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Ecriture agrandie
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
{T 1/2} 
 
1C_287/2014  
   
   
 
 
 
Sentenza del 25 agosto 2015  
 
I Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Fonjallaz, Presidente, 
Merkli, Eusebio, Chaix, Kneubühler, 
Cancelliere Crameri. 
 
Partecipanti al procedimento 
Comune di Lavertezzo, 
patrocinato dall'avv. Pamela Regazzi Märki, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Gran Consiglio del Cantone Ticino, 6501 Bellinzona, patrocinato dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6501 Bellinzona, 
 
Comune di Brione Verzasca, 
Comune di Corippo, 
Comune di Frasco, 
Comune di Sonogno, 
Comune di Vogorno, 
Comune di Cugnasco-Gerra. 
 
Oggetto 
Decreto legislativo concernente l'aggregazione dei Comuni di Brione Verzasca, Corippo, Frasco, Sonogno, Vogorno e dei territori in Valle dei Comuni di Cugnasco-Gerra e di Lavertezzo, 
 
ricorso contro il decreto del 10 marzo 2014 del 
Gran Consiglio del Cantone Ticino. 
 
 
Fatti:  
 
A.   
Nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi del Cantone Ticino del 6 maggio 2014 (n. 25/2014 pag. 220 e segg.) è stato pubblicato il decreto legislativo con il quale è stata decretata l'aggregazione dei Comuni di Brione Verzasca, Corippo, Frasco, Sonogno, Vogorno e dei territori in Valle dei Comuni di Cugnasco-Gerra e di Lavertezzo in un nuovo Comune denominato Verzasca, a far tempo dalla costituzione degli organi comunali (art. 1 cpv. 1 primo periodo) : da questa data, dai Comuni di Cugnasco-Gerra e di Lavertezzo vengono separati i loro territori in Valle (secondo periodo). Sia il nuovo Comune di Verzasca sia quelli nuovi di Cugnasco-Gerra e Lavertezzo fanno parte del Distretto di Locarno e sono assegnati al Circolo della Verzasca (art. 2). 
 
B.   
Il Comune di Lavertezzo impugna questo decreto con un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale. Chiede, concesso al gravame l'effetto sospensivo, in via preliminare di trasmetterlo a un'autorità giudiziaria cantonale con piena facoltà di cognizione e nel merito di annullarlo. 
 
Con decreto presidenziale del 27 giugno 2014 al ricorso è stato conferito effetto sospensivo. 
 
Il Comune di Cugnasco-Gerra informa di non esprimersi sul ricorso, gli altri Comuni non si sono espressi, mentre il Consiglio di Stato, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, propone di respingerlo in quanto ammissibile. In replica il ricorrente si conferma nelle proprie allegazioni e conclusioni addotte contro la separazione coatta dal suo territorio in Valle, come il Governo con duplica del 21 ottobre 2014. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura un ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 140 I 252 consid. 1).  
 
1.2. La tempestività del ricorso, interposto entro trenta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino ufficiale del contestato decreto, è pacifica (DTF 133 I 286 consid. 1; sentenza 1C_91/2009 del 10 novembre 2009 consid. 1.4, in: RtiD I-2010 n. 3 pag. 27).  
 
2.  
 
2.1. Il ricorrente, richiamati l'art. 29 Cost., il principio di un equo processo, la garanzia della via giudiziaria (art. 29a Cost.), l'art. 86 cpv. 2 LTF, nonché la sentenza 1C_91/2009 citata, chiede di trasmettere il ricorso a un'autorità giudiziaria cantonale con piena facoltà di cognizione. Ciò poiché la tesi secondo cui nel Cantone Ticino le decisioni in materia di aggregazioni e separazioni comunali rivestono una natura essenzialmente politica non potrebbe essere seguita.  
 
2.2. La critica, generica e che non considera la prassi più recente, non dev'essere esaminata oltre. Il ricorrente non si confronta infatti del tutto con le ulteriori decisioni relative all'eccezione alla garanzia giudiziaria emanate nell'ambito di aggregazioni di comuni ticinesi, in particolare con la sentenza nella causa 1C_459/2011 del 4 settembre 2013 consid. 4, in RtiD I-2014 n. 22 pag. 87, alla quale, per brevità, si rinvia. Nella stessa il Tribunale federale si è compiutamente espresso al riguardo, precisando anche la portata della sentenza richiamata dal ricorrente (consid. 4.1.2-4.1.4) e ribadendo che avverso un'aggregazione nel Cantone Ticino non sussiste alcun rimedio di diritto a un'autorità giudiziaria (vedi anche sentenza 1C_87/2014 dell'8 aprile 2015 consid. 2).  
 
3.  
 
3.1. La legittimazione del Comune a impugnare la sua separazione coatta e a difendere quindi l'integralità del suo territorio rettamente non è contestata dal Governo cantonale, osservato che l'impugnato decreto tocca direttamente il ricorrente, imponendogli uno scorporo di una parte del suo territorio (art. 50 cpv. 1 Cost., art. 16 cpv. 1 e 2 Cost./TI; art. 89 cpv. 2 lett. c LTF; cfr. DTF 131 I 93 consid. 1; 140 I 90 consid. 1.1; sentenza 1C_415/2008 del 24 agosto 2009 consid. 1.2, in RtiD I-2010 n. 1 pag. 3).  
 
3.1.1. Sulla base dell'art. 89 cpv. 2 lett. c LTF, il Comune può far valere la violazione di garanzie conferitegli dalla costituzione cantonale o da quella federale. In tale contesto, può addurre anche una violazione del divieto dell'arbitrio (art. 9 Cost.) nella misura in cui questa censura sia in stretta relazione con la lesione della sua autonomia (DTF 134 I 204 consid. 2.2). Il Comune può far valere, invocando questa garanzia (art. 50 cpv. 1 Cost.), che il Gran Consiglio nell'applicazione di norme federali, cantonali o comunali sarebbe incorso nell'arbitrio o, nella misura in cui si tratti del diritto costituzionale cantonale o federale, che l'avrebbe interpretato o applicato in maniera errata. In tale ambito, per quanto queste critiche siano strettamente connesse con quella dell'asserita lesione dell'autonomia comunale, può censurare la violazione di disposizioni che disciplinano le competenze dei comuni e la loro fusione, nonché delle garanzie di procedura costituzionali e sostenere che l'autorità cantonale avrebbe disatteso la portata di diritti costituzionali.  
 
3.1.2. Riservati i casi dell'art. 95 lett. c-e LTF, la violazione del diritto cantonale o comunale non costituisce di per sé un motivo di ricorso, ma può configurare una violazione del diritto federale ai sensi dell'art. 95 lett. a LTF (DTF 140 I 320 consid. 3.1), segnatamente qualora disattenda il divieto dell'arbitrio ai sensi dell'art. 9 Cost. (DTF 141 I 36 consid. 1.3 pag. 41; 134 II 349 consid. 3).  
Secondo l'art. 95 LTF, che vale anche per i ricorsi fondati sulla lesione dell'autonomia comunale, l'applicazione del diritto federale e dei diritti costituzionali cantonali è esaminata liberamente, quella dell'altro diritto costituzionale cantonale per contro soltanto sotto il ristretto profilo dell'arbitrio, ricordato che l'autonomia comunale costituisce un diritto costituzionale cantonale ai sensi dell'art. 95 lett. c LTF (DTF 141 I 36 consid. 5.4 pag. 43 con rinvii anche alla dottrina; 138 I 143 consid. 2 pag. 149). Ristretta è segnatamente, come visto, la cognizione all'arbitrio riguardo all'applicazione di norme di grado inferiore, all'accertamento dei fatti e alla valutazione delle prove (DTF 131 I 91 consid. 1; sentenza 1C_87/2014, citata, consid. 3.1.2). 
 
Chiamato a esaminare l'applicazione, rispettivamente l'interpretazione di una norma del diritto cantonale o comunale sotto il profilo dell'arbitrio, in concreto in particolare gli art. 3, 4, 8, 9 e 10 della legge sulle aggregazioni e separazioni dei Comuni del 16 dicembre 2003 (LASC, pure abbreviata come LAggr; DTF 141 I 36 consid. 1.3 pag. 41), il Tribunale federale si scosta quindi dalla soluzione ritenuta dall'ultima istanza cantonale solo se appaia manifestamente insostenibile, in palese contraddizione con la situazione effettiva, non sorretta da ragioni oggettive e lesiva di un diritto certo. Non basta, inoltre, che la decisione impugnata sia insostenibile nella motivazione, ma occorre che lo sia anche nel suo risultato (DTF 141 I 70 consid. 2.2 pag. 72), ciò che spetta al ricorrente dimostrare (DTF 133 II 396 consid. 3.2). 
 
3.2. Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 139 I 306 consid. 1.2 pag. 309). Per di più, quando il ricorrente invoca, come in concreto, la violazione di diritti costituzionali (l'uguaglianza fra determinati comuni ticinesi), nonché l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, poiché ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. (DTF 136 I 304 consid. 2.4 pag. 313), il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le censure soltanto se siano state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 139 I 229 consid. 2.2).  
 
4.  
 
4.1. Il ricorrente fa valere una violazione dell'art. 20 cpv. 3 Cost./TI, per il quale il Gran Consiglio può decidere la fusione e la separazione di Comuni alle condizioni previste dalla legge, dell'art. 50 cpv. 1 Cost., che garantisce l'autonomia comunale nella misura prevista dal diritto cantonale, nonché dell'art. 16 cpv. 1 Cost./TI, che tutela l'esistenza del Comune: come a ragione da esso rilevato, questa garanzia concerne tuttavia solo l'istituto comunale e non il singolo comune. Richiama al riguardo la sentenza 1P.265/2005 del 18 aprile 2006 consid. 2, concernente l'aggregazione del Comune di Bignasco (RtiD II-2006 n. 4 pag. 17), nella quale il Tribunale federale si è espresso sulla portata di queste norme, decisione alla quale si può rinviare. Ricorda rettamente che l'art. 20 cpv. 3 Cost./TI costituisce una disposizione speciale che deroga al principio generale previsto dal cpv. 1, secondo cui i Comuni non possono fondersi con altri Comuni o dividersi senza il consenso dei loro cittadini e l'approvazione del Gran Consiglio.  
 
Adduce che sia nel messaggio governativo n. 6846 del 27 agosto 2013 (pag. 10) sia nel rapporto n. 6846 R del 5 febbraio 2014 della Commissione speciale aggregazione di Comuni, la separazione coatta del territorio di Lavertezzo Valle è stata decisa sui restrittivi presupposti dell'art. 9 LASC, relativo alle aggregazioni coatte, rilevando al riguardo che il loro adempimento dev'essere integrato nella valutazione " ai sensi dell'art. 8 cpv. 1 LAggr, a cui l'art. 10 LAggr peraltro rimanda ". Quest'ultima norma, posizionata all'inizio del Capitolo III della LASC dal titolo marginale "Procedura di separazione di frazioni o parti del territorio", non disciplinerebbe tuttavia il caso di una separazione coatta. Insiste sul fatto che il Legislatore cantonale non avrebbe previsto alcuna norma regolante precipuamente una siffatta fattispecie, neppure per il tramite di un richiamo per analogia dell'art. 9 LASC. L'impugnato decreto legislativo violerebbe pertanto l'art. 20 cpv. 3 Cost./TI, che certo prevede la possibilità di una separazione di Comuni, ma soltanto alle condizioni previste dalla legge, inesistenti in concreto. 
 
A sostegno della sua tesi richiama il messaggio governativo n. 5355 del 14 gennaio 2003 sulla nuova LASC, rilevando che la norma del progetto legislativo prevista per la procedura di separazione di frazioni o parti di territorio (art. 9) richiama in via analogica, tra altri, l'art. 8 cpv. 1 e 3 del progetto, ma non il suo cpv. 2, ossia quello che sarebbe poi diventato l'art. 9 LASC. Ne deduce che non forzatamente i criteri sulla base dei quali il Parlamento cantonale può decidere un'aggregazione coatta ai sensi dell'art. 9 LASC coinciderebbero con quelli applicabili a una separazione coattiva: questi potrebbero essere i medesimi, ma non forzatamente. 
 
Ipotizza che nel messaggio governativo n. 6846 concernente l'aggregazione in esame (pag. 10) il Consiglio di Stato parrebbe intravvedere quale possibile base legale l'art. 8 LASC, sostiene però che questa norma, di carattere generale, è indipendente dalla presenza o meno di preavvisi comunali favorevoli. Ne conclude che per decretare una separazione coatta sarebbe necessario prevedere una normativa specifica. Aggiunge che l'art. 8 cpv. 1 LASC dispone unicamente che il Gran Consiglio decide sulla proposta di aggregazione tenendo conto dell'interesse generale, degli obiettivi della legge e del Piano cantonale delle aggregazioni, non ancora approvato e che si trova ancora in fase di consultazione. Farebbe quindi difetto una specifica norma legale che fissi criteri precisi per decretare, eccezionalmente, una separazione coatta, l'art. 8 cpv. 1 LASC non costituendo una base legale sufficientemente determinata. Ne deduce che sulla base della normativa in vigore non potrebbe essere imposta una separazione coatta di parti di territorio da un Comune. 
 
4.2. Nella risposta il Consiglio di Stato contesta che la criticata separazione sarebbe regolata dall'art. 10 LASC che non rinvia all'art. 9 di detta legge, per cui potrebbe fondarsi soltanto sul suo art. 8 cpv. 1, norma che si applicherebbe indipendentemente dall'esistenza o meno di preavvisi comunali favorevoli. Al suo dire, il decreto legislativo si fonderebbe sull'art. 3 lett. a e b LASC e sancirebbe una vera e propria aggregazione con costituzione di un nuovo Comune, partendo da più Comuni e da parti di territorio di due Comuni. Non si sarebbe pertanto in presenza di una vera e propria procedura di (semplice) separazione di frazioni o parti del territorio comunale (ai sensi degli art. 3 lett. c e 10 LASC) per costituirle in un Comune a sé stante o per aggregarle a un altro Comune già esistente. Applicabili sarebbero le fattispecie dell'art. 3 lett. a e b LASC, come risulterebbe dall'art. 4 cpv. 1 LASC, secondo cui l'istanza per l'avvio della procedura di aggregazione ai sensi dell'art. 3 lett. a e b va presentata al Consiglio di Stato, deve proporre uno scenario di aggregazione e indicare i Comuni coinvolti. Per questo motivo sarebbe applicabile anche l'art. 9 LASC. Il Gran Consiglio avrebbe quindi in realtà decretato un'aggregazione coatta del territorio in Valle di Lavertezzo in applicazione degli art. 2 cpv. 2, 8 e 9 lett. b LASC e non una semplice separazione di tale territorio da quel Comune ai sensi dell'art. 10 LASC.  
 
Riconosce tuttavia che sia il messaggio governativo sia il rapporto commissionale si richiamano nondimeno a quest'ultima norma. Ammette che, come rettamente eccepito dal ricorrente, l'art. 10 LASC non dichiara applicabile anche l'art. 9 LASC. Sostiene tuttavia che la "diversa e più completa argomentazione" fornita con la risposta non nuocerebbe al ricorrente, poiché avrebbe la facoltà di esprimersi al riguardo in replica. 
 
4.3. Nella replica il ricorrente ribadisce di non subire un'aggregazione coatta, bensì una separazione, ovvero una divisione forzata del suo territorio, senza il consenso della sua cittadinanza. Mentre gli aventi diritto di voto degli altri Comuni interessati hanno potuto esprimersi sull'accettazione dell'aggregazione dei loro Comuni, quelli di Cugnasco-Gerra e Lavertezzo hanno dovuto pronunciarsi sulla separazione dei rispettivi territori in Valle. Fa poi valere che la distinzione tra i casi previsti dall'art. 3 lett. b e c e dall'art. 10 LASC sarebbe puramente terminologica. Ribadisce ch'esso non viene aggregato, ma separato in modo coatto, visto che anche nell'ipotesi della nascita del nuovo Comune di Verzasca, quello di Lavertezzo continuerebbe comunque a esistere, subendo solamente la separazione di una parte del suo territorio. Sottolinea che anche nel messaggio e nel rapporto si parla di separazione coatta e non di un'aggregazione coatta. Sostiene infine che la diversa argomentazione fornita dal Governo in sede di replica non regge, ritenuto che il Parlamento non si è compiutamente confrontato con la questione della legalità della procedura adottata, aspetto che non potrebbe essere sanato dalla facoltà di replicare concessagli.  
In duplica l'Esecutivo cantonale insiste sul fatto che, sebbene la questione sottoposta ai cittadini nella votazione consultiva verteva sulla separazione del territorio del ricorrente in Valle per integrarlo nel nuovo Comune di Verzasca, si sarebbe nondimeno in presenza di una vera e propria procedura di aggregazione del suo territorio in Valle, prevista dall'art. 3 lett. b, al quale rinvia l'art. 4 cpv. 1 LASC. 
 
5.  
 
5.1. Come visto, nelle osservazioni il ricorrente rileva il fatto che la questione sottoposta agli aventi diritto di voto nell'ambito della votazione consultiva era quella della separazione di parte del suo territorio e non quella dell'aggregazione con altri Comuni, come chiesto ai cittadini degli altri cinque enti coinvolti. Nella misura in cui con questa critica adduce, per lo meno implicitamente, una violazione del diritto di voto, la censura è inammissibile.  
 
5.2. Il Comune ricorrente non è in effetti titolare di diritti politici ai sensi dell'art. 82 lett. c LTF e pertanto non può far valere, contrariamente ai suoi cittadini, una loro un'eventuale violazione come nemmeno in particolare la censura dell'accennata disparità di trattamento, poiché il progetto sottoposto loro in votazione consultiva sarebbe stato diverso da quello votato dai cittadini di altri Comuni. Il Comune non è infatti legittimato a ricorrere sulla base dell'art. 89 cpv. 3 LTF (DTF 136 I 404 consid. 1.1.1 e 1.1.2; 134 I 172 consid. 1.3; sentenza 1C_87/2014, citata, consid. 3.1.1).  
 
6.  
 
6.1. Nel merito, dagli atti di causa invocati dalle parti si evince chiaramente che si è in presenza di una separazione del comparto di Valle del ricorrente, quale scorporamento o scissione come precisato dai Sindaci della Valle Verzasca e di Gordola (cfr. risposta del Consiglio di Stato del 2 giugno 2009 e lettera dello stesso al Comune di Lavertezzo del 29 settembre 2009). La problematica della separazione e dell'esclusione di Lavertezzo Piano ha costituito infatti il filo conduttore dello studio per la creazione del nuovo Comune della Verzasca (cfr. scritto 9 dicembre 2009 del Governo al Municipio di Lavertezzo). Nel decreto del 2 febbraio 2010, con il quale l'Esecutivo cantonale, richiamata l'istanza dei Municipi interessati tendente all'avvio di uno studio di aggregazione ha istituito la relativa Commissione di studio, si rileva che l'orientamento espresso dal Comune di Cugnasco-Gerra, inteso a sostenere il raggruppamento in un unico Comune, era "indirettamente" volto alla separazione della propria frazione di Valle. Nello scritto del 2 agosto 2012 al Governo, il ricorrente precisa che il suo principio è sempre stato "aggregazione sì, disgregazione no". Infine, nella risoluzione governativa del 12 dicembre 2012, richiamato il rapporto finale della Commissione di studio, il Governo, sulla base dell'art. 6 LASC, accolta la proposta della Commissione, ha autorizzato "la separazione delle frazioni di Valle dai Comuni di Lavertezzo e di Cugnasco-Gerra" (dispositivo n. 1.2), autorizzando il Dipartimento a perfezionare la procedura di cui agli art. 6-9 LASC, in particolare a redigere e trasmettere in vista della votazione consultiva il rapporto del Consiglio di Stato alla popolazione (dispositivo n. 1.3).  
 
Nel messaggio governativo n. 6846, si rileva che la bocciatura nel febbraio 2004 del progetto aggregativo "Grande Verzasca" era legata al destino dei due Comuni con territori presenti sia in valle sia sul piano. Si ricorda che, nel quadro delle votazioni consultive del 14 aprile 2013, tutti i Comuni interessati, salvo Lavertezzo, si erano pronunciati a favore dell'aggregazione, precisato che gli abitanti di Lavertezzo del territorio in Valle si erano espressi anch'essi a favore (51 voti favorevoli contro 23 contrari, mentre a Lavertezzo Piano 114 erano favorevoli e 206 contrari). Sulla questione dello scorporo dei territori in Valle si osserva che l'aggregazione litigiosa implica non solo l'unione dei singoli comparti in valle, ma anche la separazione di due territori dal loro Comune, come sarebbe consentito dagli art. 3 e 10 LASC, quale conseguenza logica e inevitabile della volontà di unire coerentemente l'intero comprensorio di valle in un unico Comune (n. 1.1-1.3 pag. 2 seg.), sebbene il ricorrente abbia sempre osteggiato e criticato la perdita del territorio di Valle (n. 1.3.2 pag. 4). 
 
6.2. Rettamente, nel messaggio si parla della "separazione coatta" del territorio di Lavertezzo Valle, indicando quali basi legali l'art. 20 cpv. 3 Cost./TI, l'art. 9 LASC, concludendo che " tali presupposti restrittivi debbono ragionevolmente valere anche nel caso di decisione del Gran Consiglio di separazione di frazioni o di parti di territorio in via coatta per aggregarli ad un nuovo costituendo Comune; la valutazione della presenza degli stessi va quindi integrata nelle valutazioni ai sensi dell'art. 8 cpv. 1 LAggr, a cui l'art. 10 LAggr peraltro rimanda " (n. 3.1 pag. 10). Si precisa che la proposta di separazione coatta tiene conto, conformemente all'art. 9 LASC, dell'esito della votazione consultiva in tutto il territorio, visto che sei Comuni su sette e il 69,56 % dei votanti hanno aderito al progetto (n. 3.2.1 pag. 10). Si aggiunge che la separazione definitiva dei due territori di Lavertezzo, sebbene segni una cesura storica rispetto a un passato legato alla transumanza, incontra la volontà dei cittadini di Valle (n. 3.2.2 pag. 11), osservato che non v'è alcun collegamento diretto tra Lavertezzo Piano e la Valle Verzasca, se non passando da Gordola, per cui vi sarebbe un deficit di coerenza territoriale nel senso della contiguità (n. 3.2.3 pag. 12 in fine).  
 
Nel rapporto 6846 R si ribadisce che l'aggregazione in esame implica anche la separazione di due territori dal loro Comune attuale " come consentito dalla LAggr nei suoi artt. 3 e 10" (n. 1.4 pag. 3). Si rileva poi semplicemente che i presupposti dell'art. 9 relativi alle aggregazioni coatte dovrebbero "ragionevolmente" valere anche per le separazioni coattive, richiamando gli art. 20 cpv. 3 Cost./TI, 8 cpv. 1 e 10 LASC (n. 3.1 e 3.2 pag. 9 e seg.). 
 
Giova ricordare che anche nel rapporto alla cittadinanza del febbraio 2013, riguardo al nuovo Comune di Lavertezzo, spiegato che l'aggregazione comporta la cessione del territorio in Valle e che questo scorporo è definitivo, non si precisano del tutto le basi legali che permetterebbero una separazione coatta (pag. 26). 
 
Dall'estratto del verbale del Gran Consiglio della seduta del 10 marzo 2014, quale base legale della separazione coatta litigiosa si accenna in maniera generica all'art. 9 LASC (pag. 2 seg.), rilevando che forse per la prima volta in Ticino si procede a uno scorporo di due territori, creando di fatto una divisione territoriale (pag. 6), senza tuttavia esprimersi oltre sulla necessità di una specifica base legale per attuarla. 
 
7.  
 
7.1. Come visto, il ricorrente fa valere la carenza di base legale per il decreto legislativo impugnato poiché la LASC non prevederebbe la possibilità di separare - in via coatta - una parte di territorio di un Comune per aggregarlo a un nuovo costituendo Comune.  
Il principio di legalità, consacrato all'art. 5 cpv. 1 Cost., esige che le autorità agiscano nel quadro fissato dalla legge: questo principio non è un diritto costituzionale del cittadino e non può essere invocato di massima in quanto tale, ma solamente in relazione in particolare con la lesione del principio di uguaglianza, del divieto dell'arbitrio o la violazione di un diritto costituzionale speciale (DTF 140 I 381 consid. 4.4 pag. 386), quale in concreto lo è l'autonomia per il Comune. Certo, più volte il Tribunale federale ha stabilito che detto principio non è leso nell'ambito di aggregazioni coatte fondate sull'art. 9 LASC (sentenze 1C_415/2008, citata, consid. 3.1 e 1C_87/2014, citata, consid. 7.1 e 7.2). In concreto, tuttavia, si tratta di sapere se questa norma disciplini anche la separazione coatta di parti di territorio. 
 
7.2. Per interpretare una norma di legge ci si riferisce in primo luogo al suo tenore letterale. Secondo la giurisprudenza, ci si discosta dal senso letterale di un testo chiaro, facendo capo all'interpretazione, solamente qualora delle ragioni obiettive inducano a ritenere ch'esso non restituisce il vero significato della disposizione in esame. Simili ragioni possono risultare dai lavori preparatori, dallo scopo e dal senso della disposizione legale, così come dalla sistematica della legge. Se il testo di una norma non appare invece completamente chiaro o si presta a diverse possibili interpretazioni, la sua portata viene determinata tenendo conto dei lavori preparatori (interpretazione storica), del suo senso e scopo (interpretazione teleologica), nonché della sua relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Il Tribunale federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare: per accedere al senso di una norma preferisce ispirarsi pragmaticamente a un pluralismo interpretativo (DTF 139 II 78 consid. 2.4 pag. 83, 49 consid. 5.3.1; 138 II 105 consid. 5.2; sentenza 1C_184/2010 del 7 aprile 2011 consid. 2.1 e 2.2, in RtiD II-2011 n. 1).  
 
7.3. Un testo legale soffre di una lacuna, alla quale il giudice deve rimediare secondo la regola generale posta dall'art. 1 cpv. 2 CC, quando lascia irrisolta una questione giuridica che la sua applicazione solleva inevitabilmente e la cui soluzione non può essere dedotta né dal testo né dall'interpretazione della legge (lacuna propria), oppure quando, a causa di un'incongruenza del legislatore, omette di disciplinare un quesito, la cui soluzione scaturisce dalle idee e dagli scopi della legge stessa. Per converso, il giudice non può supplire al silenzio della legge, quando la lacuna è stata voluta dal legislatore (silenzio qualificato) e corrisponde a una norma negativa, oppure quando l'omissione consiste nella mancanza di una regola desiderabile (lacuna impropria), perché colmandola si sostituirebbe al legislatore; egli può tuttavia farlo, se invocare il senso considerato determinante della normativa costituisce un abuso di diritto o addirittura viola la Costituzione (DTF 140 III 636 consid. 2.1; 139 II 404 consid. 4.2 pag. 416; 138 II 1 consid. 4.2 pag. 3; 135 III 385 consid. 2.1 pag. 386).  
 
 
7.4. Come si è visto, nell'ambito della procedura cantonale, la questione dell'esistenza di una base legale per la separazione litigiosa, censura sulla quale è imperniato il ricorso, non è stata oggetto di un esame approfondito: insistendo sulla necessità di assicurare la coerenza territoriale del nuovo Comune ci si è infatti limitati a richiamare in maniera generica gli art. 8, 9 e 10 LASC e ad addurre, nel quadro degli scambi di scritti dinanzi al Tribunale federale, una nuova base legale, segnatamente l'art. 3 lett. a e b LASC. Al riguardo occorre osservare che sulla base di tale norma, se del caso, potrebbe essere decretata un'aggregazione volontaria, come avvenuto per il Comune di Cugnasco Gerra (art. 3 lett. b LASC). Come ancora si vedrà, è tuttavia manifesto che per contro questa disposizione non può costituire una base legale sufficiente per imporre una separazione coatta. Il richiamo del Governo a tale norma, come appena rilevato, addotta soltanto dopo l'adozione del decreto litigioso, non può pertanto essere decisivo. Ciò vale a maggior ragione perché, sia come che sia, durante l'intero iter della separazione coatta litigiosa, per decretare il contestato scorporo né il Governo né il Parlamento si sono fondati su questa norma, accennando semplicemente alla stessa però, ciò che è nodale, non riguardo all'imposta separazione coatta.  
 
Determinante in tale ambito è inoltre il fatto che non si tratta semplicemente di concedere al ricorrente la possibilità di esprimersi su una motivazione diversa, fornita in un secondo tempo dall'autorità cantonale, ossia di sanare semmai una violazione del diritto di essere sentito, ma di sapere se la criticata separazione poteva o no fondarsi su una base legale sufficiente. Certo, riguardo al diritto di essere sentito il Tribunale federale di massima non esclude la possibilità di un'integrazione della motivazione, ma reputa inammissibile fornire a posteriori motivi completamente nuovi: questione che non dev'essere esaminata a livello astratto, ma sulla base delle circostanze concrete (DTF 138 I 305 consid. 2.3 pag. 314 e rinvii; sul diritto di replicare in senso stretto derivante dall'art. dall'art. 29 cpv. 2 Cost., richiamato dal Governo cantonale, vedi DTF 138 I 154 consid. 2.3.2 e 2.3.3 pag. 157). Nella fattispecie occorre ricordare che non spetta al Tribunale federale pronunciarsi, quale prima e unica istanza, sull'applicazione dell'art. 3 LASC al caso di specie: tale compito compete al Gran Consiglio, che dispone di un diverso potere di apprezzamento, che l'alta Corte costituzionale deve rispettare (DTF 140 I 257 consid. 6.3.1 pag. 267, 201 consid. 6.1 pag. 205 seg. e rinvii, consid. 6.4.1 pag. 208; sentenza 1C_87/2014, citata, consid. 6.2). 
 
8.  
 
8.1. L'art. 3 LASC dispone che la circoscrizione o il numero dei Comuni vengono modificati per decreto legislativo mediante:  
 
"a) l'aggregazione di due o più Comuni costituenti entità territoriali coerenti; 
b) l'aggregazione di frazioni o di parti di territorio da uno o più Comuni e di uno o più Comuni per creare un nuovo Comune che costituisca una entità territoriale coerente; 
c) la separazione di frazioni o di parti di territorio da uno o più Comuni precedenti per costituirle in un Comune a sé o per aggregarle ad un esistente, nel rispetto del punto b)." 
Certo, è vero che l'art. 3 lett. b LASC, inserito nel suo Capitolo I, dal titolo marginale "Generalità", prevede la possibilità di aggregare frazioni o parti di territorio da uno o più Comuni per creare un nuovo Comune che costituisca una entità territoriale coerente: pure l'art. 4a cpv. 2 LASC dispone che il Consiglio di Stato può modificare lo scenario proposto con l'istanza di aggregazione, includendo o escludendo Comuni o frazioni. È tuttavia indubbio che queste possibilità, datene le premesse, possono essere attuate nel quadro di un'aggregazione o separazione volontaria, come accennato nel messaggio governativo e nel citato rapporto (n. 5355 e 5355 R), sugli art. 3 e 10 LASC e come avvenuto per la separazione del territorio in Valle del Comune di Cugnasco-Gerra, ma chiaramente non in presenza di un preavviso assembleare non favorevole e quindi nel caso di una separazione coatta come quella in esame. Giova rilevare che anche nel Piano cantonale delle aggregazioni (progetto del novembre 2013), definito quale "riforma epocale" poiché segna uno stacco nella politica aggregativa, finora attuata privilegiando il principio di iniziative nate dal territorio (pag. 5), nello studio di base 2 relativo alla delimitazione degli scenari di aggregazione (pag. 9) si precisa che " in linea di principio la pianificazione delle aggregazioni non prevede la separazione di attuali comuni, se non in casi eccezionali (emblematico il caso delle frazioni di valle e piano di Gerra e Lavertezzo), per cui i comuni vengono attribuiti integralmente ad uno o all'altro territorio ". Anche questo riscontro milita a favore dell'assenza di una base legale per procedere a una separazione coatta. Si può rilevare che in concreto l'art. 3 lett. c LASC non è applicabile, poiché la separazione di parte del territorio non è avvenuta per aggregarla a un Comune (già) esistente: quello di Verzasca non esisteva ancora. 
 
8.2. L'art. 10 LASC, richiamato nel decreto impugnato, ha il tenore seguente:  
 
1 Le decisioni tendenti alla separazione di frazioni o parti di territorio da un Comune per essere aggregate in un Comune a sé o ad un altro Comune esistente, anche se appoggiate dalla maggioranza dei Comuni interessati, richiedono cumulativamente il soddisfacimento di queste condizioni: 
a) le frazioni o parti di territorio che si trovino topograficamente riunite in modo che il nuovo Comune costituisca un'entità territoriale coerente; 
b) la costituzione del nuovo Comune soddisfi gli obiettivi di legge e il Piano cantonale delle aggregazioni. 
2 Sono applicabili per analogia gli art. 4, 4a, 6, 6a, 7, 8." 
Come già previsto nel messaggio governativo relativo alla LASC, anche l'attuale art. 10 LASC dispone che sono applicabili per analogia gli art. 4, 4a, 6, 6a, 7 e 8 di detta legge. Non è tuttavia a caso, né per una dimenticanza del Legislatore, che fa difetto il richiamo all'art. 9 LASC, norma che disciplina le aggregazioni coatte. È manifesto nel caso di specie che l'art. 10 LASC non può costituire una base legale per la separazione coatta. È vero che a una prima approssimativa lettura, la formulazione dell'art. 10 LASC potrebbe dare adito a un'interpretazione fuorviante: per poter essere decretata la separazione, decisivo non è ch'essa sia appoggiata dalla maggioranza dei Comuni interessati, come potrebbe risultare dall'utilizzo del termine "anche", ma che siano in ogni modo cumulativamente adempiute le due ulteriori condizioni. 
 
L'appoggio, di per sé non determinante, della "maggioranza" dei Comuni implica che non tutti i Comuni interessati debbano sostenere la separazione. Se ne potrebbe dedurre, come potrebbero lasciare intendere sia il messaggio sia il rapporto sull'aggregazione in esame, che anche in presenza di votazioni consultative contrarie in uno o più Comuni interessati da una separazione, se del caso nemmeno necessariamente da quello direttamente toccato dallo scorporo, una separazione potrebbe essere decretata coattivamente. 
 
Nella fattispecie la questione non dev'essere esaminata oltre, visto che la separazione regolata dall'art. 10 LASC prevede soltanto la separazione di un territorio per aggregarlo "in un Comune a sé" o ad un altro Comune "esistente": in concreto la seconda condizione chiaramente non è adempiuta, considerato che il territorio di Lavertezzo Valle viene separato non per essere fusionato con un Comune esistente, ma per costituire il nuovo Comune di Verzasca. Del resto, nella risposta al ricorso il Consiglio di Stato ha rettamente ammesso che la criticata separazione non può fondarsi sull'art. 10 LASC. 
 
8.3. Per di più, nel messaggio governativo n. 5355 del 14 gennaio 2003 sulla nuova LASC, all'art. 9 del progetto, corrispondente all'attuale art. 10, si precisa che la separazione di frazioni o di parti di Comuni, per costituirsi in un Comune a sé o per unirsi a un altro Comune, non è di per sé attuale. D'attualità in alcuni comprensori è semmai la separazione di parte di territorio per aggregarsi a un nuovo costituendo Comune, rinviando al riguardo all'art. 3 lett. b (pag. 31), norma che non è stata oggetto di commento (pag. 20).  
 
8.4. L'art. 8 LASC, secondo cui il Gran Consiglio, tenuto conto segnatamente dell'interesse generale, decide sulla proposta di aggregazione, come richiamato nel relativo messaggio governativo e nel già citato rapporto, non implica la facoltà di imporre una separazione coatta sulla base dell'art. 9 LASC. D'altra parte, quest'ultima norma, che prevede la possibilità di imporre, a determinate condizioni, un'aggregazione coatta, parla solo di aggregazioni, non di separazioni, ciò che, come ancora si vedrà, non costituisce una dimenticanza o una lacuna impropria.  
 
Certo, nello stesso messaggio, nel commento all'art. 9 relativo alle aggregazioni coatte, dopo aver esposto le considerazioni del Tribunale federale nella sentenza 1P.700/2000 del 12 marzo 2001 in RDAT 2001 I n.1 nella causa Comune di Sala Capriasca, si rileva in maniera generica che "se necessario il discorso potrà estendersi anche a parti di Comune o frazioni, la cui partecipazione al nuovo Comune è necessaria per le stesse ragioni" (pag. 30). Questo passaggio potrebbe essere interpretato nel senso che per il Parlamento, all'epoca dell'adozione della LASC, un'aggregazione coatta poteva estendersi anche a parti di territorio di un Comune. Un'interpretazione storica dell'art. 9 LASC potrebbe pertanto comportare che si sarebbe in presenza di una base legale sufficiente, sebbene le autorità cantonali non abbiano fatto alcun riferimento a detto messaggio neppure nelle osservazioni al ricorso in esame e sebbene questa norma tratti unicamente di aggregazioni e non anche di separazioni. 
 
Ciò non è tuttavia il caso, poiché questi propositi non sono sfociati in alcuna norma. In effetti l'art. 9 del progetto (ora art. 10 LASC) al suo capoverso 2 dichiarava applicabili, per analogia, gli art. 4, 6, 7 e 8 cpv. 1 e 3: ora, l'allora art. 8 cpv. 1 e 3 è divenuto l'art. 8 cpv. 1 e 3 LASC, mentre il cpv. 2 dell'art. 8 del progetto è diventato l'art. 9 LASC. Ne discende che anche nel progetto del 2003 si è scientemente ed espressamente rinunciato a introdurre il necessario rinvio alle condizioni per imporre un'aggregazione coatta, sebbene detta questione fosse stata sollevata. Questo voluto mancato rinvio all'art. 9 LASC è stato mantenuto e confermato all'art. 10 cpv. 2 LASC. Non si può che dedurne che il Legislatore cantonale scientemente non ha voluto regolare la fattispecie di una separazione coatta. Trattasi di silenzio qualificato e non di lacuna colmabile mediante interpretazione. 
 
8.5. Ciò premesso, nella misura in cui la LASC nell'ambito di un'aggregazione tendente alla costituzione di un nuovo Comune non prevede la facoltà per il Gran Consiglio di imporre una separazione coatta di frazioni o parti di territorio, il diritto ticinese non soffre una lacuna propria, che il Tribunale federale sarebbe tenuto a colmare, anche se questa soluzione può apparire insoddisfacente o contraddittoria (cfr. DTF 140 IV 162 consid. 4.9.6 pag. 172; 139 I 57 consid. 6.2 e 6.2.3 pag. 61 segg.).  
 
Spetta quindi al Legislatore cantonale decidere se introdurre nella LASC norme specifiche tendenti a poter imporre, a determinate condizioni, anche la facoltà di decretare separazioni coatte e, se del caso, determinare tra diverse scelte possibili, quella che ritiene più appropriata, rinviando per esempio ai criteri fissati dall'art. 9 LASC, precisandoli o ampliandoli, oppure stabilendo nuove regole in vista di ulteriori, future separazioni. Nell'eventuale elaborazione della nuova normativa, al Legislatore cantonale, organo politico soggetto a un controllo democratico, dev'essere riconosciuta una grande libertà: esso dispone di un largo potere formatore, in particolare nelle materie che, come quella in esame, dipendono in maniera molto estesa da fattori politici (DTF 136 I 241 consid. 3.1 e rinvii; sentenza 1C_409/2012 del 20 dicembre 2013 consid. 2.4). 
 
8.6. In assenza della necessaria base legale, il Tribunale non può esprimersi sulle critiche di merito del ricorso.  
 
9.  
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto e il decreto legislativo impugnato è annullato. Non si prelevano spese giudiziarie (art. 66 cpv. 4 LTF) e non si attribuiscono ripetibili della sede federale al ricorrente, che ha agito nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali (art. 68 cpv. 3 LTF; DTF 134 II 117 consid. 7). 
 
 
 Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.   
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è accolto e il decreto legislativo concernente l'aggregazione dei Comuni di Brione Verzasca, Corippo, Frasco, Sonogno, Vogorno e dei territori in Valle dei Comuni di Cugnasco-Gerra e di Lavertezzo emanato il 10 marzo 2014 dal Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino è annullato. 
 
2.   
Non si prelevano spese giudiziarie e non si attribuiscono ripetibili della sede federale. 
 
3.   
Comunicazione alla patrocinatrice del ricorrente, ai Municipi di Brione Verzasca, Corippo, Frasco, Sonogno, Vogorno e Cugnasco-Gerra e al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio. 
 
 
Losanna, 25 agosto 2015 
 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Fonjallaz 
 
Il Cancelliere: Crameri