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Ecriture agrandie
 
 
Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
6B_271/2022  
 
 
Sentenza dell'11 marzo 2024  
 
I Corte di diritto penale  
 
Composizione 
Giudici federali Jacquemoud-Rossari, Presidente, 
Denys, Muschietti, van de Graaf, von Felten, 
Cancelliera Ortolano Ribordy. 
 
Partecipanti al procedimento 
Ministero pubblico del Cantone Ticino, Palazzo di giustizia, via Pretorio 16, 6901 Lugano, 
ricorrente, 
 
contro 
 
1. A.________, 
patrocinato dall'avv. Davide Fagetti, 
2. B.________, 
patrocinato dall'avv. Costantino Castelli, 
opponenti. 
 
Oggetto 
Truffa ai "crediti COVID-19"; falsità in documenti; espulsione, 
 
ricorso contro la sentenza emanata il 21 dicembre 2021 dalla Corte di appello e di revisione penale del 
Cantone Ticino (17.2021.219+220+234+237+316). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
 
A.a. B.________, cittadino italiano classe 1975, è giunto in Svizzera nel giugno 2016, alla asserita ricerca di migliori condizioni pensionistiche e di un minore carico fiscale, ed è titolare di un permesso B. Nel contesto del rilascio del permesso di soggiorno, egli ha fornito alle autorità competenti un contratto di lavoro e un contratto di locazione fittizi. Di professione chirurgo orale, in Svizzera non ha mai avuto un proprio studio, ma ha funto solamente da consulente nell'ambito di una collaborazione, durata pochi mesi, con un unico studio dentistico. Anche dopo il suo arrivo in Svizzera, egli ha continuato a dispensare consulenze in Italia, ove si recava almeno tre volte a settimana.  
A.________, cittadino italiano classe 1961, è giunto in Svizzera nell'agosto 2016 dopo aver conosciuto la sua attuale compagna, è titolare di un permesso B ed è imprenditore nei settori più disparati. In relazione a una delle società da lui costituite, è stato condannato in Italia per associazione a delinquere e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti. 
B.________ e A.________ si sono conosciuti alla fine del 2019. Il loro rapporto di amicizia è sfociato in una collaborazione professionale, mediante la condivisione di affari/progetti di investimento. 
 
A.b. Il 26 marzo 2020 A.________ ha inoltrato alla banca C.________ SA per conto della società D.________ SA, di cui era azionista e a quel momento anche amministratore unico, il modulo di richiesta per un "credito COVID-19" in ragione di fr. 500'000.--, indicando una cifra d'affari fittizia di fr. 5'900'000.--, laddove gli accrediti in favore della società nel 2019 ammontavano unicamente a complessivi fr. 936'078.74. La richiesta è stata accolta e l'importo è stato messo a disposizione della società.  
 
A.c. Il 22 aprile 2020 B.________ ha firmato, in nome e per conto della propria ditta individuale, e inoltrato alla banca C.________ SA un formulario di richiesta per un "credito COVID-19" in ragione di 80'000.--, indicando una cifra d'affari fittizia di fr. 1'050'000.--. Su domanda della banca ha allegato un bilancio e un conto economico con dati inveritieri relativi all'anno 2019, da cui risultavano ricavi d'esercizio per fr. 1'051'680.-- e un utile di fr. 215'543.49; in quell'anno però gli accrediti in favore della ditta totalizzavano euro 403'890.74 e fr. 1'000.--. La banca ha concesso il credito e accreditato il relativo importo sulla relazione bancaria intestata a B.________.  
 
A.d. Nel mese di aprile 2020 B.________ ha acquistato dal suo fiduciario la società E.________ SA, priva di qualsiasi attività. Il 27 aprile 2020 ha assunto la carica di amministratore unico e il 10 giugno 2020 ha acceso un conto a nome della società presso la banca F.________ SA. Dopo aver compilato, unitamente a A.________, un formulario di richiesta per un "credito COVID-19" di fr. 500'000.-- in nome e per conto della società, inserendo una cifra d'affari inventata di fr. 5'780'000.--, il 16 giugno 2020 B.________ ha inoltrato il formulario alla banca. Su richiesta di quest'ultima, ha allegato un bilancio e un conto economico relativi all'anno 2019, creati ad arte da A.________ attraverso un programma informatico, da cui risultavano ricavi d'esercizio per fr. 5'782'159.72 e un utile di fr. 91'486.12. Nel 2019 E.________ SA era però una società dormiente, mentre nel 2018 aveva registrato ricavi per soli fr. 10'811.71 e una perdita di fr. 39'614.62. Sulla base della documentazione fornita, la banca ha concesso il credito e accreditato il relativo importo sulla relazione bancaria intestata alla società e sulla quale B.________ aveva un diritto di firma. Per giustificare i trasferimenti a debito del conto intestato a E.________ SA, A.________, in accordo con B.________, ha creato una serie di fatture false, tra cui una datata 7 maggio 2020, emessa da B.________, relativa a prestazioni di "chirurgia e implantoprotesi" per un totale di fr. 108'000.-- (apparentemente) a carico di A.________.  
 
A.e. Su indicazione di B.________ e A.________, il 28 luglio 2020 G.________, in nome e per conto della società H.________ SA, di cui era amministratore unico, ha firmato e inoltrato alla banca C.________ SA un formulario di richiesta per un "credito COVID-19" in ragione di fr. 480'000.--, in cui veniva indicata una cifra d'affari fittizia di fr. 5'350'000.--. Su domanda dell'istituto bancario, al modulo erano allegati un bilancio e un conto economico relativi agli anni 2019 e 2018, in cui figuravano, contrariamente al vero, ricavi per fr. 5'357'825.-- e un utile di fr. 69'395.09 per l'anno 2019, nonché ricavi per fr. 2'417'041.92 e un utile di fr. 20'891.98 per l'anno 2018. In realtà, per l'anno 2018 i ricavi ammontavano a fr. -13'200.-- e si registrava una perdita di fr. 2'626.30, e il bilancio provvisorio 2019 mostrava una perdita di fr. 19'958.76. Sulla base della documentazione fornita, la banca ha concesso il credito e ha accreditato il relativo importo sulla relazione bancaria intestata alla società.  
 
 
B.  
Con sentenza del 16 giugno 2021, la Corte delle assise criminali ha riconosciuto B.________ e A.________ correi di ripetuta truffa e di ripetuta falsità in documenti in relazione ai "crediti COVID-19" per la ditta individuale di B.________, per le società E.________ SA e H.________ SA, e in relazione alla fattura fittizia del 7 maggio 2020. Ha dichiarato A.________, singolarmente, autore colpevole di truffa e di ripetuta falsità in documenti in relazione ai "crediti COVID-19" per la società D.________ SA e in relazione al "formulario K" per la determinazione del detentore del controllo della società H.________ SA, mentre ha prosciolto B.________ dalle imputazioni di tentato inganno nei confronti delle autorità e di contravvenzione alla legge sanitaria cantonale. La Corte delle assise criminali ha condannato B.________ alla pena detentiva di 3 anni e 4 mesi, nonché al pagamento di un risarcimento equivalente di fr. 67'831.18, e ha pronunciato la sua espulsione dal territorio svizzero per la durata di 5 anni. Ha condannato A.________ alla pena detentiva di 4 anni, nonché al pagamento di un risarcimento equivalente di fr. 957.20, e ha pronunciato la sua espulsione dal territorio svizzero per la durata di 8 anni. La Corte delle assise criminali ha infine ordinato la confisca e l'assegnazione all'accusatrice privata I.________ delle somme di denaro sotto sequestro (segnatamente fr. 67'831.18 e fr. 957.20) e ha condannato A.________ a versare all'accusatrice privata fr. 491'866.12 oltre interessi e A.________ e B.________, in solido, a versare all'accusatrice privata fr. 976'798.80 oltre interessi. 
 
C.  
Il 21 dicembre 2021 la Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino (CARP) ha accolto parzialmente gli appelli di B.________ e di A.________ e l'appello incidentale del Ministero pubblico. Ha prosciolto B.________ e A.________ dall'imputazione di truffa in relazione ai "crediti COVID-19" per la ditta individuale di B.________ e per la società E.________ SA nonché dall'imputazione di falsità in documenti in relazione alla fattura del 7 maggio 2020 e ha riconosciuto B.________ autore colpevole di tentato inganno nei confronti delle autorità giusta l'art. 118 cpv. 1 LStrI. Ha invece confermato le altre condanne pronunciate in prima istanza. La CARP ha inflitto a B.________ la pena detentiva di 2 anni e 6 mesi, sospesa condizionalmente in ragione di 15 mesi per un periodo di prova di 2 anni, ma ha rinunciato a pronunciare la sua espulsione dal territorio svizzero, e ha condannato A.________ alla pena detentiva di 3 anni e 6 mesi, confermando la sua espulsione dal territorio svizzero per la durata di 8 anni. La CARP ha altresì confermato i risarcimenti equivalenti e i sequestri conservativi pronunciati in primo grado. Ha inoltre condannato A.________ al pagamento a favore dell'accusatrice privata di fr. 491'866.12 oltre interessi, e A.________ e B.________, in solido, al pagamento sempre a favore dell'accusatrice privata di complessivi fr. 776'798.80 oltre interessi. 
 
D.  
Il Ministero pubblico del Cantone Ticino impugna questo giudizio con un ricorso in materia penale. Postula, a titolo principale, che A.________ e B.________ siano riconosciuti autori colpevoli di truffa anche in relazione ai "crediti COVID-19" per la ditta individuale di B.________ e per la società E.________ SA, nonché di falsità in documenti in relazione alla fattura del 7 maggio 2020, che siano condannati alla pena detentiva rispettivamente di 5 anni e di 4 anni e che sia pronunciata l'espulsione di B.________ per la durata di 8 anni. Subordinatamente chiede l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla CARP per nuovo giudizio. 
Invitati a esprimersi, B.________ chiede che il ricorso sia respinto, per quanto ammissibile, e A.________ postula che sia dichiarato inammissibile, subordinatamente che sia respinto, e domanda di essere posto al beneficio dell'assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio. La CARP è rimasta silente. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
 
1.1. Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con cognizione piena l'ammissibilità del rimedio esperito (DTF 149 IV 97 consid. 1).  
 
1.2. Il ricorso è diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 80 cpv. 1 LTF). La via del ricorso in materia penale è di massima esperibile. L'impugnativa è tempestiva (art. 100 cpv. 1 LTF) e presentata nelle forme richieste (art. 42 cpv. 1 LTF).  
 
1.3. Giusta l'art. 81 cpv. 1 LTF, ha diritto di interporre ricorso in materia penale chi ha partecipato al procedimento dinanzi all'autorità inferiore o è stato privato della possibilità di farlo (lett. a) e ha un interesse giuridicamente protetto all'annullamento o alla modifica della decisione impugnata (lett. b), segnatamente il pubblico ministero (n. 3).  
 
A.________ contesta la legittimazione dell'insorgente, in quanto privo di un interesse giuridicamente protetto ai sensi dell'art. 81 cpv. 1 lett. b LTF. Il pubblico ministero non si sarebbe infatti opposto alla "liberazione condizionale" da lui chiesta e ottenuta nelle more del procedimento dinanzi al Tribunale federale. Avesse esso avuto ancora un interesse a ottenere la condanna a una pena detentiva di 5 anni, si sarebbe dovuto opporre. A.________ osserva poi di aver ormai subito una privazione della libertà di un periodo quasi equivalente ai 2/3 della pena detentiva postulata dal ricorrente di modo che, anche nella denegata ipotesi in cui l'impugnativa fosse accolta, egli dovrebbe essere posto al beneficio della liberazione condizionale della pena. Per queste ragioni, conclude A.________, il procedimento avrebbe perso la sua ragion d'essere. 
L'obiezione è speciosa e priva di fondamento. Il pubblico ministero è titolare dell'azione penale ed è responsabile dell'esercizio uniforme della pretesa punitiva dello Stato (art. 16 cpv. 1 CPP). Il suo interesse a ricorrere, che deriva direttamente dalla pretesa punitiva dello Stato, si confonde con l'interesse pubblico a una corretta e uniforme applicazione del diritto federale. Nella misura in cui trattasi dell'attuazione della pretesa punitiva in quanto tale o delle connesse questioni di diritto sostanziale o procedurale, il pubblico ministero è legittimato a ricorrere in materia penale al Tribunale federale (DTF 148 IV 275 consid. 1.3; 142 IV 196 consid. 1.5; CHRISTIAN DENYS, in Commentaire de la LTF, 3a ed. 2022, n. 38 ad art. 81 LTF). In concreto, a prescindere dalla pretesa mancata opposizione alla scarcerazione di uno degli opponenti, l'insorgente dispone manifestamente di un interesse giuridicamente protetto alla modifica o all'annullamento della sentenza impugnata, contestando esso i proscioglimenti pronunciati dalla CARP ed esercitando così l'azione penale. 
Si giustifica pertanto di entrare nel merito del ricorso. 
 
2.  
Il Tribunale federale applica il diritto d'ufficio (art. 106 cpv. 1 LTF). Non è vincolato né dagli argomenti sollevati nel ricorso né dai motivi addotti dall'autorità precedente, può accogliere un gravame per motivi diversi da quelli invocati dalla parte insorgente e respingerlo adottando un'argomentazione differente da quella esposta nel giudizio impugnato (DTF 148 II 73 consid. 8.3.1). 
 
3.  
Questo procedimento concerne l'ottenimento di "crediti COVID-19". Preliminarmente, benché già esposti dalla CARP, appare opportuno illustrare anche in questa sede la situazione e il quadro legale in cui si inseriscono i fatti oggetto di ricorso. 
 
3.1. Considerata la rapida diffusione del coronavirus (epidemia da SARS-CoV-2), il 16 marzo 2020 il Consiglio federale ha proclamato la "situazione straordinaria" ai sensi dell'art. 7 della legge del 28 settembre 2012 sulle epidemie (LEp; RS 818.101) e ha adottato una serie di provvedimenti a tutela della popolazione, tra cui la chiusura di strutture accessibili al pubblico (v. art. 6 cpv. 2 dell'ordinanza 2 sui provvedimenti per combattere il coronavirus del 13 marzo 2020 [ordinanza 2 COVID-19; RS 818.101.24] nella versione in vigore dal 17 marzo 2020 [RU 2020 783]; v. anche comunicato stampa del Consiglio federale del 16 marzo 2020, < www.admin.ch > sotto documentazione/comunicati stampa/comunicati stampa del Consiglio federale).  
Per arginare le conseguenze economiche connesse alla propagazione del coronavirus, in particolare per ovviare ai problemi di liquidità consecutivi alle chiusure e al repentino calo della domanda, il 20 marzo 2020 il Consiglio federale ha annunciato, tra l'altro, un imminente programma di aiuti mediante crediti transitori con fideiussioni della portata di 20 miliardi di franchi (comunicato stampa del Consiglio federale del 20 marzo 2020). A distanza di pochi giorni, dopo l'approvazione di un credito d'impegno da parte della Delegazione delle finanze delle Camere federali (comunicato stampa del Consiglio federale del 25 marzo 2020), il Consiglio federale ha licenziato l'ordinanza (di necessità) del 25 marzo 2020 concernente la concessione di crediti e fideiussioni solidali in seguito al coronavirus (ordinanza sulle fideiussioni solidali COVID-19, OFis-COVID-19; RS 951.261), entrata in vigore il giorno seguente, ossia il 26 marzo 2020 (v. art. 25 cpv. 1 OFis-COVID-19). Con questa normativa si offriva ai lavoratori indipendenti e alle piccole e medie imprese (PMI) un accesso semplice, rapido e senza formalità burocratiche a crediti bancari e quindi alla necessaria liquidità per far fronte ai loro costi fissi per i mesi a venire (v. Amministrazione federale delle finanze [AFF], Ordinanza sulle fideiussioni solidali COVID-19, Spiegazioni, 14 aprile 2020, pag. 2, < https://covid19.easygov.swiss > sotto Crediti Covid 19/base giuridica [consultato il 24 novembre 2023] [in seguito AFF, Spiegazioni]; Messaggio del 18 settembre 2020 relativo alla legge federale concernente i crediti garantiti da una fideiussione solidale in seguito al coronavirus, FF 2020 7428 e 7432 n. 1.1). Il sistema posto in essere si avvaleva dello strumento già esistente e di provata efficacia delle fideiussioni solidali concesse dalle quattro organizzazioni, riconosciute dalla Confederazione (v. art. 1 cpv. 2 OFis-COVID-19), a garanzia di mutui accordati alle PMI (AFF, Spiegazioni, pag. 2; FF 2020 7432 seg., n. 1.2). 
 
3.2.  
 
3.2.1. Potevano partecipare al programma di sostegno disciplinato dall'OFis-COVID-19, e quindi ottenere rapidamente un credito bancario garantito da fideiussione solidale, le imprese individuali, le società di persone o le persone giuridiche con sede in Svizzera, a condizione di essere state costituite prima del 1° marzo 2020; di non avere, al momento della presentazione della richiesta, delle procedure pendenti di fallimento, concordatarie o di liquidazione; di subire un notevole pregiudizio economico in seguito alla pandemia di COVID-19; e di non avere già ricevuto, al momento della presentazione della richiesta, garanzie di liquidità in virtù delle disposizioni previste dal diritto d'urgenza nell'ambito dello sport o della cultura (v. art. 3 cpv. 1 OFis-COVID-19). Essendo concepito quale sostegno alle PMI, erano escluse dal programma di crediti garantiti da fideiussioni solidali le imprese la cui cifra d'affari nel 2019 aveva superato i 500 milioni di franchi (art. 6 cpv. 2 lett. a OFis-COVID-19; AFF, Spiegazioni, pag. 9, ad art. 6 OFis-COVID-19).  
 
3.2.2. L'importo del credito garantito da fideiussione poteva ammontare al massimo al 10 % della cifra d'affari realizzata dal richiedente nel 2019 (art. 7 OFis-COVID-19) e non poteva superare i 20 milioni di franchi (art. 4 cpv. 1 OFis-COVID-19), salvo casi eccezionali e previa approvazione del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca, d'intesa con il Dipartimento federale delle finanze (art. 4 cpv. 2 OFis-COVID-19). L'entità della garanzia variava in funzione dell'ammontare del credito. I crediti bancari fino a fr. 500'000.-- al massimo ("crediti COVID-19") erano interamente garantiti mediante fideiussione solidale (art. 3 cpv. 1 OFis-COVID-19), mentre per quelli di somme superiori ("crediti COVID-19 Plus") la garanzia era limitata all'85 % del nuovo importo di credito (art. 4 cpv. 5 OFis-COVID-19). La fideiussione non comportava alcun costo per i beneficiari né a titolo di emolumenti per l'esame della richiesta né a titolo di premi di rischio (v. AFF, Spiegazioni, pag. 12, ad art. 8 OFis-COVID-19; FF 2020 7469 n. 5.5 ad art. 14 LFiS-COVID-19).  
 
3.2.3. La fideiussione solidale secondo l'OFis-COVID-19 serviva esclusivamente alla garanzia di crediti bancari per le esigenze di liquidità correnti del richiedente (art. 6 cpv. 1 OFis-COVID-19) derivanti dall'epidemia di coronavirus (v. art. 2 cpv. 1 della legge federale del 18 dicembre 2020 concernente i crediti garantiti da una fideiussione solidale in seguito al coronavirus, legge sulle fideiussioni solidali COVID-19, LFiS-COVID-19; RS 951.26). Il credito ottenuto poteva essere utilizzato unicamente per coprire il fabbisogno finanziario connesso all'attività operativa del richiedente, in altre parole per sopperire alla mancanza di liquidità consecutiva al calo dei ricavi in seguito alla crisi innescata dal coronavirus e per scongiurare l'insolvenza (CHRIST/KELLER/SIMIC, Hilfsmassnahmen für Unternehmen, in COVID-19: Ein Panorama der Rechtsfragen zur Corona-Krise, 2020, pagg. 539 segg., n. 30 seg.; BRECHBÜHL/CHENAUX/LENGAUER/NÖSBERGER, Covid-19-Kredite - Rechtsgrundlagen und Praxis der Missbrauchsbekämpfung, Eine Standortbestimmung, Jusletter del 5 ottobre 2020, n. 20). L'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 escludeva pertanto espressamente, per la durata della fideiussione solidale, una serie di operazioni finanziarie e commerciali. Nel complesso, tale norma mirava a evitare il deflusso di liquidità e, segnatamente, a impedire che i crediti ricevuti in virtù dell'OFis-COVID-19 fossero impiegati, direttamente o indirettamente, per scopi diversi da quello previsto, ossia il mantenimento della continuità operativa dell'attività economica (AFF, Spiegazioni, pag. 10, ad art. 6 OFis-COVID-19). Costituiva altresì una sorta di incentivo a un sollecito ammortamento del credito nella prospettiva di riacquisire una piena libertà imprenditoriale (v. FF 2020 7452 seg., n. 5.2 ad art. 2 LFiS-COVID-19).  
 
3.2.4. Nell'ottica di rispondere all'urgenza della situazione e di garantire un accesso rapido e privo di formalità burocratiche ai crediti bancari, la concessione di "crediti COVID-19", concepiti come "aiuti immediati" (v. FF 2020 7433, n. 1.2), soggiaceva a una procedura semplificata e standardizzata, imperniata in sostanza su un'autodichiarazione del richiedente il credito (AFF, Spiegazioni, pag. 3; DOMINIK RIEDER, Gesellschaftsrechtlicher Blick auf die COVID-19-Kreditverordnung, Jusletter del 6 aprile 2020, n. 17). In breve, il richiedente compilava il modulo per l'accordo di "credito COVID-19", disponibile online, di cui all'allegato 2 dell'OFis-COVID-19, e lo inoltrava alla banca (o a PostFinance SA, se già cliente di quest'ultima, v. art. 19 cpv. 2 OFis-COVID-19) che partecipava al programma di aiuti, dopo aver accettato le relative condizioni quadro di cui all'allegato 1 OFis-COVID-19 (v. art. 3 cpv. 2 OFis-COVID-19). Se le condizioni per ottenere un "credito COVID-19" erano riunite, la banca trasmetteva l'accordo di credito all'organizzazione che concede fideiussioni (v. art. 11 cpv. 1 OFis-COVID-19; AFF, Spiegazioni, pag. 4). Il modulo compilato dal richiedente fungeva da richiesta di credito e contemporaneamente, dopo accettazione della banca, da contratto di credito (CHRIST/KELLER/SIMIC, op. cit., n. 18). La trasmissione alla banca dell'accordo di credito sottoscritto dal richiedente aveva inoltre valore di richiesta di fideiussione solidale (art. 11 cpv. 1 OFis-COVID-19; AFF, Spiegazioni, pag. 13, ad art. 11 OFis-COVID-19). Con una semplice autocertificazione, il richiedente confermava che le informazioni contenute nel modulo presentato per la richiesta erano complete e veritiere (art. 11 cpv. 2 OFis-COVID-19). L'adempimento delle condizioni per ottenere un "credito COVID-19" non era oggetto di alcuna verifica dettagliata (FF 2020 7442, n. 4.1.3; RIEDER, op. cit., n. 17) da parte della banca, fidandosi essa dell'autodichiarazione del richiedente (CHRIST/ KELLER/SIMIC, op. cit., n. 18). Infatti, l'esame della banca si riduceva, in sostanza, al controllo della completezza delle dichiarazioni e informazioni esatte nell'accordo di credito, alla verifica della firma e del diritto di firma per la valida conclusione di negozi giuridici e al controllo che l'importo del credito richiesto non superasse il 10 % della cifra d'affari autodichiarata realizzata nel 2019 (Segreteria di Stato dell'economia [SECO], Missbrauchsbekämpfung: Prüfkonzept, COVID-19 Solidarbürgschaften, versione 00.08 del 23 giugno 2020, n. 5.2.1 pag. 14, < https://covid19.easygov.swiss > sotto Crediti Covid-19/Altre informazioni [consultato il 24 novembre 2023] [in seguito SECO, Prüfkonzept 00.08]; la stessa, Missbrauchsbekämpfung: Prüfkonzept, COVID-19 Solidarbürgschaften, versione 00.05 del 12 maggio 2020, n. 5.2.1 pag. 14, allegato al comunicato stampa della SECO del 15 maggio 2020, < https://www.seco.admin.ch >, sotto la SECO/Comunicati stampa [consultato il 24 novembre 2023] [in seguito SECO, Prüfkonzept 00.05]). Se il modulo era compilato in modo completo e formalmente corretto, la banca concedeva il credito (CHRIST/KELLER/SIMIC, op. cit., n. 18). Una volta ricevuto l'accordo di credito sottoscritto dal richiedente e inviatolo all'ufficio centrale designato dalle organizzazioni che concedono fideiussioni, il "credito COVID-19" era considerato automaticamente garantito. Lo stesso valeva se la banca aveva liberato il corrispondente importo del credito al richiedente (art. 3 cpv. 3 OFis-COVID-19; v. pure AFF, Spiegazioni, pag. 4).  
Anche i "crediti COVID-19 Plus" soggiacevano a una procedura agevolata, in cui però le banche, oltre a verificare la completezza delle dichiarazioni e informazioni esatte nell'accordo di credito, eseguivano un esame del credito secondo la prassi del settore (art. 4 cpv. 1 lett. b OFis-COVID-19), ossia un esame della solvibilità del richiedente (affidabilità e capacità creditizie) nonché una valutazione di eventuali garanzie (SECO, Prüfkonzept 00.08, n. 5.2.2 pag. 14; la stessa, Prüfkonzept 00.05, n. 5.2.2 pag. 14) per la parte del credito non coperta mediante fideiussione (Associazione svizzera dei banchieri [ASB], Linee guida per la gestione dei crediti COVID-19, stato 2 febbraio 2022, pag. 3, < www.swissbanking.ch > sotto Download/Guide&raccomandazioni [consultato il 24 novembre 2023]). L'erogazione del "credito COVID-19 Plus" avveniva dopo la sottoscrizione del contratto di fideiussione tra la banca e la competente organizzazione che concede fideiussioni (AFF, Spiegazioni, pag. 5; FF 2020 7434, n. 1.2 lett. b).  
Le richieste di credito potevano essere inoltrate dal 26 marzo 2020 sino al 31 luglio 2020 (art. 11 cpv. 1 OFis-COVID-19). 
 
3.2.5. Nell'arco di appena una settimana dall'entrata in vigore dell'OFis-COVID-19, sono stati conclusi 76'034 accordi di credito per un volume complessivo di oltre 14 miliardi di franchi. A causa della forte domanda, sintomatica di una reale esigenza di liquidità delle PMI, il 3 aprile 2020 il Consiglio federale ha proposto al Parlamento di aumentare il credito d'impegno, e quindi il volume massimo delle fideiussioni, dagli iniziali 20 miliardi a 40 miliardi di franchi (comunicato stampa del Consiglio federale del 3 aprile 2020). Il 7 aprile 2020 la Delegazione delle finanze delle Camere federali ha approvato una prima tranche di 10 miliardi di franchi del credito aggiuntivo, ritenuta urgente, concedendo un anticipo (comunicato stampa della Delegazione delle finanze dell'8 aprile 2020, < www.parlament.ch > sotto organi/ delegazioni/delegazione delle finanze/comunicati stampa [consultato il 24 novembre 2023]).  
In totale risultano essere stati concessi 137'870 "crediti COVID-19 (Plus) " per un volume complessivo che sfiora i 17 miliardi di franchi (v. < https://covid19.easygov.swiss > sotto Crediti Covid-19/panoramica dei crediti transitori Covid-19 [consultato il 24 novembre 2023]). 
 
3.3. In quanto fondata sul diritto di necessità (v. art. 185 cpv. 3 Cost., art. 7d cpv. 1 della legge del 21 marzo 1997 sull'organizzazione del Governo e dell'Amministrazione [LOGA; RS 172.010]), la validità dell'OFis-COVID-19 era contenuta nel tempo. Inizialmente limitata a 6 mesi dalla sua entrata in vigore (art. 25 cpv. 2 OFis-COVID-19), la sua validità è stata successivamente prorogata sino all'entrata in vigore di una legge che la sostituisse (art. 25 cpv. 3 OFis-COVID-19, art. 7d cpv. 2 n. 1 LOGA) per evitare lacune normative o un vuoto giuridico (FF 2020 7449 n. 4.4). Il 19 dicembre 2020 è entrata in vigore la LFiS-COVID-19 che traspone, con alcune variazioni, l'OFis-COVID-19 in una legge ordinaria (urgente, v. art. 31 cpv. 1 LFiS-COVID-19) (FF 2020 7428). La fase di richiesta e di concessione dei "crediti COVID-19 (Plus) " essendosi conclusa il 31 luglio 2020 (art. 11 cpv. 1 OFis-COVID-19), la LFiS-COVID-19 non riprende le disposizioni dell'ordinanza sui presupposti per la concessione di crediti garantiti, sul loro calcolo e sulle modalità di presentazione delle relative richieste. Al riguardo le pertinenti norme dell'OFis-COVID-19 conservano dunque la loro rilevanza (FF 2020 7439, n. 4.1.1).  
 
3.4. La concessione di crediti transitori sulla (sola) scorta di un'autodichiarazione del richiedente comportava un potenziale di abusi. L'art. 23 OFis-COVID-19 puniva con la multa sino a fr. 100'000.-- chiunque ottenesse un credito secondo l'OFis-COVID-19 fornendo intenzionalmente informazioni false oppure utilizzasse il credito in deroga all'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19, sempre che non si trattasse di un reato più grave secondo il CP. Questa disposizione penale è stata ripresa nell'art. 25 cpv. 1 LFiS-COVID-19, con alcune modifiche che concernono solo la sistematica del diritto (FF 2020 7476 ad art. 25 LFiS-COVID 19), in particolare il riferimento all'art. 6 cpv. 3 OFis-COVID-19 è stato sostituito da quello all'art. 2 cpv. 2-4 LFiS-COVID-19. La disposizione penale costituisce una contravvenzione (art. 103 CP). Contrariamente all'art. 23 OFis-COVID-19, silente in merito, l'art. 25 cpv. 2 LFiS-COVID-19 fissa a 7 anni il termine di prescrizione dell'azione penale, derogando alla regola generale dell'art. 109 CP. Il termine di prescrizione di 7 anni è applicabile anche alle infrazioni all'OFis-COVID-19, purché la relativa azione penale non sia già estinta da prescrizione all'entrata in vigore della LFiS-COVID-19 (art. 25 cpv. 2 seconda frase LFiS-COVID-19).  
La contravvenzione di cui all'art. 23 OFis-COVID-19, rispettivamente all'art. 25 cpv. 1 LFiS-COVID-19 è una fattispecie residuale (BRECHBÜHL/ CHENAUX/LENGAUER/NÖSBERGER, op. cit., n. 59), essendo sussidiaria rispetto ai reati più gravi previsti dal CP (MICHELI/SPAHNI, Irrégularités dans les crédits COVID-19, PJA 2023 pag. 474; FRANÇOIS MICHELI, in Corona-Kredite für KMU, 2021, n. 51 ad art. 25 LFiS-COVID-19; JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, Die Profiteure der Krise, Jusletter del 3 agosto 2020, n. 53; WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, Strafrecht in Zeiten der Pandemie, 2021, pag. 18). 
 
4.  
Secondo il ricorrente, l'agire degli opponenti in relazione all'ottenimento di "crediti COVID-19" per la ditta individuale di B.________ e per la società E.________ SA adempirebbe gli estremi della truffa. 
La questione di sapere se l'ottenimento illecito di "crediti COVID-19" realizzi i presupposti della truffa è oggetto di controversie dottrinali. Se per taluni autori, in linea di massima, esso può configurare il reato di cui all'art. 146 CP (MÄRKLI/GUT, Missbrauch von Krediten nach COVID-19- Solidarbürgschaftsverordnung, AJP 2020 pag. 728; JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, op. cit., n. 12 segg.; BRECHBÜHL/CHENAUX/LENGAUER/ NÖSBERGER, op. cit., n. 63; MICHELI/SPAHNI, op. cit., pagg. 4 73 seg.; MICHELI, op. cit., n. 66 segg. ad art. 25 LFiS-COVID-19; ZRYD/SMADJA, Abus aux crédits Covid-19: aspects pénaux et pratiques, Plaidoyer 2021 pagg. 21 seg.), per altri invece una condanna per truffa sarebbe esclusa, in assenza di un inganno astuto (SMADJA/MICHOD, La répression des fraudes aux crédits COVID, Plaidoyer 2023 pagg. 21 segg. con riferimento unicamente alle false informazioni relative alla cifra d'affari) e di un danno (WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, op. cit., pagg. 20 segg. e 24 segg.).  
 
5.  
Giusta l'art. 146 cpv. 1 CP, si rende colpevole di truffa chiunque, per procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, inganna con astuzia una persona affermando cose false o dissimulando cose vere, oppure ne conferma subdolamente l'errore inducendola in tal modo ad atti pregiudizievoli al patrimonio proprio o altrui. 
Sotto il profilo oggettivo, il reato presuppone un inganno astuto, un errore della vittima, un atto pregiudizievole agli interessi patrimoniali suoi o altrui, un danno (DTF 122 IV 246 consid. 3a), nonché un nesso causale tra l'inganno astuto e l'atto di disposizione patrimoniale (DTF 128 IV 255 consid. 2e/aa). Sotto il profilo soggettivo, l'autore deve agire intenzionalmente e allo scopo di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto (DTF 122 IV 246 consid. 3a). La giurisprudenza ha inoltre precisato che deve sussistere un'identità materiale tra l'indebito profitto e il pregiudizio patrimoniale, in altre parole il danno costituito dal pregiudizio patrimoniale deve corrispondere all'indebito profitto costituito dal vantaggio patrimoniale (DTF 134 IV 210 consid. 5.3). 
 
5.1. L'inganno consiste in qualsiasi comportamento volto a suscitare in una persona una rappresentazione dei fatti diversa dalla realtà (DTF 147 IV 73 consid. 3.1). L'inganno dev'essere astuto. Secondo una consolidata giurisprudenza, vi è astuzia non solo quando l'autore si avvale di un edificio di menzogne, di maneggi fraudolenti o di una messinscena (su tali nozioni v. DTF 147 IV 73 consid. 3.2; 135 IV 76 consid. 5.2), ma anche laddove si limiti semplicemente a fornire delle false informazioni, la cui verifica non è possibile, è difficile o non è ragionevolmente esigibile, oppure se egli dissuade la vittima dall'effettuare una verifica o prevede, date le circostanze, che essa rinuncerà a farla in virtù di un particolare rapporto di fiducia (DTF 147 IV 73 consid. 3.2).  
 
5.1.1. La truffa è un reato relazionale ( Beziehungsdelikt) in cui l'autore influenza la rappresentazione dei fatti della persona ingannata e la induce così a danneggiare sé stessa o altri, disponendo del patrimonio proprio o altrui in favore dell'autore o di terzi. Con il suo atto di disposizione la persona ingannata contribuisce alla realizzazione del reato. Per questa ragione, oltre all'agire dell'autore, è esaminata la responsabilità della persona ingannata, segnatamente le sue possibilità di tutelarsi evitando l'errore (DTF 135 IV 76 consid. 5.2).  
Per determinare se l'autore ha agito con astuzia e se la vittima ha omesso di adottare le più elementari misure di prudenza, non ci si deve domandare come avrebbe reagito all'inganno una persona ragionevole ed esperta, bensì occorre prendere in considerazione la situazione concreta della vittima, così come l'autore la conosce e la sfrutta (DTF 143 IV 302 consid. 1.3; 142 IV 153 consid. 2.2.2; 135 IV 76 consid. 5.2; 128 IV 18 consid. 3a). 
 
5.1.2. Riservata l'esistenza di un rapporto di fiducia (v. supra consid. 5.1), il Tribunale federale ha da sempre negato l'astuzia in presenza di una semplice falsa informazione, di cui è possibile verificare l'esattezza senza particolari sforzi (DTF 122 IV 197 consid. 3d; 72 IV 12, 126 consid. 1). Chi avrebbe potuto tutelarsi con un minimo di attenzione, rispettivamente evitare l'errore con un minimo di ragionevole precauzione, non è protetto dall'art. 146 CP (DTF 147 IV 73 consid. 3.2; 128 IV 18 consid. 3a; 126 IV 165 consid. 2a; 122 IV 246 consid. 3a; 120 IV 122 consid. 6a/bb, 186 consid. 1a; 119 IV 28 consid. 3a). L'elemento costituivo dell'astuzia pone in rilievo la corresponsabilità della vittima dell'inganno, che deve dimostrare un minimo di prudenza (DTF 126 IV 165 consid. 2a). Trattasi di una misura di prevenzione del crimine. Ciò non deve tuttavia essere richiamato per negare troppo facilmente il carattere astuto dell'inganno (DTF 128 IV 18 consid. 3a). La realizzazione della truffa non presuppone che la vittima abbia dato prova della massima diligenza e adottato tutte le possibili misure di prudenza. Non si tratta quindi di sapere se la vittima abbia fatto tutto ciò che poteva per evitare di essere ingannata. In ogni caso, di regola è possibile, al momento della conclusione di un contratto, presupporre un minimo di onestà del contraente, che non dev'essere trattato per principio con diffidenza. L'astuzia va negata solo ove la vittima sia corresponsabile del danno per non aver osservato le misure più elementari che si imponevano. Di conseguenza, la tutela penale non decade in presenza di una qualsiasi negligenza della vittima, ma solo di una leggerezza tale da relegare in secondo piano il comportamento truffaldino dell'autore (DTF 147 IV 73 consid. 3.2 con rinvii). Solo eccezionalmente pertanto la corresponsabilità della vittima esclude la punibilità penale del truffatore (DTF 143 IV 302 consid. 1.4.1).  
Il livello di attenzione esigibile e la conseguente possibilità di evitare l'inganno dipendono dal caso concreto (DTF 143 IV 302 consid. 1.4.1). In quest'ambito risultano decisivi la situazione e il bisogno di tutela della persona interessata (DTF 142 IV 153 consid. 2.2.2). In linea di principio, considerate la competenza e le conoscenze specifiche dei loro organi e collaboratori, le banche sono tenute a dar prova di una vigilanza accresciuta. Ciò non significa tuttavia che le esigenze nei loro confronti siano a tal punto elevate da imporre loro l'adozione di tutte le misure di prudenza possibili. Ove dunque l'inganno sia diretto contro una banca, il suo carattere astuto può essere escluso solo se, alla luce delle circostanze del singolo caso, l'istituto bancario abbia agito con leggerezza, per esempio accordando fedefacenza a un documento grossolanamente falsificato (sentenza 6B_244/2023 del 25 agosto 2023 consid. 4.1 e rinvii). Esigere dalle banche un livello di prudenza maggiore le renderebbe delle vittime più interessanti per i potenziali truffatori, a causa delle maggiori probabilità di impunità conseguente alla corresponsabilità delle banche (sentenza 6B_219/2021 del 19 aprile 2023 consid. 4.2, non pubblicato in DTF 149 IV 248). 
 
5.1.3. Chiunque cerchi di ottenere qualcosa fornendo delle false informazioni spera che non siano effettuati controlli, benché possibili. Ciò tuttavia non è sufficiente per riconoscere il carattere astuto dell'inganno. Se così fosse, infatti, tale elemento costitutivo del reato non permetterebbe più di circoscrivere gli inganni punibili giusta l'art. 146 CP. La previsione dell'autore in merito all'assenza di verifiche può configurare l'astuzia unicamente ove, risultando da un particolare rapporto di fiducia o poggiando su una regolamentazione o un'assicurazione chiare, non costituisca una semplice aspettativa conseguente a determinate osservazioni, bensì una certezza (DTF 116 IV 218 consid. 3b; 108 Ib 296 consid. 7a; 107 IV 169 consid. 2c; v. pure sentenze 6S.90/2005 del 22 luglio 2005 consid. 2.4; 6S.740/1993 dell'11 febbraio 1994 consid. 2a; 6S.39/1990 del 29 marzo 1990 consid. 3b).  
Secondo la giurisprudenza, tuttavia, non sussiste di regola un inganno astuto nel caso in cui una banca conceda piccoli crediti sulla sola scorta delle informazioni fornite dai richiedenti il credito, senza esigere documenti giustificativi o procedere a verifiche di sorta, nell'ottica di non ostacolare l'acquisizione di clienti. In tale costellazione, infatti, difetta un rapporto di fiducia, di modo che, in linea di principio, false informazioni, che possono essere verificate, non assurgono a inganno astuto, anche se la prassi della banca è nota al potenziale mutuatario, che pertanto presume l'assenza di qualsiasi verifica delle sue informazioni (DTF 107 IV 169 consid. 2c, recentemente ribadita dalla sentenza 6B_383/2019 dell'8 novembre 2019 consid. 6.5.4, non pubblicato in DTF 145 IV 470). 
 
Il Tribunale federale ha nondimeno rilevato che l'astuzia può essere data anche in presenza di semplici false informazioni, laddove nel settore considerato non è consuetudine procedere a delle verifiche approfondite, perché ad esempio appaiono sproporzionate e le circostanze concrete del singolo caso non suggeriscono né impongono particolari precauzioni. In tali circostanze, adottando un'interpretazione più restrittiva dell'astuzia, non sarebbe tutelata una condotta socialmente adeguata degli affari e quindi il corso ordinario delle operazioni correnti. Dev'essere possibile contenere l'onere delle verifiche entro limiti ragionevoli sotto il profilo commerciale, precisato tuttavia che il reato di truffa non protegge la vittima da tutti i rischi assunti per ottimizzare i costi connessi alla sua attività (DTF 143 IV 302 consid. 1.3.3; 142 IV 153 consid. 2.2.2). 
 
5.1.4. Come visto (v. supra consid. 3.2.1-3.2.4), i "crediti COVID-19" venivano erogati sulla sola scorta delle informazioni fornite dal richiedente in merito all'adempimento delle condizioni per beneficiare degli aiuti transitori disposti dal Governo, rispettivamente alla cifra d'affari realizzata. Non era prescritta né prevista una loro verifica da parte della banca, chiamata unicamente a effettuare un esame della completezza formale della richiesta di credito. Si trattava in sostanza di un mutuo sulla parola (EDY SALMINA, Le disposizioni penali previste dall'Ordinanza federale sulle fideiussioni solidali Covid-19, Novità fiscali, edizione speciale Coronavirus, 4/2020, pag. 106), concesso sulla base di un'autocertificazione del richiedente, tenuto a confermare che le informazioni contenute nel modulo presentato per la richiesta di credito erano complete e veritiere (art. 11 cpv. 2 OFis-COVID-19; v. penultimo riquadro del § 4 del modulo di cui all'allegato 2 OFis-COVID-19; v. per un precedente di mutuo sulla parola DTF 72 IV 121). Compilando e sottoscrivendo il modulo, il richiedente/mutuatario confermava di prendere "nota che fornendo informazioni false o incomplete" si sarebbe reso "perseguibile penalmente" (v. ultimo riquadro del § 4 del modulo di cui all'allegato 2 OFis-COVID-19). Esonerava inoltre "fino al completo rimborso dell'importo del credito garantito le cooperative di fideiussione, la Banca, la Banca Nazionale Svizzera come pure i servizi competenti della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni dall'osservanza delle disposizioni sul mantenimento del segreto, e in particolare del segreto bancario, del segreto fiscale e del segreto d'ufficio", e acconsentiva pure "allo scambio di dati" tra le citate entità come pure i loro mandatari. Infine autorizzava anche "la cooperativa di fideiussione competente a richiedere autonomamente presso il mutuatario, autorità, banche, società contabili/fiduciarie/di revisione come pure presso terzi tutte le informazioni e documenti necessari" (allegato 2 OFis-COVID-19).  
È indubbio che il richiedente il "credito COVID-19", fornendo informazioni inveritiere nell'apposito modulo, tragga in inganno sull'adempimento delle condizioni per la concessione degli aiuti immediati (WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, op. cit., pag. 21). 
È vero che in passato la giurisprudenza ha negato il carattere astuto dell'inganno in caso di concessione di piccoli crediti sulla sola scorta delle (false) informazioni fornite dal richiedente, senza esigere documenti a loro supporto o procedere a verifiche di sorta (v. supra consid. 5.1.3). Tale giurisprudenza non è tuttavia trasponibile ai "crediti COVID-19", che non possono essere paragonati a dei mutui qualsiasi. Erano concepiti come "aiuti immediati" alle PMI, disciplinati da una normativa specifica, subordinati a precise condizioni ed erogati sulla base di un'autodichiarazione (v. supra consid. 3). Considerate le particolarità della situazione di allora e del meccanismo posto in essere per farvi fronte, nell'ambito dei "crediti COVID-19" anche semplici false informazioni configurano un inganno astuto, a prescindere dall'eventuale esistenza di un rapporto di fiducia tra il richiedente e la banca erogatrice del credito (negato da WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, op. cit., pag. 22, ma ammesso da MÄRKLI/GUT, op. cit., pag. 728, laddove quantomeno esista già una relazione commerciale). Benché di regola il richiedente si limiti a fornire false informazioni, una loro verifica, come visto, non solo non era prevista (v. supra consid. 3.2.4), ma non era neppure ragionevolmente esigibile e a tratti neanche davvero possibile. Si pensi in quest'ultimo caso alla condizione del notevole danno economico riconducibile alla pandemia (v. art. 3 cpv. 1 lett. c OFis-COVID-19; SMADJA/MICHOD, op. cit., pag. 21). Se la verifica dell'adempimento delle ulteriori condizioni poste dall'art. 3 cpv. 1 unitamente all'art. 7 cpv. 1 OFis-COVID-19 era teoricamente possibile, essa non era invece ragionevolmente esigibile, salvo compromettere lo scopo perseguito dai "crediti COVID-19" concepiti quale "aiuto immediato" (v. supra consid. 3.2.4; v. SALMINA, op. cit., pag. 106; WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, op. cit., pag. 23). Invano, per sostenere che nulla esonerava le banche dall'effettuare le necessarie verifiche, alcuni autori si richiamano al quadro per contrastare gli abusi legati agli aiuti transitori erogati in relazione al COVID-19 approvato dal Consiglio federale (SMADJA/MICHOD, op. cit., pag. 22). Se è vero che, secondo tale quadro, le banche dovevano seguire le fasi obbligatorie per identificare i clienti secondo la legge sul riciclaggio di denaro (comunicato stampa del Consiglio federale del 15 maggio 2020), il piano anti-abusi varato dalla SECO sulla base del citato quadro prevedeva l'identificazione solo per i nuovi clienti della banca e limitava le verifiche delle richieste agli aspetti puramente formali (SECO, Prüfkonzept 00.08, n. 5.2.1 pag. 14; la stessa, Prüfkonzept 00.05, n. 5.2.1 pag. 14). L'assenza di verifiche risultava quindi da regole chiare ( ibidem). Non è per opportunismo o per una politica di acquisizione clienti, né in base a considerazioni finanziarie o di redditività (v. GARBARSKI/BORSODI, in Commentaire romand, Code pénal II, 2017, n. 52 ad art. 146 CP) che la banca non procedeva al controllo delle informazioni fornite dal richiedente, bensì per procurare quel sostegno rapido e senza ostacoli reso necessario dagli eventi, chiamato anche "aiuto d'urgenza" (AFF, Spiegazioni, pagg. 2 e 4). Solo una procedura di erogazione semplificata al massimo e imperniata su un'autodichiarazione poteva garantire alle imprese che lottavano per la loro sopravvivenza di ottenerlo (SECO, Prüfkonzept 00.08, n. 2 pag. 4; la stessa, Prüfkonzept 00.05, n. 2 pag. 4). Le possibilità di autotutela della vittima dell'inganno erano dunque impraticabili date le circostanze, ciò di cui approfittava il richiedente truffaldino (v. DTF 143 IV 302 consid. 1.3; v. pure SALMINA, op. cit., pag. 107). Peraltro, nella misura in cui, con la sottoscrizione del modulo, esonerava i detentori dei vari segreti dal loro mantenimento e autorizzava lo scambio di dati, il richiedente creava l'impressione di non avere nulla da temere dai successivi controlli.  
 
5.2.  
 
5.2.1. Oltre all'inganno astuto e all'errore, il reato di truffa presuppone che la persona ingannata compia un atto di disposizione pregiudizievole al proprio patrimonio o a quello altrui, purché in questo caso ella sia responsabile del patrimonio del danneggiato e abbia su tale patrimonio un potere di disposizione quantomeno di fatto (DTF 133 IV 171 consid. 4.3). Sussiste un danno se, in seguito all'atto di disposizione motivato dall'errore in cui è tratta la persona ingannata, il valore complessivo del patrimonio del danneggiato si riduce effettivamente (DTF 147 IV 73 consid. 6.1). Il danno può consistere in una diminuzione degli attivi, in un aumento dei passivi, in una mancata diminuzione dei passivi o in un mancato aumento degli attivi, oppure ancora in una messa in pericolo del patrimonio tale da comportare una diminuzione del suo valore economico. Ciò è il caso qualora, nell'ambito dell'allestimento diligente del bilancio, occorra procedere a rettifiche di valore o ad accantonamenti (v. DTF 142 IV 346 consid. 3.2). Un danno temporaneo o provvisorio è sufficiente (sentenza 6B_54/2019 del 3 maggio 2019 consid. 3.4, in SJ 2019 I 361).  
Secondo la giurisprudenza, il danno può configurarsi come una messa in pericolo del patrimonio laddove il mutuatario inganna il mutuante, tra l'altro, sulla sua capacità di rimborso, ossia sulla sua solvibilità, e quindi sulla sicurezza della pretesa di rimborso, rispettivamente sulla sua volontà di rimborso. Il mutuo concesso si rivela in tal caso meno sicuro di quanto previsto dal mutuante, ciò che comporta una diminuzione del valore del mutuo nel bilancio del mutuante a causa del rischio accresciuto di un mancato rimborso. Il danno si produce al momento della conclusione del contratto di mutuo, essendo il momento in cui un mutuo è concesso a condizioni più favorevoli di quelle che sarebbero state poste senza l'inganno, indipendentemente dall'esistenza di garanzie a copertura del mutuo, giacché la solvibilità del mutuatario condiziona il tasso d'interesse stipulato (sentenza 6B_54/2019, citata, consid. 3.4 con rinvii). Poiché un danno temporaneo o provvisorio è sufficiente, un successivo risarcimento non esclude la truffa; un rimborso del mutuo conforme alle pattuizioni contrattuali non può infatti eliminare la diminuzione del patrimonio occorsa già al momento della conclusione del contratto (sentenza 6B_112/2018 del 4 marzo 2019 consid. 6.2.2). 
 
5.2.2. Concedendo il "credito COVID-19" sulla scorta delle false informazioni fornite dal richiedente, la banca, ingannata sull'adempimento delle condizioni poste dall'OFis-COVID-19, compie un atto di disposizione patrimoniale (WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, op. cit., pag. 24; JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, op. cit., n. 24; MICHELI, op. cit., n. 72 ad art. 25 LFiS-COVID-19). La banca in quanto tale non subisce tuttavia alcun danno. Infatti la sua pretesa di rimborso è interamente garantita dalla fideiussione solidale (art. 3 cpv. 1 e 3 OFis-COVID-19; v. pure FF 2020 7434, n. 1.2 lett. a; WOHLERS/HENEGHAN/PETERS, op. cit., pag. 24; JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, op. cit., n. 26; CHRIST/ KELLER/SIMIC, op. cit., n. 44) e gli interessi del credito concesso sono stabiliti da disposizioni legali a prescindere dalla solvibilità concreta del richiedente (v. art. 13 cpv. 3 lett. a OFis-COVID-19, art. 4 cpv. 1 lett. a LFiS-COVID-19). È piuttosto il fideiussore a poter subire un danno, quantomeno nella forma di una messa in pericolo del patrimonio, essendo garante per il soddisfacimento del debito contratto dal richiedente (v. art. 492 e 496 CO) e rischiando dunque l'escussione della fideiussione solidale. Secondo la giurisprudenza, infatti, la costituzione di garanzie, che rappresentano un rischio e sono suscettibili di giustificare un accantonamento, può essere considerato un danno patrimoniale. La garanzia costituisce un obbligo condizionale che aumenta il passivo sotto il profilo economico (DTF 123 IV 17 consid. 3d), quantomeno temporaneamente. Orbene, nel contesto dei "crediti COVID-19" la fideiussione solidale poteva rappresentare un rischio di tale natura e il Governo aveva del resto chiesto al Parlamento un credito d'impegno al fine di sostenere il programma di aiuti (v. supra consid. 3.1 e 3.2.5; FF 2020 7434 n. 1.2; JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, op. cit., n. 26; BRECHBÜHL/CHENAUX/LENGAUER/NÖSBERGER, op. cit., n. 74). L'ottenimento illecito di "crediti COVID-19" ( Bezugsmissbrauch) rappresenta pertanto una sorta di truffa triangolare (al riguardo v. DTF 133 IV 171 consid. 4.3). In questa costellazione, la persona ingannata è responsabile della sfera patrimoniale del danneggiato e ha su tale patrimonio un potere di disposizione quantomeno di fatto ( ibidem). Nell'ambito dei "crediti COVID-19", la richiesta di "credito COVID-19" trasmessa alla banca valeva anche quale richiesta di fideiussione solidale (art. 11 cpv. 1 OFis-COVID-19). Il suo successivo invio da parte della banca all'ufficio centrale designato dalle organizzazioni che concedono fideiussioni attivava automaticamente la garanzia prestata dal fideiussore. Lo stesso accadeva se la banca liberava il corrispondente importo di credito a favore del cliente (art. 3 cpv. 3 OFis-COVID-19; AFF, Spiegazioni, pagg. 4 e 13 ad art. 11 OFis-COVID-19). In base alla regolamentazione vigente, la banca, diretta interlocutrice del richiedente e co-destinataria delle false informazioni, aveva così di fatto il potere di vincolare il fideiussore e quindi una sorta di potere di disposizione di fatto sul patrimonio di quest'ultimo (JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, op. cit., n. 27). Il danno si produce al momento della conclusione dell'accordo di credito, di modo che risulta irrilevante che il "credito COVID-19" sia successivamente rimborsato (in tal senso, nell'esito soltanto, MICHELI, op. cit., n. 72 ad art. 25 LFiS-COVID-19; BRECHBÜHL/CHENAUX/LENGAUER/ NÖSBERGER, op. cit., n. 63; ZRYD/SMADJA, op. cit., nota a piè di pagina n. 14, pag. 22; contra CHRIST/KELLER/SIMIC, op. cit., n. 44, il danno producendosi per loro in capo al fideiussore solo dopo il definitivo mancato rimborso del credito; MÄRKLI/GUT, op. cit., pag. 728, per i quali una semplice messa in pericolo del patrimonio non è sufficiente, il danno manifestandosi unicamente in caso di mancato rimborso del "credito COVID-19", di modo che si dovrebbe ritenere piuttosto una truffa nell'adempimento [ Erfüllungsbetrug]).  
 
6.  
 
6.1. In merito al "credito COVID-19" chiesto e ottenuto dalla ditta individuale B.________ (v. supra Fatti A.c), la CARP ha riconosciuto l'esistenza di un inganno astuto nella misura in cui nel modulo per l'accordo di credito è stata indicata una cifra d'affari fittizia, superiore a quella reale, e sono stati forniti alla banca, su sua richiesta, un bilancio e un conto economico con dati falsi. Ha per contro negato un danno, considerando la pretesa di rimborso della banca economicamente sicura. Infatti, al momento della concessione del prestito, rispettivamente al momento dell'accredito in conto di tale prestito, B.________ disponeva di saldi in conto sufficienti a rimborsare il prestito. Del resto, il mutuo è stato estinto proprio attingendo dalla liquidità presente sul suo conto.  
 
6.1.1. Il ricorrente considera irrilevante, ai fini dell'adempimento del danno, il fatto che sui conti di B.________ vi fossero soldi sufficienti per onorare il rimborso del mutuo, perché non significherebbe che la pretesa di rimborso fosse economicamente sicura. Potrebbe trattarsi tutt'al più di un fattore di riduzione della pena. Rileva poi che, alla luce di quanto già disponeva in conto, B.________ non avrebbe di certo avuto bisogno di un "credito COVID-19" garantito dalla Confederazione, circostanza ammessa dallo stesso interessato che avrebbe dichiarato, nei suoi interrogatori, di averlo richiesto "per sicurezza" e non in seguito a una diminuzione della sua cifra d'affari, ciò di cui la CARP non avrebbe tenuto conto. L'insorgente ricorda poi come l'ottenimento del "credito COVID-19" sia avvenuto mediante la presentazione di documentazione fittizia. Se fosse stata esposta la reale cifra d'affari, la banca non avrebbe mai concesso il prestito. Procedendo a un'analogia con la giurisprudenza resa in materia di truffa ai danni dello Stato (v. sentenza 6B_1115/2014 del 28 agosto 2015 consid. 2.1.3), egli intravvede il danno nel fatto che il credito sarebbe stato erogato sulla base di una cifra d'affari di molto maggiore rispetto a quella reale, l'importo del mutuo concesso non corrispondendo al 10 % della cifra d'affari reale della ditta individuale. Secondo il ricorrente, la CARP sembrerebbe anche "equivocare sul fatto che la cifra d'affari sia da intendere come la garanzia di restituzione, agli occhi di chi concede il prestito", laddove la cifra d'affari costituirebbe unicamente un parametro per determinare l'importo massimo dell'aiuto. Evidenzia come, in caso di "crediti COVID-19", la truffa risiederebbe nell'accedere al programma di sostegno senza averne diritto, il danno consistendo nell'esporre a pericolo il patrimonio del fideiussore per l'ammontare del prestito, senza che sia raggiunto lo scopo perseguito dagli aiuti mediante crediti transitori. Potendo il danno essere anche solo temporaneo, il successivo rimborso del "credito COVID-19", peraltro su ordine del Ministero pubblico, non avrebbe alcun influsso sulla realizzazione del reato di truffa, ma semmai sulla commisurazione della pena. Qualora la CARP avesse voluto basarsi su questo aspetto per pronunciare il proscioglimento contestato, avrebbe dovuto applicare gli art. 52 segg. CP. Ciò che tuttavia non avrebbe fatto. Infine, nella denegata ipotesi di assenza di danno, la CARP non poteva prescindere dall'esaminare il reato nella forma del tentativo. In simili circostanze il proscioglimento violerebbe l'art. 146 CP.  
 
6.1.2. B.________ osserva come la CARP abbia correttamente applicato i criteri stabiliti dalla giurisprudenza in relazione al danno in caso di erogazione di mutui. Evidenzia come la relazione bancaria sulla quale sarebbe stato registrato il credito avrebbe sempre presentato un saldo ampiamente sufficiente a rimborsarlo e i soldi sarebbero sempre rimasti sul conto presso la banca erogante. Sarebbe poi irrilevante sapere se avesse o meno bisogno di un "credito COVID-19", perché in ogni caso non lo avrebbe utilizzato. Il fatto che non avesse bisogno di liquidità, in assenza del quale la banca non avrebbe accordato il credito, come obiettato nel gravame, dimostrerebbe invece una grave leggerezza della banca, tale da escludere l'astuzia. L'unico criterio rilevante per la valutazione di un eventuale danno, continua B.________, sarebbe la situazione economica del mutuatario. Al riguardo la CARP avrebbe accertato che la pretesa di rimborso era economicamente sicura, sicché il danno sarebbe stato giustamente escluso. Quanto all'ipotesi di truffa nella forma del tentativo, non contemplata nell'atto d'accusa e quindi contraria al principio accusatorio, non entrerebbe comunque in considerazione, giacché non sarebbe stato stabilito che egli non avesse a priori l'intenzione di restituire il prestito ricevuto.  
Per A.________, imputato di aver agito in correità con B.________, la truffa non sarebbe un reato di esposizione a pericolo, bensì di risultato. Nella fattispecie la banca non avrebbe subito alcuna diminuzione degli attivi o aumento dei passivi, i soldi essendo stati "solamente prestati" e poi restituiti attingendo proprio dal conto di B.________ e la banca non potendo pretendere ad alcun interesse per il mutuo concesso. Non vi sarebbe stata neppure una messa in pericolo qualificata del suo patrimonio, essendo stato accertato che, nonostante l'indicazione di una cifra d'affari fittizia, la pretesa di rimborso della banca era economicamente sicura. Non sarebbe dato in concreto neanche un danno provvisorio o temporaneo. A.________ spiega poi che, in virtù dell'esistenza di una fideiussione, la banca non avrebbe corso alcun rischio nell'erogare il prestito, un danno potendo semmai sussistere per il fideiussore, ma non per la banca. Non si potrebbe però confondere il danno della banca con quello del fideiussore. L'inganno sarebbe stato commesso solo nei confronti della banca e conseguentemente il danno potrebbe essere causato solo a quest'ultima. Infine, A.________ contesta che la fattispecie possa essere considerata una tentata truffa, nella misura in cui gli autori avrebbero ottenuto quanto volevano, di modo che "il risultato sperato si [sarebbe] verificato". In assenza di danno, ovvero di un elemento oggettivo del reato, non vi sarebbe truffa e nemmeno tentativo di truffa. La sentenza impugnata dovrebbe pertanto essere confermata. 
 
6.1.3. Alla luce di quanto sopra esposto (v. consid. 5.2.2), negando la sussistenza di un danno in seguito all'ottenimento del "credito COVID-19" a nome della ditta individuale B.________, la CARP ha violato l'art. 146 CP. In forza della fideiussione solidale, la pretesa di rimborso della banca è sempre stata economicamente sicura, indipendentemente dall'entità dei saldi in conto di B.________. Come rettamente accennato dal ricorrente e intuito da A.________, il danno, quantomeno nella forma di una messa in pericolo, poteva semmai realizzarsi in capo al fideiussore. Appare tuttavia inconferente al riguardo l'obiezione di A.________, per il quale l'inganno sarebbe stato commesso unicamente nei confronti della banca, perché la truffa ai "crediti COVID-19" si configura alla stregua di una truffa triangolare per le ragioni testé esposte. Per negare l'esistenza di un danno, l'autorità cantonale si è richiamata unicamente alla capacità di rimborso attribuita al mutuatario. Una capacità di rimborso però non implica necessariamente anche una volontà di rimborsare. Orbene, nulla nei fatti accertati dalla CARP permette di desumere l'esistenza di tale volontà. Risulta infatti che, malgrado la ritenuta situazione economica, B.________ ha gonfiato artatamente la propria cifra d'affari e fornito un bilancio e un conto economico con dati fallaci. Tale inganno già manifesta la mancata volontà di rimborsare quanto così ricevuto. Risulta poi altresì che, proprio nello stesso periodo, ossia nell'aprile 2020, B.________ ha acquisito una società dormiente, la E.________ SA, a nome della quale ha poi richiesto un "credito COVID-19" per l'importo massimo previsto dalle normative vigenti. In base alle sue dichiarazioni, riportate nella sentenza impugnata, appariva a suo dire interessante chiedere un "credito COVID-19" in quanto poteva diventare "a fondo perduto". Ciò illustra che egli intendeva comportarsi non come un mutuatario, bensì come un "donatario" dei "crediti COVID-19". In simili circostanze, vi era dunque il più che fondato rischio di un'escussione della fideiussione solidale che giustificava di procedere a un accantonamento (v. sentenza 2P.112/2004 del 7 aprile 2005 consid. 2.2). Sicché l'elemento costitutivo del danno è in concreto realizzato.  
 
6.2. Con riferimento al "credito COVID-19" chiesto e ottenuto a nome di E.________ SA (v. supra Fatti A.d), la CARP ha rilevato che, al momento della richiesta di credito, la SECO aveva già emanato le direttive ad attuazione del piano anti-abusi varato dal Consiglio federale, in base alle quali la banca, in caso di prestiti concessi a nuovi clienti, doveva identificare il cliente e rispettare le prescrizioni in materia di riciclaggio di denaro. Benché né la citata società né B.________ fossero clienti di F.________ SA, la banca non si è conformata al suo dovere di verifica. La discrepanza tra lo scopo sociale descritto nel registro di commercio e l'attività che B.________ aveva indicato al momento dell'apertura del conto intestato alla società era tale da imporre alla banca dei chiarimenti prima di aprire il conto e, a maggior ragione, di concedere il "credito COVID-19". Per tacere del fatto che, nonostante il manifestato intento di B.________ di versare parte del suo dichiarato fatturato di 5/6 milioni e i solleciti in tal senso del consulente bancario, nulla è confluito sul conto, B.________ limitandosi a chiedere il "credito COVID-19" pochi giorni dopo l'apertura del conto. Questi elementi avrebbero dovuto spingere la banca ad approfondire il motivo per cui B.________ si rivolgeva a F.________ SA e non a C.________ SA, nota come sua banca di riferimento, per la concessione del mutuo agevolato, non potendo più bastare la spiegazione da lui inizialmente fornita di volere ampliare lo spettro di banche della società. La banca ha però chiuso gli occhi e disatteso gli obblighi impostile dalla legislazione. Alla luce di tale suo agire negligente, conclude la CARP, non può essere in concreto ritenuto un inganno astuto.  
 
6.2.1. A mente del ricorrente, sarebbe errato ritenere il mancato rispetto del dovere di prudenza della banca. Al momento dell'apertura della nuova relazione bancaria, la banca avrebbe proceduto in modo corretto all'identificazione dell'avente diritto economico come imposto dalla legge federale del 10 ottobre 1997 sul riciclaggio di denaro (LRD; RS 955.0) e non avrebbe avuto bisogno di plausibilizzare le nuove entrate o indagare sul retroscena economico delle operazioni, la prima movimentazione sul conto corrispondendo all'accredito del "credito COVID-19". Mal si comprenderebbe quali verifiche aggiuntive avrebbe omesso l'istituto bancario. La difformità tra lo scopo sociale e l'attività dichiarata non sarebbe infatti rilevante né decisiva, non avendo attinenza con la cifra d'affari indicata nel modulo per l'accordo di "credito COVID-19", unico parametro rilevante per il calcolo del relativo importo. La discrepanza rilevata dalla CARP tra lo scopo sociale, notoriamente vago e generico, e l'attività concreta svolta da una società non avrebbe del resto nulla di straordinario e le direttive della SECO non avrebbero neppure imposto di verificare che vi fosse una congruità. L'insorgente sostiene ad ogni modo che, durante la fase acuta della pandemia, la banca non avrebbe potuto subordinare la concessione del mutuo alla modifica dello scopo sociale, esponendo il richiedente al rischio di non riuscire a inoltrare il modulo per l'accordo di credito entro il termine del 31 luglio 2020. Il ricorrente rileva poi che quanto indicato da B.________ nel modulo "Know Your Customer" sarebbe stato oltretutto vero, volendo egli utilizzare la società per la sua attività di medico dentista. Lo scopo sociale di E.________ SA, dunque, non era semplicemente ancora stato aggiornato rispetto alle volontà dell'azionista. L'insorgente adduce anche che alla banca non sarebbe stato posto alcun divieto né le sarebbero state imposte verifiche supplementari in relazione all'erogazione di "crediti COVID-19" in caso di nuovi clienti; non ve ne sarebbe infatti traccia nelle direttive della SECO. In particolare, la banca non avrebbe potuto rifiutare la richiesta di credito per il motivo che il cliente disponeva di una relazione bancaria presso un altro istituto. Ma quand'anche si volessero intravvedere delle negligenze nel comportamento della banca, continua il ricorrente, non sarebbe comunque possibile ritenere che abbia agito addirittura con una leggerezza tale da relegare in secondo piano il comportamento truffaldino posto in atto con grande energia criminale da B.________ e A.________ con l'ausilio di documentazione falsa. Infine l'insorgente sottolinea come l'agire di questi ultimi con la società E.________ SA sia completamente sovrapponibile a quanto da loro commesso con la società H.________ SA, per cui la CARP li ha riconosciuti colpevoli di truffa. Come E.________ SA, H.________ SA sarebbe stata una società vuota, con uno scopo sociale di "marketing pubblicitario" incompatibile con le movimentazioni sul conto, e avrebbe acceso una relazione bancaria come nuova cliente proprio per richiedere un "credito COVID-19". A fronte del medesimo comportamento, non sarebbe possibile prosciogliere gli opponenti per una fattispecie e condannarli per l'altra fattispecie identica alla prima.  
 
6.2.2. Per B.________ il comportamento negligente della banca escluderebbe l'astuzia, avendo essa omesso le più elementari verifiche sul nuovo cliente come stabilito dalla CARP, in maniera vincolante per questo Tribunale. Le direttive della SECO avrebbero imposto alle banche anche di identificare i nuovi clienti, determinare l'avente economicamente diritto, chiarire l'origine dei valori patrimoniali e rifiutare le richieste di credito che danno adito a un sospetto di abuso o presentano anomalie. Contrariamente all'assunto del ricorrente, in concreto la banca non avrebbe identificato correttamente l'avente diritto economico, agli atti sussistendo unicamente un "formulario K", peraltro nemmeno firmato. La discrepanza tra la ragione sociale figurante al registro di commercio e l'attività concreta svolta da una società costituirebbe inoltre una circostanza inusuale da chiarirsi giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. a LRD. La banca avrebbe dovuto dunque procedere a verifiche aggiuntive, ad esempio richiedendo qualsiasi documento che comprovasse l'esistenza di una struttura operativa, tenuto viepiù conto che la società aveva i propri conti in un'altra banca e che non era stato apportato il milione di franchi che B.________ aveva promesso di depositare. Essa si sarebbe però completamente disinteressata di chi fosse B.________, di cosa facesse la società o dei motivi della richiesta di credito.  
Secondo A.________, il sistema di aiuti basato sulla fiducia non avrebbe comunque esonerato le banche dall'effettuare dei controlli, soprattutto dopo l'emanazione delle direttive della SECO volte ad arginare il rischio di abusi. Verifiche puntuali sarebbero state possibili e doverose, in particolare con riferimento ai nuovi clienti. Questi avrebbero dovuto essere identificati, determinando chi fossero e di cosa si occupassero. E.________ SA avrebbe dovuto essere adeguatamente identificata, essendo una nuova cliente della banca. La relativa verifica avrebbe dovuto portare perlomeno sulla coerenza (almeno parziale) tra l'attività dichiarata e lo scopo sociale. In concreto, una corretta identificazione avrebbe permesso di smascherare l'abuso. La banca non avrebbe adottato le misure elementari imposte dalle circostanze e avrebbe agito con leggerezza, di modo che non sussisterebbe in concreto alcuna astuzia. 
 
6.2.3. Secondo il piano di misure anti-abusi elaborato dalla SECO (nella versione in vigore al momento dei fatti qui in giudizio), che riepiloga le verifiche incombenti ai vari attori coinvolti nel programma di aiuti mediante crediti transitori con fideiussioni (SECO, Prüfkonzept 00.05, pag. 4 n. 1), la banca era tenuta a identificare i nuovi clienti, ad accertare l'avente economicamente diritto e a chiarire l'origine dei valori patrimoniali nell'ambito delle direttive regolative e della legislazione sul riciclaggio di denaro (SECO, Prüfkonzept 00.05, pag. 14 n. 5.2.1 lett. b). Secondo l'art. 3 cpv. 1 prima frase LRD, al momento dell'avvio di relazioni d'affari, l'intermediario finanziario deve identificare la controparte sulla scorta di un documento probante. La Convenzione del 13 giugno 2018 relativa all'obbligo di diligenza delle banche (CDB 20, < https://www.swissbanking.ch >, sotto Download/autoregolamentazione [consultato il 24 novembre 2023]), applicabile in virtù del rinvio dell'art. 35 dell'ordinanza FINMA sul riciclaggio di denaro del 3 giugno 2015 (ORD-FINMA; RS 955.033.0), obbliga la banca a identificare il contraente al momento dell'apertura dei rapporti d'affari con lui (art. 4 cpv. 1 CDB 20). Per le persone giuridiche, è necessario accertare con modalità adeguate in particolare la ragione sociale e l'indirizzo effettivo della sede (art. 7 cpv. 2 CDB 20). Se la relazione d'affari è avviata con una persona giuridica iscritta nel registro di commercio svizzero, la banca identifica il contraente attraverso un estratto rilasciato dall'ente che amministra il registro stesso, oppure mediante un estratto scritto tratto da una banca dati gestita dall'autorità di registro stessa, da un'autorità di sorveglianza o da un soggetto privato di comprovata affidabilità (art. 12 CDB 20).  
Come stabilito nella sentenza impugnata, lo scopo sociale di E.________ SA descritto nell'estratto del registro di commercio consisteva in sostanza nella promozione e il supporto commerciale, con la relativa consulenza, nel settore del marketing, della ricerca e della selezione dei clienti, con un'attività volta allo sviluppo del marketing, alla ricerca clienti e relativa gestione degli stessi, alla ricerca, assistenza e gestione dei fornitori per l'esecuzione dei contratti di vendita e acquisti. Al momento dell'apertura del conto intestato alla società, per plausibilizzare la provenienza di un milione di franchi che avrebbe asseritamente dovuto confluire sul conto, B.________ ha spiegato trattarsi di "fatture derivanti dall'organizzazione di équipe medico-chirurgiche in collaborazione con diverse cliniche/ospedali e fatture derivanti dal servizio di implementazione della struttura IT per effettuare telemedicina". Giustamente la CARP ha rilevato un'incongruenza "macroscopica" che avrebbe imposto alla banca di procedere a dei chiarimenti. Rilevasi che, in linea di principio, è considerato sospetto ogni cliente che comunica all'intermediario finanziario informazioni false o ingannevoli, in quanto indicativo di una relazione d'affari che comporta potenzialmente un rischio superiore (n. 1.1 e 2.2 dell'allegato all'ORD-FINMA). Le dichiarazioni del cliente al riguardo non devono essere accettate senza essere esaminate (n. 1.2 dell'allegato all'ORD-FINMA). Anche volendo seguire l'assunto ricorsuale, secondo cui non sarebbe straordinario riscontrare un divario tra lo scopo sociale e la concreta attività svolta, tale circostanza avrebbe comunque dovuto insospettire la banca sulle reali ragioni per cui B.________ avesse deciso di inoltrarle, solo pochi giorni dopo l'apertura del conto e prima di farvi defluire il minimo centesimo, il modulo per l'accordo di "credito COVID-19", sebbene sapesse che la sua banca di riferimento fosse un'altra. Certo, nulla impediva il potenziale mutuatario di rivolgersi a una banca diversa dalla propria al fine di richiedere un "credito COVID-19". Il programma di aiuti partiva nondimeno dal principio che la richiesta venisse presentata alla propria banca di riferimento, e difatti anche PostFinance SA, quale unico istituto di riferimento per molte PMI, è stata autorizzata a concedere ai propri clienti i "crediti COVID-19" (art. 19 OFis-COVID-19; comunicato stampa del Consiglio federale del 25 marzo 2020; AFF, Spiegazioni, pagg. 2 seg. n. 2; MÄRKLI/GUT, op. cit., pag. 723). Considerato il rischio di abusi connesso alla particolare procedura di concessione degli aiuti transitori (Comunicato stampa del Consiglio federale del 15 maggio 2020; SECO, Prüfkonzept 00.05, pag. 4 n. 2), questi elementi avrebbero imposto alla banca una maggiore circospezione nell'evadere la richiesta di "credito COVID-19". La SECO del resto chiedeva alle banche di rifiutare le richieste che davano adito a sospetti o che presentavano anomalie (SECO, Prüfkonzept 00.05, pag. 14 n. 5.2.1 lett. f). Dai fatti accertati, vincolanti per questo Tribunale (art. 105 cpv. 1 LTF), e qui incontestati risulta tuttavia che la banca ha invitato il suo interlocutore a fornire un bilancio e un conto economico della società ed è su questa base che essa ha poi concesso il "credito COVID-19". Non emerge che tali documenti, per cui gli opponenti sono stati riconosciuti autori colpevoli di falsità in documenti, fossero stati grossolanamente falsificati né la CARP ritiene che la banca abbia ingiustificatamente accordato loro fedefacenza (v. al riguardo supra consid. 5.1.2). Invano, pertanto, B.________ pretende che la banca si sarebbe accontentata di "uno pseudo-bilancio provvisorio" non firmato e "assolutamente inverosimile". Giova peraltro rilevare che l'art. 7 cpv. 1 OFis-COVID-19 permetteva di prendere in considerazione una versione provvisoria del conto annuale, in assenza di quella definitiva. In simili circostanze, non è possibile ritenere che la banca abbia agito con una leggerezza tale da relegare in secondo piano il comportamento truffaldino degli opponenti. Sicché, a torto la CARP ha negato l'astuzia e ha, per questa ragione, pronunciato il proscioglimento degli opponenti, violando così l'art. 146 CP.  
 
7.  
Secondo il ricorrente, la fattura datata 7 maggio 2020 adempirebbe gli estremi della falsità in documenti giusta l'art. 251 CP, in quanto redatta a nome di un medico dentista, autorizzato a operare nel Cantone Ticino, per delle prestazioni mediche inesistenti e inoltrata alla banca per mascherare l'uso illecito del "credito COVID-19" e giustificare le transazioni bancarie. 
In linea con la sentenza impugnata, gli opponenti contestano che la fattura in questione possa essere considerata un documento, difettando in concreto di un valore probatorio accresciuto. 
 
7.1. Giusta l'art. 251 CP, si rende colpevole di falsità in documenti chiunque, al fine di nuocere al patrimonio o ad altri diritti di una persona o di procacciare a sé o ad altri un indebito profitto, forma un documento falso od altera un documento vero, oppure abusa dell'altrui firma autentica o dell'altrui segno a mano autentico per formare un documento suppositizio, oppure attesta o fa attestare in un documento, contrariamente alla verità, un fatto di importanza giuridica, o fa uso, a scopo d'inganno, di un tale documento. Sono documenti gli scritti destinati e atti a provare un fatto di portata giuridica nonché i segni destinati a tal fine (art. 110 cpv. 4 CP). L'art. 251 n. 1 CP concerne sia la formazione di un documento falso (falsità materiale) sia quella di un documento menzognero (falsità ideologica). In quest'ultimo caso, il contenuto del documento non corrisponde alla realtà pur emanando dal suo autore apparente (DTF 146 IV 258 consid. 1.1).  
Questa fattispecie penale è oggetto di abbondante giurisprudenza a cui per brevità si rinvia (DTF 146 IV 258 con i numerosi rinvii). Basti qui ricordare che la falsità ideologica in documenti presuppone una menzogna scritta qualificata, che è data quando il documento fruisce di un'accresciuta credibilità e il suo destinatario vi può ragionevolmente prestar fede. Ciò è segnatamente il caso se determinate assicurazioni oggettive garantiscono a terzi la veridicità della dichiarazione (DTF 146 IV 258 consid. 1.1). La natura di documento di uno scritto è relativa. Lo scritto può essere definito un documento per taluni suoi aspetti e non per altri. La destinazione e l'idoneità di un documento a provare un fatto preciso possono risultare dalla legge, dalla prassi commerciale o dal senso e la natura del documento stesso (DTF 146 IV 258 consid.1.1). 
 
7.2. La CARP ha in concreto negato alla fattura un valore probatorio accresciuto. Ha rilevato che essa non era destinata a servire da giustificativo contabile per il suo destinatario, bensì a giustificare la movimentazione creata ad arte sul conto di E.________ SA per impedire che la banca si accorgesse dell'utilizzazione non conforme alle prescrizioni legali del "credito COVID-19". Poiché la fattura è stata prodotta a una banca e non a un'assicurazione malattia, un valore probatorio accresciuto non può esserle accordato neppure considerando che emana da un medico dentista.  
 
7.3. La sentenza impugnata merita tutela. Per costante giurisprudenza, di regola le fatture non costituiscono dei documenti. Eccezionalmente possono però fruire di un'accresciuta credibilità, e quindi assurgere a documenti, in ragione della posizione analoga a quella di un garante della persona che le ha redatte, rispettivamente del particolare rapporto di fiducia che la lega al destinatario della fattura, oppure in ragione del concreto uso previsto (DTF 144 IV 13 consid. 2.2.3; 138 IV 130 consid. 2.2.1). Inoltre, una fattura può costituire un documento se è inserita nella contabilità quale pezza giustificativa (DTF 146 IV 258 consid. 1.1.1; 141 IV 369 consid. 7.1).  
Invano l'insorgente insiste sul fatto che la fattura provenisse da un medico dentista autorizzato a operare in Ticino, figura che godrebbe di una credibilità generale. È assodato e non contestato che la fattura era destinata a indurre in errore la banca ed è stata a lei trasmessa da B.________ in quanto cliente e non come medico dentista. Il suo estensore quindi non disponeva di una posizione analoga a quella di un garante né può dirsi, ciò che neppure è preteso nel gravame, che tra lui e la banca sussistesse un rapporto di fiducia. In tali circostanze, il solo fatto che la fattura menzioni o sia materialmente redatta da una persona che di fatto gode di particolare credito non le conferisce un'accresciuta credibilità (DTF 146 IV 258 consid. 1.1.2). Infine, la fattura non fungeva da pezza giustificativa di una registrazione contabile. È quindi a ragione che la CARP ha negato la qualità di documento alla fattura. 
 
8.  
Il ricorrente censura anche la commisurazione della pena di B.________ con riguardo agli elementi mitigativi ritenuti in suo favore. 
L'accoglimento del ricorso in relazione all'ottenimento di "crediti COVID-19" per la ditta individuale B.________ e per la società E.________ SA (v. supra consid. 6.1.3 e 6.2.3) implica l'annullamento dei proscioglimenti dalle imputazioni di truffa e di riflesso anche della pena inflitta. Non si giustifica quindi di esaminare oltre la censura.  
 
9.  
A mente dell'insorgente, la rinuncia della CARP a ordinare l'espulsione di B.________ sarebbe contraria all'art. 66a CP
 
9.1. Assimilando, sulla scia di una parte della dottrina, i "crediti COVID-19" a delle prestazioni sociali, la CARP ha considerato il reato di truffa ai "crediti COVID-19" sussumibile al caso di espulsione obbligatoria di cui all'art. 66 cpv. 1 lett. e CP. Tenuto conto che B.________ ha trascorso la sua vita quasi interamente in Italia, dove si trovano ancora tutti i suoi affetti, che in Svizzera non ha legami e che il suo dichiarato intento è quello di ritornare in Italia, per l'autorità cantonale la misura dell'espulsione non costituirebbe nel suo caso un'ingerenza nel suo diritto al rispetto della vita familiare e privata. La CARP ha tuttavia rinunciato a ordinare l'espulsione, perché ritenuta non compatibile con l'ALC.  
 
9.2. Non occorre in concreto determinare se i "crediti COVID-19" siano paragonabili all'aiuto sociale, questione controversa in dottrina (v. JEAN-RICHARD-DIT-BRESSEL/JUG-HÖHENER, op. cit., n. 35 segg., segnatamente n. 39; MICHELI, op. cit., n. 78 segg.; ZRYD/SMADJA, op. cit., pag. 24). L'espulsione può infatti essere pronunciata anche sulla base dell'art. 66abis CP.  
Ciò posto, è necessario puntualizzare che l'applicazione dell'art. 5 Allegato I ALC (RS 0.142.112.681), su cui si fonda in concreto la rinuncia all'espulsione, implica che lo straniero possa dedurre un diritto di soggiorno dall'Accordo. La CARP ha ritenuto unicamente la nazionalità italiana dell'interessato come criterio di collegamento all'Accordo. Tale elemento non è tuttavia sufficiente per fondare un diritto di soggiorno sgorgante dall'Accordo. Lo straniero deve infatti trovarsi in una delle diverse situazioni di libera circolazione previste dall'Accordo e adempiere le condizioni relative al suo statuto (lavoratore dipendente, autonomo, persona in cerca d'impiego, membro di famiglia, beneficiario di un diritto di rimanere, ecc.) (DTF 131 II 329 consid. 3.1, richiamata dalla sentenza 2C_308/2017 del 21 febbraio 2018 consid. 5.1). Dai fatti accertati, risulta che B.________ è giunto in Svizzera "alla ricerca di condizioni pensionistiche migliori" e per "pagare meno tasse". Pare abbia svolto in Svizzera, in modo comunque marginale, un'attività lucrativa. Spetterà alla CARP stabilire i necessari fatti per determinare se abbia acquisito lo statuto di lavoratore (autonomo) e se non lo abbia eventualmente perso nel frattempo, rispettivamente se egli si trovi in un'altra situazione da cui può dedurre un diritto di soggiorno, la cui limitazione è subordinata alle condizioni poste dall'art. 5 Allegato I ALC
In simili circostanze, la rinuncia a ordinare l'espulsione di B.________ viola il diritto. 
 
10.  
Ne segue che il ricorso merita parziale accoglimento. La sentenza impugnata dev'essere annullata e la causa rinviata alla CARP, affinché si pronunci nuovamente sui reati di truffa in relazione all'ottenimento di "crediti COVID-19" per la ditta individuale B.________ e per la società E.________ SA, sulla pena e sulla misura dell'espulsione nei confronti di B.________. Per il resto, il ricorso dev'essere respinto. 
Le spese giudiziarie e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 66 e 68 LTF). Il grado di soccombenza dell'insorgente può essere valutato a 20 % e quello degli opponenti a 80 %. 
Avendo agito nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali, al pubblico ministero non sono addossate spese giudiziarie né accordate ripetibili (art. 66 cpv. 4 e 68 cpv. 4 LTF). 
Per la parte in cui risultano vincenti, gli opponenti hanno diritto a un'indennità ridotta a titolo di ripetibili a carico del Cantone Ticino (art. 68 cpv. 1 LTF). 
In quanto parzialmente soccombente, una quota delle spese giudiziarie è posta a carico di B.________ (art. 66 cpv. 1 LTF). 
Nella misura in cui non è divenuta priva di oggetto, la domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio di A.________ può trovare accoglimento. Infatti le conclusioni ricorsuali non apparivano d'acchito prive di possibilità di successo, avendo egli postulato la conferma della sentenza cantonale relativa, in particolare, alle truffe ai "crediti COVID-19", su cui questo Tribunale si è pronunciato per la prima volta. Inoltre l'opponente non dispone di mezzi finanziari necessari (art. 64 cpv. 1 e 2 LTF). Nonostante la parziale soccombenza, l'opponente è quindi dispensato dal pagamento delle spese giudiziarie. L'avvocato Davide Fagetti viene incaricato del gratuito patrocinio dell'opponente e a tale titolo la Cassa del Tribunale federale gli verserà un'adeguata indennità. Se in seguito sarà però in grado di farlo, l'opponente è tenuto a risarcire la Cassa del Tribunale federale (art. 64 cpv. 4 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è accolto. La sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata alla Corte di appello e di revisione penale per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. Per il resto il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 1'200.-- sono poste a carico di B.________. 
 
3.  
La domanda di assistenza giudiziaria di A.________ è accolta nella misura in cui non è divenuta priva d'oggetto. L'avv. Davide Fagetti viene incaricato del gratuito patrocinio dell'opponente. 
 
4.  
Il Cantone Ticino verserà fr. 600.-- a B.________ e fr. 600.-- al patrocinatore di A.________, a titolo di ripetibili per la procedura innanzi al Tribunale federale. 
 
5.  
La Cassa del Tribunale federale verserà all'avv. Davide Fagetti un'indennità di fr. 2'400.--. 
 
6.  
Comunicazione al ricorrente, ai patrocinatori degli opponenti, alla Corte di appello e di revisione penale del Cantone Ticino e, per informazione, all'accusatrice privata. 
 
 
Losanna, 11 marzo 2024 
 
In nome della I Corte di diritto penale 
del Tribunale federale svizzero 
 
La Presidente: Jacquemoud-Rossari 
 
La Cancelliera: Ortolano Ribordy