Wichtiger Hinweis:
Diese Website wird in älteren Versionen von Netscape ohne graphische Elemente dargestellt. Die Funktionalität der Website ist aber trotzdem gewährleistet. Wenn Sie diese Website regelmässig benutzen, empfehlen wir Ihnen, auf Ihrem Computer einen aktuellen Browser zu installieren.
Zurück zur Einstiegsseite Drucken
Grössere Schrift
 
Urteilskopf

111 III 81


20. Estratto della sentenza 5 giugno 1985 della II Corte civile nella causa Comune di Vico Morcote contro Credito Svizzero e Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico)

Regeste

Zwangsverwertung von Pfändern auf Grundstücken, die ins Verwaltungsvermögen überführt wurden (Art. 11 Abs. 2 des Bundesgesetzes über die Schuldbetreibung gegen Gemeinden und andere Körperschaften des kantonalen öffentlichen Rechts, SR 282.11).
Die Gläubiger, denen ein Pfandrecht an Vermögenswerten zusteht, die ursprünglich zum Finanzvermögen gehört hatten und in der Folge ins Verwaltungsvermögen überführt wurden, verlieren ihren Anspruch auf Verwertung ihrer Hypotheken nicht, es sei denn, sie hätten - trotz entsprechender Gelegenheit - unterlassen, die Zahlung der Schuld bzw. eine Sicherstellung zu verlangen, oder sie hätten mit der Geltendmachung ihrer Rechte bösgläubig zugewartet.

Sachverhalt ab Seite 82

BGE 111 III 81 S. 82

A.- La società anonima Olivella ha costituito a favore del Credito Svizzero, con atto pubblico del 27 ottobre 1969, un'ipoteca di Fr. 100'000.-- sulle particelle n. 179 (mq 961) e 180 (mq 162) RFP di Vico Morcote. L'8 ottobre 1971 Olivella S.A. ha alienato al Comune di Vico Morcote 325 mq del fondo n. 179 e l'intero fondo n. 180, che hanno formato la nuova particella n. 276. Su quest'ultima il Comune ha costruito un serbatoio del proprio acquedotto. La cessione dei terreni essendo avvenuta "libera da ipoteche e servitù", non è stato pattuito lo svincolo di alcun pegno immobiliare.

B.- Il 17 gennaio 1984 la Filiale di Chiasso del Credito Svizzero ha fatto notificare alla massa fallimentare della società anonima Olivella, come pure al Comune di Vico Morcote quale terzo proprietario del pegno, un precetto esecutivo in via di realizzazione dell'ipoteca per Fr. 100'000.-- oltre interessi al 5% dal 16 agosto 1983. Il Comune di Vico Morcote ha sollevato opposizione. Con sentenza del 26 novembre 1984 il Pretore di Lugano-Distretto ha respinto l'istanza di rigetto provvisorio dell'opposizione presentata dal Credito Svizzero. Adita dal
BGE 111 III 81 S. 83
creditore, il 15 marzo 1985 la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale di appello ha concesso invece il rigetto provvisorio dell'opposizione.

C.- Il Comune di Vico Morcote è insorto il 22 aprile 1985 al Tribunale federale con un ricorso di diritto pubblico per violazione dell'art. 4 Cost. in cui chiede l'annullamento della decisione cantonale.

Erwägungen

Dai considerandi:

1. I beni amministrativi di un Comune sono quelli che servono direttamente ad adempiere compiti di diritto pubblico; essi non possono essere pignorati né essere oggetto di realizzazione forzata - anche con l'assenso del debitore - finché sono destinati a un servizio pubblico (art. 9 cpv. 1 della legge federale sull'esecuzione per debiti contro i Comuni e altri enti di diritto pubblico cantonale). I giudici di secondo grado non hanno disatteso tale principio: hanno riconosciuto che un fondo su cui si trova il serbatoio di un acquedotto comunale ha indiscutibilmente uno scopo pubblico. Se non che, per essere convertito da bene patrimoniale in bene amministrativo, un immobile dev'essere svincolato da eventuali diritti di pegno, sia tacitando il creditore pignoratizio sia fornendo allo stesso idonee garanzie (art. 11 cpv. 1 della legge citata). In concreto ciò non si è verificato: anzi, al momento della cessione del fondo, il creditore non è nemmeno stato avvertito. La particella n. 276 doveva così essere ritenuta bene patrimoniale (art. 11 cpv. 2 della legge) e l'istanza di rigetto provvisorio dell'opposizione accolta.

2. Il Comune ricorrente muove all'argomentazione della corte una duplice censura d'arbitrio: in primo luogo l'art. 11 della ricordata legge si applicherebbe solo se, all'atto di trasformare un bene patrimoniale in bene amministrativo, l'ente pubblico neglige o rifiuta uno svincolo ipotecario; nell'eventualità opposta si trascurerebbe la preminenza del diritto pubblico su quello privato, si ammetterebbero cioè diritti privati suscettibili di ostacolare o impedire il conseguimento del fine pubblico cui un fondo è destinato. In secondo luogo, sempre a parere del Comune, la sentenza impugnata comporterebbe l'arricchimento indebito del creditore, il quale potrebbe realizzare un fondo di ingente pregio quando l'ipoteca era stata costituita su due particelle di bosco che valevano, all'epoca, poche migliaia di franchi.
BGE 111 III 81 S. 84
a) La circostanza che il fondo n. 267 sia - oggi - un bene amministrativo e come tale non possa essere ipotecato o pignorato è fuori discussione (cfr. DTF 107 II 49, 103 II 232 consid. 3 e 4, 95 I 101 seg.; KNAPP, Précis de droit administratif, 2a edizione, pag. 391 n. 1738). Controversa è, invece, la possibilità di realizzare un'ipoteca accesa prima che il noto mappale fosse destinato al servizio pubblico. Ora, l'art. 11 cpv. 2 della legge federale sull'esecuzione per debiti contro i Comuni e altri enti del diritto pubblico cantonale stabilisce in modo chiaro che, fino al momento in cui il creditore pignoratizio ha avuto facoltà di esigere la tacitazione della pretesa o la consegna di garanzie, il fondo deve essere considerato bene patrimoniale. Simile disciplina non figurava nel messaggio 12 giugno 1939 del Consiglio federale e nemmeno nel messaggio complementare del 27 dicembre 1944 (FF edizione francese o tedesca 1939 II 1 e 1945 I 1). È stata inserita quale art. 10 cpv. 2, il 28 giugno 1946, dagli Stati: il consigliere Fricker, relatore, ha precisato allora che, se un bene patrimoniale è convertito in bene amministrativo (per esempio un albergo - pignorabile - è trasformato in una scuola), i diritti di pegno anteriori non si estinguono; tuttavia il governo cantonale deve obbligare il Comune a soddisfare o garantire i creditori senza che gli stessi debbano far capo ai loro diritti di pegno (Boll.sten. 1946 CS 213). Il Consiglio Nazionale si è limitato ad aggiungere al cpv. 1 dell'art. 10 (attuale cpv. 1 dell'art. 11) la locuzione "a richiesta", ma non ha alterato il secondo capoverso della norma (seduta del 29 settembre 1947: Boll.sten. 1947 CN 386; modifica approvata dagli Stati il 2 ottobre 1947: Boll.sten. 1947 CS 341).
b) Quanto al testo dell'art. 11 cpv. 2, esso è - come si è detto - univoco e non lascia spazio a interpretazioni di sorta (FRITZSCHE, Schuldbetreibung und Konkurs, 2a edizione, vol. II, pag. 388). Per di più, conformemente a una prassi consolidata, il significato di un disposto dev'essere compreso prima di tutto secondo la sua accezione letterale (DTF 110 V 39 con riferimenti); da un testo chiaro è lecito scostarsi solo ove questo travisi lo scopo e la portata della norma, implicando effetti estranei agli intendimenti del legislatore e al concetto di giustizia o alla parità di trattamento (DTF 108 Ia 80 consid. 4c con rinvii, 196, 297, DTF 108 II 151 consid. 2, DTF 105 II 138 consid. 2a). Scopo della norma è, in concreto, proprio quello di evitare che beni validamente costituiti in pegno si dimostrino impignorabili e non possano quindi essere realizzati nell'ambito di un'esecuzione forzata (GRISEL,
BGE 111 III 81 S. 85
Traité de droit administratif, vol. II, pag. 537 con citazioni).
c) Nel caso specifico il creditore pignoratizio non è mai stato tacitato né la sua pretesa è stata garantita. Gli accertamenti delle autorità cantonali non permettono neppure di affermare che la conversione del pegno in bene amministrativo sia stata comunicata o fosse nota al resistente: nulla lascia concludere, in altri termini, che il creditore abbia omesso di domandare la tacitazione o la garanzia del mutuo ipotecario. Date tali premesse, i materiali legislativi, la lettera e lo scopo della disposizione non consentono di ravvisare arbitrio nella sentenza querelata. Poco importa che il Comune ignorasse l'esistenza del pegno, non essendone stato informato dalla società che ha alienato i terreni o dal notaio rogante. Questo unico fatto non basta a privare il creditore pignoratizio dei suoi diritti. Che costui abbia agito con negligenza o abbia atteso in malafede prima di far valere il proprio pegno è, per altro, ipotesi destituita d'ogni conforto negli atti di causa. Il ricorrente si richiama a DTF 103 II 227 e Rep. 1978 pag. 2 invocando la preminenza del diritto pubblico sul diritto privato; in entrambi i giudizi, nondimeno, l'iscrizione di un'ipoteca legale degli artigiani e imprenditori era stata richiesta quando ormai il fondo era già stato assegnato al patrimonio amministrativo: la situazione risultava dunque profondamente diversa. Non giova al Comune, per analoghe ragioni, il saggio di POUDRET (Patrimoine administratif et hypothèque légale des artisans et entrepreneurs, in: Mélanges Henri Zwahlen, Losanna 1977, pag. 497 seg.), che concerne l'art. 10 e non l'art. 11 della legge federale sull'esecuzione per debiti contro i Comuni e altri enti di diritto pubblico cantonale. Circa il maggior valore di cui avrebbe beneficiato il fondo in seguito alla costruzione dell'acquedotto, occorre rilevare che nessun elemento si evince, in proposito, dal fascicolo processuale; del resto un pegno immobiliare grava su un bene patrimoniale con tutte le sue parti costitutive e gli accessori (art. 805 cpv. 1 CC), anche quelli acquisiti dopo la costituzione del pegno (DTF 97 III 41 consid. 2, DTF 43 II 601). Ne discende che l'opinione della corte cantonale, stando alla quale non può essere precluso al creditore l'esercizio del proprio diritto di pegno, non solo sfugge a critiche d'arbitrio, ma resiste a libero esame.

Inhalt

Ganzes Dokument
Regeste: deutsch französisch italienisch

Sachverhalt

Erwägungen 1 2

Referenzen

BGE: 107 II 49, 110 V 39, 108 IA 80, 108 II 151 mehr...

Artikel: art. 4 Cost., art. 805 cpv. 1 CC