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Ecriture agrandie
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
                 
 
 
6B_638/2018, 6B_677/2018  
 
 
Sentenza del 10 dicembre 2018  
 
Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Denys, Presidente, 
Eusebio, Jacquemoud-Rossari, 
Cancelliere Gadoni. 
 
Partecipanti al procedimento 
6B_638/2018 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. A.________, 
patrocinato dall'avv. Luigi Mattei, 
2. B.________, 
3. C.________, 
patrocinato dall'avv. Sebastiano Pellegrini, 
4. Comunione ereditaria fu D.D.________, composta da E.D.________, F.D.________, G.D.________ e H.D.________, patrocinati dall'avv. Sandra Xavier, 
 
 
6B_677/2018 
Comunione ereditaria fu D.D.________, composta da E.D.________, F.D.________, G.D.________ e H.D.________, 
patrocinati dall'avv. Sandra Xavier, 
ricorrenti, 
 
contro 
 
1. Ministero pubblico del Cantone Ticino, 
2. A.________, 
patrocinato dall'avv. Luigi Mattei, 
3. B.________, 
4. C.________, 
patrocinato dall'avv. Sebastiano Pellegrini. 
 
Oggetto 
Omicidio colposo (proscioglimento), arbitrio, 
 
ricorsi in materia penale contro la sentenza emanata il 25 maggio 2018 dalla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (17.2017.261-264, 17.2017.276+293). 
 
 
Fatti:  
 
A.   
La nuova linea ferroviaria transalpina (NFTA) prevede, per la completazione dell'asse del San Gottardo, la costruzione della galleria di base del Monte Ceneri, lunga 15,4 km tra i portali di Camorino e di Vezia. 
Nell'ambito dei lavori di scavo per la realizzazione dell'opera, il 22 settembre 2010, alle ore 02.15, presso il cantiere di Sigirino, durante una fase di perforazione della roccia, l'operaio minatore D.D.________ è rimasto schiacciato da un masso dal peso di circa 400 kg, staccatosi da un'altezza di 7 m dalla volta della galleria. A seguito delle gravi ferite riportate, la vittima è deceduta lo stesso giorno presso l'ospedale regionale di Lugano. 
 
B.   
In relazione a questo evento, dopo una serie di atti che non occorre qui evocare, con atto di accusa del 26 aprile 2016 il Procuratore generale del Cantone Ticino ha promosso l'accusa dinanzi alla Corte delle assise correzionali di Lugano nei confronti di A.________, capo-sciolta della squadra di cui faceva parte la vittima, di C.________, ingegnere responsabile della sicurezza sul cantiere, e di B.________, minatore macchinista, per i titoli di omicidio colposo, subordinatamente di violazione colposa delle regole dell'arte edilizia. 
 
C.   
Con sentenza del 7 settembre 2017 la Corte delle assise correzionali di Lugano ha dichiarato C.________ e A.________ autori colpevoli di omicidio colposo per avere, a Sigirino, il 22 settembre 2010, nella veste di ingegnere responsabile della sicurezza sul cantiere, rispettivamente di capo-sciolta responsabile della squadra di cui faceva parte la vittima e per il rispetto delle misure di sicurezza durante i lavori di scavo, omesso negligentemente i propri doveri concorrendo a cagionare la morte di D.D.________. La stessa Corte ha per contro prosciolto B.________. 
 
D.   
Contro il giudizio di primo grado, sia gli imputati condannati sia il Procuratore generale sia gli accusatori privati componenti la Comunione ereditaria fu D.D.________ hanno adito la Corte di appello e di revisione penale (CARP). Con sentenza del 25 maggio 2018 la Corte cantonale ha accolto gli appelli degli imputati e li ha prosciolti dall'accusa di omicidio colposo. Ha per contro respinto l'appello del Procuratore generale e quello degli accusatori privati, confermando il proscioglimento di B.________. Ha inoltre respinto le pretese di risarcimento del danno degli accusatori privati. 
 
E.   
Il Procuratore generale (causa 6B_638/2018) e i membri della Comunione ereditaria fu D.D.________ (causa 6B_677/2018) impugnano questa sentenza con ricorsi in materia penale al Tribunale federale. I ricorrenti chiedono di annullarla e di rinviare gli atti alla Corte cantonale per un nuovo giudizio. Il Procuratore generale fa valere la violazione degli art. 10, 189 e 389 CPP e del divieto dell'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove. Gli accusatori privati, che postulano altresì di essere ammessi al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio, lamentano la violazione degli art. 10, 182, 189, 389 CPP e dell'art. 117 CP, nonché l'accertamento arbitrario dei fatti e la valutazione arbitraria delle prove. 
Non sono state chieste osservazioni ai ricorsi, ma è stato richiamato l'incarto cantonale. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Le due impugnative sono dirette contro la stessa sentenza e riguardano la medesima fattispecie. Le censure sollevate sono sostanzialmente analoghe. Si giustifica quindi di trattare i ricorsi congiuntamente, in un unico giudizio (art. 71 LTF in relazione con l'art. 24 cpv. 2 PC).  
 
1.2. La decisione impugnata, di carattere finale (art. 90 LTF), è stata pronunciata in una causa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF), da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80 cpv. 1 LTF). La legittimazione del Procuratore generale è data giusta l'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 3 LTF; quella degli accusatori privati, che si sono visti respingere le loro pretese di risarcimento del danno, deve essere riconosciuta in base all'art. 81 cpv. 1 lett. b n. 5 LTF. I ricorsi sono tempestivi (art. 100 cpv. 1 LTF) e sotto i citati aspetti ammissibili.  
 
2.  
 
2.1. Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove il ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. e del diritto federale. Trattandosi di garanzie di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina le relative censure soltanto se sono motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 143 IV 500 consid. 1.1; 142 III 364 consid. 2.4). In questa ottica, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 143 IV 122 consid. 3.3; 142 III 364 consid. 2.4).  
 
2.2. Nella misura in cui gli accusatori privati rimproverano genericamente alla Corte cantonale una valutazione erronea della fattispecie per essersi scostata dalle conclusioni della perizia giudiziaria, il gravame non adempie le citate esigenze di motivazione e si appalesa pertanto inammissibile. I ricorrenti non si confrontano infatti puntualmente con i considerandi del giudizio impugnato, in cui i giudici cantonali hanno spiegato in modo preciso ed articolato per quali ragioni, alla luce dei pochi accertamenti disponibili, le conclusioni peritali non potevano essere seguite, trattandosi per lo più di semplici deduzioni e di pareri personali del perito non basati su accertamenti oggettivi e pertanto privi di valenza probatoria (cfr. sentenza impugnata, pag. 22-33). Limitandosi a criticare il fatto che la Corte cantonale si sia distanziata dall'opinione del perito, i ricorrenti non dimostrano la manifesta insostenibilità delle valutazioni eseguite dai precedenti giudici e non sostanziano quindi arbitrio alcuno.  
 
3.  
 
3.1. In entrambi i ricorsi è fatta valere la violazione degli art. 10, 189 e 389 CPP. Nel loro gravame gli accusatori privati lamentano pure la lesione dell'art. 182 CPP. Rimproverano alla Corte cantonale di essersi scostata dalle conclusioni della perizia giudiziaria (del 20 dicembre 2012) senza prima interrogare il perito, confrontarlo con le obiezioni sollevate, chiedergli chiarimenti e se del caso sostituirlo con un altro perito. I ricorrenti evidenziano che la necessità di una perizia giudiziaria era stata rilevata dalla Corte dei reclami penali, che aveva annullato un precedente decreto di abbandono del Ministero pubblico. Osservano altresì che le parti non hanno poi chiesto complementi o delucidazioni della perizia, né hanno postulato a tale scopo la citazione del perito nel corso del procedimento penale. Ritengono quindi che il referto peritale non sarebbe stato da loro formalmente contestato, sicché la Corte cantonale non avrebbe potuto scostarvisi senza una valida motivazione, sostituendosi all'esperto. Secondo i ricorrenti, in considerazione della necessità di fare capo a conoscenze tecniche specifiche, nella misura in cui non ha ritenuto possibile sanare i difetti della perizia mediante un complemento o una delucidazione della stessa, la CARP avrebbe dovuto incaricare un nuovo perito.  
 
3.2. L'art. 182 CPP prevede che il pubblico ministero e il giudice fanno capo a uno o più periti quando non dispongono delle conoscenze e capacità speciali necessarie per accertare o giudicare un fatto. Alla stregua degli altri mezzi di prova, il giudice valuta di principio liberamente la perizia. La questione di sapere se il tribunale ha ritenuto convincenti o meno le spiegazioni contenute nella perizia e se ha di conseguenza seguito a ragione le conclusioni dell'esperto concerne la valutazione delle prove. L'apprezzamento delle prove e la risoluzione dei quesiti giuridici che si pongono compete al giudice. Questi deve esaminare se sulla base degli ulteriori mezzi di prova e delle allegazioni delle parti sussistano serie obiezioni contro il carattere concludente delle esposizioni peritali. Secondo il principio della libera valutazione delle prove, le autorità penali non sono legate a regole probatorie, ma decidono secondo il proprio convincimento, sulla base di un esame scrupoloso, se ritengono dimostrato o meno un determinato elemento di fatto (cfr. art. 10 cpv. 2 CPP). Il giudice non è quindi vincolato alle conclusioni del perito, dovendo, come visto, esaminarne la concludenza alla luce delle altre prove e delle obiezioni delle parti. Cionondimeno, in questioni di natura tecnica il giudice non può semplicemente sostituire il suo apprezzamento a quello del perito, ma può scostarsi dall'avviso dell'esperto soltanto in presenza di valide ragioni e deve motivare la sua decisione (DTF 141 IV 369 consid. 6.1). In altri termini, il giudice che non segue le conclusioni del perito non viola il divieto dell'arbitrio quando fondate circostanze rilevanti o indizi ne mettano seriamente in discussione la credibilità (DTF 141 IV 369 consid. 6.1; 129 I 49 consid. 4; sentenza 6B_275/2011 del 7 giugno 2011 consid. 3.3.2). È segnatamente questo il caso quando la perizia contiene delle contraddizioni o il suo autore si scosta dalla stessa su punti importanti nell'ambito di un'audizione successiva, oppure quando il referto peritale si fonda su determinati atti e deposizioni testimoniali di cui il giudice valuta diversamente il valore probatorio o la portata (DTF 101 IV 129 consid. 3a; sentenza 6B_275/2011, citata, consid. 3.3.2). Se per contro le conclusioni di una perizia giudiziaria appaiono dubbie su aspetti essenziali, il giudice deve assumere prove complementari per tentare di dissipare i suoi dubbi (cfr. art. 189 lett. c CPP). In caso contrario, il fatto di fondarsi su una perizia non concludente, rispettivamente di rinunciare a compiere accertamenti probatori complementari, può costituire un apprezzamento arbitrario delle prove e violare quindi l'art. 9 Cost. (DTF 141 IV 369 consid. 6.1; 138 III 193 consid. 4.3.1). La necessità di una nuova perizia dipende quindi dalla valutazione di quella versata agli atti e degli ulteriori mezzi di prova (sentenza 6B_275/2011, citata, consid. 3.3.2).  
 
3.3. La Corte cantonale ha rilevato che gli accertamenti sulla dinamica esatta dell'incidente sono stati ampiamente lacunosi: i lavori di scavo sono infatti stati bloccati solo per permettere alla polizia di eseguire un sopralluogo, effettuato il 22 settembre 2010 alle ore 16.00, e sono in seguito subito ripresi. Ha quindi accertato che sono stati versati agli atti soltanto le fotografie del luogo dell'incidente, scattate il giorno stesso, mentre non sono disponibili né rilevamenti tecnici né misurazioni. La precedente istanza ha in particolare constatato la mancanza di dati sullo stato del macchinario di perforazione Jumbo, sulla visuale dalla cabina dell'automezzo, sull'esatta posizione dei bracci della macchina al momento della caduta del masso. Ha altresì rilevato che la scatola nera del Jumbo non è stata oggetto di verifiche, né sono stati accertati il tipo di roccia in questione, le modalità della rimozione del materiale instabile dopo l'avvenuto brillamento e lo spessore del calcestruzzo spruzzato sulla parte di galleria da cui si è staccato il masso. La CARP ha inoltre lamentato l'assenza di accertamenti sulla posizione precisa della vittima al momento dell'infortunio, sul punto del distacco del blocco di roccia e sull'esatta posizione del foro di perforazione. Ha di conseguenza rilevato che, in tali circostanze, la concludenza della perizia giudiziaria risultava forzatamente limitata.  
 
3.3.1. La Corte cantonale ha perciò constatato che, sulla base degli atti disponibili, non era possibile accertare alcunché riguardo alle cause e alla dinamica del distacco della lastra di granito. In particolare, non sussistevano elementi o indizi sufficienti per potere valutare l'eventuale esistenza di errori nello svolgimento delle operazioni di perforazione delle pareti della galleria e di manchevolezze nel getto del calcestruzzo spruzzato, che avrebbe provvisoriamente dovuto evitare il distacco della roccia e di cui non era stato misurato lo spessore. I precedenti giudici hanno rilevato che il perito giudiziario stesso, sminuendo una sua iniziale convinzione, aveva ritenuto soltanto  "presumibilmente" che lo stacco sarebbe stato originato da un'errata manipolazione del braccio di perforazione del macchinario. Egli aveva del resto esplicitamente lamentato l'assenza di indicazioni concernenti  "l'esatta posizione del foro di perforazione o dei bracci perforanti del Jumbo al momento dell'incidente", oltre all'assenza di dati sullo stato di esercizio del macchinario prima e dopo l'infortunio, ciò che non poteva più essere ricostruito a posteriori.  
La CARP ha rilevato come la tesi del perito, secondo cui l'asta di perforazione del Jumbo si sarebbe incastrata nella roccia e durante le operazioni per tentare di liberarla, invece di tagliarla, sarebbe stato azionato il braccio meccanico della macchina nel tentativo di strapparla, parte dalla constatazione che l'asta era storta e non allineata con l'unità di avanzamento. La Corte cantonale ha tuttavia rilevato che tale constatazione non era affidabile, giacché l'esatta situazione di fatto al momento dell'incidente non era nota perché il macchinario non è stato arrestato subito. Inoltre, dalle fotografie del referto peritale, l'asserita piegatura dell'asta di perforazione non era evidente ed avrebbe anche potuto essere preesistente, viste le importanti sollecitazioni e l'usura cui erano sottoposte queste parti meccaniche. Secondo la precedente istanza, nessun accertamento consentiva di concludere che la curvatura dell'asta fosse riconducibile ad un'errata manipolazione del macchinario e che, in particolare, questa manovra avesse poi comportato il tentativo di ritrarre manualmente l'asta, che avrebbe fatto staccare il masso. In simili condizioni, la Corte cantonale ha ritenuto che le conclusioni peritali potessero essere considerate unicamente alla stregua di un parere personale. Spiegandone le ragioni, essa ha in seguito coerentemente dedotto che non erano dimostrati errori in relazione alle modalità di perforazione e di manovra dei bracci del Jumbo. 
 
3.3.2. Ai considerandi 20 segg. della sentenza impugnata (pag. 31 segg.), la CARP ha puntualmente esposto le ragioni per cui la tesi del perito giudiziario, secondo cui al fronte di scavo durante le fasi di perforazione la presenza di persone davanti al Jumbo in azione fosse un'abitudine, era in contrasto con gli accertamenti disponibili ed infondata. L'argomentazione peritale era infatti basata a torto solo sul tipo di scarpe indossate dalla vittima e non risultava confortata né da prove oggettive né dalle deposizioni agli atti. Sulla base di una disamina puntuale delle risultanze istruttorie, la Corte cantonale ha negato una prassi in tal senso, accertando per converso che nel cantiere AlpTransit di principio gli operai non si spostavano sotto i bracci in funzione e che in ogni caso nessuno si spingeva fino a sotto il punto di trivellazione (cfr. sentenza impugnata, da pag. 31 a pag. 51).  
 
3.3.3. Al considerando n. 25 della sentenza impugnata (pag. 53 segg.), la Corte cantonale si è confrontata con i corsi di formazione sulla sicurezza seguiti dalla vittima e sulla sua lunga esperienza di lavoro in galleria, che a sua volta riveste un ruolo importante nell'acquisizione di conoscenze tecniche e nella preparazione di un minatore. Valutati compiutamente tutti questi aspetti con specifico riferimento alla vittima, i giudici cantonali hanno concluso che D.D.________ era un minatore di lungo corso e disponeva di una grande esperienza di lavoro in galleria e di buone conoscenze in materia di sicurezza sul cantiere, anche in considerazione del suo interesse per questo tema. Hanno rilevato ch'egli esercitava la funzione di caposquadra, svolta già a partire dal 1986, proprio per le sue competenze professionali. Sulla base di tali valutazioni, la CARP ha conseguentemente ritenuto inconsistente l'opinione contraria del perito giudiziario, che in modo inammissibile, basandosi semplicemente sull'errore commesso dalla vittima portandosi sotto il braccio della perforatrice in azione, aveva considerato insufficiente la sua formazione.  
 
3.3.4. Secondo la perizia giudiziaria, lo spessore del primo strato di calcestruzzo spruzzato, che in base al modulo per provvedimenti di sicurezza avrebbe dovuto essere di almeno 5 cm, in concreto sarebbe stato  "con estrema probabilità insufficiente". La precedente istanza ha spiegato per quali ragioni il parere del perito era privo di valenza probatoria. Ha in particolare rilevato che lo spessore del calcestruzzo non era stato oggetto di indagini e di misurazioni, che la deduzione del perito appariva empirica, essendo basata solo sull'esame di una fotografia sulla quale si poteva ancora intravvedere la roccia sottostante, senza prendere in considerazione l'ipotesi di un parziale distacco del calcestruzzo dalla roccia a seguito della sua caduta al suolo. Alla luce degli elementi disponibili, la Corte cantonale ha per contro concluso in modo sostenibile che lo strato di calcestruzzo era conforme alle regole dell'arte e che anche la precedente fase del disgaggio (ossia la pulizia dei frammenti rocciosi instabili a seguito del brillamento) era stata eseguita correttamente (cfr. sentenza impugnata, consid. 26).  
 
3.3.5. Richiamando l'art. 60 cpv. 3 dell'ordinanza sulla sicurezza e la salute dei lavoratori nei lavori di costruzione, del 29 giugno 2005 (OLCostr; RS 832.311.141), il perito giudiziario ha lamentato la mancanza di uno sbarramento che impedisse l'accesso "involontario" dei minatori alla zona di pericolo (cfr. perizia, pag. 35). La Corte cantonale ha tuttavia puntualmente spiegato per quali ragioni pure quest'opinione era infondata. In particolare ha accertato che il pericolo di caduta di massi è sistematico durante tutto lo scavo e che a tutti i minatori era nota la regola fondamentale di sicurezza per la quale non si poteva andare sotto i bracci del Jumbo quando stava perforando. Ha altresì esposto le prescrizioni di sicurezza applicabili alla fattispecie, rilevando che, come già evidenziato anche in un rapporto del 14 ottobre 2010 dell'ingegnere della SUVA, esse non erano state violate. Peraltro, l'art. 60 cpv. 3 OLCostr richiamato dal perito concerne i lavori di smantellamento, mentre la CARP ha fatto rettamente riferimento agli art. 71 e 72 OLCostr concernenti i lavori in sotterraneo. Al termine di un'approfondita disamina della questione, la Corte cantonale ha concluso che la mancata posa di transenne e di pannelli prevedenti il richiamo alle misure di sicurezza non infrangeva né le prescrizioni vigenti né le regole dell'arte. Ha ritenuto che simili provvedimenti non erano necessari in un contesto lavorativo come quello in discussione, in cui tutti gli operai erano informati e perfettamente a conoscenza dei pericoli che comportava il fatto di posizionarsi sotto i bracci del macchinario in funzione (cfr. sentenza impugnata, consid. 27-35). La Corte cantonale, pur riconoscendo che la zona poteva essere considerata completamente in sicurezza soltanto dopo la posa degli ancoraggi, della rete a maglie sostenuta da piastre e dallo spruzzo di un ulteriore strato di calcestruzzo di 10 cm, ha rilevato come nel caso specifico non fosse provato che il settore del fronte fosse in sé genericamente pericoloso, il rischio di distacco di massi dalla volta derivando anche dalla combinazione con l'azione della perforatrice (cfr. sentenza impugnata, consid. 24). Ha concluso che la posa di eventuali sbarramenti non avrebbe evitato la morte della vittima, ritenuto che all'origine dell'incidente non vi era il semplice e generico accesso alla zona non ancora assicurata, ma la contestuale presenza della vittima sotto la perforatrice in funzione (cfr. sentenza impugnata, consid. 24 e 35).  
 
3.3.6. In una domanda peritale il Procuratore generale ha chiesto all'esperto di accertare se la procedura lavorativa consistente nel perforare la volta della galleria (per la posa dei chiodi di ancoraggio) contestualmente alle perforazioni nella parte bassa del fronte (necessarie alla posa delle successive cariche esplosive), fosse compatibile con le prescrizioni di sicurezza. Nella risposta, il perito ha ritenuto che la procedura non rispettasse le regole dell'arte, siccome prima di procedere alle lavorazioni al fronte si sarebbe dovuto mettere in sicurezza la calotta della galleria. Secondo la perizia, per eventualmente sfruttare al meglio le potenzialità del Jumbo e dei suoi tre bracci di perforazione si sarebbero potuti impiegare uno o due bracci per la messa in sicurezza della calotta e i restanti per la perforazione del fronte, partendo tuttavia dai fori più alti e non dai rilevaggi (ossia i buchi posti più in basso e destinati alle mine di rilevaggio). Il perito ha precisato che in tal modo non sarebbe stato necessario prevedere accorgimenti per proteggere dalle acque di perforazione, colme di detriti, i rilevaggi sottostanti e la vittima non avrebbe avuto alcun motivo di recarsi verso il fronte mentre erano in corso le perforazioni. A detta del perito, a titolo precauzionale, la contemporaneità delle perforazioni per gli ancoraggi e per le cariche esplosive avrebbe comunque dovuto di massima essere evitata (cfr. perizia, pag. 34 e 37).  
Nella sentenza impugnata, sulla base degli elementi agli atti e dei chiarimenti forniti dall'ingegnere della SUVA, la Corte cantonale ha tuttavia accertato che non era né vietato né tecnicamente sbagliato perforare contemporaneamente i fori sulla parete per la posa degli ancoraggi e quelli sul fronte per l'inserimento della carica successiva, fermo restando che gli operai non dovevano posizionarsi sotto le trivelle in funzione (cfr. sentenza impugnata, pag. 42, 71 e 75). Ha inoltre appurato, in base alle fotografie agli atti e alle deposizioni degli operai presenti, che quando si è verificato l'incidente i bracci in funzione sul fronte dello scavo stavano perforando le corone della volata, ossia il profilo della volta, e non i rilevaggi. In tale evenienza, poiché non si era ancora proceduto alla perforazione dei rilevaggi, non poteva essere stabilito che la vittima si fosse spostata sotto i bracci per pulire un rilevaggio. In sostanza, non è stato possibile determinare il motivo per cui in quel momento la vittima si trovasse sotto il punto di perforazione (cfr. sentenza impugnata, pag. 24 e 30). 
 
3.4. I ricorrenti non contestano le valutazioni e gli accertamenti della Corte cantonale, che del resto non sono censurati d'arbitrio con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF. Non criticano pertanto l'esistenza delle carenze della perizia riscontrate dalla Corte cantonale, ma sostengono ch'essa avrebbe dovuto sentire il perito al dibattimento, confrontarlo con le obiezioni sollevate, chiedergli chiarimenti o tutt'al più nominare un nuovo esperto. Sulla dinamica dell'incidente, come esposto, non sono tuttavia stati eseguiti immediatamente dopo i fatti avvenuti il 22 settembre 2010 rilevamenti tecnici e misurazioni specifiche: i lavori di scavo della galleria sono proseguiti lo stesso giorno, dopo un sopralluogo della polizia. La perizia è stata ordinata soltanto il 28 agosto 2012 e, poiché l'autorità inquirente non ha disposto misure di conservazione, le prove e gli elementi che avrebbero potuto essere utili per la completazione delle indagini e l'allestimento del referto peritale non erano più disponibili. Il perito medesimo nel suo rapporto ha lamentato l'insufficienza degli accertamenti eseguiti subito dopo i fatti, in particolare riguardo alla posizione precisa della vittima al momento dell'incidente, allo stato di esercizio del macchinario e alla visuale dalla sua cabina, nonché all'esatta posizione dei bracci perforanti e del foro di perforazione, come pure del punto di distacco della roccia (cfr. perizia, pag. 31 e 38). Alla luce di quanto esposto, risulta quindi che il parere del perito non è basato su accertamenti oggettivi, ma su deduzioni partendo da una serie di circostanze in realtà non provate (come per esempio l'insufficiente spessore dello strato del calcestruzzo) o addirittura manifestamente in contrasto con quanto accertato in modo scrupoloso dalla Corte cantonale (come l'asserita non conformità alle prescrizioni della perforazione del fronte in contemporanea con quella della parete della galleria, oppure la formazione carente della vittima in materia di sicurezza sul cantiere). Quanto alle cause del distacco della roccia, il perito ha formulato una semplice ipotesi, non suffragata da accertamenti specifici ed oggettivi.  
In concreto, la precedente istanza non ha quindi ritenuto la perizia giudiziaria soltanto incompleta o poco chiara, né ha ravvisato semplici dubbi sulla sua esattezza (cfr. art. 189 lett. a e c CPP), ma l'ha considerata priva di valenza probatoria sulla base di una valutazione approfondita ed accurata degli elementi disponibili, che i ricorrenti non censurano d'arbitrio con una motivazione conforme alle richieste esigenze. Le carenze riscontrate su aspetti determinanti e la mancanza di accertamenti, che avrebbero dovuto essere eseguiti nella fase iniziale dell'inchiesta, sono sostanziali. Le lacune istruttorie non possono più essere sanate, visto che, con lo sblocco del cantiere e la continuazione dei lavori, i mezzi di prova sono andati definitivamente persi. In tali circostanze, gli accertamenti non sono più suscettibili di completamento, sicché la decisione della Corte cantonale di scostarsi dal referto peritale, rinunciando ad ordinare un complemento dello stesso o l'allestimento di una nuova perizia, non è manifestamente insostenibile, né viola gli art. 189 e 389 CPP
 
3.5. Gli accusatori privati accennano ad una violazione del diritto di essere sentiti per il fatto che la CARP sarebbe inaspettatamente giunta a conclusioni diametralmente opposte rispetto a quelle del perito giudiziario, senza dare loro e al Procuratore generale la possibilità di esprimersi sulle obiezioni mosse nei confronti della perizia.  
Il diritto di essere sentito (art. 107 CPP, art. 29 cpv. 2 Cost.) assicura alle parti la facoltà di esprimersi prima che sia presa una decisione che le tocca nella loro situazione giuridica e comprende il diritto di consultare l'incarto, di offrire mezzi di prova su punti rilevanti e di partecipare alla loro assunzione o perlomeno di potersi esprimere sui risultati, in quanto possano influire sul giudizio che dovrà essere preso (DTF 142 I 86 consid. 2.2; 142 II 218 consid. 2.3 e rinvii). Di massima, dal diritto di essere sentito non deriva la facoltà per le parti di esprimersi preventivamente sull'argomentazione giuridica prospettata dall'autorità (DTF 132 II 485 consid. 3.2 e 3.4). Soltanto quando l'autorità prevede di fondare la sua decisione su una norma o un motivo giuridico non evocato nella procedura anteriore e di cui nessuna delle parti si è prevalsa e poteva presupporne la pertinenza, il diritto di essere sentito esige che sia data loro la possibilità di esprimersi al riguardo (DTF 131 V 9 consid. 5.4.1; sentenza 2C_12/2017 del 23 marzo 2018 consid. 3.2.1 non pubblicato in DTF 144 IV 136; sentenza 6B_1368/2016 del 15 novembre 2017 consid. 2.1 non pubblicato in DTF 143 IV 469). 
In concreto, le parti hanno potuto determinarsi nei procedimenti dinanzi alle autorità giudiziarie cantonali sulla fattispecie incriminata e sulle imputazioni prospettate nei confronti degli accusati. Le lacune istruttorie dell'inchiesta sono state rilevate già dal giudice di primo grado nella prima fase del dibattimento. Sono inoltre state evidenziate dai difensori degli imputati nelle rispettive arringhe, in cui è pure stata esplicitamente contestata la fondatezza della perizia. Le censure sono poi state ribadite dai difensori in sede di appello, ove i ricorrenti hanno quindi potuto nuovamente esprimersi presentando i loro eventuali argomenti a sostegno delle conclusioni peritali. Certo, la CARP si è scostata dalle tesi del perito e (parzialmente) dal giudizio della Corte delle assise correzionali, ma ciò di per sé non costituisce una violazione del diritto di essere sentito. 
 
3.6. Il Procuratore generale rimprovera alla Corte cantonale di essersi dilungata sulla questione dell'esistenza o meno di  "un'abitudine tollerata a lavorare sotto i bracci in funzione"e di  "pressioni per accelerare i lavori" quando in realtà il perito aveva ritenuto disatteso sia l'obbligo di  "adottare le misure di protezione necessarie attraverso una sorveglianza appropriata" sia quello di prevedere un impedimento o uno sbarramento alla zona di pericolo. Secondo il Procuratore generale, tale  "contraddizione" avrebbe imposto un approfondimento peritale riguardo alle esigenze di sorveglianza e alle restrizioni di accesso imposte dalle prescrizioni per questo genere di lavori.  
La CARP ha tuttavia affrontato questi aspetti, spiegando diffusamente per quali ragioni la mancata posa di sbarramenti e di pannelli con il richiamo alle misure di sicurezza non infrangeva né le prescrizioni né le regole dell'arte (cfr. sentenza impugnata, consid. 27-35). Ha altresì vagliato l'aspetto della formazione degli operai in materia di sicurezza, accertando in particolare le competenze professionali della vittima e le sue buone conoscenze nell'ambito della sicurezza sul cantiere (cfr. sentenza impugnata, consid. 25). La CARP ha inoltre accertato che la vittima ricopriva il ruolo di caposquadra con pieno merito e che in tale veste, considerata la sua lunga esperienza e le sue conoscenze professionali, poteva essergli affidata la sorveglianza della squadra e dei lavori (cfr. sentenza impugnata, pag. 78). Il magistrato ricorrente non si confronta con gli esposti considerandi del giudizio impugnato e non sostanzia quindi d'arbitrio le valutazioni della CARP, che inficiano completamente il parere generico del perito. In tali circostanze, non sostanzia quindi nemmeno l'esistenza di dubbi che su tali aspetti renderebbero necessari eventuali accertamenti probatori supplementari. La censura non adempie pertanto le esposte esigenze di motivazione e non deve essere vagliata oltre. 
 
4.  
 
4.1. La Corte cantonale, dopo avere escluso le negligenze rimproverate agli imputati nell'atto d'accusa, ha altresì considerato che il comportamento della vittima, spintasi fino a sotto il punto di perforazione in una situazione di rischio intrinseco alla fase di trivellamento, fosse una circostanza talmente eccezionale ed imprevedibile che avrebbe in ogni caso interrotto il nesso di causalità tra i comportamenti addebitati agli imputati e il decesso della vittima (cfr. sentenza impugnata, consid. 47).  
 
4.2. Gli accusatori privati sostengono che la concolpa della vittima non sarebbe sufficiente per interrompere il nesso di causalità adeguata, essendo determinante soltanto l'imprevedibilità di circostanze esterne all'autore. Ritengono inoltre che il comportamento imprudente della vittima non avrebbe potuto essere considerato imprevedibile, siccome l'inchiesta avrebbe permesso di accertare come l'accesso degli operai alla zona pericolosa fosse noto a tutti e ciononostante non siano stati adottati provvedimenti per impedire l'entrata all'area del fronte di scavo.  
A torto. Contrariamente all'opinione dei ricorrenti, anche l'atteggiamento della vittima può essere idoneo ad interrompere il nesso di causalità adeguata, quando costituisce una circostanza del tutto eccezionale o appare così straordinario da non potere essere previsto. Occorre inoltre che rivesta un'importanza tale da imporsi come la causa più probabile ed immediata dell'evento considerato, relegando in secondo piano tutti gli altri fattori che hanno contribuito a provocarlo (cfr. DTF 134 IV 255 consid. 4.4.2 e rinvii). Asserendo poi che l'accesso degli operai alla zona di pericolo sarebbe stato a tutti noto e lamentando la mancanza di sbarramenti, i ricorrenti contestano l'interruzione del nesso causale adeguato scostandosi tuttavia dai fatti accertati dalla Corte cantonale, vincolanti per il giudizio del Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Come visto, la CARP ha accertato sulla base di un'analisi puntuale delle prove e delle deposizioni agli atti, che non sussisteva una prassi consolidata degli operai a spostarsi regolarmente davanti al macchinario mentre stava perforando e che nessuno di loro si spingeva sotto i bracci in funzione, tantomeno fino a sotto il punto di trivellazione. La Corte cantonale ha conseguentemente negato che una simile pratica fosse nota ed approvata dai minatori stessi, dai loro colleghi e dai superiori. Ha altresì ampiamente spiegato perché tutti gli operai erano informati e perfettamente a conoscenza dei pericoli di un loro posizionamento davanti al Jumbo in funzione e per quali ragioni uno sbarramento volto ad impedire l'accesso al fronte di scavo non era né prescritto né necessario in un simile contesto lavorativo. I ricorrenti non si confrontano con i relativi considerandi del giudizio impugnato (sentenza impugnata, consid. 19-23 e consid. 27-35) e non sostanziano quindi un accertamento arbitrario dei fatti con una motivazione conforme alle esigenze dell'art. 106 cpv. 2 LTF
 
4.3. Il Procuratore generale contesta l'imprevedibilità del comportamento della vittima, adducendo che C.________ ha ammesso di avere visto, in sporadiche occasioni, degli operai nella zona di pericolo e di averli, in tali occasioni, sempre richiamati, avvertendo in seguito i superiori. Il magistrato ricorrente ritiene quindi che la CARP avrebbe ritenuto a torto che il divieto di passare sotto i bracci del Jumbo fosse a tal punto chiaro da non necessitare la posa di transenne. Facendo riferimento alla sentenza 6B_748/2010 del 23 dicembre 2010 (consid. 4.3.4), egli sostiene che il responsabile di un cantiere non potrebbe semplicemente accontentarsi di richiamare gli operai a prestare attenzione partendo dal presupposto ch'essi conoscano i rischi e le misure di sicurezza da adottare. In ogni modo, poiché C.________ avrebbe in precedenza già avuto modo di riprendere degli operai imprudenti, nella fattispecie il comportamento della vittima non potrebbe essere considerato imprevedibile.  
Con queste argomentazioni anche il Procuratore generale contesta l'interruzione del nesso causale adeguato scostandosi dai fatti accertati dalla Corte cantonale in modo vincolante per il Tribunale federale (art. 105 cpv. 1 LTF). Disattende infatti che C.________ ha precisato le sue dichiarazioni sia al dibattimento di primo grado sia in sede di appello, specificando che in alcuni casi gli operai si erano avvicinati alla zona dei piedi di appoggio del macchinario, ma di non averli mai visti recarsi sotto i bracci in movimento. Omette altresì di considerare che in concreto la vittima svolgeva a pieno titolo la funzione di caposquadra, disponeva di competenze professionali e di una formazione adeguata in materia di sicurezza ed era in quei frangenti il responsabile della sicurezza per i minatori del suo gruppo. Il ricorrente non sostanzia l'arbitrarietà di tali accertamenti, con i quali non si confronta. Su questi aspetti il gravame non adempie pertanto le esposte esigenze di motivazione e non deve essere vagliato oltre. 
 
5.   
Ne segue che i ricorsi devono essere respinti nella misura della loro ammissibilità. Non si prelevano spese a carico del Ministero pubblico, che si è rivolto al Tribunale federale nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali (art. 66 cpv. 4 LTF). 
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio presentata dagli accusatori privati merita di essere accolta in considerazione della loro situazione finanziaria (art. 64 cpv. 1 e 2 LTF). L'avv. Sandra Xavier viene incaricata del loro patrocinio gratuito e a tale titolo la Cassa del Tribunale federale le verserà un'adeguata indennità. 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Le cause 6B_638/2018 e 6B_677/2018 sono congiunte. 
 
2.   
Nella misura in cui sono ammissibili, i ricorsi sono respinti. 
 
3.   
La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio per la procedura dinanzi al Tribunale federale è accolta e ai ricorrenti privati viene designata quale patrocinatrice l'avv. Sandra Xavier. 
 
4.   
Non si prelevano spese giudiziarie. 
 
5.   
La Cassa del Tribunale federale verserà all'avv. Sandra Xavier un'indennità di fr. 3'000.--. 
 
6.   
Comunicazione alle parti, rispettivamente ai loro patrocinatori, e alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino. 
 
 
Losanna, 10 dicembre 2018 
 
In nome della Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Denys 
 
Il Cancelliere: Gadoni