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Ecriture agrandie
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
2C_844/2008 
 
Sentenza del 15 maggio 2009 
II Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Müller, presidente, 
Zünd e Aubry Girardin, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
Cantone Ticino, 
ricorrente, rappresentato dal Consiglio di Stato, Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
 
contro 
 
A.________, 
opponente, patrocinata dall'avv. Filippo Gianoni, 
Commissione della concorrenza, Monbijoustrasse 43, 3003 Berna, 
 
Ufficio di sanità del Cantone Ticino, via Orico 5, 6501 Bellinzona. 
 
Oggetto 
autorizzazione al libero esercizio della professione 
di terapista complementare, 
 
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 10 ottobre 2008 dal Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
 
A. 
A.________, di formazione aiuto-medico, a partire dal 1985 ha conseguito vari diplomi presso istituti privati nei settori della Leibtherapie, della cromopuntura secondo il metodo di Peter Mandel, della medicina esogetica e della terapia sonora. Dal 1992 svolge un'attività professionale indipendente nel Cantone di Zugo quale terapista complementare nel campo della cromopuntura e della cromoterapia. 
 
B. 
Il 28 ottobre 2006, allegando i propri diplomi ed un'attestazione del medico cantonale di Zugo, A.________ ha chiesto all'Ufficio di sanità del Cantone Ticino di poter esercitare la propria attività anche in detto cantone. 
Con decisione del 16 maggio 2007 l'autorità adita ha respinto l'istanza, adducendo in sostanza che in Ticino, diversamente che a Zugo, l'autorizzazione quale terapista complementare presuppone il superamento di un esame cantonale. Di conseguenza l'istante non poteva rientrare in questa categoria, ma soltanto in quella dei guaritori. Su ricorso, il 23 aprile 2008 il Consiglio di Stato ha confermato tale pronuncia. 
Contro la decisione governativa l'interessata è allora insorta dinanzi al Tribunale cantonale amministrativo, presso la quale, con atto separato, si è aggravata pure la Commissione della concorrenza. Con sentenza del 10 ottobre 2008 la Corte cantonale ha accolto i ricorsi, accertando che le decisioni inferiori limitavano in modo inammissibile l'accesso al mercato e rinviando gli atti all'Ufficio di sanità affinché autorizzasse incondizionatamente l'istante all'esercizio della professione di terapista complementare nei settori della cromopuntura, della cromoterapia e della terapia sonora. 
 
C. 
Il 19 novembre 2008 il Cantone Ticino ha presentato un ricorso in materia di diritto pubblico dinanzi al Tribunale federale. In via principale, chiede che la sentenza del Tribunale amministrativo sia annullata e che A.________ sia ammessa ad esercitare la propria attività unicamente come guaritrice. In via subordinata, domanda che l'interessata sia autorizzata a praticare quale terapista complementare secondo la legislazione ticinese, ma sia astretta a superare entro due anni l'esame previsto da tale ordinamento. In via ancor più subordinata, postula che all'interessata sia semplicemente concesso il nulla osta ad esercitare anche in Ticino trattamenti non scientificamente riconosciuti ai sensi delle normative del Canton Zugo. 
 
D. 
A.________ chiede che, nella misura in cui risulti ammissibile, il ricorso venga respinto. La Commissione della concorrenza propone anch'essa la conferma della sentenza impugnata. L'Ufficio di sanità dichiara invece di condividere l'impugnativa, mentre il Tribunale cantonale amministrativo si riconferma nella motivazione e nelle conclusioni del proprio giudizio. 
 
E. 
Il 29 gennaio 2009 l'Ufficio di sanità ha risolto di ammettere provvisoriamente A.________ al libero esercizio nel Cantone quale terapista complementare nei settori della cromopuntura, della cromoterapia e della terapia sonora. L'autorizzazione è stata concessa fino alla sentenza del Tribunale federale. 
 
Diritto: 
 
1. 
Di carattere finale, la decisione contestata è stata pronunciata in una causa di diritto pubblico che non ricade sotto le eccezioni previste dall'art. 83 LTF ed emana da un'autorità di ultima istanza cantonale con natura di tribunale superiore. Di principio essa è quindi effettivamente impugnabile dinanzi al Tribunale federale mediante ricorso in materia di diritto pubblico ai sensi degli art. 82 segg. LTF. 
 
2. 
2.1 La legittimazione a ricorrere del Cantone Ticino non deriva manifestamente da alcuna delle clausole particolari dell'art. 89 cpv. 2 LTF, segnatamente da una disposizione legislativa specifica che gli conferisce tale diritto (art. 89 cpv. 2 lett. d LTF). La legge federale del 6 ottobre 1995 sul mercato interno (LMI; RS 943.02), di cui viene lamentata la violazione, attribuisce infatti tale prerogativa solo alla Commissione della concorrenza (art. 9 cpv. 2bis LMI). Del resto, il Cantone stesso si richiama soltanto ai presupposti generali dell'art. 89 cpv. 1 LTF. Secondo tale norma, ha diritto di interporre ricorso in materia di diritto pubblico chi ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore, è particolarmente toccato dalla decisione impugnata ed ha un interesse degno di protezione al suo annullamento. Questa regola si indirizza in primo luogo a persone private, ma anche una corporazione di diritto pubblico può fondarvisi quando impugna una sentenza che la colpisce come o analogamente ad un privato oppure quando è toccata in suoi interessi di pubblico imperio degni di protezione (DTF 135 I 43 consid. 1.3; 135 II 12 consid. 1.2.1; 134 II 45 consid. 2.2.1). 
 
2.2 In relazione ad un ricorso interposto da un cantone contro l'obbligo di autorizzare al libero esercizio della professione una psicoterapeuta proveniente da un altro cantone, il Tribunale federale ha recentemente statuito che una singola decisione di autorizzazione di per sé non tocca i cantoni in propri interessi degni di protezione. Tale decisione individuale assume però un'altra portata se è suscettibile di fungere da caso di riferimento e di condurre con tutta probabilità al rilascio di numerosi permessi analoghi. Laddove vi è il rischio di una simile evoluzione, un cantone è toccato in misura rilevante nelle proprie prerogative di potere pubblico se le autorizzazioni che deve concedere contraddicono la legislazione cantonale in vigore e se in gioco vi sono importanti interessi di polizia e di politica sanitaria. In tali casi i cantoni sono pertanto legittimati a ricorrere nella misura in cui si tratta di effettuare una valutazione generale del preteso diritto all'esercizio di un'attività in base alle norme sul mercato interno. La potestà ricorsuale va per contro negata nella misura in cui la vertenza riguarda aspetti puramente individuali del caso specifico (DTF 135 II 12 consid. 1.2.2). 
 
2.3 Entro questi limiti la legittimazione a ricorrere va riconosciuta anche al Canton Ticino nella controversia in esame, che è simile a quella testé menzionata. Come verrà esposto nel seguito, l'autorizzazione che secondo la sentenza impugnata il Cantone dovrebbe rilasciare risulterebbe infatti in contrasto con i requisiti e le categorie stabiliti dalla legge ticinese del 18 aprile 1989 sulla promozione della salute e il coordinamento sanitario (legge sanitaria, LSan; RL/TI 6.1.1.1). Le conseguenze che ne deriverebbero anche in probabili e numerosi casi analoghi potrebbero inoltre effettivamente porre difficoltà non trascurabili al ricorrente dal profilo della vigilanza sanitaria. Nella motivazione del proprio gravame il Cantone non si sofferma poi su questioni legate specificatamente alla situazione dell'opponente. In effetti, si limita in sostanza a contestare che persone provenienti da cantoni in cui la loro attività è semplicemente tollerata debbano essere ammesse a praticare quali terapisti complementari anziché quali guaritori e a sostenere che il diritto del cantone di origine determina semmai solo i requisiti a cui soggiace l'accesso al mercato e non anche la portata, la natura ed i limiti dell'attività svolta. Di per sé il ricorrente risulta quindi legittimato a sollevare tutte le censure proposte. Non lo è per contro in riferimento alle domande di giudizio, laddove queste presuppongono una valutazione puntuale del caso concreto, segnatamente della pratica professionale maturata dall'opponente nel proprio cantone di origine. 
 
3. 
3.1 Secondo l'art. 2 cpv. 4 LMI, chi esercita legittimamente un'attività lucrativa ha il diritto di stabilirsi in qualsiasi parte del territorio della Confederazione per svolgere tale attività e, fatto salvo l'art. 3, di esercitare la stessa secondo le prescrizioni del luogo del primo domicilio; ciò vale anche in caso di cessazione dell'attività nel luogo del primo domicilio; la vigilanza sul rispetto delle prescrizioni del primo domicilio incombe alle autorità del luogo di destinazione. Questa disposizione enuncia una delle modifiche più significative introdotte dalla revisione della legge sul mercato interno entrata in vigore il 1° luglio 2006, ovvero l'estensione al domicilio professionale del principio del libero accesso al mercato secondo le prescrizioni del luogo di origine. In precedenza, in base al testo originario della legge e all'interpretazione dedottane dalla giurisprudenza del Tribunale federale, la libertà di accesso al mercato era garantita a colui che a partire dalla sua sede voleva offrire merci o servizi in altri cantoni, ma non a colui che voleva stabilirsi in un altro cantone. Quest'ultimo era in effetti obbligato a conformarsi alle prescrizioni in vigore nel cantone di destinazione (DTF 135 II 12 consid. 2.1; 134 II 329 consid. 5.2; 125 I 276 consid. 4; Messaggio del 24 novembre 2004 concernente la modifica della LMI, FF 2005 409 segg., in part. 416 segg. e 425). 
 
3.2 Con il medesimo intento di facilitare la mobilità professionale, la revisione ha pure iscritto espressamente nella legge, all'art. 2 cpv. 5 LMI, una presunzione relativa di equivalenza delle prescrizioni cantonali e comunali di accesso al mercato ed ha inasprito le condizioni previste dall'art. 3 LMI per introdurre limitazioni al principio del libero accesso (DTF 135 II 12 consid. 2.1; 134 II 329 consid. 5.2; FF 2005 425 segg.). In virtù di quest'ultima disposizione, eventuali restrizioni sono ammissibili soltanto se si applicano nella stessa misura agli offerenti locali (art. 3 cpv. 1 lett. a LMI), se sono indispensabili per preservare interessi pubblici preponderanti (art. 3 cpv. 1 lett. b LMI) e se sono conformi al principio di proporzionalità (art. 3 cpv. 1 lett. c LMI). L'art. 3 cpv. 2 LMI elenca poi alcune condizioni che, se adempiute, portano a ritenere le restrizioni lesive del principio di proporzionalità. L'enumerazione non è esaustiva, ma solo esemplificativa (DTF 134 II 329 consid. 6.2.3). Non si tratta quindi di condizioni cumulative. 
 
3.3 In base a questo sistema legislativo, di fronte ad una domanda di ammissione all'esercizio di un'attività da parte di una persona già autorizzata a svolgere la stessa in un altro cantone, occorre in primo luogo confrontare le rispettive regole di accesso al mercato. La presunzione di equivalenza dell'art. 2 cpv. 5 LMI perderebbe infatti di senso se l'abilitazione ottenuta nel cantone di origine venisse nuovamente verificata su basi individuali dal cantone di destinazione, come se si trattasse di una nuova procedura di autorizzazione (DTF 135 II 12 consid. 2.4). Qualora l'esame delle normative previste dai due cantoni non conduca a smentire la presunzione di equivalenza, non v'è spazio per l'applicazione dell'art. 3 LMI. In queste circostanze qualsiasi limitazione ulteriore dell'accesso al mercato risulta infatti a priori contraria all'art. 3 cpv. 2 lett. a LMI, secondo cui il principio di proporzionalità è violato se le prescrizioni del luogo d'origine garantiscono già una protezione sufficiente degli interessi pubblici preponderanti (DTF 135 II 12 consid. 2.4). Se per contro i presupposti legali per l'accesso al mercato nei due cantoni non si avverano equivalenti, in una seconda fase si deve verificare se le restrizioni previste dal cantone di destinazione rispettano i requisiti dell'art. 3 LMI
 
4. 
4.1 Nella sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo ticinese ha correttamente applicato questo metodo. In effetti, annoverate la cromopuntura e la cromoterapia tra i trattamenti di terapia complementare, ha dapprima comparato le norme che nel Canton Zugo e nel Canton Ticino disciplinano l'esercizio di un'attività professionale in tale settore. Giunto alla conclusione che le norme ticinesi sono più severe di quelle previste nel Cantone di Zugo, ha quindi valutato se l'accesso della qui opponente al mercato ticinese della terapia complementare potesse venir limitato attraverso oneri o condizioni conformi alle esigenze dell'art. 3 LMI. Considerato che l'interessata svolgeva a Zugo l'attività di cromoterapista da 15 anni e che aveva sempre agito in maniera professionalmente corretta e senza aver mai dato adito a lagnanze, ha tuttavia ritenuto che qualsiasi restrizione sarebbe risultata sproporzionata. Secondo i giudici ticinesi, la pratica acquisita dall'offerente nel luogo d'origine consentiva infatti di garantire una protezione sufficiente degli interessi pubblici preponderanti, ai sensi dell'art. 3 cpv. 2 lett. d LMI. 
 
4.2 Le condizioni di ammissione all'esercizio di un'attività professionale nell'ambito delle terapie complementari a Zugo ed in Ticino presentano effettivamente differenze rilevanti. 
4.2.1 A Zugo dette terapie rientrano nel campo dei trattamenti scientificamente non riconosciuti ("wissenschaftlich nicht anerkannte Behandlungen"), giusta i § 26 e segg. della Verordnung I zum Gesundheitsgesetz, del 22 dicembre 1981 (V-I GesG; BGS/ZG 821.11). Secondo il § 26 cpv. 1 V-I GesG, le persone che intendono operare in tale settore devono sottoporre al Dipartimento della sanità una descrizione dettagliata dell'attività svolta sin lì e di quella prevista (lett. a) nonché l'attestazione dei corsi frequentati e delle conoscenze acquisite da autodidatta (lett. b). Sono inoltre tenute a fornire all'autorità ulteriori informazioni o documenti richiesti (§ 26 cpv. 2 e 3 V-I GesG) e soggiacciono ai doveri professionali previsti dai § 27 e 27bis V-I GesG. 
4.2.2 La legislazione ticinese prevede per contro due categorie di operatori nel campo delle terapie complementari: i terapisti complementari (art. 63-63c LSan) ed i guaritori (art. 63d LSan). I primi devono ottenere un'autorizzazione cantonale d'esercizio, la quale presuppone in special modo il superamento di un esame volto a verificare le conoscenze del candidato in merito ai fondamenti del suo agire, con particolare attenzione alla sicurezza dell'intervento sul paziente e al riconoscimento dei propri limiti di competenza (art. 63 cpv. 2 e 63a cpv. 1 LSan; cfr. pure il regolamento del 17 febbraio 2004 concernente l'esame per l'ottenimento dell'autorizzazione d'esercizio quale terapista complementare [RL/TI 6.1.4.11]). Ottenuta l'autorizzazione, essi devono poi attenersi ai limiti di competenza indicati dagli art. 63b e 63c LSan. I guaritori sono invece persone che, senza disporre di alcuna autorizzazione d'esercizio, distribuiscono e/o attuano, occasionalmente o con regolarità, prestazioni di tipo sanitario o terapie a pazienti che lo richiedono (art. 63d cpv. 1 LSan). Essi devono rispettare gli obblighi elencati all'art. 63d cpv. 2 LSan ed in particolare possono essere remunerati unicamente con contributi volontari (art. 63d cpv. 2 lett. f LSan). 
4.2.3 Dalle suddette norme si evince quindi che nel Cantone di Zugo chi svolge un'attività nel campo delle terapie complementari soggiace ad un semplice obbligo di notifica preliminare e può dispensare prestazioni per le quali può esigere una remunerazione (cfr. il § 27 lett. d V-I GesG). In Ticino, l'esercizio di un'attività a pagamento è invece subordinata all'ottenimento di un'autorizzazione e al superamento del relativo esame di terapista complementare. Mediante semplice notifica al Dipartimento (cfr. art. 63d cpv. 2 lett. b LSan), può per contro venir praticata soltanto un'attività remunerata su base volontaria, ciò che, come rilevato dall'opponente, limita tra l'altro anche le possibilità dei pazienti di ottenere un rimborso da parte di eventuali assicurazioni malattia complementari. 
 
4.3 Secondo la regola stabilita dall'art. 2 cpv. 4 LMI, una persona che, come l'opponente, svolge nel Cantone di Zugo un'attività nel settore delle terapie complementari può normalmente pretendere di esercitare la medesima attività secondo le prescrizioni di detto cantone anche qualora si trasferisce in Ticino. Essa deve quindi di principio poter operare anche in questo secondo cantone senza essere obbligata ad ottenere l'autorizzazione cantonale e dover sostenere il relativo esame, ma esigendo comunque una retribuzione per le prestazioni erogate. Considerato che le condizioni legali per l'esercizio dell'attività nei due cantoni non si equivalgono, un'eccezione a questo principio e quindi una restrizione al libero accesso al mercato ticinese è comunque di per sé possibile. Tale eccezione deve però rispondere ai requisiti dell'art. 3 LMI. Più concretamente, il Canton Ticino può imporre l'obbligo dell'esame cantonale quale condizione per esercitare un'attività remunerata ai terapisti complementari già attivi a Zugo soltanto se tale obbligo appare indispensabile per preservare interessi pubblici preponderanti e se risulta conforme al principio di proporzionalità (art. 3 cpv. 1 lett. b e c LMI). Ciò non è in particolare il caso se le prescrizioni del Canton Zugo oppure la pratica acquisita dal singolo offerente in detto cantone garantiscono già una protezione sufficiente degli interessi pubblici preponderanti (art. 3 cpv. 2 lett. a e d LMI). 
 
4.4 Nell'applicazione della legge sul mercato interno occorre pertanto procedere in maniera assai diversa da quanto preteso dal Consiglio di Stato ticinese. In effetti le figure professionali previste dagli altri cantoni, che definiscono autonomamente le condizioni d'accesso all'attività ed i limiti di competenza, non vanno classificate secondo le categorie previste dalla legislazione ticinese, se queste prevedono condizioni d'esercizio differenti. Salvo eccezioni fondate sull'art. 3 LMI, le persone interessate devono semplicemente poter svolgere in Ticino né più né meno di quanto già erano abilitate a praticare nel cantone del loro primo domicilio. I professionisti che operano trattamenti scientificamente non riconosciuti ai sensi del § 26 V-I GesG/ZG non devono quindi per forza di cose soggiacere in Ticino alle regole sui terapisti complementari secondo gli art. 63 segg. LSan oppure a quelle sui guaritori giusta l'art. 63d LSan. In particolare essi non possono rientrare in quest'ultima categoria, come invece pretende il ricorrente, già perché i guaritori non hanno il diritto di richiedere compensi. D'altra parte, agli operatori nel campo della medicina complementare già attivi a Zugo non vanno nemmeno riconosciute le competenze previste dagli art. 63b e 63c LSan, che l'insorgente ritiene più estese di quelle ammesse nel cantone d'origine. Sempre con riserva di eventuali restrizioni rispettose dell'art. 3 LMI, decisive per definire gli obblighi professionali e la portata dell'attività di tali operatori sono infatti le pertinenti disposizioni della legislazione sanitaria del Cantone di Zugo. Lo si evince già dal tenore dell'art. 2 cpv. 4 LMI, che non garantisce soltanto il diritto di stabilirsi in qualsiasi parte della Confederazione per l'esercizio di un'attività, ma anche il diritto di esercitare la stessa secondo le prescrizioni del luogo del primo domicilio. Non è del resto dato di vedere come il principio del libero accesso al mercato secondo le regole del cantone d'origine possa essere concepito in modo astratto, disgiunto dalle relative condizioni d'esercizio. 
 
4.5 Certo, questo sistema può porre determinate difficoltà alle autorità nell'esercizio dei loro compiti di vigilanza sanitaria e suscitare altresì qualche rischio di confusione nei pazienti. Per ogni operatore nel campo delle terapie complementari occorre infatti verificare se soggiace esclusivamente all'ordinamento del cantone in cui esercita la propria attività oppure se e in che misura gli è applicabile il regime previsto dal cantone del primo domicilio. Ogni cantone è quindi chiamato a vigilare sul rispetto non solo delle proprie leggi, ma anche di quelle di tutti gli altri cantoni (cfr. art. 2 cpv. 4 ultima frase LMI). Inoltre è vero che, come mostra anche il caso in esame, la legge sul mercato interno potrebbe comportare un allentamento dei requisiti necessari per esercitare talune professioni, imponendo o comunque favorendo un allineamento alle condizioni richieste dai cantoni meno rigorosi (cfr. BU 2005 CN 874 [intervento Nordmann]). Questi effetti sono tuttavia inevitabilmente conseguenti all'espressa volontà del legislatore di favorire l'accesso libero e non discriminato al mercato su tutto il territorio della Confederazione (art. 1 cpv. 1 LMI), tenendo conto delle esigenze poste dai singoli cantoni soltanto entro i limiti dell'art. 3 LMI ed impedendo così restrizioni che costituiscono barriere dissimulate all'accesso al mercato, volte a favorire interessi economici locali (art. 3 cpv. 3 LMI). 
 
4.6 Al di là di queste considerazioni, non deve né può essere esaminato in maniera più concreta se il Cantone Ticino abbia la facoltà di imporre ai terapisti complementari già domiciliati a Zugo, o perlomeno a taluni di essi, l'obbligo di sostenere l'esame cantonale oppure l'obbligo di praticare la loro attività percependo soltanto contributi volontari. Tale questione potrebbe porsi in termini generali unicamente se la Corte cantonale avesse imposto di autorizzare incondizionatamente l'opponente all'esercizio della propria professione sulla base dell'art. 3 cpv. 2 lett. a LMI. In tal caso occorrerebbe infatti chiedersi se le prescrizioni del Cantone di Zugo, che comunque sottopongono l'attività di terapista alla vigilanza del Dipartimento della sanità e prevedono una serie di obblighi e di divieti, garantiscono già in quanto tali una protezione sufficiente degli interessi pubblici, come sostenuto in particolare dalla Commissione della concorrenza. L'esame di questo aspetto esula tuttavia dal contesto della presente procedura poiché l'autorità precedente ha giudicato inammissibile qualsiasi restrizione non in virtù dell'ordinamento legislativo del Canton Zugo, bensì in ragione della pratica professionale acquisita dall'opponente nel proprio cantone d'origine (art. 3 cpv. 2 lett. d LMI). La verifica della decisione impugnata sotto quest'ultimo profilo è però preclusa in quanto riguarderebbe forzatamente anche circostanze attinenti alla situazione personale dell'opponente, che il ricorrente non è legittimato a contestare e su cui non si è d'altronde espresso (cfr. consid. 2). 
 
5. 
Ne discende che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, deve essere respinto. 
Malgrado la soccombenza, al Cantone Ticino non vanno addossate spese giudiziarie poiché si è rivolto al Tribunale federale nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali e senza avere alcun interesse pecuniario (art. 66 cpv. 4 LTF). Esso va comunque astretto a versare un'indennità per ripetibili alla controparte privata, patrocinata da un avvocato (art. 68 cpv. 1 e 2 LTF). Non si assegnano per contro ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
 
2. 
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
3. 
Lo Stato del Cantone Ticino rifonderà all'opponente un'indennità di fr. 2'500.-- a titolo di ripetibili della sede federale. 
 
4. 
Comunicazione al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, al patrocinatore dell'opponente, alla Commissione della concorrenza, all'Ufficio di sanità e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino. 
 
Losanna, 15 maggio 2009 
 
In nome della II Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: 
 
Müller Bianchi