107 IV 84
Intestazione
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25. Estratto della sentenza della Corte di cassazione dell'8 gennaio 1981 nella causa A. c. Procura pubblica sottocenerina (ricorso per cassazione)
Regesto
Art. 32 CP.
L'atto compiuto per un dovere d'ufficio dev'essere proporzionato al suo scopo.
Proporzionalità negata in un caso in cui un agente di polizia cagiona non intenzionalmente una grave caduta di un ciclomotorista (identificabile senza soverchia difficoltà) che non aveva ottemperato all'ordine di fermarsi impartitogli dall'agente al fine di controllare lo stato del suo veicolo, senza che esistessero ragioni concrete per ritenere il medesimo pericoloso per la sicurezza del traffico.
Il pomeriggio del 2 maggio 1978 l'agente della Polizia comunale A. decideva, insieme con un suo collega di effettuare un controllo dei ciclomotori che uscivano dalle scuole di B. A tal fine i due agenti si proponevano di fermare i ciclomotoristi sulla discesa che porta in direzione dello stadio. Verso le 16.45 facevano segno di fermarsi a un gruppo di quattro ciclomotoristi, di cui tre circolavano più o meno compatti, mentre il quarto, C., procedeva leggermente discosto. I due agenti si trovavano al centro della strada, in uniforme. I primi tre ciclomotoristi si fermavano, mentre C., che circolava col motore acceso ma in folle, proseguiva la propria marcia piegando verso la sinistra, nell'intento di eludere il controllo. A., resosi conto che C. non si sarebbe fermato, si spostava anch'egli sulla sinistra aprendo le braccia. Il ciclomotorista abbassava la testa per passare sotto il braccio dell'agente, ma urtava la mano dell'agente, perdeva l'equilibrio e cadeva battendo il capo contro un paletto di cemento situato al ciglio della strada. In tale infortunio riportava una frattura della base del cranio, una commozione cerebrale, come pure altre fratture.
Con sentenza del 18 giugno 1980 il Pretore della giurisdizione di Lugano-Distretto condannava A. per lesioni semplici colpose a una multa di Fr. 300.-- (con il beneficio della cancellazione della relativa iscrizione nel casellario giudiziale in caso di buona condotta durante un periodo di prova di un anno).
La Corte di cassazione e di revisione penale del Cantone Ticino (CCRP) respingeva il gravame presentatole da A. Questi ha impugnato dinnanzi al Tribunale federale ricorso per cassazione la sentenza dell'ultima istanza cantonale, chiedendo che essa sia annullata e che la causa sia rinviata all'autorità cantonale perché lo assolva.
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.
Dai considerandi in diritto:
4. Sia la decisione impugnata che il ricorrente rilevano a ragione che l'atto ordinato per un dovere d'ufficio dev'essere proporzionato al suo scopo. Tale condizione è chiaramente espressa dall'art. 9 della legge ticinese sulla Polizia cantonale, che il ricorrente considera a lui applicabile per analogia nella sua qualità di agente di polizia comunale:
"Ai fini dell'adempimento dei doveri d'ufficio o imposti dalle leggi, la
nei mezzi e nel grado, per impedire fughe, vincere resistenze, respingere
violenza o superare pericoli attuali e non altrimenti evitabili."
La necessità della proporzionalità risulta chiaramente da questa disposizione del diritto cantonale applicabile all'atto commesso dal ricorrente (DTF 94 IV 7 consid. 1 e richiami). In sede di giudizio su ricorso per cassazione l'applicazione di detta norma cantonale non può essere esaminata come tale (art. 269 cpv. 1 PP). Ciò non ha peraltro rilevanza nella fattispecie, dato che l'esigenza della proporzionalità risulta direttamente dall'art. 32 CP, ossia da una disposizione del diritto federale (DTF 100 Ib 18; DTF 99 IV 256, DTF 96 IV 20, 94 IV 8 e richiami).
a) Per rispettare la proporzionalità occorre ponderare i valori che entrano in considerazione: da un lato, il fine perseguito dall'agente, dall'altro, i mezzi da lui utilizzati per realizzarlo.
Nella fattispecie, lo scopo perseguito dal ricorrente era quello di sottoporre il veicolo di C. a un controllo tecnico e, dato che C. sembrava volersi sottrarre a tale controllo, di fermarlo per costringerlo a subire il controllo. L'importanza della necessità di fermarlo dipendeva dall'importanza del controllo. Il valore dello scopo perseguito era determinato unicamente dal valore del controllo previsto; la necessità di fermare il ciclomotorista costituiva soltanto il corollario dell'esigenza d'effettuare il controllo. Quest'ultimo era destinato a garantire l'osservanza di disposizioni amministrative la cui violazione non comporta necessariamente un rischio concreto per l'integrità delle persone. Dalla decisione impugnata non risulta infatti che, nel momento in cui il ricorrente è intervenuto, il ciclomotore di C. manifestasse indici di pericolo concreto per la circolazione, né il ricorrente pretende d'altronde che esistesse tale pericolo (e ciò anche se, come risulta dagli atti, il veicolo presentava anomalie tecniche, accertate successivamente, che avrebbero comportato per il ciclomotorista l'obbligo di regolarizzare la situazione e di pagare eventualmente una contravvenzione). Lo scopo perseguito dall'agente era, al momento del suo intervento, di natura formale. Per converso, il mezzo utilizzato per realizzarlo comportava un rischio concreto per l'integrità fisica del conducente recalcitrante, il quale, secondo quanto accertato dall'autorità cantonale, non poteva fermarsi a causa della velocità con cui circolava e della distanza relativamente breve che lo separava dall'ostacolo costituito dall'agente di polizia spostatosi sulla corsia nella quale il ciclomotorista s'era immesso. Non essendo in grado, secondo quanto accertato dall'autorità
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cantonale, di fermarsi tempestivamente, il conducente correva pericolo di cadere e di ferirsi. Il valore messo a repentaglio dal ricorrente, ossia l'integrità fisica di una persona, era assai maggiore di quello del controllo formale a cui il ricorrente intendeva procedere. V'era quindi una sproporzione manifesta tra lo scopo perseguito e il mezzo utilizzato. In un caso paragonabile, il Tribunale federale ha deciso, nello stesso senso, che il principio della proporzionalità era stato violato da un agente di polizia che, per fermare dei bracconieri i quali s'erano due volte sottratti al suo controllo fuggendo a bordo del loro veicolo, aveva fatto uso della propria arma da fuoco, rischiando di ferirli, benché non esistessero indizi che lasciassero supporre che essi fossero pericolosi e che avessero commesso reati ulteriori, diversi da quello venatorio per il quale erano inseguiti (DTF 99 IV 256 /7).b) Per decidere della proporzionalità tra l'atto commesso e il fine perseguito va tenuto conto altresì dei mezzi e del tempo di cui l'agente disponeva (DTF 94 IV 8). Nella fattispecie i giudici cantonali hanno accertato che lo scopo perseguito, ossia il controllo del veicolo, avrebbe potuto essere attuato anche in seguito, senza danno per nessuno: l'identità di C. avrebbe potuto essere indicata dai compagni di costui che avevano accettato di sottoporsi al controllo, di guisa che sarebbe stato possibile interpellarlo più tardi, senza necessità di fermarlo immediatamente. Neppure in assenza di tali indicazioni, l'identificazione del conducente che non aveva dato seguito all'ordine di fermarsi avrebbe dato luogo a serie difficoltà, essendo noto che si trattava di un allievo della vicina scuola e che conduceva un ciclomotore, ciò che restringeva la cerchia dei sospetti. Il fatto che tale modo di procedere avrebbe complicato il compito della polizia era chiaramente meno grave di un intervento suscettibile di ledere l'integrità fisica di una persona. La sproporzione tra il valore del fine perseguito, attuabile in altro modo, e il mezzo utilizzato era sufficientemente evidente per essere immediatamente riconoscibile per il ricorrente. Questi non può pertanto giustificarsi affermando di non aver avuto il tempo di prendere una decisione corretta.
c) È vero che la giustificazione dell'atto commesso e la sua adeguatezza rispetto al fine perseguito vanno valutati non secondo la situazione fattuale accertata in seguito dal giudice, ma secondo quella che appariva all'agente al momento in cui ha agito (DTF 94 IV 9 consid. 2 a in fine). Nel caso in esame, tuttavia, i giudici cantonali hanno considerato
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soltanto la situazione che, secondo i loro accertamenti, appariva al ricorrente. Non hanno pertanto considerato, ad esempio, che C., ciò che è stato da lui sostenuto, non avesse scorto il segno con cui gli si ordinava di fermarsi o che non avesse avuto l'intenzione di sottrarsi al controllo. Ma precisamente nella situazione apparsa al ricorrente, quale accertata dall'autorità cantonale, e nella quale risultava che C. intendeva sottrarsi al controllo e disobbedire quindi all'ordine impartitogli di fermarsi, il ricorrente, per far rispettare prescrizioni formali la cui violazione non implicava un pericolo concreto per l'integrità fisica di alcuno, aveva leso l'integrità fisica di una persona, ossia un bene di un valore assai superiore a quello dello scopo perseguito.d) È esatto che all'autorità chiamata a controllare se il principio della proporzionalità sia stato rispettato dall'atto compiuto per un dovere d'ufficio non è consentito di far uso al proposito di un parametro troppo rigoroso; essa deve imporsi un certo riserbo, per tener conto del margine d'apprezzamento che va riconosciuto a un funzionario nell'esercizio delle proprie funzioni (DTF 100 Ib 18). Nella fattispecie, tuttavia, la sproporzione tra il fine perseguito (controllo formale) e il mezzo impiegato (rischio immediato di lesioni personali provocate dalla caduta da un veicolo a due ruote procedente a grande velocità) era così manifesta da non lasciare un margine d'apprezzamento sufficiente a far apparire il mezzo utilizzato come ancora ammissible.