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Urteilskopf

128 IV 73


14. Estratto della sentenza della Corte di cassazione penale nella causa A. contro Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (ricorso per cassazione)
6S.500/2001 del 26 febbraio 2002

Regeste

Art. 183 StGB, Art. 63 StGB; Freiheitsberaubung, Festnahme auf frischer Tat, Strafzumessung.
Die vorläufige Festnahme einer auf frischer Tat ertappten verdächtigen Person durch den Geschädigten erfüllt den Tatbestand der Freiheitsberaubung, soweit sie länger dauert als die Zeit, welche die Polizei bräuchte, um zum Ort des Geschehens zu gelangen (E. 2a-d).
Der Richter kann eine dem Verschulden angemessene Strafe herabsetzen, wenn deren Folgen für den Täter äusserst schwer wiegen. Im konkreten Fall rechtfertigt sich eine Herabsetzung nicht, obschon der Vollzug einer Reststrafe von 32 Monaten Zuchthaus wahrscheinlich ist (E. 4b-d).

Sachverhalt ab Seite 74

BGE 128 IV 73 S. 74

A.- Il 30 novembre 2000 la Corte delle assise criminali di Bellinzona riconosceva A. colpevole di sequestro di persona per avere tenuto rinchiusa nel proprio appartamento sotto la minaccia di una pistola giocattolo, dalle ore 7.00 alle ore 9.45 di mercoledì 29 marzo 2000, la cittadina brasiliana B., e lo condannava, computato il carcere preventivo sofferto, a 18 mesi di reclusione nonché all'espulsione dal territorio svizzero per una durata di 5 anni, sospesa con un periodo di prova di 2 anni.

B.- Il 3 luglio 2001 la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP) accoglieva parzialmente il ricorso di A. e riformava la sentenza impugnata nel senso che la pena inflittagli veniva ridotta a 6 mesi di detenzione.

C.- Con tempestivo ricorso per cassazione, A. è insorto dinanzi al Tribunale federale contro la sentenza della CCRP e ne postula l'annullamento.
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.

Erwägungen

Dai considerandi:

2. a) In virtù dell'art. 183 cpv. 1 CP, è punibile per reato di sequestro di persona chi indebitamente arresta o tiene sequestrata una persona o la priva in altro modo della sua libertà personale. Il bene giuridico protetto è la libertà di movimento. I presupposti sono
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adempiuti se la persona è privata della libertà di andare, di venire e di scegliere il luogo dove vuole stare. Non è necessario che la privazione di libertà sia di lunga durata, qualche minuto è sufficiente (STEFAN TRECHSEL, Schweizerisches Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2a ed., Zurigo 1997, n. 7 ad art. 183 CP). Poco importa il modo in cui l'agente trattiene la sua vittima (MARTIN SCHUBARTH, Kommentar zum schweizerischen Strafrecht [Kommentar], Vol. 3, Berna 1994, n. 14-20 ad art. 183 CP); una persona può essere sequestrata ricorrendo alla minaccia, alla violenza, oppure sottraendole ciò di cui ha bisogno per partire o ponendola in condizioni tali da impedirle comprensibilmente di andarsene (BERNARD CORBOZ, Les principales infractions, Berna 1999, Vol. II, n. 5-9/14-15 ad art. 183 CP e rinvii; GÜNTER STRATENWERTH, Straftaten gegen Individualinteressen, BT I, 5a ed., Berna 1995, n. 26, pag. 117).
b) È accertato in modo insindacabile (art. 277bis cpv. 1 e 273 cpv. 1 lett. b PP [RS 312.0]) che verso le ore 7.00 del mattino del 29 novembre 2000, dopo aver avuto rapporti sessuali con il ricorrente, la resistente, dicendo di volere prendere dal portafoglio di quest'ultimo fr. 20.- per pagare un taxi e rientrare a casa, prelevava in realtà fr. 230.-, ossia tutto il denaro ivi contenuto. Resosene conto, il ricorrente ne pretendeva la restituzione immediata. Nasceva così un'accesa discussione. Egli chiudeva a chiave la porta dell'appartamento per obbligare l'interessata a restituire il maltolto, impedendole di partire. La minacciava poi con una pistola giocattolo, che sembrava vera, e ricuperava il denaro sottratto. Dopodiché, tratteneva la vittima nell'appartamento, temporeggiando, tergiversando e comportandosi in modo tale da gettarla in uno stato di terrore e di angoscia così profondo da indurla a gettarsi dal terrazzino dell'appartamento.
c) La CCRP ha ritenuto che il ricorrente, una volta accortosi della somma sottratta e in virtù del suo diritto di ottenerne senza indugio la restituzione (art. 926 cpv. 2 CC e art. 32 CP), poteva trattenere la resistente il tempo necessario - una ventina di minuti al massimo - alla polizia locale per giungere sul posto. Avendola costretta a rimanere nell'appartamento senza motivo apparente, egli si è reso colpevole di sequestro di persona per tutto il tempo che ha ecceduto quanto sarebbe occorso al normale intervento delle forze dell'ordine, ossia per più di 2 ore.
d) È d'uopo premettere che, di regola, il fermo di una persona sospettata di aver perpetrato un reato è legittimo solo se si fonda su un ordine di arresto pronunciato dalle autorità competenti. Ma non sempre è possibile emanare l'ordine di arresto in tempo; ragion per
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cui, eccezionalmente e di fronte all'urgenza, le forze dell'ordine ed anche i singoli cittadini possono arrestare un indiziato (SCHUBARTH [Kommentar], op. cit., n. 33-34 ad art. 183 CP). L'art. 99 del Codice di procedura penale ticinese (CPP/TI), applicato a ragione dalla CCRP, prevede che l'autore colto in flagrante o quasi flagrante reato può essere arrestato da "chiunque". Il fermo da parte di un singolo cittadino deve avere per scopo di ovviare al pericolo di fuga del malfattore per poi consegnarlo alla polizia (SCHUBARTH [Kommentar], op. cit., n. 36 ad art. 183 CP). Nello stesso ordine di idee s'inserisce l'incontestabile diritto dell'offeso di trattenere l'offensore per ricuperare una cosa sottratta in modo illecito ai sensi dei combinati disposti degli art. 926 cpv. 2 CC e 32 CP. L'esercizio di tale diritto deve durare il meno possibile; ogni costrizione non necessaria costituisce una privazione di libertà arbitraria anche se giustificata all'origine (SCHUBARTH [Kommentar], op. cit., n. 37 ad art. 183 CP). Essendo accertato in modo insindacabile (art. 277bis cpv. 1 e 273 cpv. 1 lett. b PP) che circa 20 minuti sarebbero occorsi alla polizia locale per giungere all'appartamento e che la resistente poteva ragionevolmente essere presunta l'autrice del furto, il ricorrente aveva il diritto di trattenerla solo durante quei pochi minuti; dopodiché - il denaro essendo per di più stato restituito - il sequestro litigioso non aveva più alcun fondamento e, pertanto, era illecito.
e) Il ricorrente sostiene che la sua condanna per sequestro di persona viola l'art. 183 n. 1 CP poiché, rientrato in possesso dell'ammanco in modo legittimo, egli non ha più compiuto alcun atto suscettibile di ostacolare la libertà di movimento della resistente.
f) L'argomentazione del ricorrente è manifestamente contraddetta dagli accertamenti operati in sede cantonale da cui risulta, in modo insindacabile (art. 277bis cpv. 1 e 273 cpv. 1 lett. b PP), che egli aveva ammesso davanti agli inquirenti di aver trattenuto la resistente anche dopo la restituzione dell'ammanco, in particolare temporeggiando e mettendosi a guardare la televisione. Inoltre, benché a suo dire avesse avuto l'intenzione di riaccompagnarla a casa verso le ore 9.30, alle ore 9.45 non lo aveva ancora fatto. Non risulta altresì che, dopo aver riottenuto il denaro, il ricorrente avesse aperto la porta del suo appartamento o dato la chiave alla sua vittima. Contrariamente a quanto sostenuto nell'impugnativa, la resistente non era libera di andarsene quando e come meglio credeva: era rinchiusa nell'appartamento, in un palese stato di eccitazione e di angoscia esacerbato dal comportamento ostinato del suo carceriere, insensibile alle sue implorazioni al punto da proporle di avere altri rapporti sessuali. Il suo sequestro
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è durato fino a quando, esasperata e non potendo credere, vista anche la presenza dell'arma, di poter partire senza pericolo (CORBOZ, op. cit., n. 15 e SCHUBARTH [Kommentar], op. cit., n. 20-21 ad art. 183 CP), si è calata dal terrazzino sottraendosi così, dopo più di 2 ore di prigionia, all'imperio del ricorrente (DTF 119 IV 216 consid. 2f). Pertanto, condannando quest'ultimo per sequestro di persona per il lasso di tempo che andava oltre il necessario per la chiamata e l'arrivo della polizia locale, la CCRP non ha violato il diritto federale.

3. a) In via subordinata, il ricorrente contesta la pena inflittagli che considera eccessiva e lesiva dell'art. 63 CP.
b) Secondo l'art. 63 CP, il giudice commisura la pena essenzialmente alla colpa del reo. Questa disposizione non elenca in modo dettagliato ed esauriente gli elementi pertinenti per la commisurazione. La giurisprudenza, a cui si rinvia, li ha interpretati in modo diffuso (v. da ultimo DTF 127 IV 101 consid. 2). In questa sede è sufficiente rilevare che il giudice di merito, più vicino ai fatti, fruisce di un'ampia autonomia. Il Tribunale federale interviene solo quando egli cade nell'eccesso o nell'abuso del suo potere di apprezzamento, ossia laddove la pena fuoriesca dal quadro legale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 63 CP o appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 127 IV 101 consid. 2c; DTF 123 IV 49 consid. 2a; DTF 122 IV 299 consid. 2a, 241 consid. 1a, 156 consid. 3b; DTF 121 IV 193 consid. 2a, 3 consid. 1a; DTF 120 IV 136 consid. 3a).
c) La CCRP ha ridotto, in quanto eccessivamente severa, la pena pronunciata dai primi giudici da 1 anno e 6 mesi di reclusione a 6 mesi di detenzione. Essa ha negato che il sequestro fosse qualificato poiché il ricorrente aveva impugnato la pistola giocattolo solo per riavere il denaro ed evitare che la donna "spaccasse tutto" o "facesse casino". Ha comunque precisato che la colpa di quest'ultimo era tutt'altro che leggera: egli aveva agito in modo tale da profondere nella resistente, per 2 ore abbondanti, angoscia e terrore, fino a spingerla, a rischio della sua vita, a calarsi dal terrazzino. A favore del reo ha ribadito che all'origine della vicenda vi era un furto, che il fermo della donna all'inizio era legittimo e che il sequestro di persona non era il frutto di una fredda premeditazione bensì di una situazione degenerata in un acceso diverbio. Ha ricordato poi i precedenti penali dell'interessato, senza tuttavia conferire loro un peso particolare, ossia la condanna del 5 giugno 1991 a 15 giorni di detenzione e a una multa fr. 150.- per furto d'uso, nonché la condanna dell'11 febbraio 1994 a una multa di fr. 900.- per infrazione grave alla circolazione stradale. Ha constatato in seguito la recidiva dovuta
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a una precedente condanna pronunciata il 9 ottobre 1997 a 3 anni di reclusione per ripetuta infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti, condanna sospesa per dare luogo al collocamento del ricorrente in un istituto per tossicomani in applicazione dell'art. 44 CP; ha ritenuto poi che l'aggravante della recidiva, benché non andasse sopravvalutata, giustificava per lo meno l'aumento della pena di base di un mese. Ha infine tenuto conto che il ricorrente è padre di una figlia e che, da quando è stato liberato condizionalmente il 14 marzo 1998 dall'istituto per tossicomani, non ha più commesso delitti sotto l'influsso di droghe ed ha sempre lavorato.
d) Il ricorrente si duole del peso eccessivo accordato alla recidiva e di un ingiustificabile duplice computo di quest'ultima: dapprima nell'apprezzamento dei suoi precedenti penali e in seguito come recidiva.
e) La CCRP ha considerato il carattere problematico dell'aggravante della recidiva quando, come nella fattispecie, si riferisce ad un illecito senza relazione alcuna con il reato successivo. Nel gravame non vengono addotte valide ragioni per cui l'aumento della pena di base di un mese debba essere considerato come eccessivo al punto da costituire un abuso del potere di apprezzamento. Per quanto concerne infine il preteso duplice computo, la critica appare infondata poiché, come testé visto (v. supra, consid. 3c in fine), la CCRP ha ponderato la condanna del 9 ottobre 1997 esclusivamente nell'ambito della recidiva.
f) Il ricorrente considera altresì la pena inflittagli come manifestamente eccessiva se paragonata a quelle irrogate in casi simili. A sostegno della sua tesi egli cita la DTF 101 IV 402 in cui l'agente, colpevole di avere sequestrato una persona per 8 ore, era stato sanzionato con una pena di 3 mesi di detenzione, e la DTF 104 IV 170 in cui, per aver trattenuto una persona per 2 ore e mezza con la forza, l'agente era stato condannato alla pena di 3 mesi e 20 giorni di detenzione.
g) Secondo giurisprudenza costante, non spetta alla Corte di cassazione del Tribunale federale vegliare affinché le singole pene corrispondano tra di loro scrupolosamente; tale controllo sarebbe contrario al principio dell-'individualizzazione della pena voluta dal legislatore (DTF 124 IV 44 consid. 2c). Quanto precede vale anche quando, per dimostrare un preteso insostenibile rigore della pena irrogata, il ricorrente invochi condanne pronunciate in situazioni da lui ritenute analoghe alla sua (DTF 116 IV 292 consid. 2). Considerati gli innumerevoli fattori che intervengono nella commisurazione della pena, i paragoni con altre cause relative a circostanze di fatto diverse
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si rivela per lo più infruttuoso. Non è inoltre sufficiente, come fa il ricorrente, richiamare uno o due casi dove in apparenza sono state pronunciate pene meno dure per dimostrare che la sanzione sia così severa da costituire un abuso del potere di apprezzamento (DTF 120 IV 136 consid. 3a). La Corte cantonale ha comunque ponderato con rigore gli elementi determinanti per la commisurazione della pena impugnata. Ma non solo. Per motivare la riduzione dell'eccessiva sanzione pronunciata dai primi giudici si è riferita lei stessa a precedenti giurisprudenziali. In siffatte circostante la censura è infondata.

4. a) Il ricorrente sostiene infine che la CCRP non ha tenuto sufficientemente conto delle conseguenze giuridiche della pena inflittagli.
b) La Corte cantonale ha esaminato in modo diffuso l'inevitabile applicazione dell'art. 45 n. 3 cpv. 1 CP che prevede il ripristino del collocamento in istituto o l'esecuzione delle pene sospese per il liberato che è condannato a una pena privativa di libertà superiore a 3 mesi per un crimine o un delitto commessi durante il periodo di prova. Ha espresso il suo scetticismo a proposito delle conseguenze sulla risocializzazione dell'espiazione della pena residua di 32 mesi di reclusione a cui dovrà verosimilmente sottomettersi il ricorrente; ha concluso tuttavia che la pena litigiosa non poteva essere dimezzata per questo solo motivo.
c) Il ragionamento della CCRP non dà adito a critica. È doveroso, nell'ambito della commisurazione della pena, evitare nella misura del possibile sanzioni che ostacolino il reinserimento del condannato, tenendo conto tra l'altro degli effetti della condanna sulla sua vita (DTF 127 IV 97 consid. 3; DTF 118 IV 342 consid. 2; DTF 119 IV 125 consid. 3b). In particolare, il giudice può ridurre una pena apparentemente adeguata alla colpa del reo se le conseguenze sull'esistenza futura del condannato appaiono eccessivamente severe (MATTHIAS HÄRRI, Folgenberücksichtigung bei der Strafzumessung, in: RPS 116/1998 pagg. 212-214 e, tra l'altro, il rinvio all'art. 49 cpv. 1 dell'avamprogetto della Commissione peritale sulla revisione delle disposizioni generali del Codice penale svizzero il quale prevede esplicitamente che, commisurando la pena, il giudice deve ponderarne l'effetto prevedibile sull'esistenza futura dell'agente; HANS WIPRÄCHTIGER, Strafzumessung und bedingter Strafvollzug - eine Herausforderung für die Strafbehörden, in: RPS 114/1996 pag. 440; v. anche sulla pratica dei tribunali tedeschi ECKHARD HORN, Systematischer Kommentar zum Strafgesetzbuch, Allgemeiner Teil, 7a ed. 2001, § 46, n. 137 segg.). Ciò non toglie che l'elemento
BGE 128 IV 73 S. 80
determinante resta comunque la proporzione con la colpa del reo (DTF 127 IV 97 consid. 3). La CCRP - senza violare il diritto federale - ha ritenuto che una pena di 6 mesi, per quanto severa, è adeguata alla colpa del ricorrente. Non vi è ragione di ridurla della metà per evitare l'espiazione della pena sospesa al momento della condanna del 9 ottobre 1997. La soluzione potrebbe essere diversa se la sanzione impugnata fosse vicina al limite legale di 3 mesi al di sotto del quale non vi è luogo d'applicare l'art. 45 n. 3 cpv. 1 CP. Tale era il caso nella DTF 119 IV 125, richiamata a ragione dalla Corte cantonale, ove al condannato, che si era emendato notevolmente, era stata inflitta una sanzione di 4 mesi di detenzione (v. anche la giurisprudenza costante che impone di commisurare la pena tenendo conto, tra l'altro, del limite di 18 mesi a cui soggiace la sospensione condizionale in virtù dell'art. 41 n. 1 CP, ultima in data DTF 127 IV 97 consid. 3). È inoltre accertato che il ricorrente era stato formalmente avvertito delle conseguenze di un'eventuale recidiva e, pertanto, perfettamente cosciente delle conseguenze a cui si sarebbe esposto se avesse deluso la fiducia in lui riposta. Di poco rilievo appaiono sotto questo profilo la sua buona condotta dopo la liberazione condizionale e il fatto che sia divenuto padre di una bambina. Riguardo alla sua recente paternità, e contrariamente alla fattispecie oggetto della giurisprudenza citata nel gravame (sentenza 6S.596/2000 del 22 febbraio 2001, consid. 3b), non sono stati accertati elementi di fatto atti a fare temere che la separazione da sua figlia lo colpirebbe in modo così grave e particolare da dover influire sulla commisurazione della pena (DTF 102 IV 231 consid. 3).
d) Un'eventuale sospensione condizionale della pena - che permetterebbe di eludere le conseguenze dell'art. 45 n. 3 cpv. 1 CP - è infine esclusa poiché mancano i presupposti oggettivi. In virtù dell'art. 41 n. 1 cpv. 2 CP la sospensione non è ammissibile se, nei 5 anni precedenti il reato commesso, il condannato ha scontato una pena di reclusione o di detenzione superiore a 3 mesi per un crimine o un delitto intenzionale. Una privazione di libertà subita in esecuzione di una misura ai sensi degli art. 43, 44, 91 o 100bis CP non costituisce una ragione obiettiva per negare la sospensione condizionale (DTF 113 IV 10 consid. 1c). Pertanto, il periodo che il ricorrente ha trascorso in uno stabilimento per tossicomani prima della sua liberazione non è determinante. Tuttavia, secondo giurisprudenza costante, nell'ambito dell'art. 41 CP il carcere preventivo è assimilato alla pena privativa di libertà sulla quale esso è computato (DTF 110 IV 65 consid. 3; DTF 109 IV 8; v. anche TRECHSEL, op. cit.,
BGE 128 IV 73 S. 81
n. 24-25 e 27 ad art. 41 CP). Nella fattispecie è accertato che il ricorrente ha parzialmente scontato la pena di 3 anni di reclusione pronunciata il 9 ottobre 1997 in carcere preventivo dal 13 settembre 1995 al 22 aprile 1996, ossia per più di 4 mesi. Tale durata è stata computata sulla pena prima che la sua esecuzione fosse sospesa a favore del collocamento in un istituto per tossicomani. Pertanto, la sospensione condizionale è oggettivamente esclusa.
e) Discende da quanto precede che la pena litigiosa, benché dura, non appare eccessiva al punto da essere abusiva e non viola il diritto federale.

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Erwägungen 2 3 4

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