiutamente la rappresentanza della persona giuridica indicata quale mandante, sia la prova che queste sono state rilasciate dagli organi abilitati a vincolarla (cfr. causa 1A.223/1992, sentenza del 29 marzo 1993, consid. 1c, apparsa in Rep 1993 142; cfr. anche l'art. 18 PC in relazione con l'art. 40 OG; Jean-François Poudret, Commentaire de la loi fédérale d'organisation judiciaire, vol. I, n. 2.2.1 seg. all'art. 29). Non v'è quindi nessuna violazione del diritto di essere sentito. 
2. 
2.1 Le censure ricorsuali sono comunque infondate anche nel merito. La ricorrente contesta che siano adempiuti i requisiti posti dalla giurisprudenza al reato di truffa in materia fiscale (al riguardo v. DTF 125 II 250), adducendo che l'esposto dei fatti sarebbe generico, vago e insufficiente. Fa valere che si sarebbe in presenza, come rilevato nella domanda estera, ove non si parla di "Steuerbetrug" ma di "Abgabehinterziehung" e di "Steuerhinterziehung", di una semplice sottrazione fiscale. 
2.2 Certo, il complemento rogatoriale del 12 gennaio 2001, richiamato dalla ricorrente, non costituisce un esposto dei fatti sufficiente. L'autorità estera richiama tuttavia il procedimento per traffico di sigarette aperto contro E.________; menzionata l'esistenza e l'oggetto della procedura elvetica, ricorda inoltre che numerose persone, che soggiornano in Svizzera, sono perseguite in Germania per fatti simili ed espone il suo interesse alla consultazione degli incarti elvetici. I reati perseguiti in Germania non sono descritti in maniera precisa. È nondimeno manifesto che il complemento s'innesta sulle precedenti rogatorie e, nella decisione impugnata e in quella di entrata in materia, la DGD sottolinea che la richiesta è presentata a complemento di altre domande già autorizzate. La DGD precisa, inoltre, che il Tribunale federale aveva già ritenuto ammissibile l'assistenza giudiziaria e stabilito che si è in presenza di una truffa in materia fiscale, indicando il riferimento della relativa sentenza (causa 1A.247/2000, sentenza del 27 novembre 2000). Dalla lettura di questo giudizio (che la ricorrente poteva consultare su Internet o richiederne una copia alla DGD), risulta chiaramente che la richiesta complementare era stata preceduta da altre domande debitamente motivate (cause 1A.203 e 207/2003, sentenze del l'11 novembre 2003, consid. 4). 
2.3 Ne discende che le critiche ricorsuali sull'asserita lacunosità del complemento rogatoriale non reggono, come pure quelle inerenti a una pretesa motivazione insufficiente dello stesso. La richiesta si riferisce infatti a traffici di sigarette le cui modalità sono esposte in modo dettagliato, conformemente alle esigenze dell'art. 14 CEAG. Il riassortimento delle merci, l'intervento di numerosi intermediari, l'utilizzazione di documenti falsi e di trasporti clandestini e rapidi via mare, avrebbero permesso di reintrodurre le sigarette sul mercato nero europeo e di migliorare la situazione economica nella Serbia-Montenegro, all'epoca soggetta a embargo. 
2.4 Per quanto attiene alla truffa in materia fiscale e al principio della doppia punibilità, queste questioni sono già state esaminate dal Tribunale federale nella sentenza del 27 novembre 2000, più volte richiamata dalla DGD nel corso della procedura. Il Tribunale federale ha considerato, in particolare, che l'intervento di numerose società di diversi paesi, gli spostamenti delle merci e l'utilizzazione di fatture e di documenti doganali falsi, suscitavano l'illusione di regolari trasporti destinati alla Bulgaria, nascondendo il loro ritorno in Europa. Questa sofisticata costruzione volta a ingannare, a più riprese, le autorità doganali degli Stati europei, era costitutiva di un inganno astuto (consid. 4c; vedi anche causa 1A.207/2003, sentenza dell'11 novembre 2003, consid. 3.3 e, sempre sui traffici di sigarette, cause 1A.3/2000, sentenza del 3 gennaio 2001, consid. 3 e 1A.201/1998, sentenza del 1° aprile 1999, consid. 2a). Nella citata sentenza è pure stato ritenuto, contrariamente all'assunto della ricorrente, che i trasporti di sigarette a destinazione del Montenegro erano costitutivi, nel diritto svizzero, di infrazione dei divieti (art. 76 della legge federale sulle dogane, del 1° ottobre 1925, LD, RS 631.0), tenuto conto delle disposizioni relative all'embargo contro la Jugoslavia (art. 4 dell'ordinanza del 3 ottobre 1994 che istituisce provvedimenti economici nei confronti della Jugoslavia e di altre regioni controllate dai Serbi [RU 1994 2194; 1995 5025; 1996 1021] e art. 3 dell'ordinanza del 3 giugno 1992 sui provvedimenti economici nei confronti della Jugoslavia [RU 1992 1203]), nonché dei rinvii di queste ordinanze alle sanzioni penali della LD. 
2.5 L'accenno della ricorrente alla circostanza che nella decisione impugnata la DGD non si è espressa sull'ipotesi di riciclaggio di denaro, ventilata dall'autorità richiedente, è ininfluente. L'assistenza dev'essere infatti concessa quando sia richiesta per la repressione di più reati e uno di essi sia punibile secondo il diritto svizzero (DTF 124 II 184 consid. 4b/cc e rinvii; causa 1A.207/2003, citata, consid. 2). 
2.6 La ricorrente contesta infine, in maniera generica, la competenza dell'autorità richiedente a reprimere i sospettati reati. Anche questa censura non regge, visto che la competenza dello Stato estero, ammessa nelle precedenti vertenze (causa 1A.207/2003, sentenza dell'11 novembre 2003, consid. 2), non fa manifestamente difetto (DTF 126 II 212). 
3. 
Ne segue che il ricorso dev'essere respinto. Le spese seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico della ricorrente. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori della ricorrente, alla Direzione generale delle dogane e all'Ufficio federale di giustizia, Divisione dell'assistenza giudiziaria internazionale in materia penale (B 112 469/01). 
Losanna, 24 febbraio 2004 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: