Avviso importante:
Le versioni vecchie di Netscape non sono in grado di mostrare i grafici. La funzionalità della pagina web è comunque garantita. Se volesse utilizzare frequentemente questa pagina, le raccomandiamo di installare un browser aggiornato.
Ritorno alla pagina principale Stampare
Scrittura aggrandita
 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 0/2} 
5P.439/2003 /bom 
 
Sentenza dell'11 maggio 2004 
II Corte civile 
 
Composizione 
Giudici federali Raselli, presidente, 
Escher, Marazzi, 
cancelliere Piatti. 
 
Parti 
A.A.________, 
ricorrente, patrocinato dall'avv. Raffaele Bernasconi, 
contro 
 
B.A.________, 
opponente, patrocinata dall'avv. Prisca Zanetti, 
I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino, via Bossi 3, casella postale 45853, 6901 Lugano. 
 
Oggetto 
art. 9 Cost. (misure a protezione dell'unione coniugale), 
 
ricorso di diritto pubblico del 27 novembre 2003 contro la sentenza emanata il 21 ottobre 2003 dalla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
B.A.________ (1942) e A.A.________ (1941) - sposatisi nel 1968 - vivono separati dal gennaio 2001. Dalla loro unione sono nati due figli, il minore è divenuto maggiorenne nel 1996. Dopo aver ritirato una domanda di separazione, la moglie - che non esercita attività lucrativa - ha chiesto al Pretore del distretto di Lugano l'emanazione di misure a protezione dell'unione coniugale, in particolare la condanna del marito al pagamento di un contributo alimentare mensile di fr. 10'000.-- e all'assunzione degli oneri ipotecari e fiscali. Il coniuge, che si è opposto alle domande, ha offerto il versamento di un contributo mensile di fr. 5'280.--, oltre al pagamento degli oneri fiscali. Con decisione del 10 settembre 2002, il Pretore ha fatto proprie le predette proposte del marito. 
B. 
In parziale accoglimento di un appello presentato da B.A.________, la I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha, con sentenza 21 ottobre 2003, modificato il giudizio di primo grado e ha condannato A.A.________ a versare alla moglie un contributo mensile per il mantenimento, comprensivo del carico fiscale, di fr. 8'163.--. I giudici cantonali, dopo aver accertato che le parti non hanno praticamente accumulato risparmi durante la loro convivenza, hanno sostanzialmente determinato tale contributo ripartendo a metà l'eccedenza restante dopo aver soddisfatto i fabbisogni dei coniugi col reddito del marito. 
C. 
Il 27 novembre 2003 A.A.________ ha inoltrato al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico, con cui postula l'annullamento della decisione di appello e il rinvio della causa ai giudici cantonali per nuovo giudizio. Il ricorrente afferma che la decisione cantonale sarebbe arbitraria, perché in presenza di un reddito elevato non si applicherebbe il metodo della ripartizione a metà dell'eccedenza, ma il giudice deve fondarsi sul dispendio effettivo delle parti. Del resto, nemmeno la moglie si sarebbe basata sul sistema adottato dalla Corte cantonale. Il ricorrente ribadisce che decisivo sarebbe il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, criterio peraltro pure espressamente previsto dal CC all'art. 125. Menzionando i versamenti effettuati alla moglie durante la convivenza, asserisce che il tenore di vita della coniuge non superava l'importo di fr. 5'280.-- mensili, che egli si era dichiarato disposto a versarle. 
Non è stato ordinato uno scambio di scritti. 
 
Diritto: 
1. 
Per costante giurisprudenza, le decisioni emanate dall'ultima istanza cantonale in materia di misure a protezione dell'unione coniugale possono essere impugnate con un ricorso di diritto pubblico fondato sulla pretesa violazione dell'art. 9 Cost. (DTF 127 III 474 consid. 2a, con rinvii). Il ricorso, tempestivo (art. 89 cpv. 1 OG), è pertanto in linea di principio ammissibile. 
2. 
2.1 Secondo i giudici cantonali, un reddito elevato non basta da solo per escludere l'applicazione del principio secondo cui, nell'ambito di misure a protezione dell'unione coniugale, il contributo alimentare viene determinato suddividendo l'eccedenza restante dopo aver tolto dalle entrate dei coniugi i loro fabbisogni. In concreto non sarebbe nemmeno applicabile la giurisprudenza che prevede una deroga a tale principio per il fatto che i coniugi non destinavano tutto il loro reddito al mantenimento della famiglia. Infatti, i risparmi delle parti, nonostante proventi mensili di quasi fr. 24'000.--, ammontano a soli fr. 61'088.--; di tale importo oltre la metà (fr. 33'116.--) è inoltre dovuta ad un risparmio involontario, causato dal fatto che il marito aveva ricevuto, quale gratifica, azioni bloccate fino al 31 marzo 2004. La Corte cantonale non ha poi nemmeno ritenuto verosimile l'argomentazione di quest'ultimo, secondo cui il suo contributo al mantenimento della moglie e dei figli si esauriva in versamenti mensili di fr. 4'000.--: dagli estratti conto risulta che egli pagava pure fatture di una società telefonica, di una società di leasing, di un'impresa che rilascia carte di credito, nonché importanti importi enunciati come "ordine di pagamento codificato, ordine globale". Non producendo estratti giornalieri e dettagliati, rispettivamente le fatture pagate con la carta di credito, egli non ha reso verosimile che tali spese erano unicamente destinate a lui solo. 
 
 
Infine, con riferimento alla determinazione concreta del contestato contributo, la Corte cantonale ha stabilito il fabbisogno della moglie in fr. 5'050.-- e quello del marito in fr. 10'620.--. Essa ha quindi dedotto tali importi dal reddito del marito di fr. 23'950.--, ottenendo un'eccedenza da ripartire di fr. 8'280.--. Tuttavia, poiché la moglie aveva postulato un contributo alimentare di soli fr. 8'163.--, i giudici cantonali le hanno attribuito tale importo e non la somma di fr. 9'190.--, risultante dall'addizione al suo minimo vitale (fr. 5'050.--) della metà dell'eccedenza (fr. 4'140--). 
2.2 Il ricorrente sostiene che la Corte cantonale gli accollerebbe arbitrariamente l'onere di dimostrare la mancata applicabilità del metodo del riparto delle eccedenze, misconoscendo che il suo elevato reddito già costituisce un motivo sufficiente per derogare alla ripartizione delle eccedenze. Del resto, nemmeno la moglie avrebbe mai preteso una tale ripartizione, limitandosi a presentare un elenco delle spese. Il ricorrente afferma inoltre che la sentenza impugnata permetterebbe alla controparte di godere di un tenore di vita più elevato di quello avuto in costanza di convivenza, atteso che ella, durante tale periodo, riceveva versamenti mensili di iniziali fr. 3'000.--, aumentati una prima volta a fr. 3'500.-- e poi a fr. 4'000.--, con cui pagava tutte le spese personali nonché quelle dell'economia domestica. In realtà, il dispendio mensile della moglie ammonterebbe a fr. 2'556.-- mensili, a cui vanno aggiunte le pigioni per la locazione di un appartamento e di un posteggio per complessivi fr. 2'080.--: tale fabbisogno sarebbe del resto indirettamente confermato dal contributo alimentare di fr. 5'000.-- chiesto dalla controparte nella procedura di separazione poi ritirata nel 2001. Da ultimo, il ricorrente sostiene che la circostanza, secondo cui il suo dispendio è sempre stato più elevato di quello della moglie risulta dal fatto che dal 1997 le sue uscite sono sempre state costanti, rispettivamente sono addirittura aumentate dopo la separazione. 
2.3 In virtù dell'art. 176 cpv. 1 n. 1 CC il giudice delle misure di protezione dell'unione coniugale stabilisce i contributi pecuniari dovuti da un coniuge all'altro, fissandoli in applicazione dell'art. 163 cpv. 1 CC. Secondo questa norma, i coniugi provvedono in comune, ciascuno nella misura delle sue forze, al debito mantenimento della famiglia. Il legislatore non ha prescritto alcun metodo per calcolare tali contributi pecuniari. Fra i metodi utilizzati e ritenuti conformi al diritto federale vi è segnatamente quello - adottato in concreto dalla Corte cantonale - consistente nello stabilire i fabbisogni dei coniugi, di soddisfarli con il reddito complessivo della coppia e di ripartire a metà l'eccedenza. Tale metodo è unicamente una possibilità e non un modello obbligatorio (sentenza 5P.352/2003 consid. 2.1). La giurisprudenza ne ha già escluso, al fine di evitare una ridistribuzione del patrimonio rispettivamente una liquidazione anticipata del regime matrimoniale, l'applicazione nel caso in cui sia dimostrato che i coniugi non destinavano - durante la vita in comune - la totalità dei redditi al mantenimento della famiglia (DTF 119 II 314 consid. 4b). Il limite superiore del diritto al mantenimento è, in linea di principio, costituito dal tenore di vita concordato e vissuto dai coniugi fino alla cessazione della vita comune (DTF 118 II 376 consid. 20b; sentenza 5P.231/2000 consid. 3a, pure riprodotto in: FamPra.ch 2001 pag. 764; cfr. anche DTF 128 III 65 consid. 4a). Tuttavia, in casi eccezionali, il mantenimento dovuto, anche dopo la pronuncia del divorzio, può essere più elevato del predetto limite, ad esempio qualora i coniugi intenzionati ad acquistare una casa siano vissuti in maniera particolarmente parsimoniosa ed al disotto dei loro mezzi (Messaggio del 15 novembre 1996 sulla revisione del CC, FF 1996 I 1, pag. 127; sentenza 5C.230/2003 consid. 4.1; Ingeborg Schwenzer, Praxiskommentar Scheidungsrecht, Basilea Ginevra Monaco 2000, n. 6 ad art. 125 CC). 
 
Giova infine ricordare che, per costante giurisprudenza, l'autorità cantonale cade nell'arbitrio quando emana una decisione manifestamente insostenibile, destituita di fondamento serio e oggettivo o in urto palese con il senso di giustizia ed equità. Tuttavia, l'arbitrio non si realizza già per il semplice fatto che le conclusioni del giudice di merito non corrispondono a quelle del ricorrente o ad altre, altrettanto sostenibili o addirittura migliori. Nella procedura del ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale annulla la decisione cantonale quando essa risulti insostenibile non solo nella motivazione, bensì anche nel risultato (DTF 129 I 8 consid. 2.1 con rinvii). 
2.3.1 In concreto, il ricorrente non contesta che l'intero reddito fosse destinato al mantenimento della famiglia, ma afferma di aver avuto, in pendenza di convivenza, un tenore di vita molto più elevato di quello concesso alla moglie. Asserisce segnatamente che, nonostante un reddito mensile di fr. 23'950.--, durante la vita comune il contributo alimentare alla moglie e ai due figli si esauriva in fr. 4'000.-- mensili. Con tale argomentazione il ricorrente disconosce che il mantenimento della famiglia deve avvenire in modo debito (art. 163 cpv. 1 CC; Messaggio dell'11 luglio 1979 sulla revisione del Codice civile svizzero, FF 1979 II 1119, pag. 1177) e che la nozione di debito mantenimento dipende dalle condizioni economiche e dai bisogni della famiglia commisurati a tali condizioni (Bräm, Commento zurighese, n. 28 ad art. 163 CC, Hausheer/Reusser/Geiser, Commento bernese, n. 21 ad art. 163 CC). Ora, la suddivisione del reddito asseritamente operata dal marito durante la vita in comune (5/6 per lui e 1/6 per moglie e due figli), rispettivamente l'importo di fr. 4'000.-- che questi indica aver destinato alla consorte e alla prole, non corrispondono - tenuto conto dell'elevato reddito mensile conseguito - al debito mantenimento della famiglia dovuto in virtù dell'art. 163 cpv. 1 CC. Così stando le cose, non è manifestamente possibile rimproverare arbitrio alla Corte cantonale per non essersi attenuta al summenzionato importo, chiaramente in contraddizione con quanto disposto dall'art. 163 cpv. 1 CC, ma di aver calcolato - applicando d'ufficio il diritto federale e senza violare il principio dispositivo - ciò che costituiva il debito mantenimento della moglie. Giova aggiungere che qualora invece - come accennato dalla Corte cantonale - la suddivisione del reddito coniugale indicata nel gravame non corrisponda alla realtà vissuta in pendenza di convivenza, il ricorrente, omettendo di fornire informazioni sulle spese familiari sostenute, si è precluso la possibilità di censurare la sentenza cantonale. 
2.3.2 Si può infine osservare che il ricorrente, affermando che il suo reddito elevato costituisce, da solo, un valido motivo per escludere l'applicazione del metodo della ripartizione dell'eccedenza, misconosce la portata della sentenza 5P.138/2001 citata nel ricorso. Tale sentenza ribadisce che solo qualora una parte del reddito venga risparmiata (circostanza non verificatasi in concreto) non vi è un'applicazione automatica della regola secondo cui l'eccedenza è divisa a metà fra i coniugi (consid. 2a/bb). Del resto, anche la più recente giurisprudenza non esclude, nel caso di redditi elevati, una ripartizione dell'eccedenza fra i coniugi (sentenza 5P.6/2004 consid. 3.2.2). 
3. 
Da quanto precede discende che il ricorso si rivela infondato e come tale va respinto. La tassa di giustizia segue la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG), mentre non si giustifica di assegnare ripetibili alla controparte, che non è stata invitata a produrre una risposta. 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
 
1. 
Il ricorso è respinto. 
2. 
La tassa di giustizia di fr. 2'000.-- è posta a carico del ricorrente. 
3. 
Comunicazione ai patrocinatori delle parti e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. 
Losanna, 11 maggio 2004 
In nome della II Corte civile 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: