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Bundesgericht 
Tribunal fédéral 
Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
 
 
 
8C_273/2022  
 
 
Sentenza dell'8 febbraio 2023  
 
IV Corte di diritto pubblico  
 
Composizione 
Giudici federali Wirthlin, Presidente, 
Maillard, Viscione, 
Cancelliere Colombi. 
 
Partecipanti al procedimento 
A.________ SA, 
patrocinata dall'avv. Marco Garbani, 
ricorrente, 
 
contro 
 
Sezione del lavoro del Cantone Ticino, Ufficio giuridico, piazza Governo, 6500 Bellinzona, 
opponente. 
 
Oggetto 
Assicurazione contro la disoccupazione (indennità per lavoro ridotto), 
 
ricorso contro la sentenza del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino del 21 marzo 2022 (38.2021.85). 
 
 
Fatti:  
 
A.  
Il 16 giugno 2021 la A.________ SA, società anonima avente in gestione tre saloni di parrucchiere a Lugano centro, Lugano Cassarate e Paradiso, ha inoltrato un preannuncio di lavoro ridotto al 30 % per un periodo a decorrere dal 1° luglio al 31 dicembre 2021 per tutti i suoi 11 dipendenti, spiegando che "la grave crisi causata dal Covid-19 perdura con la stessa intensità dell'inizio pandemia, le limitazioni e misure tutt'ora in atto nella gestione di saloni di coiffure penalizzano ulteriormente la ripresa". Con decisione del 30 giugno 2021, la Sezione del lavoro del Cantone Ticino ha sollevato opposizione per il periodo 1° luglio - 30 settembre 2021 in ragione di un'insufficiente diminuzione della cifra d'affari. A seguito dell'opposizione interposta da A.________ SA in data 2 luglio 2021, la Sezione del lavoro ha confermato la precedente pronuncia con decisione su opposizione del 12 ottobre 2021. Essa ha inoltre ritenuto che la perdita di lavoro annunciata non fosse plausibile, poiché la A.________ SA - benché avesse percepito ininterrottamente l'indennità per lavoro ridotto dal mese di marzo 2020 - aveva sostituito due impiegati dimissionari anziché impiegare il personale restante. 
 
B.  
Con sentenza del 21 marzo 2022 il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino ha respinto il ricorso della A.________ SA. 
 
C.  
A.________ SA presenta un ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale federale, chiedendo in via principale la riforma del giudizio cantonale nel senso che la decisione del 30 giugno 2021 sia dichiarata nulla. In via subordinata propone l'annullamento della sentenza cantonale. 
Chiamati a pronunciarsi, la Sezione del lavoro postula la reiezione del ricorso, la Corte cantonale ha comunicato le proprie osservazioni, di cui si dirà nel seguito, e la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) non ha reagito all'invito ad esprimersi sul ricorso. La ricorrente ha infine presentato delle osservazioni spontanee, riconfermandosi nel ricorso. 
 
 
Diritto:  
 
1.  
Il ricorso in materia di diritto pubblico può essere presentato per violazione del diritto, conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF. Il Tribunale federale esamina d'ufficio l'applicazione del diritto federale (art. 106 cpv. 1 LTF), non essendo vincolato né dagli argomenti sollevati nel ricorso né dai motivi addotti dall'autorità precedente. Quanto ai fatti, in linea di principio il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sugli accertamenti fattuali operati dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF) e vi si può scostare solo se è stato effettuato in modo manifestamente inesatto (DTF 145 V 188 consid. 2; 140 III 16 consid. 2.1; 137 I 58 consid. 4.1.2) o in violazione del diritto nel senso dell'art. 95 LTF (art. 105 cpv. 2 LTF), e a condizione che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF). 
 
2.  
Oggetto del contendere è sapere se la sentenza cantonale, che ha confermato la decisione su opposizione con cui è stato negato il diritto alle indennità per lavoro ridotto a decorrere dal 1° luglio 2021, sia lesiva del diritto federale. 
 
3.  
In una prima censura di natura formale, da esaminare prioritariamente (DTF 144 I 11 consid. 5.3), la ricorrente solleva la nullità della decisione del 30 giugno 2021 poiché emessa senza firma. 
 
3.1. Secondo la giurisprudenza, in ambito di assicurazioni sociali la firma non è di massima presupposto di validità delle decisioni rese in forma scritta, quando la legge stessa, oltre a prescrivere la forma scritta del provvedimento, non ne domanda espressamente la firma da parte dell'organo che emana l'atto amministrativo (DTF 112 V 87 consid. 1.; da ultimo, cfr. sentenze 8C_665/2022 del 15 dicembre 2022 consid. 3.3 e 8C_355/2022 del 2 novembre 2022 consid. 3.4, entrambe con riferimenti). Ad ogni modo, una decisione amministrativa viziata è, di regola, unicamente annullabile; la nullità è ravvisabile solo se il vizio è particolarmente grave, è evidente o perlomeno facilmente riconoscibile e, infine, l'accertamento della nullità non mette in serio pericolo la sicurezza del diritto. Quali motivi di nullità entrano innanzitutto in considerazione gravi errori di procedura, come per esempio l'incompetenza dell'autorità giudicante, mentre gli errori riguardanti il contenuto della decisione provocano solo raramente la nullità dell'atto. La nullità di una decisione dev'essere rilevata d'ufficio e in ogni momento dall'autorità adita (DTF 147 IV 93 consid. 1.4.4; 145 III 436 consid. 4; sentenze 8C_665/2022 del 15 dicembre 2022 consid. 3.4; 8C_355/2022 del 2 novembre 2022 consid. 3.5; 8C_383/2007 del 15 luglio 2008 consid. 6.3). Giova inoltre ricordare che l'opposizione non è un rimedio giuridico devolutivo; quando essa viene interposta, il procedimento amministrativo si conclude solo con la decisione su opposizione, la quale sostituisce la decisione originaria (DTF 142 V 337 consid. 3.2.1 in fine; cfr. sentenza 9C_158/2019 del 17 maggio 2019 consid. 1.2 in fine).  
 
3.2. Richiamando i principi appena esposti, il Tribunale cantonale delle assicurazioni ha considerato che la decisione del 30 giugno 2021 non fosse censurabile dal profilo formale. Esso si è poi confrontato con due sentenze di altre due camere del Tribunale di appello del Cantone Ticino (nel caso di specie, il Tribunale cantonale amministrativo e la Camera di diritto tributario) citate dalla ricorrente in appoggio alla sua censura, giudicandole non pertinenti sia perché relative ad altre materie del diritto, sia perché in entrambi i casi la decisione amministrativa era stata emessa da un'autorità o un'unità incompetente.  
 
3.3. L'insorgente sostiene che non ci sarebbe alcuna base legale federale vincolante che permetta di "aggirare" l'obbligo per le unità amministrative di firmare le proprie decisioni, imposto dalla normativa cantonale relativa al diritto di firma sulle decisioni (cfr. art. 3 del Regolamento [del Cantone Ticino] sulle deleghe di competenze decisionali del 24 agosto 1994 [RL 172.220]). La valutazione della regolarità delle decisioni emesse dagli uffici cantonali in ossequio a tale regolamento non spetterebbe al Tribunale cantonale delle assicurazioni, bensì al Tribunale cantonale amministrativo del Cantone Ticino. La relativa giurisprudenza - come anche quella della Camera di diritto tributario - si applicherebbe alla fattispecie, ribadendo quanto già argomentato nel ricorso cantonale. Essendo quindi nulla per mancanza di firma la decisione non potrebbe essere stata sanata a posteriori, il che costituirebbe altrimenti una violazione del principio della legalità e della certezza del diritto.  
 
3.4. La censura della ricorrente non può che essere respinta. In primo luogo, i giudici ticinesi hanno correttamente applicato la giurisprudenza pertinente nella fattispecie. Inoltre, la legge - federale - applicabile, segnatamente l'art. 49 LPGA (RS 830.1), non domanda espressamente la firma delle decisioni emesse dall'organo amministrativo. Del resto, tale questione esula quanto previsto dall'art. 3 della normativa cantonale, il quale regola tuttalpiù quali persone siano abilitate a firmare e in che modalità. Il citato regolamento non ha dunque alcuna influenza nel caso in esame, così come irrilevanti sono i relativi precedenti cantonali citati dalla ricorrente. La decisione del 30 giugno 2021 non presenta pertanto alcun vizio formale. Ad ogni modo, se anche di vizio si potesse parlare, i criteri per sconfinare nella nullità non sarebbero adempiuti e la decisione, se del caso annullabile, sarebbe da considerarsi sostituita dalla decisione su opposizione del 12 ottobre 2021, come rettamente considerato dai primi giudici.  
 
4.  
La Corte cantonale ha quindi delineato i presupposti del diritto all'indennità per lavoro ridotto (in particolare gli artt. 31 - 33 LADI [RS 837.01] e l'art. 51 OADI [RS 837.02]), insieme alle prassi e direttive della SECO ritenute applicabili nel contesto pandemico, delimitandone la portata per il giudice delle assicurazioni sociali. Il Tribunale cantonale ha proseguito ricordando la giurisprudenza pertinente in materia, per poi ripercorrere cronologicamente l'evoluzione dell'Ordinanza sui provvedimenti per combattere l'epidemia COVID-19 nella situazione particolare del 19 giugno 2020 (Ordinanza COVID-19 situazione particolare [RS 818.101.26]). A tale esposizione può essere fatto riferimento e prestata adesione, non senza ribadire che l'obbligo di ridurre il danno, valido anche nell'assicurazione contro la disoccupazione (DTF 134 V 109 consid. 10.2.7; 125 V 197 consid. 6b; cfr. sentenze 8C_99/2021 del 27 ottobre 2021 consid. 5.3 e 8C_180/2010 del 4 agosto 2010 consid. 2.2), impone al datore di lavoro di prendere ogni misura ragionevolmente esigibile al fine di evitare la perdita di lavoro (BORIS RUBIN, Commentaire de la loi sur l'assurance-chômage, 2014, n. 10 ad art. 32 LADI; THOMAS NUSSBAUMER, Arbeitslosenversicherung, in Soziale Sicherheit, SBVR vol. XIV, 3a ed. 2016, pag. 2410 n. 480). 
 
5.  
 
5.1. I giudici ticinesi hanno accertato che la ricorrente, mentre stava beneficiando di indennità per lavoro ridotto dal mese di marzo 2020, ha sostituito due parrucchieri che avevano dato le dimissioni con altre due persone impiegate per la stessa funzione, alla stessa percentuale lavorativa e con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La prima assunzione, con effetto dal 2 gennaio 2021, è intervenuta quando la situazione epidemiologica stava peggiorando sensibilmente e le autorità avevano già introdotto misure restrittive per diversi settori economici, mentre la seconda, con effetto dal 1° luglio 2021, è avvenuta in un periodo in cui il settore dei parrucchieri poteva ancora subire contrazioni. Date le tempistiche di assunzione e le rispettive percentuali lavorative, la Corte cantonale ha constatato che l'insorgente non avesse rispettato l'obbligo di ridurre il danno e che l'eventuale perdita di lavoro non fosse inevitabile ma che rientrasse nel normale rischio aziendale. Essa avrebbe infatti dovuto impiegare il personale già alle proprie dipendenze per le tre sedi anziché procedere alle due nuove assunzioni in un periodo molto difficile come quello pandemico, che comporta in sé il pericolo di subire perdite.  
 
5.2. La Corte ticinese ha inoltre ritenuto che la ricorrente non avesse reso verosimile come le misure prese dall'autorità durante la pandemia avrebbero comportato una perdita di lavoro. Nell'estate 2021, la diminuzione delle infezioni e gli importanti allentamenti (segnatamente la riapertura degli spazi al chiuso degli esercizi pubblici, con l'obbligo di telelavoro trasformato in raccomandazione a partire dal 31 maggio 2021) avevano già ridotto i timori di contagio della popolazione nell'usufruire dei servizi dei parrucchieri. Un impatto negativo non poteva averlo avuto nemmeno l'impossibilità - lamentata dalla ricorrente - di poter utilizzare tutti i 12 posti disponibili per ognuno dei tre saloni. I primi giudici hanno ritenuto alquanto inverosimile che, indipendentemente dalle misure di distanziamento tra le persone, tutti i 36 posti dei saloni potessero essere occupati contemporaneamente. Nella fattispecie, posto che un parrucchiere riuscirebbe ad occuparsi di due o tre clienti per volta, con tutti gli 8 parrucchieri attivi i posti occupati sarebbero stati tuttalpiù tra i 16 e i 24; stima ad ogni modo da relativizzare tenendo conto dei giorni di riposo dei dipendenti e del fatto che solo due di essi fossero presenti al 100 % (dei restanti sei, tre erano attivi all'80 % e tre al 50 %).  
 
5.3. La Corte cantonale ha infine descritto come la fattispecie di cui alla sentenza 8C_503/2021 del 18 novembre 2021, in cui era stato riconosciuto il diritto alle indennità per lavoro ridotto ad un salone per parrucchiere, si distinguesse dal caso in esame poiché le indennità erano state richieste a partire da settembre 2020. Essendo un periodo in cui le infezioni da coronavirus erano in aumento, è stato ritenuto plausibile che i clienti si recassero meno frequentemente dal parrucchiere per timore di contagiarsi. Anche sulla scorta di queste ulteriori ragioni, la perdita di lavoro preannunciata rientrava nel normale rischio aziendale e l'art. 31 cpv. 1 lett. b LADI non poteva considerarsi adempiuto. I giudici ticinesi hanno pertanto lasciato aperta la questione relativa alla diminuzione della cifra d'affari e confermato la decisione su opposizione del 12 ottobre 2021.  
 
6.  
 
6.1. La ricorrente ritiene insostenibile pretendere che si potesse impiegare maggiormente il personale restante per evitare le assunzioni in questione, argomentazione proposta per la prima volta nella sentenza impugnata. In questa sede l'insorgente lamenta così di essere impedita nel comprovare che tre parrucchiere alle proprie dipendenze al 50 % siano casalinghe e abbiano dei figli minorenni a carico. Invocando tali circostanze, che sarebbero sfuggite ai primi giudici benché "bastava chiederlo e sarebbe stato spiegato", sarebbe inammissibile obbligare queste dipendenti - che avrebbero rifiutato l'offerta per ragioni familiari - ad aumentare la percentuale lavorativa.  
 
6.2. L'insorgente fraintende quanto spiegato nel querelato giudizio. Dagli accertamenti - scevri d'arbitrio - della Corte cantonale, appare infatti lampante che già nella decisione su opposizione del 12 ottobre 2021 l'opponente aveva sostenuto a ragione che "l'azienda, con una perdita di lavoro preannunciata in misura del 30 % avrebbe potuto impiegare il personale restante al posto di assumere una lavoratrice in sostituzione della dimissionaria, diminuendo in questo modo il danno a carico dell'assicurazione contro la disoccupazione" (passaggio integralmente citato nella sentenza impugnata). Come sottolineato dal Tribunale cantonale delle assicurazioni nelle proprie osservazioni al ricorso, tale argomento è stato fatto proprio dai primi giudici e non risulta che sia mai stato preteso un aumento del grado di occupazione delle dipendenti al 50 % rispetto a quanto ipotizzato contrattualmente. Gli elementi di fatto allegati dalla ricorrente - questi sì - per la prima volta, senza spiegare in che modo l'accertamento dell'autorità inferiore sia manifestamente insostenibile (cfr. consid. 1), non sarebbero dunque nemmeno pertinenti, per cui è irrilevante stabilire se questi dovevano essere istruiti dall'autorità inferiore o meno. Procedendo come descritto, l'insorgente ha violato il proprio obbligo di ridurre il danno e la perdita di lavoro non risulta inevitabile. L'operato della Corte ticinese va pertanto condiviso.  
 
7.  
 
7.1. La ricorrente sostiene che la perdita di lavoro preannunciata sia da ricondurre alle restrizioni legate alla pandemia. Essa lamenta che la mancata trasposizione dei criteri delineati nella sentenza 8C_503/2021 del 18 novembre 2021 nella fattispecie equivalga ad applicare differentemente, a seconda dei Cantoni, le normative federali in materia di indennità per lavoro ridotto. La riduzione delle entrate sarebbe del resto dimostrata dalla contabilità presentata, la quale non sarebbe stata messa in dubbio dall'autorità inferiore. Le considerazioni sull'occupazione dei posti all'interno dei saloni sarebbero puramente teoriche, dunque arbitrarie. I giudici ticinesi avrebbero infatti erroneamente ed inspiegabilmente considerato che i 36 posti potevano essere tutti potenzialmente occupati. Il conteggio dei posti comunicato dall'insorgente sarebbe dunque credibile e le misure di distanziamento avrebbero causato una riduzione di 2/3 dei posti disponibili.  
 
7.2. Le restanti censure ricorsuali non meritano accoglimento. In primo luogo, come visto (cfr. consid. 5.3), i giudici ticinesi hanno distinto in maniera chiara - e corretta - la fattispecie con quella della sentenza 8C_503/2021 del 18 novembre 2021. Mal si intravvede infatti come si dovesse giungere alle stesse conclusioni in presenza di due situazioni riferite a due periodi diversi, in cui il contesto pandemico era notevolmente differente. In un tal caso è per l'appunto necessario, nel rispetto del principio della parità di trattamento, effettuare delle distinzioni (DTF 143 I 1 consid. 3.3). Non si potrebbe ad ogni modo giungere ad una diversa conclusione, dal momento che proprio in un considerando della sentenza in questione - citato oltretutto dalla stessa ricorrente - è espresso in maniera inequivocabile che il datore di lavoro deve comunque essere in grado di dimostrare in modo credibile che la perdita di lavoro sia da ricondurre alla pandemia, non essendo (più) sufficiente farvi un semplice riferimento (sentenza 8C_503/2021 del 18 novembre 2021 consid. 4.3); incombenza non soddisfatta dall'insorgente nel caso in esame, come rettamente valutato dai giudici ticinesi (consid. 5.2). A ciò si aggiunga che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale cantonale non ha accertato che tutti i 36 posti potessero essere potenzialmente occupati, bensì - e senza arbitrio - che i 16 a 24 posti stimati andassero ancora relativizzati in ragione delle percentuali lavorative ridotte di alcuni parrucchieri, oltre che dei rispettivi giorni di riposo. In fin dei conti, il risultato che si ottiene non si distanzia in misura insostenibile dalla riduzione di 2/3 pretesa dall'insorgente. Poiché dagli accertamenti effettuati in maniera vincolante dall'autorità inferiore (art. 105 LTF) non emerge che la ricorrente impiegasse più parrucchieri prima della pandemia, i giudici ticinesi hanno correttamente valutato che le relative misure prese dell'autorità non fossero all'origine della perdita di lavoro lamentata.  
 
7.3. Va dunque condivisa la conclusione del Tribunale cantonale delle assicurazioni secondo cui la perdita di lavoro preannunciata risultasse da circostanze ascrivibili al normale rischio aziendale. È irrilevante a questo punto chinarsi sulla censura relativa ad una diminuzione della cifra d'affari, peraltro nemmeno valutata dai giudici ticinesi sebbene la ricorrente pretenda - a torto - che la contabilità presentata sia stata validata dall'autorità inferiore; allegazioni, dunque, neppure (più) pertinenti nella fattispecie.  
 
8.  
Ne segue che il ricorso deve essere respinto. Le spese giudiziarie seguono la soccombenza (art. 66 cpv. 1 LTF). 
 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:  
 
1.  
Il ricorso è respinto. 
 
2.  
Le spese giudiziarie di fr. 500.- sono poste a carico della ricorrente. 
 
3.  
Comunicazione alle parti, al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino e alla Segreteria di Stato dell'economia (SECO). 
 
 
Lucerna, 8 febbraio 2023 
 
In nome della IV Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
 
Il Presidente: Wirthlin 
 
Il Cancelliere: Colombi