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91 I 306


49. Estratto della sentenza 13 ottobre 1965 sui ricorsi Bianchi e diversi contro Consiglio di Stato del Cantone Ticino.

Regeste

Art. 31 Cst.
Dans la mesure où l'art. 37 de la loi sanitaire tessinoise ne donne l'autorisation d'exploiter une pharmacie que si le pharmacien qui la dirige en est propriétaire et où il interdit aux pharmaciens d'être propriétaires de plusieurs pharmacies, il est incompatible avec la liberté du commerce et de l'industrie.

Faits à partir de page 307

BGE 91 I 306 S. 307
Il 18 dicembre 1954, il legislatore ticinese ha emanato una nuova legge sanitaria, con la quale ha fra altro disciplinato la gerenza delle farmacie. Il relativo art. 37 dispone quanto segue:
"Nessuno può aprire una nuova farmacia od assumere la direzione di una farmacia già esistente senza l'autorizzazione del dipartimento.
L'autorizzazione è strettamente personale e non può essere concessa che a un farmacista in possesso del libero esercizio nel Cantone e proprietario della farmacia da lui gerita.
Un farmacista non può essere proprietario di più farmacie.
In caso di decesso del titolare, la farmacia, quando non si intenda continuarne l'esercizio, deve essere ceduta entro il termine di cinque anni a un farmacista. Questo termine potrà essere congruamente prolungato dal dipartimento ove un figlio del defunto o un fratello o un nipote o un abiatico abbia nel frattempo iniziato gli studi accademici di farmacia o di chimica.
Fino alla cessione la gerenza provvisoria dovrà essere affidata a un farmacista ammesso al libero esercizio.
L'autorizzazione non può essere concessa a una associazione, fondazione o società commerciale, eccezion fatta per le società in nome collettivo i cui soci sono tutti in possesso del libero esercizio della farmacia."
L'art. 39 prescrive:
"Ogni farmacia deve essere personalmente e regolarmente gerita dal farmacista autorizzato.
La preparazione dei medicamenti deve essere eseguita solo da farmacisti o da assistenti autorizzati."
La situazione delle farmacie esistenti non in regola con le nuove norme è stata disciplinata nelle "disposizioni transitorie e finali" con l'art. 176 che dispone segnatamente quanto segue:
"Le farmacie di proprietà di società commerciale o di non farmacisti all'entrata in vigore della presente legge, possono continuare la loro attività con la medesima ragione sociale, per un periodo di 10 anni..."
La nuova legge è entrata in vigore il 10 luglio 1955.
Il 30 luglio 1964, il Dipartimento delle opere sociali avvertiva i proprietari di farmacie non personalmente ammessi al libero
BGE 91 I 306 S. 308
esercizio della professione di farmacista o non dirigenti personalmente la farmacia, che per il 10 luglio 1965, data di scadenza della validità dell'art. 176 LS, sarebbe stata decretata la chiusura delle farmacie in contrasto con l'art. 37 LS.
Sette proprietari di farmacie provocarono una formale decisione del Dipartimento e, avuta conferma della diffida suesposta, interposero ricorso al Consiglio di Stato, facendo valere, in particolare, che la decisione del Dipartimento ledeva il principio costituzionale della libertà di commercio.
Il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi, adducendo che ad esso non incombeva di esaminare la costituzionalità degli art. 37 e 176 cpv. 1 LS, ma di applicarli. D'altronde, la decisione impugnata corrispondeva alla lettera e allo spirito della legge.
Ognuno dei sette proprietari di farmacie ha tempestivamente interposto al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico, chiedendo l'annullamento della decisione governativa che lo concerne.
Il Consiglio di Stato ha presentato le sue osservazioni di risposta, proponendo che i ricorsi siano respinti. Esso ammette che gli art. 37 e 176 LS restringono la libertà di commercio, ma afferma che tale limitazione è stata disposta nell'ambito delle competenze riservate ai Cantoni in virtù dell'art. 31 cpv. 2 CF.

Considérants

Considerando in diritto:

5. La preparazione e la vendita di medicinali sono di carattere scientifico e commerciale e godono, pertanto, della libertà di commercio, garantita dall'art. 31 CF. La legislazione cantonale può tuttavia apportarvi restrizioni in due sensi: tali attività, in quanto si svolgano nell'esercizio di una professione liberale, possono essere subordinate dai Cantoni ad un certificato di abilitazione (art. 33 CF); in quanto oggetto di impresa commerciale, possono essere assoggettate a prescrizioni di polizia emanate a tutela dell'ordine, della salute e della sicurezza del pubblico (cfr. RU 79 I 121). Invece interessi di ordine sindacale o di categoria non giustificano una limitazione della libertà di commercio (RU 80 I 126 ultimo capoverso, 143/44).
In concreto, le restrizioni concernenti l'abilitazione dei farmacisti non sono in discussione. Il Consiglio di Stato, nella sua risposta, si è infatti limitato a contestare i ricorsi in quanto intesi a dimostrare l'incostituzionalità delle disposizioni che non consentono, a chi non è personalmente ammesso all'esercizio della
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professione di farmacista, di essere proprietario di una farmacia e anche a chi si trova in tali condizioni di averne più di una. Resta pertanto solo da stabilire se dette restrizioni alla libertà di commercio si mantengano nell'ambito di norme di polizia cantonale e se siano proporzionate, vale a dire se non siano limitative oltre quanto lo esige lo scopo perseguito (RU 88 I 67 consid. 2 e citazioni).

6. Il problema sollevato dalla legge ticinese, purnon essendo mai stato posto in termini così radicali, non è completamente nuovo alla giurisprudenza del Tribunale federale.
La sentenza del 1919 (RU 45 I 141), citata dalle ricorrenti Chiappa, Viganello SA e sorelle Bianchi, non è stata fondata sull'art. 31, bensì sull'art. 4 CF in applicazione del § 58 della legge sanitaria del Cantone di Argovia, e non è perciò pertinente al caso di cui qui si tratta. Invece, in una sentenza del 1921, il Tribunale federale, pur riconoscendo che di regola la salute e la sicurezza pubbliche possono essere sufficientemente garantite affidando la farmacia alla direzione indipendente di un impiegato abilitato all'esercizio della professione di farmacista, ha ammesso che tali interessi pubblici sono anche più efficacemente protetti, esigendo che la farmacia sia gerita a nome del farmacista diplomato (RU 47 I 403/404). Esso ne ha concluso che la norma del diritto zurighese, in base alla quale l'autorità aveva negato la concessione della farmacia ad una cooperativa, non era incompatibile con gli art. 31 e 33 CF.
In una sentenza inedita del 19 giugno 1931 (Scholz e Füssel & Zinn c. Regierungsrat Zurigo), sempre in relazione al § 26 della legge zurighese, il Tribunale federale ha confermato il precedente giudizio, nel senso che l'autorità cantonale poteva negare a delle società in nome collettivo l'esercizio di farmacie sotto la ragione sociale iscritta nel registro di commercio, ed esigere che nella ditta titolare della farmacia figurassero soltanto gli interessati in possesso della patente di farmacisti. Il Tribunale federale ha però aggiunto (pag. 19) che non dovevasi con ciò escludere la possibilità per altre persone di essere interessate al risultato economico della farmacia e al relativo inventario. Tale questione venne lasciata allora insoluta, così come anche in occasione di una nuova sentenza del 1933 (RU 59 I 193), nella quale le norme della legge sanitaria lucernese vennero giudicate compatibili con l'art. 31 CF, in quanto stabilivano l'esigenza "dass die Person, welche dem Betrieb tatsächlich vorsteht, ihn
BGE 91 I 306 S. 310
"besorgt" (führt), zugleich auch diejenige sei, auf deren Namen und damit Verantwortung nach aussen es geht" (pag. 194).
In tutti questi casi si trattava perciò di giudicare sulla validità di norme esigenti che responsabile di fronte allo Stato e ai terzi fosse sempre un farmacista diplomato, titolare di un'unica farmacia. Secondo la dottrina (MARTI, Handels- und Gewerbefreiheit, p. 144 e referto in atti del prof. Huber), la suesposta giurisprudenza non regge. La stessa non può, ad ogni modo, essere reputata vincolante per il giudizio sulla compatibilità con l'art. 31 CF delle controverse norme ticinesi, le quali pongono il problema in termini diversi.
Comunque e contrariamente a quanto afferma il Consiglio di Stato nella risposta al ricorso, non si vede come la sicurezza e la salute pubbliche siano più efficacemente salvaguardate coll'esigere che il titolare responsabile della farmacia ne sia anche il proprietario. Con motivi almeno altrettanto validi, si potrebbe affermare, specie quando la proprietaria è una persona giuridica, che le farmacie appartenenti a persone diverse dal farmacista responsabile offrono maggior garanzie di corretto esercizio della professione, per effetto della reciproca sorveglianza fra le parti interessate e grazie alle maggiori possibilità di controllo offerte alla autorità di vigilanza. Ad ogni modo, anche se la tesi del Consiglio di Stato potesse essere condivisa, i vantaggi che la stessa potrebbe offrire sarebbero sproporzionati alla grave limitazione della libertà di commercio disposta dalla legge ticinese. Non si giustificherebbe, ad esempio, dato il rilevante impiego di danaro richiesto per l'acquisto o l'apertura di una farmacia, di negare ad un farmacista diplomato privo di mezzi la possibilità di dirigere una farmacia messa a disposizione da un terzo.
In realtà, siffatte disposizioni possono essere dettate solo da motivi e considerazioni di politica economica e da interessi di categoria che non giustificano una restrizione della garanzia sancita all'art. 31 CF.
Tale è certamente il caso della legge ticinese, perchè non risulta che le controverse restrizioni siano state giustificate da inconvenienti verificatisi nella applicazione della vecchia legge del 1924, la quale si limitava ad esigere la personale e continua gestione da parte del farmacista autorizzato (art. 26). Le parti non hanno prodotto una documentazione dei materiali legislativi, ma da una citazione - la cui esattezza non è contestata - esposta nel ricorso della Pharmaca Moretti SA e desunta dai
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verbali del Gran Consiglio (1954, p. 347 e seg.), risulta la seguente dichiarazione fatta dalla Commissione parlamentare speciale al Gran Consiglio:
"Allo scopo di far scomparire il pericolo di speculazioni commerciali in questo campo viene introdotto il principio che l'autorizzazione di aprire e gerire una farmacia non può essere concessa che a un farmacista in possesso del libero esercizio... Tale draconiana disposizione tende a proteggere i farmacisti."
Questo scopo di tutela economica di una categoria è messo in evidenza anche nel rapporto per il 1964, inviato nel febbraio 1965 dall'Ordine dei farmacisti ai suoi membri, nel quale è detto fra altro quanto segue:
"Rileveremo comunque con compiacimento come la legge, in questi due lustri, abbia contenuto e limitato il numero delle fondazioni di nuove farmacie, all'opposto di quanto verificatosi antecedentemente. Ciò ha contribuito a consolidare la posizione assai precaria di parecchie farmacie, evitandone un preoccupante peggioramento che, compromettendo la situazione economica delle singole farmacie, avrebbe anche pregiudicato lo stesso serio o coscienzioso servizio alla clientela."
Le controverse norme della legge ticinese non sono pertanto compatibili con l'art. 31 CF.

7. L'obbligo di chiusura della farmacia motivato dal fatto che il farmacista gerente non ne è proprietario essendo incostituzionale, non si può neppure vietare a un farmacista di possederne più di una, a condizione naturalmente che ogni farmacista sia personalmente e regolarmente diretta da un farmacista autorizzato (art. 39 cpv. 1 LS). Altrettando dicasi della prescrizione dell'art. 37 cpv. 6, in quanto vieta le farmacie appartenenti a persone giuridiche. Infatti, entrambe queste ultime prescrizioni non sono altro che il corollario della regola principale suesposta e possono anch'esse essere dettate soltanto da motivi di politica economica.
Le decisioni impugnate essendo fondate sulle suindicate norme incostituzionali, i sette ricorsi devono essere accolti.

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Etat de fait

Considérants 5 6 7

références

Article: art. 37 e 176, Art. 31 Cst., art. 31 e 33