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Tribunale federale 
Tribunal federal 
 
{T 1/2} 
1P.675/2004 /viz 
 
Sentenza del 12 luglio 2005 
I Corte di diritto pubblico 
 
Composizione 
Giudici federali Féraud, presidente, 
Aemisegger, Reeb, 
cancelliere Bianchi. 
 
Parti 
Comune di Airolo, 
ricorrente, rappresentato dal Municipio e patrocinato dall'avv. Andrea Bersani, 
 
contro 
 
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, 
Residenza governativa, 6500 Bellinzona, 
Tribunale della pianificazione del territorio 
del Cantone Ticino, Palazzo di Giustizia, 
via Pretorio 16, 6900 Lugano. 
 
Oggetto 
art. 50 Cost. (revisione del piano regolatore, inventario degli edifici situati fuori dalle zone edificabili), 
 
ricorso di diritto pubblico contro la sentenza emanata 
il 7 ottobre 2004 dal Tribunale della pianificazione del territorio del Cantone Ticino. 
 
Fatti: 
A. 
Il 25 ottobre 1995 il Consiglio di Stato ticinese ha adottato la scheda di coordinamento n. 8.5 del piano direttore cantonale, relativa ai paesaggi con edifici e impianti degni di protezione. La stessa prescriveva tra l'altro l'esclusione da tali comprensori dei territori soggetti a pericoli naturali. 
Alcuni enti pubblici hanno impugnato la scheda dinanzi al Gran Consiglio. Tra questi, il Comune di Airolo ha chiesto che anche le aree a rischio valangario potessero entrare in linea di conto per una messa sotto protezione, limitando l'uso degli edifici alla stagione estiva. Con messaggio del 29 maggio 1996, il Consiglio di Stato ha postulato la reiezione dei gravami. Riguardo al ricorso del Comune di Airolo ha addotto, in sintesi, che le zone di pericolo devono rimanere libere da costruzioni nell'interesse non solo delle persone, ma anche degli edifici come tali e dello spazio circostante. 
B. 
Pendenti i suddetti ricorsi, il 26 novembre 1997 il Consiglio comunale di Airolo ha approvato una revisione parziale del piano regolatore riguardante l'inventario degli edifici situati fuori della zona edificabile. Nonostante l'avviso contrario espresso in sede di esame preliminare dal Dipartimento del territorio il 19 dicembre 1994, il Legislativo comunale ha in particolare adottato l'art. 34 n. 1.4 delle norme di attuazione del piano regolatore (NAPR). Tale disposto ammetteva il cambiamento di destinazione degli edifici meritevoli di conservazione situati in zone a debole o forte pericolo valangario, a condizione, da iscrivere a registro fondiario, di limitarne l'utilizzo al periodo dal 30 aprile al 30 ottobre. 
C. 
Aderendo alle conclusioni della Commissione speciale per la pianificazione del territorio, l'11 novembre 1998 il Gran Consiglio ticinese ha modificato su alcuni aspetti la scheda di piano direttore n. 8.5 ed ha parzialmente accolto i ricorsi, segnatamente quello del Comune di Airolo. In particolare, l'esclusione dal perimetro dei paesaggi con edifici e impianti degni di protezione è stata limitata alle aree esposte a forti pericoli naturali accertati. È tuttavia stata respinta la richiesta di ovviare ai pericoli valangari consentendo l'uso dei manufatti soltanto nei periodi dell'anno in cui questi pericoli non si manifestano. Non ulteriormente impugnata, la scheda di coordinamento è poi stata approvata dal Consiglio federale il 30 gennaio 2002. 
D. 
Con decisione del 20 ottobre 1999 il Consiglio di Stato ticinese ha risolto di rinviare al Comune di Airolo l'inventario degli edifici situati fuori zona edificabile per l'adozione di alcune modifiche. In tale contesto il Governo ha tra l'altro disposto lo stralcio dell'art. 34 n. 1.4 NAPR, richiamandosi, in sostanza, alla decisione del Gran Consiglio in merito ai ricorsi contro la scheda di piano direttore e alle relative motivazioni. 
Adito dal Comune, con giudizio del 7 ottobre 2004 il Tribunale della pianificazione del territorio del Cantone Ticino ne ha respinto il gravame, confermando quindi la risoluzione governativa. Rilevato il valore vincolante della delibera parlamentare, la Corte cantonale ha osservato che la stessa sarebbe peraltro conforme alla prassi giudiziaria in tema di rilascio delle licenze edilizie. 
E. 
Il 22 novembre 2004 il Comune di Airolo ha inoltrato un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale. Lamenta la violazione della propria autonomia e chiede che la decisione della Corte cantonale sia annullata e che alla medesima sia fatto ordine di modificare la risoluzione governativa nel senso dell'approvazione integrale della variante di piano regolatore. 
Chiamati ad esprimersi, il Tribunale della pianificazione del territorio si riconferma nella motivazione e nelle conclusioni della propria sentenza, mentre il Consiglio di Stato chiede di respingere il gravame. 
 
Diritto: 
1. 
Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità dei gravami che gli sono sottoposti, senza essere vincolato dagli argomenti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 131 I 57 consid. 1; 131 II 58 consid. 1). 
1.1 Il ricorso è rivolto contro una decisione cantonale di ultima istanza in materia di piano di utilizzazione, ossia contro un atto effettivamente impugnabile, di principio, mediante ricorso di diritto pubblico (art. 34 cpv. 3 della legge federale sulla pianificazione del territorio, del 22 giugno 1979 [LPT; RS 700]). Poiché conferma lo stralcio di una disposizione pianificatoria adottata dalle autorità comunali, il giudizio contestato tocca il Comune di Airolo nella sua veste di detentore del pubblico potere: esso è quindi legittimato a ricorrere ai sensi dell'art. 88 OG, censurando una violazione della propria autonomia (DTF 131 I 91 consid. 1; 129 I 410 consid. 1.1, 313 consid. 4.1). È in effetti un quesito di merito, non di ammissibilità, sapere se il comune disponga effettivamente di autonomia nell'ambito litigioso e se questa sia stata disattesa (DTF 129 I 410 consid. 1.1; 128 I 3 consid. 1c). L'impugnativa, tempestiva, è pertanto di massima ammissibile dal profilo degli art. 84 segg. OG. 
1.2 Quando il ricorso con cui si invoca la violazione dell'autonomia comunale è fondato su norme di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina liberamente la decisione impugnata, mentre restringe il suo potere cognitivo all'arbitrio con riferimento a norme di rango inferiore, all'apprezzamento delle prove e all'accertamento dei fatti (DTF 131 I 91 consid. 1; 128 I 3 consid. 2b). In ogni caso, secondo l'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e la costante giurisprudenza - validi anche nel caso di violazione dell'autonomia comunale (DTF 114 Ia 315 consid. 1b) - il Tribunale federale non applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate e solo quando siano sufficientemente motivate (DTF 130 I 26 consid. 2.1; 129 I 185 consid. 1.6). 
Nel caso specifico, l'atto ricorsuale si limita in sostanza a rilevare che la soluzione pianificatoria scelta dal Comune di Airolo risulterebbe la più appropriata, ragionevole ed opportuna. Essa sarebbe infatti conforme alle norme applicabili alle costruzioni fuori zona edificabile, non comporterebbe alcun aumento dei pericoli derivanti dalle valanghe e rispetterebbe al meglio il principio di proporzionalità. Ora, tali argomentazioni non si rapportano veramente alla motivazione della sentenza cantonale, in particolare perché non si esprimono sulla compatibilità della disposizione litigiosa con il piano direttore. Inoltre il ricorrente non adduce che la decisione impugnata procederebbe da un'applicazione addirittura manifestamente insostenibile, e pertanto arbitraria (DTF 129 I 173 consid. 3.1, 49 consid. 4, 8 consid. 2.1), dei disposti legali determinanti. L'ammissibilità del gravame dal profilo delle esigenze di motivazione poste dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG appare dunque alquanto dubbia. La questione può comunque rimanere aperta, ritenuto che il ricorso va in ogni caso respinto nel merito. 
1.3 Salvo eccezioni in concreto non realizzate, il ricorso di diritto pubblico ha inoltre natura meramente cassatoria. Nella misura in cui il ricorrente chiede più o altro del semplice annullamento della decisione impugnata, il gravame risulta perciò inammissibile (DTF 129 I 129 consid. 1.2.1; 127 II 1 consid. 2c). 
2. 
2.1 L'art. 50 cpv. 1 Cost. garantisce l'autonomia comunale nella misura prevista dal diritto cantonale, mentre l'art. 16 cpv. 2 Cost./TI sancisce che il comune ticinese è autonomo nei limiti della costituzione e delle leggi. Il comune beneficia dunque di autonomia in quelle materie che la legislazione cantonale non regola esaurientemente, ma lascia in tutto o in parte al relativo ordinamento, conferendogli una notevole libertà di decisione. Poco importa che la materia in cui esso pretende di essere autonomo sia regolata dal diritto federale, cantonale o comunale. Decisiva è la latitudine dell'autonomia assicuratagli nell'ambito specifico dalla costituzione o dalla legislazione cantonale (DTF 129 I 313 consid. 5.2; 126 I 133 consid. 2). 
2.2 Il comune ticinese fruisce di un'autonomia tutelabile, tra l'altro, in vasti settori nel campo edilizio e della pianificazione del territorio (DTF 103 Ia 468 consid. 2; sentenza 1P.252/2000 del 15 dicembre 2000, in: RDAT II-2001 n. 1, consid. 2c/bb; sentenza 1A.244/1998 del 19 marzo 1999, in: RDAT II-1999 n. 19, consid. 3c/bb). In particolare, l'autonomia sussiste, di principio, anche in rapporto all'allestimento del piano regolatore e all'adozione delle relative norme di attuazione (cfr., per analogia, sentenza 1P.317/2002 del 13 giugno 2003, in: RDAT II-2003 n. 51). In tale contesto i comuni sono comunque tenuti ad attenersi al piano direttore cantonale (art. 26 cpv. 2 LPT; art. 24 cpv. 3 della legge ticinese di applicazione della legge federale sulla pianificazione del territorio, del 23 maggio 1990 [LALPT]), che determina le grandi linee dello sviluppo territoriale cantonale (art. 6 cpv. 1 LPT; art. 12 cpv. 1 lett. a LALPT), assicurando una pianificazione dell'uso del suolo coerente e coordinata ai vari livelli (art. 8 lett. a LPT; art. 12 cpv. 1 lett. b LALPT). Se, data la sua natura, il piano direttore concede in genere ai comuni una libertà pianificatoria relativamente ampia, non è escluso che in determinati campi sottragga loro ogni margine di manovra. Laddove ciò accade i comuni non dispongono di alcuna autonomia (DTF 112 Ia 268 consid. 2b; Alfred Kuttler, Zum Schutz der Gemeindeautonomie in der neueren bundesgerichtlichen Rechtsprechung, in: Bolla/Rouiller [a cura di], Giurisdizione costituzionale e giurisdizione amministrativa, Zurigo 1992, pag. 45 segg., in part. pag. 51). Decisivo è il grado di precisione con cui la pianificazione direttrice disciplina l'uso o gli interventi edilizi ammissibili in un determinato comparto (DTF 112 Ia 268 consid. 2b). 
2.3 Di regola, il piano direttore cantonale non può peraltro venir rimesso in discussione dai comuni a titolo pregiudiziale nell'ambito di modifiche dei loro piani regolatori (DTF 111 Ia 129 consid. 3d; André Jomini, in: Aemisegger/Kuttler/Moor/Ruch [a cura di], Kommentar zum RPG, Zurigo 1999, n. 62 ad art. 34 LPT; Adelio Scolari, Commentario, Bellinzona 1996, n. 137). Considerato che il piano direttore ha effetto vincolante per le autorità (art. 9 cpv. 1 LPT, art. 22 cpv. 1 LALPT), i comuni, diversamente dai privati (DTF 119 Ia 285 consid. 3b), hanno infatti la facoltà di aggravarsi per violazione della propria autonomia già contro la decisione dell'ultima istanza cantonale concernente la relativa adozione (DTF 119 Ia 285 consid. 3b; 111 Ia 129 consid. 3c; sentenza 1P.55/2003 del 15 aprile 2003, in: RDAT II-2003 n. 41, consid. 2.2). È in quella sede che essi, se si ritengono lesi nelle loro prerogative, devono contestare la pianificazione direttrice. La regola serve ad assicurare la necessaria stabilità di quest'ultima, esigenza a sua volta da rispettare nell'interesse della sicurezza giuridica (Kuttler, loc. cit.). Un'eccezione è ammessa soltanto quando al momento dell'adozione del piano direttore il comune non poteva rendersi pienamente conto delle restrizioni che ne sarebbero derivate, non aveva avuto prima alcuna possibilità di tutelare i propri interessi, oppure se nel frattempo le circostanze sono radicalmente mutate (DTF 111 Ia 129 consid. 3d; Scolari, loc. cit.; Karl Spühler, Der Rechtsschutz von Privaten und Gemeinden im Raumplanungsrecht, in: ZBl 1989 pag. 97 segg., in part. pag. 100 seg.). 
3. 
In concreto, con la controversa norma di attuazione del piano regolatore, il Comune di Airolo ha inteso consentire il cambiamento di destinazione degli edifici degni di protezione ubicati fuori della zona edificabile in aree esposte al rischio valangario, ovviando ai relativi pericoli mediante l'imposizione di una limitazione del loro uso al periodo dal 30 aprile al 30 ottobre. 
3.1 Come già accennato, la scheda di piano direttore n. 8.5, adottata dal Consiglio di Stato il 25 ottobre 1995, escludeva dai paesaggi con edifici e impianti degni di protezione i comprensori soggetti a pericoli naturali. L'insorgente a suo tempo aveva presentato contro detta scheda ricorso al Gran Consiglio (art. 18 cpv. 3 LALPT). Esso aveva tra l'altro chiesto che, permettendo l'utilizzo degli stabili soltanto nei periodi estivi, anche i territori soggetti a pericoli naturali potessero venir inclusi nei paesaggi con edifici e impianti degni di protezione. Le autorità cantonali hanno approfondito l'esame della richiesta, facendo capo tra l'altro ad una perizia allestita dal consulente giuridico del Consiglio di Stato (pubblicata in RDAT II-1996 pag. 275 segg.; cfr. Messaggio n. 4537 del Consiglio di Stato, in: RVGC, anno 1998/1999, Vol. 3, pag. 2176 segg., in part. pag. 2181 seg.; Rapporto n. 4537R della Commissione speciale per la pianificazione del territorio, in: RVGC cit., pag. 2201 segg., in part. pag. 2226 seg., 2242 seg. e 2252). L'11 novembre 1998 il Gran Consiglio ha infine deciso di respingere l'impugnativa su questo aspetto (cfr. RVGC cit., pag. 2157 segg., in part. pag. 2173). 
3.2 Detta decisione è cresciuta in giudicato senza che il Comune di Airolo si aggravasse presso il Tribunale federale per violazione della sua autonomia. Le autorità comunali non potevano tuttavia ignorare le conseguenze che la delibera parlamentare avrebbe avuto sulla controversa norma di piano regolatore, non ancora in vigore in quanto in attesa dell'approvazione del Consiglio di Stato (art. 39 cpv. 1 LALPT). È in effetti pacifico che, sull'aspetto della limitazione dell'uso degli edifici sottoposti al rischio di valanghe, le richieste avanzate dal comune a livello di piano direttore ed a quello di piano regolatore sono praticamente identiche. 
Certo, il contenuto della scheda pianificatoria n. 8.5 in quanto tale non vieta espressamente il cambiamento di destinazione di edifici in zone soggette a rischio valangario, indipendentemente da restrizioni temporali dell'uso; esclude però dal territorio oggetto della scheda le aree soggette a forti pericoli naturali accertati. Ora, sebbene la scheda riguardi di per sé i paesaggi con edifici e impianti degni di protezione, l'inclusione in tali comprensori costituisce la premessa fondamentale per poter, se del caso, autorizzare un cambiamento di destinazione dei manufatti (cfr. art. 39 cpv. 2 e 3 dell'ordinanza sulla pianificazione del territorio, del 28 giugno 2000 [OPT; RS 700.1] e art. 24 cpv. 2 e 4 della precedente ordinanza, del 2 ottobre 1989 [vOPT; RU 1989 1985; RU 1996 1534]). Inoltre, nell'interesse della stabilità della pianificazione direttrice, la valenza del piano direttore deriva forzatamente non solo dal tenore puntuale delle schede di coordinamento, ma anche dalle risultanze della procedura di adozione, specie su questioni oggetto di decisioni su ricorso. 
È altresì vero che i tempi procedurali delle due operazioni pianificatorie si sono sovrapposti. Il Consiglio comunale ha adottato la norma di piano regolatore litigiosa prima della decisione del Gran Consiglio sui ricorsi contro la scheda del piano direttore e dunque prima che questa esplicasse formalmente effetti giuridici perlomeno a livello cantonale (art. 18 cpv. 5 e 20 cpv. 2 LALPT; cfr. anche art. 11 cpv. 2 LPT; Scolari, op. cit., n. 140 seg.). Secondo la giurisprudenza, il legislatore cantonale, mediante adeguate modifiche legislative, può tuttavia limitare in ogni momento la portata precedentemente stabilita dell'autonomia comunale, fintanto che non vengano violate facoltà o esigenze garantite direttamente dalla Costituzione. Lo stesso vale per le restrizioni derivanti dall'adozione o dalla modifica della pianificazione direttrice cantonale (DTF 119 Ia 285 consid. 4c; sentenza 1P.45/1999 del 14 aprile 2000, consid. 3b). Il Consiglio di Stato si è peraltro pronunciato - con effetto costitutivo (art. 39 cpv. 1 LALPT) - sulla variante di piano regolatore, disponendo lo stralcio della disposizione litigiosa, dopo l'entrata in vigore nel Cantone della scheda di coordinamento n. 8.5. La sentenza dell'ultima istanza cantonale è inoltre intervenuta anche dopo l'approvazione della scheda pianificatoria da parte del Consiglio federale. Pure la violazione dell'autonomia comunale è infine stata censurata dinanzi a questa Corte dopo la conclusione della procedura di piano direttore in questione. 
3.3 Da quanto precede deriva che le decisioni adottate nell'ambito della procedura di approvazione della scheda n. 8.5 del piano direttore non possono più venir rimesse in discussione in questa sede e risultano quindi vincolanti (art. 26 cpv. 2 LPT, art. 24 cpv. 3 LALPT). Ne consegue altresì che le stesse non lasciano ai comuni alcuna facoltà di autorizzare il cambiamento di destinazione degli edifici situati fuori zona edificabile in aree esposte a pericoli valangari, assoggettando l'autorizzazione ad una limitazione dell'uso degli immobili ad un determinato periodo. La censura di violazione dell'autonomia comunale è di conseguenza priva di fondamento. 
3.4 A titolo abbondanziale appare comunque opportuno accennare che, nel merito, la posizione assunta da tutte le autorità cantonali coinvolte nelle procedure pianificatorie non risulta essere arbitraria. È infatti perlomeno sostenibile ritenere che la mancata autorizzazione di interventi edilizi nelle zone soggette a pericolo serva a tutelare non solo uomini e animali, ma anche gli edifici come tali (sentenza inedita 1A.191/1992 del 7 maggio 1993, consid. 3e) e che questo principio costituisca una preminente esigenza della pianificazione del territorio ai sensi degli art. 24 lett. b LPT e 39 cpv. 3 lett. f OPT (rispettivamente degli art. 24 cpv. 1 lett. b vLPT [RU 1979 1573] e dell'art. 24 cpv. 4 lett. f vOPT). Non è quindi errato concludere che il solo divieto dell'uso delle costruzioni durante le stagioni in cui il pericolo di valanghe può manifestarsi concretamente si riveli inadeguato ad adempiere questa esigenza. 
4. 
Sulla base delle considerazioni esposte, il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, va pertanto respinto. Vista la natura della controversia e considerato che il Comune ricorrente si è rivolto al Tribunale federale nell'esercizio delle sue attribuzioni ufficiali, senza avere un interesse pecuniario diretto, si rinuncia a prelevare una tassa di giustizia (art. 156 cpv. 2 OG). 
 
Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: 
1. 
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto. 
2. 
Non si preleva una tassa di giustizia. 
3. 
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale della pianificazione del territorio del Cantone Ticino. 
Losanna, 12 luglio 2005 
In nome della I Corte di diritto pubblico 
del Tribunale federale svizzero 
Il presidente: Il cancelliere: